24 Novembre 2024 - 18:39

Tar Lazio: la sentenza che respinge il ricorso Stanley contro il bando di gara del Lotto

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1102 del 2016,

21 Aprile 2016

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1102 del 2016, proposto dalle società Stanley International Betting Limited e Stanleybet Malta Limited, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Roberto A. Jacchia, Antonella Terranova, Fabio Ferraro, Anna Marcantonio e Daniela Agnello, con domicilio eletto in Roma, via Vincenzo Bellini n. 24, presso lo studio dell’avvocato Antonella Terranova;

contro

il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, per legge rappresentati e difesi dall’Avvocatura dello Stato, con la quale sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

nei confronti di

società Lottomatica Spa, non costituita in giudizio;

per l’annullamento

previa disapplicazione dell’art. 1, comma 653, della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015), degli atti della “procedura di selezione aperta per l’affidamento in concessione della gestione del servizio del gioco del Lotto automatizzato e degli altri giochi numerici a quota fissa” e, in particolare, del bando di gara, pubblicato sulla G.U., serie speciale, n. 150 del 21 dicembre 2015, del nomenclatore unico delle definizioni, del capitolato d’oneri, degli allegati al capitolato d’oneri, del capitolato tecnico, dell’allegato tecnico, dello schema di atto di convenzione, dell’allegato I – livelli di servizi e penali, della nota dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli del 22 dicembre 2015, con la quale è stata riscontrata negativamente la nota di parte ricorrente in data 11 dicembre 2015, e di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti;

nonché, ove occorra, per la rimessione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea e alla Corte Costituzionale delle questioni pregiudiziali prospettate con riferimento all’art. 1, comma 653, della legge n. 190 del 2014;

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Economia e delle Finanze e dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 aprile 2016 il dott. Carlo Polidori e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. Le società Stanley International Betting Limited e Stanleybet Malta Limited preliminarmente espongono che: A) le domande formulate con il presente ricorso mirano a conseguire la rimozione delle misure, discriminatorie e distorsive, adottate dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (di seguito denominata ADM) con la lex specialis relativa alla “procedura di selezione aperta per l’affidamento in concessione della gestione del servizio del gioco del Lotto automatizzato e degli altri giochi numerici a quota fissa”; B) in particolare le censure di seguito indicate si appuntano sulla scelta di indire la gara secondo il c.d. modello monoproviding esclusivo, che – unitamente alla previsione di elevatissimi ed irragionevoli requisiti speciali – di fatto esclude dalla procedura selettiva le società medesime, unitamente a molti altri operatori del settore, riservando la partecipazione alla procedura stessa solo al concessionario uscente (la società Lottomatica Spa) o, a tutto concedere, ad un ristretto numero di operatori di dimensioni straordinariamente elevate; C) la società Lottomatica ha già beneficiato per quasi un ventennio dell’affidamento diretto della concessione e del suo rinnovo tacito, in virtù dell’allora controversa possibilità di affidare concessioni traslative di pubblici poteri senza procedura concorsuale, oramai definitivamente negata dalle più recenti direttive dell’Unione Europea, sicché sorge il dubbio che la lex specialis della nuova gara sia stata costruita su misura per il concessionario uscente, anche perché talune preoccupazioni in merito alla previsione di clausole escludenti sono state condivise dalla Seconda Sezione del Consiglio di Stato nel parere n. 878 del 28 ottobre 2015.

