Lorenzo Verona, vicepresindente Astro, riflette sul alcune questioni legate ai cambiamenti politici che tendono ad influenzare il settore dei giochi. “L’esperienza di questi ultimi anni- commenta- mi ha fornito un
Lorenzo Verona, vicepresindente Astro, riflette sul alcune questioni legate ai cambiamenti politici che tendono ad influenzare il settore dei giochi.
“L’esperienza di questi ultimi anni- commenta- mi ha fornito un quadro della situazione dei Territori (ovviamente nei confronti del gioco lecito e degli apparecchi, in particolare), ma soprattutto mi ha consentito di acquisire significativi riscontri. Se le note “scadenze” contemplate dalle Leggi Regionali hanno portato ad una approfondita conoscenza delle dinamiche politico-decisionali di detti Enti, il confronto con centinaia di Comuni ha “illuminato” il perimetro delle “sensibilità” e delle “priorità” che muovono “l’agire” degli Amministratori sul gioco, e sugli apparecchi in particolare.
Sarebbe bello poter pensare, almeno oggi, che tutte queste esperienze rappresentino un percorso superato (almeno in parte) dall’intesa raggiunta tra Governo e EELL all’interno della Conferenza Unificata.
Le recenti attività svolte da AS.TRO in Piemonte, Liguria e Toscana (solo per citarne alcune), attestano, invece, come, nei migliori dei casi, stia nascendo un “federalismo sul gioco lecito”, mentre, nei peggiori dei casi, non si riesce ancora a superare il “federalismo abolizionista” sul gioco lecito.
Lasciando agli esperti di diritto l’analisi dei contorni giuridici relativi all’intesa Governo – EELL (e rispettive disposizioni attuative in itinere) , “il succo” del futuro che attende il gioco lecito terrestre è agevolmente sintetizzabile in questa formula:
gli EELL – se vogliono – potranno continuare a rendere impossibile la vita degli operatori, mentre – ad alcune condizioni specifiche – possono (ed talvolta persino auspicano di) “aprirsi”, sino a valutare nel merito una piattaforma di compatibilità tra le “loro esigenze” e quelle delle imprese.
AS.TRO ha adottato da tempo un approccio di attenzione ai territori, ma difronte all’impossibilità di intervenire ovunque, si preferisce mettere a disposizioni di tutti le proprie linee di sintesi.
Andiamo con ordine:
Il gioco lecito genera risorse per lo Stato e oneri per gli EELL.
Il gioco lecito ha chinato troppo la testa quando gli è stato prospettato di ampliarsi, arrivando ad “installare” ovunque e “aprire ovunque”, omettendo di valutare come ad una saturazione di mercato censita (persino dalla Corte dei Conti) sin dal 2012, dovesse seguire SUBITO una “razionalizzazione”, e non già un’ulteriore espansione (peraltro a costo e professionalità sempre più basse per far fronte alle scarse marginalità).
La reazione degli Enti Locali è quindi un atto di protesta nei confronti dello scollamento “CENTRO-PERIFERIA” che ha connotato le dinamiche politiche, sia in termini di priorità di spesa pubblica, sia in termini di responsabilità politiche specifiche.
Lo scollamento tra “imprese di settore” e realtà locali ha poi generato una sorta di “inconciliabilità” tra chi offre gioco e chi rappresenta “la zona”. Aprire una sala ogni kilometro nei centri meno metropolitani e una sala ogni 50-100 metri nelle aree più densamente popolate sarà sembrato “facile”, ma non poteva restare inosservato.
Se non si metabolizzano queste informazioni, non si comprende la genesi dell’antagonismo” che si è consolidato contro gioco lecito, che supera persino i confini culturali del proibizionismo: chi è contro il gioco è, magari, a favore della cannabis.
Se il gioco lecito rappresenta l’atto di rottura tra il “centro” e la “Periferia” è inevitabile che a farne le spese siano gli operatori e i lavoratori del settore.
Se ci spingiamo oltre si sconfina nella antropologia (e forse in altro), ma già questo basta per chiarire a tutti i concessionari di rete telematica, a tutti i gestori di apparecchi awp, a tutti gli esercenti, a tutti i tabaccai, nonché a tutti i titolari e dipendenti di locali dedicati di gioco, che il futuro che li attende è uno solo:
“rimboccarsi le maniche per ricostruire un rapporto con il proprio territorio, per far capire che non si è agenti del male ma, per l’appunto, commercianti normali, imprenditori normali, lavoratori normali, ben sapendo che – ancora per molti anni – ogni “contea” avrà il gioco che avrà mostrato di meritarsi, e che nessun “Santo a Roma” potrà azzerare le proteste locali.
In detto contesto ci si attenderebbe una alleanza tra tutti i soggetti “coinvolti” in questa sfida “federal-localistica”, così come sarebbe normale attendersi il varo di una “intelligenza distributiva” comune nel settore che rifletta l’impegno e il sacrificio di tutti verso un obiettivo che azzera i diversi posizionamenti di filiera (dove si chiude, infatti, prima o poi chiudono tutti). Sic !
L’intelligenza distributiva altro non è se non l’adozione di pratiche e politiche industriali di mediazione e compensazione, mirate a “confezionare” un circuito di gioco nuovo, e ripulito da tutte le sue “espressioni” meno decorose”.
“Ultima considerazione- conclude Verona- il sottoscritto non è stato folgorato da un lampo di buonismo, ma difronte al serio pericolo di non poter più lavorare per nulla, la prospettiva di lavorare meno e meglio, ma “in pace” coi territori, diventa una scelta di intelligenza industriale, che prende atto del fatto che “il padrone del gioco lecito” (lo Stato) non è in grado di difendere il suo prodotto, mentre ai titolari delle imprese e delle attività è ancora concesso uno spiraglio per difendere localmente le aziende e il proprio lavoro”.
PressGiochi
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