24 Novembre 2024 - 16:04

Tar Veneto: le sale da gioco non possano essere equiparate ai centri scommesse

Il Gruppo Novomatic emette bond da 500 mln   Le sale da gioco non possano essere equiparate, ai fini della tutela della salute, ai punti di raccolta delle scommesse ippiche

27 Settembre 2016

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Le sale da gioco non possano essere equiparate, ai fini della tutela della salute, ai punti di raccolta delle scommesse ippiche e sportive. Lo ha stabilito una sentenza del Tar Veneto con la quale è stato accolto il ricorso di un centro scommesse contro il Regolamento edilizio del comune di Venezia che introduce limiti all’offerta dei giochi pubblici.

 

“Come già osservato da questo TAR nella recente sentenza n.1016/2016, – ha spiegato il giudice amministrativo – in causa analoga alla presente, l’art. 20 della Legge Regionale n.6/2015 conferisce ai Comuni il potere di individuare la distanza minima che le “nuove sale giochi” o la “nuova collocazione di apparecchi per il gioco d’azzardo” devono rispettare con riguardo a determinati luoghi sensibili la cui concreta individuazione è demandata all’Ente comunale.

Allo stesso modo l’art. 7, comma 10, del D.L. n.158/2012, convertito con Legge n.189/2012, nel prevedere la pianificazione di “forme di progressiva ricollocazione dei punti della rete fisica di raccolta del gioco” fa riferimento agli apparecchi “di cui all’art. 110, comma 6, lett.a) del testo unico di cui al regio decreto n.773 del 1931”, ovvero le cd. slot machine.

In applicazione delle superiori disposizioni legislative, l’art. 30 del Regolamento Edilizio adottato con Delibera n.42 del 2 aprile 2015 dal Commissario straordinario del Comune di Venezia, impone il rispetto della distanza minima di 500 metri da determinati luoghi sensibili (individuati dal medesimo art. 30) nei confronti delle “sale pubbliche da gioco” e degli “apparecchi per il gioco d’azzardo lecito”.

In nessun punto dell’articolato legislativo statale o regionale, né in alcun punto della disposizione regolamentare del Comune di Venezia, si fa riferimento ai luoghi di raccolta delle scommesse ippiche o sportive, né è possibile, in via interpretativa, ricomprendere tale tipologia di gioco (concernente le scommesse ippiche o sportive) nella nozione di “sale pubbliche da gioco”, a ciò ostando il divieto di interpretazione estensiva ed anzi il dovere per l’interprete di applicare le disposizioni recanti divieti, restrizioni, oneri o condizioni all’accesso ed all’esercizio delle attività economiche “in senso tassativo, restrittivo e ragionevolmente proporzionato alle perseguite finalità di interesse pubblico generale” ai sensi dell’art. 1, comma 2, D.L. n.1/2012, convertito con Legge n.27/2012.

Inoltre, che le sale da gioco non possano essere equiparate, ai fini della tutela della salute, ai punti di raccolta delle scommesse ippiche e sportive, è già stato condivisibilmente evidenziato dalla giurisprudenza amministrativa, che ha già avuto modo di precisare come: “gli apparecchi presi in considerazione dalla deliberazione regionale in esame (tra cui, in particolare, slot machine e videolottery) paiono i più insidiosi nell’ambito del fenomeno della ludopatia, in quanto, a differenza dei terminali per la raccolta delle scommesse, implicano un contatto diretto ed esclusivo tra l’utente e la macchina, senza alcuna intermediazione umana volta a disincentivare, per un normale meccanismo psicologico legato al senso del pudore, l’ossessione del gioco, specie nella fase iniziale del processo di dipendenza patologica” (TAR Lombardia-Milano, Sezione I, Sentenza n.1570/2015).

Non è, pertanto, possibile interpretare il divieto di cui all’art. 30 del Regolamento Edilizio de quo come comprendente anche i centri di raccolta delle scommesse ippiche e sportive, dovendosi, al contrario, fornire una interpretazione tassativa e restrittiva del testo normativo, concernente unicamente le sale pubbliche da gioco e gli apparecchi per il gioco d’azzardo lecito.

Di conseguenza il ricorrente, essendo autorizzato all’esercizio dell’attività di raccolta delle scommesse sportive per conto della Goldbet Sportwetten Gmbh, non rientra nel campo di applicazione del divieto di cui all’art. 30 del Regolamento Edilizio del Comune di Venezia, adottato con Delibera n.42 del 2 aprile 2015 e, pertanto, è illegittimo e deve essere annullato il provvedimento del Comune di Venezia che ha diffidato il ricorrente ad esercitare l’attività di raccolta delle scommesse ippiche e sportive – di cui alla licenza rilasciata dalla Questura di Venezia- in difformità a quanto disposto dall’art. 30 del citato Regolamento Edilizio”.

 

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