2. Quindi le società ricorrenti – premesso che per la gestione del gioco del Lotto esistono due tipi di concessioni, quella per la raccolta delle giocate, riservata esclusivamente ai rivenditori dei generi di monopolio, e quella per i servizi di estrazione, collegamento e automazione, che sino ad oggi è stata affidata alla società Lottomatica – rappresentano quanto segue: A) in vista della scadenza della concessione il legislatore con la disposizione dell’art. 1, comma 653, della legge n. 190 del 2014 (c.d. legge di stabilità 2015) ha demandato all’ADM il compito di indire la gara per l’affidamento della nuova concessione; B) tale disposizione prevede le “seguenti condizioni essenziali: a) durata della concessione di nove anni, non rinnovabile; b) selezione basata sul criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e, quanto alla componente prezzo, base d’asta, per le offerte al rialzo, di 700 milioni di euro; c) versamento del prezzo indicato nell’offerta del concorrente risultato primo in graduatoria nella misura di 350 milioni di euro, all’atto dell’aggiudicazione, nell’anno 2015, nella misura di 250 milioni di euro nell’anno 2016, all’atto dell’effettiva assunzione del servizio del gioco da parte dell’aggiudicatario, e nella misura residua nell’anno 2017, entro il 30 aprile di tale anno; d) facoltà per il concessionario aggiudicatario di utilizzare la rete di telecomunicazioni per prestazioni, dirette o indirette, di servizi diversi dalla raccolta del gioco del Lotto e degli altri giochi numerici a quota fissa purché compatibili con la raccolta stessa a giudizio dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli; e) aggio per il concessionario pari al 6 per cento della raccolta; f) obbligo di aggiornamento tecnologico del sistema della rete e dei terminali di gioco secondo standard qualitativi che garantiscano la massima sicurezza ed affidabilità, secondo il piano d’investimento che costituisce parte dell’offerta tecnica; g) obbligo per il concessionario di versamento annuale all’erario delle somme comunque eventualmente non investite secondo il piano di cui alla lettera f); h) obbligo per ciascun concorrente di effettuare, all’atto della partecipazione alla procedura selettiva, un versamento a favore della predetta Agenzia pari all’importo dei compensi di cui al comma 654, con diritto alla restituzione esclusivamente per quelli diversi dall’aggiudicatario”; C) la predetta disposizione prevede altresì un requisito specifico per partecipare alla gara, costituito dalla pregressa esperienza nella gestione o raccolta di gioco sulla base di valido ed efficace titolo abilitativo in uno degli Stati dello Spazio Economico Europeo; D) in attuazione di tale disposizione l’ADM ha pubblicato l’impugnato bando di gara, nonché l’annesso schema di convenzione, dai quali si evince che la concessione ha per oggetto la gestione del servizio relativo ai seguenti giochi: gioco del Lotto automatizzato, anche con partecipazione a distanza, altri giochi numerici a quota fissa anche con partecipazione a distanza, e ulteriori giochi numerici a quota fissa, anche con partecipazione a distanza, che l’ADM riterrà in qualsiasi momento di commercializzare per mezzo della rete distributiva; E) dall’esame della lex specialis si desume che la procedura selettiva è rivolta agli operatori di maggiori dimensioni, già presenti sul mercato nazionale e già dotati di presenza capillare sul territorio; F) in particolare il punto 5.3 del capitolato d’oneri prevede, quale requisito di capacità economica e finanziaria, l’aver conseguito nel triennio 2012/2014 oppure nel triennio 2013/2015 un fatturato complessivo almeno pari ad € 100.000.000,00, afferente le attività di gestione o raccolta di gioco; G) il punto 5.4 del capitolato d’oneri prevede quali requisiti di capacità tecnica: “a) realizzazione complessiva, in ognuno degli ultimi tre esercizi chiusi del triennio 2012/2014 oppure del triennio 2013/2015, di una raccolta di gioco pari ad almeno € 350.000.000.00 (euro trecentocinquantamilioni/00) relativamente a tipologie di giochi effettuati tramite terminali di gioco. Nel caso in cui il candidato operi nel settore da meno di tre anni ma da almeno 18 mesi il valore della raccolta sarà rapportato proporzionalmente al periodo di effettiva raccolta; b) possesso della certificazione di qualità dei sistemi di gestione aziendale conforme alle norme UNI EN ISO 9001:2008 per le attività relative di gestione o raccolta del gioco da esso esercitate; c) possesso della certificazione sui Sistemi di gestione della sicurezza delle informazioni conforme alle norme ISO/IEC 27001, valida alla data di presentazione della domanda di partecipazione, per le attività di gestione o raccolta del gioco da esso esercitate’’; H) il punto 11 del capitolato d’oneri richiede di presentare un piano di investimenti, un progetto organizzativo e un progetto di sviluppo, redatti secondo le istruzioni contenute nell’Allegato B; I) ai sensi del punto 12.4 del capitolato d’oneri, “l’offerta economica consiste nell’offerta al rialzo sull’importo minimo a base d’asta previsto in € 700.000,00 (euro settecentomilioni/00); le offerte al rialzo dovranno essere formulate con importo minimo di € 3.000.000,00 (euro tremilioni/00), come precisato nelle istruzioni contenute nell’allegato”, sicché l’importo della base d’asta è pari al doppio della soglia di capacità tecnica (trecentocinquanta milioni di euro di raccolta) e a sette volte il fatturato generato in un triennio (cento milioni di euro); L) il punto 15.3 del capitolato d’oneri prevede l’aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, con attribuzione di un punteggio massimo pari a 100 punti, così articolato: fino ad un massimo di 30 punti, riferito all’offerta tecnica secondo le regole indicate nel capitolo 17 del capitolato d’oneri; fino ad un massimo di 70 punti, riferito all’offerta economica secondo le regole indicate nel capitolo 18 del capitolato d’oneri; M) ai sensi del punto 13 del capitolato d’oneri il candidato è poi tenuto a presentare garanzie e impegni finanziari consistenti in una garanzia provvisoria di € 5.000.000.00, con impegno a portarla ad € 40.000.000 in caso di aggiudicazione; N) l’art. 22.1 dello schema di convenzione prevede quanto segue: “Al termine del periodo di concessione, il concessionario devolve ad ADM, senza alcun onere a carico della stessa e a sua richiesta, tutti i beni materiali e immateriali che costituiscono la rete costituita dai punti di raccolta fisici nonché la proprietà dell’intero sistema automatizzato, comprensivo della disponibilità dei locali, delle apparecchiature, ivi compresi i terminali presso tutti i punti di raccolta, degli impianti, delle snellire dei programmi degli archivi e di quanto altro occorre per il completo funzionamento, gestione e funzionalità del sistema stesso risultante dall’ultimo inventario approvato da ADM; tali beni al momento della devoluzione devono essere liberi da diritti e pretese di terzi”.

