Se ascoltiamo alcune “fonti” il gioco lecito provoca in Italia più danni socio-sanitari dei proventi erariali che genera. Dieci miliardi, infatti, sarebbe il “conto morale” che alcune associazioni private presentano
Se ascoltiamo alcune “fonti” il gioco lecito provoca in Italia più danni socio-sanitari dei proventi erariali che genera. Dieci miliardi, infatti, sarebbe il “conto morale” che alcune associazioni private presentano al sistema italiano di gioco lecito e autorizzato, anche se alcune sono propense ad uno “sconto”, limitando a sei miliardi (ma di soli costi sanitari) le censure effettivamente sollevabili nei confronti del Gioco.
Di tali “numeri” – riporta Silvia Taraddei, Responsabile Segreteria AS.TRO – non vi è ovviamente traccia in nessun documento ufficiale, o comunque verificabile, ma questo è ovvio e tutto sommato “in linea” con la metodologia applicata alla disinformazione sul gioco lecito.
Dei 9 miliardi, veri e “sonanti” che invece il S.S.N. deve spendere per fronteggiare il problema obesità troviamo evidenza numerica e scientifica nelle parole del commissario all’Istituto Superiore di Sanità, deputate a illustrare l’ottava edizione dell’Italian Barometer Diabetes Forum.
Entro 15 anni, il 70% (stima dell’O.M.S.) degli Italiani sarà in sovrappeso, inducendo gli esperti di EASO (European Association for the study of Obesity) ad affermare un quesito disarmante: di fronte a questi “numeri” siamo ancora in presenza di una malattia che colpisce persone, oppure di una “società malata”? (id est: di fronte alla quale non è più il “sanitario” ad essere la soluzione).
Per fornire l’ordine di grandezza della “sorte che ci attende”, basti pensare che attualmente la fascia di popolazione obesa non supera il 10% con una incidenza epidemiologica di tumori, malattie cardio-vascolari, diabete, ipertensione che già mette a dura prova tutte le strutture sanitarie (eccellenti e non).
La proiezione dei costi sanitari dalla situazione attuale (9 miliardi di euro attestati dall’I.S.S.) a quella di un bacino potenzialmente sette volte più ampio, non è difficile, ma soprattutto è scientifica, condivisa e verificata dai più accreditati Enti europei e mondiali sul tema.
Il Gioco “lecito” dovrebbe essere alla pari di questo fenomeno? Ma nemmeno per sogno, posto che ai “miliardi contati” non si possono opporre i “miliardi sparati”, ovvero messi su un foglio bianco ad uso e consumo di chi non è tenuto a citare le fonti dei propri ragionamenti.
Contro l’obesità, “radiografata seriamente” si adotteranno pertanto percorsi preventivi “seri”.
Contro il gioco patologico, che comunque meriterebbe concreta attenzione, nulla di “serio” potrà mai essere affrontato, sino a quando non vi sarà una “base condivisa e accreditata” di evidenze scientifiche serie. Alle farmacie, ai pronto soccorso, ma nemmeno ai centri di primo ascolto dei servizi sociali e dei sert, non si vedono le “file” dei malati di G.A.P.; chiunque abbia veramente a cuore la risoluzione dei problemi che attualmente investono 7000 persone in tutta Italia, e che potrebbero interessare anche altre, dovrebbe consegnare ai “preposti” agli interventi una veritiera fotografia del fenomeno, e una ponderata classificazione della problematica, anche alla luce delle priorità sanitarie che già determinano rischio-vita.
Sino ad oggi si è cercato di “spaventare”, e con la “paura” non si è ottenuto nulla, tranne grande attenzione mediatica e prudenza legislativa.
Adducendo che il gioco impatta come l’obesità (e le decine di malattie che provoca) e che per “arginare il gioco” bisogna creare 100 mila disoccupati di un settore da chiudere (nonché procacciare nuovi “miliardi” di risorse sanitarie per curare sino ad un milione di persone), non si è aiutato nessun “attuale” malato, e non si è prevenuta nessuna “nuova malattia” di G.A.P.
L’assenza di “evidenze” ha impedito che l’allarme sociale “invocato” sfociasse in programmi seri di intervento sanitario e legislativo, non fosse altro perché questi non si possono allestire sulla base di realtà contestate e foriere di interessi particolari. A pagarne lo scotto è stata: la qualità della cura per le “7.000” prese in carico dai servizi, affrontate senza stanziamenti adeguati, la mancanza di prevenzione nazionale contro il G.A.P., lasciata ad orgogliosi comuni e regioni che si vantano di ordinanze orarie e distanziometri metrici nonostante la acclarata inefficacia delle misure.
Avere a cuore un problema significa descriverlo in modo veritiero – scientifico – condiviso con tutti gli Enti preposti, e prospettare interventi proporzionati alla gravità oggettiva che le evidenze dimostrano: discostarsi da tale percorso equivale a “strumentalizzare” il problema e condannarlo a non ricevere alcuna concreta pianificazione.
PressGiochi