Il tribunale amministrativo del Lazio ha oggi respinto i ricorsi di Cirsa, Gamenet e BPlus – oggi Global Starnet – contro la variazione della misura del prelievo erariale unico sugli
Il tribunale amministrativo del Lazio ha oggi respinto i ricorsi di Cirsa, Gamenet e BPlus – oggi Global Starnet – contro la variazione della misura del prelievo erariale unico sugli apparecchi VLT e l’introduzione di un’addizionale pari al 6% sulle vincite superiori ad euro 500, ad opera dell’allora Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato.
Le società hanno contestato l’aumento (sino al 4,5%) del prelievo erariale unico sugli apparecchi VLT ritenendo che lo stesso non fosse, almeno originariamente, basato su un adeguato fondamento normativo utile per giustificare il superamento del tetto massimo del 4% stabilito dalla normativa primaria di riferimento (art. 12, comma 1, d.l. n. 39/2009). Al riguardo, va ricordato che con l’introduzione delle VLT nel mercato degli apparecchi da intrattenimento, il legislatore, con l’art. 12 del D.L. 28 aprile 2009, n. 39, aveva, tra l’altro, individuato una aliquota massima sul prelievo erariale unico applicabile pari al 4% delle somme giocate «con la possibilità di graduare, nel tempo, le percentuali di tassazione in modo crescente, per favorire le fasi di avvio dei nuovi sistemi di gioco».
“Successivamente, il dl n. 16/2012, il quale, nella parte in cui recepisce la percentuale di aumento del PREU contenuta nei contestati decreti direttoriali, nel frattempo emanati, non costituisce, a parere del Collegio, una legge- provvedimento, ma, sia pure con una tecnica di remand, integra quanto in precedenza dallo stesso legislatore palesato circa la necessità di aumento del tributo, con la concreta indicazione della percentuale di aumento da applicare, nel rispetto dei principi sanciti, in materia, dall’art. 23 Cost..
L’intento del legislatore è stato quello di stabilire una regola astratta, sia pure prendendo spunto dal contenzioso in atto, il quale ha consentito di fare emergere l’approssimazione del precedente intervento legislativo (quello di cui al d.l. n. 138/2011), che, sebbene chiaramente finalizzato al conseguimento di maggiori entrate per l’Erario, era carente di alcuni dei parametri necessari a circoscrivere la discrezionalità dell’autorità amministrativa chiamata ad applicare il tributo (peraltro già da tempo istituito), segnatamente per quanto riguarda l’aumento dell’aliquota del PREU, precedentemente fissato dallo stesso legislatore nella misura massima del 4%”.
Per il Collegio, quindi, “i decreti direttoriali del 2011 fossero da considerarsi originariamente legittimi nella misura in cui, da un lato, vennero emanati sulla base di una previsione legislativa, il d.l. n. 138/2011, che espressamente autorizzava la variazione della misura del prelievo erariale unico in materia di giochi pubblici al fine di assicurare maggiori entrate, dall’altro, risultavano comunque ancora espressione della potestà impositiva così come modulata dal d.l. n. 39/2009, il quale, sia pure nei limiti dell’aliquota massima del 4%, aveva già previsto la possibilità di «graduare, nel tempo, le percentuali di tassazione in modo crescente, per favorire le fasi di avvio dei nuovi sistemi di gioco».
In sostanza, i decreti direttoriali del 2011 si sono limitati ad anticipare, per il 2012, la misura prevista per il 2013, dal precedente decreto direttoriale del 6 agosto 2009, mentre l’aumento del PREU per il 2013 – prima ancora che, in parte qua, i decreti potessero ex se esplicare i propri effetti – è stato poi confermato direttamente dal legislatore del 2012.
Per completezza, va ancora osservato che sull’aliquota del prelievo in oggetto ha poi inciso un ulteriore intervento normativo (art. 1, co. 479, l.n. 288/2012) per effetto del quale la stessa ha subito un incremento pari al 5% per gli anni 2013, 2014 e 2015, e al 5,5% per gli anni successivi, senza che la parte ricorrente, a quanto è dato sapere, abbia mosso contestazioni al riguardo.
Infine, quanto alla pretesa lesione dell’“affidamento”, rispetto all’assetto di cui al d.l. n. 39/09, che la società ricorrente imputa all’intervento normativo di cui al d.l. n. 16/2012, è sufficiente richiamare quanto recentemente chiarito dalla Corte Costituzionale, secondo cui «Il valore del legittimo affidamento riposto nella sicurezza giuridica trova sì copertura costituzionale nell’art. 3 cost., ma non già in termini assoluti e inderogabili. Per un verso, infatti, la posizione giuridica che dà luogo a un ragionevole affidamento nella permanenza nel tempo di un determinato assetto regolatorio deve risultare adeguatamente consolidata, sia per essersi protratta per un periodo sufficientemente lungo, sia per essere sorta in un contesto giuridico sostanziale atto a far sorgere nel destinatario una ragionevole fiducia nel suo mantenimento. Per altro verso, interessi pubblici sopravvenuti possono esigere interventi normativi diretti a incidere peggiorativamente anche su posizioni consolidate, con l’unico limite della proporzionalità dell’incisione rispetto agli obiettivi di interesse pubblico perseguiti. Ciò vale a maggior ragione per rapporti di concessione di servizio pubblico, nei quali, alle menzionate condizioni, la possibilità di un intervento pubblico modificativo delle condizioni originarie è da considerare in qualche modo connaturata al rapporto fin dal suo instaurarsi. E ancor più, ciò è vero allorché si verta in un ambito così delicato come quello dei giochi pubblici, nel quale i valori e gli interessi coinvolti appaiono meritevoli di speciale e continua attenzione da parte del legislatore.»”.
PressGiochi
L | M | M | G | V | S | D |
---|---|---|---|---|---|---|
28
|
1
|
2
|
3
|
|||
4
|
7
|
8
|
9
|
10
|
||
15
|
16
|
17
|
||||
18
|
19
|
20
|
21
|
22
|
23
|
|
30
|
1
|