3. Inoltre le società ricorrenti affermano la propria legittimazione a ricorrere evidenziando che il gruppo Stanley – pur realizzando un fatturato annuo pari a circa 500 milioni di euro – non intende partecipare alla gara perché contesta radicalmente la scelta del modello monoproving che, unitamente alle clausole immediatamente escludenti previste dalla lex specialis, rende impossibile presentare la domanda di partecipazione. In particolare rappresentano che: A) Stanley è un operatore autorizzato all’esercizio di giochi e scommesse in numerosi Stati membri ed è parte del contezioso tuttora pendente relativo al precedente affidamento diretto del servizio del gioco del Lotto in favore della società Lottomatica; B) Stanley ha manifestato più volte all’ADM il suo interesse a partecipare alla procedura per l’aggiudicazione del servizio del gioco del Lotto automatizzato e, a tal fine, in data 11 dicembre 2015 ha chiesto all’ADM di riconsiderare l’impianto dell’indicenda gara prevedendo un modello multiproviding, eliminando taluni requisiti escludenti e facendo chiarezza sulla previsione relativa alla devoluzione gratuita della rete al termine della concessione; C) l’ADM, con nota del 22 dicembre 2015, non ha condiviso tali osservazioni ritenendo che: a) la raccolta del gioco del Lotto è già svolta in regime di libera concorrenza; b) la gara in questione non riguarda la raccolta delle giocate, bensì il servizio consistente nel complesso delle attività finalizzate a garantire il collegamento informatizzato di tutti i punti di raccolta, oltre che le operazioni di estrazione e di pagamento per conto dello Stato; c) i requisiti previsti per la partecipazione alla gara sono inferiori a quelli previsti in passato per analoghe gare svolte e sono posseduti da numerosi operatori del settore; d) il futuro aggiudicatario potrà subentrare gratuitamente nella conduzione della rete esistente; D) Stanley ha replicato con nota in data 8 gennaio 2016 ribadendo che: a) le modalità di assegnazione di ambedue le tipologie di concessione – sia quella per la raccolta delle giocate, sia quella per i servizi di estrazione, collegamento e automazione – restringono l’accesso al mercato da parte dei nuovi operatori; b) l’esistenza di un modello multiproviding per la raccolta delle giocate non garantisce la concorrenza in quanto soltanto i rivenditori dei generi di monopolio sono autorizzati alla raccolta del gioco del Lotto e, quindi, costoro possono effettuare la raccolta sia del gioco del Lotto che di altri giochi (come le scommesse), mentre ad altri punti vendita (come le agenzie di scommesse) è preclusa la possibilità di svolgere qualsiasi attività relativa al gioco del Lotto; c) l’AGCM nel 2003 aveva richiesto l’abrogazione della normativa vigente nella parte in cui preclude a soggetti diversi dai rivenditori di generi di monopolio lo svolgimento dell’attività di raccolta del Lotto e l’adozione di norme che pongano condizioni di accesso a siffatta attività non ingiustificatamente discriminatorie senza attribuire alcuna rilevanza, sotto il profilo concorrenziale, alla possibilità per altri potenziali fornitori del servizio di acquisire la titolarità di una ricevitoria del Lotto; d) quanto al servizio del gioco del Lotto automatizzato, risulta ingiustificatamente discriminatoria la previsione di un modello monoproviding esclusivo anziché multiproviding non esclusivo, sia perché il gioco del Lotto, cosi come il Superenalotto, beneficia di una disciplina speciale che non trova giustificazione in esigenze di interesse generale e non soddisfa i requisiti di proporzionalità e di necessarietà, sia perché l’esclusiva in favore di un unico operatore non è circoscritta al Lotto, ma si estende anche ad altri giochi numerici, come il 10 e Lotto, che in un’ottica concorrenziale potrebbero essere affidati a diversi operatori, sia perché tali restrizioni della concorrenza non possono essere giustificate da interessi erariali, fermo restando che il modello multiproviding risulterebbe sicuramente più redditizio per le casse dello Stato.

4. Avverso i provvedimenti impugnati le società ricorrenti deducono le seguenti censure.

I) Incompatibilità dell’art. 1, comma 653, della legge di stabilità 2015 e degli atti di gara impugnati con norme e principi dell’Unione in tema di diritto di stabilimento e libera prestazione dei servizi; violazione dei principi di congruenza, non discriminazione e proporzionalità, trasparenza ed imparzialità della P.A.; eccesso di potere per difetto di motivazione. La disciplina posta dall’art. 1, comma 653, della legge di stabilità 2015 e dai relativi atti applicativi contrasta con il diritto di stabilimento e la libera prestazione di servizi, riconosciuti e garantiti dagli articoli 49 e ss. e 56 e ss. del TFUE, perché prevede – a differenza della disciplina relativa ad altri giochi, concorsi a pronostici, videolotterie e scommesse – un modello monoproviding esclusivo, anziché multiproviding non esclusivo, così ostacolando l’accesso al mercato di nuovi operatori. Difatti: A) il gioco del Lotto non differisce da una semplice scommessa a quota fissa, risolvendosi nella estrazione di determinati numeri sulle c.d. ruote delle varie città; B) la Corte di Giustizia nella sentenza 24 gennaio 2013, nelle cause riunite C-186/11 e C-209/11, ha affermato quanto segue «Gli articoli 43 CE e 49 CE devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che concede un diritto esclusivo avente ad oggetto lo svolgimento, la gestione, l’organizzazione e il funzionamento dei giochi d’azzardo ad un organismo unico, qualora, da un lato, tale normativa non risponda realmente all’intento di ridurre le occasioni di gioco e di limitare le attività in tale settore in modo coerente e sistematico e, dall’altro, non sia garantito uno stretto controllo da parte delle autorità pubbliche sull’espansione del settore dei giochi d’azzardo, soltanto nella misura necessaria alla lotta alla criminalità connessa a tali giochi, circostanze queste che spetta al giudice del rinvio verificare»; C) alla luce di tali affermazioni la fattispecie in esame si caratterizza per una disciplina speciale che non trova giustificazione in esigenze di interesse generale e non supera il “test di coerenza e sistematicità”, perché le attività di service providing relative ad altri giochi, che presentano maggiori preoccupazioni per la tutela dell’ordine pubblico e dei consumatori (scommesse e videolotterie), sono esercitate da più operatori in competizione tra di loro, mentre il servizio del gioco del Lotto automatizzato, che presenta minori criticità, è affidato ad un solo operatore; D) la scelta di affidarsi ad un unico operatore non è dettata neppure dall’intento di ridurre le occasioni di gioco, vista l’espansione esponenziale delle opportunità di gioco e della pubblicità, anche tramite internet, che ha caratterizzato gli ultimi anni; E) l’esclusiva in favore di un solo operatore risulta ancor più ingiustificata se si considera che non è circoscritta al gioco del Lotto, ma si estende anche ad altri giochi numerici, come il 10 e Lotto, nonché a “qualunque ulteriore gioco numerico a quota fissa che ADM riterrà in qualsiasi momento di voler commercializzare per mezzo della rete Distributiva” (cfr. l’art. 2.1 del capitolato d’oneri); F) le denunciate restrizioni alle libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi non sono giustificate neppure da esigenze erariali, perché il modello multiproviding e l’ampliamento della rete di raccolta a soggetti diversi dai rivenditori di generi di monopolio risulterebbero senz’altro più redditizi per le casse dello Stato.

II) Violazione e falsa applicazione dei principi e della parità di trattamento di cui all’art. 3 Cost., della libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41 Costi e della libertà di concorrenza di cui all’art. 117, comma 2, lett. e), Cost.; eccesso di potere per irragionevolezza. La disciplina posta dall’art. 1, comma 653, della legge di stabilità 2015 e dai relativi atti applicativi contrasta con il principio di uguaglianza, consacrato nell’art. 3 Cost.. Difatti attraverso la previsione di un modello monoproviding viene riservata al concessionario del servizio del gioco del Lotto una condizione più favorevole rispetto a quella dei soggetti attivi in altri settori caratterizzati da un modello multiproviding, e tale disparità di trattamento non è sorretta da una congrua giustificazione, perché l’obiettivo di tutela dell’ordine pubblico e dei consumatori può essere ugualmente realizzato attraverso un modello multiproviding. Inoltre il modello monoproviding contrasta con i principi costituzionali della libertà di iniziativa economica, di cui all’art. 41 Cost., e di concorrenza, di cui all’art. 117, comma 2, lett. e), Cost., perché la contesa per la concessione è stata sottratta al libero mercato, in modo da agevolare il concessionario uscente. Difatti l’AGCM con la segnalazione AS404 del 28 giugno 2007 aveva richiesto di garantire la contendibilità dei diversi giochi in occasione del rilascio dei nuovi titoli e di evitare di attribuire esclusive ad un unico operatore; invece nel caso in esame i criteri di selezione del concessionario sono strutturati in modo tale da rendere possibile soltanto al concessionario uscente e ad un numero ristretto di operatori di grandissime dimensioni di aggiudicarsi la concessione.

III) Violazione di norme e principi dell’Unione in tema di diritto di stabilimento e libera prestazione dei servizi; violazione della direttiva 2014/23/UE e dei principi di congruenza, non discriminazione e proporzionalità, trasparenza ed imparzialità della P.A; eccesso di potere per illogicità manifesta e per difetto di motivazione; sviamento di potere. Lo Stato Italiano – oltre ad optare per un modello monoproviding esclusivo – ha previsto una base d’asta irragionevole (cfr. il punto 15.3 del capitolato d’oneri) e sproporzionata rispetto ai requisiti di capacità economico-finanziaria (cfr. i punti 5.3, 5.4 e 12.4 del capitolato d’oneri) e tecnico-organizzativi (cfr. il punto 11 del capitolato d’oneri), tale da riservare di fatto la partecipazione alla gara ad un numero ristretto di operatori. Difatti, l’aggiudicazione con un’offerta a rialzo sulla base d’asta di 700 milioni di euro potrà interessare soltanto operatori che realizzano fatturati e volumi di raccolta di gran lunga superiori rispetto a quelli nominalmente richiesti dalla lex specialis. Inoltre la lex specialis si caratterizza per la previsione di condizioni e requisiti speciali che eccedono le obiettive necessità operative e organizzative della concessione. In particolare: A) nonostante l’intervenuta riduzione dei requisiti di fatturato e di raccolta, conseguente al parere del Consiglio di Stato del 7 agosto 2015, la disciplina posta dalla lex specialis continua a porsi in palese contrasto con le previsioni degli articoli 49 ss. e 56 ss. del TFUE e della Direttiva 2014/23/UE, perché i criteri di selezione previsti dall’ADM continuano a non essere congruenti con i considerando n. 63 e n. 67 della Direttiva stessa; B) anche un operatore come Stanley – che realizza, a livello di gruppo, un fatturato pari a circa 500 milioni di euro e che è in possesso dei requisiti di fatturato e di raccolta previsti dal bando – non sarebbe comunque in grado di farsi affidare dal sistema bancario o di reperire capitali di rischio nell’ordine di 700/800 milioni di euro. Pertanto la lex specialis risulta illegittima ed immediatamente lesiva perché si rivolge a pochissimi operatori, in grado di realizzare un’elevata capacità di indebitamento o di reperimento di mezzi propri.

IV) Violazione dei principi comunitari in tema di diritto di stabilimento e libera prestazione dei servizi sotto altro profilo; violazione dei principi di congruenza, non discriminazione e proporzionalità, trasparenza ed imparzialità della P.A.; eccesso di potere per difetto di motivazione. La lex specialis contiene disposizioni che interferiscono ingiustificatamente con diverse vicende contenziose tutt’ora sub iudice e con l’attività del gruppo Stanley nel settore dei giochi e delle scommesse. In particolare: A) il capitolato d’oneri, al punto 9.1, lett. b), prevede l’obbligo di dichiarare, tra l’altro, di non aver commesso “violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui è stabilito intendendosi per gravi le violazioni che comportano l’omesso pagamento di imposte e tasse per un importo superiore a quello indicato all’articolo 48-bis, commi 1 e 2-bis, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 e successive modificazioni ed integrazioni”; B) fra i casi indicati all’art. 30 dello schema di convenzione, che possono determinare la decadenza della concessione, rientrano “ogni ipotesi di reato per il quale sia stato disposto il rinvio a giudizio e che ADM, in ragione della sua natura, della gravità, delle modalità di esecuzione e della connessione con l’oggetto dell’attività affidata in concessione, valuti tale da far escludere l’affidabilità, la professionalità e l’idoneità morale del concessionario” (art. 30.2, lett. h), nonché ogni ipotesi in cui “il concessionario viola la normativa in materia di repressione del gioco anomalo, illecito e clandestino ed, in particolare, quando in proprio od attraverso società controllate o collegate ovunque ubicate, commercializzi sul territorio italiano altri giochi assimilabili al gioco del Lotto automatizzato e degli altri giochi numerici a quota fissa senza averne il prescritto titolo ovvero ad altri giochi vietati dall’ordinamento italiano” (art. 30.2, lett. k); C) Stanley opera in Italia attraverso punti vendita denominati CTD, presso i quali offre servizi di scommesse sportive in regime di libera prestazione di servizi; D) sebbene tale modus operandi sia stato ripetutamente ritenuto legittimo sia dalla Corte di Giustizia che dalla Corte di Cassazione, tuttavia l’ADM continua a mantenere una posizione di segno contrario, come dimostra il contenzioso in atto con l’Amministrazione. Ne consegue che le suddette previsioni del capitolato d’oneri e dello schema di convenzione – e segnatamente quelle che prevedono una valutazione ampiamente discrezionale dell’ADM (cfr. l’art. 30.2, lett. h e lett. k) – si traducono in una mezzo di dissuasione dal partecipare alla gara, perché Stanley non potrebbe partecipare senza rinunciare all’esercizio della propria attività tramite i CTD. Del resto la partecipazione alla gara comporta notevoli investimenti e, quindi, il rischio di incappare nella decadenza dalla concessione non può non dissuadere – come in effetti è avvenuto – un imprenditore di normale avvedutezza.

V) Violazione dei principio di trasparenza in relazione alla devoluzione a titolo gratuito della rete. L’ADM, prima di disciplinare un profilo fondamentale del rapporto concessorio, come la cessione a titolo gratuito della rete del concessionario al termine della concessione, avrebbe dovuto prudenzialmente attendere la sentenza della Corte di Giustizia che verrà pronunciata nella causa C-375/14, avente ad oggetto la legittimità di un’analoga disciplina che trova applicazione nel settore delle scommesse.

5. In via subordinata – per il caso in cui questo Tribunale dubitasse della contrarietà dell’art. 1, comma 653, della legge di stabilità 2015 e degli atti impugnati al diritto dell’Unione Europea – le ricorrenti chiedono che vengano sottoposte alla Corte di Giustizia, ai sensi dell’art. 267 TFUE, le seguenti questioni pregiudiziali: A) “se il diritto dell’Unione – e, in particolare, il diritto di stabilimento e la libera prestazione di servizi nonché i principi di non discriminazione, trasparenza, libertà di concorrenza, proporzionalità e coerenza – debba essere interpretato nel senso che osta ad una disciplina come quella posta dell’art. 1, comma 653, della legge di stabilità 2015 e dai relativi atti attuativi, che prevede un modello di concessionario monoproviding esclusivo in relazione al servizio del gioco del Lotto, e non già per altri giochi, concorsi pronostici e scommesse”; B) “se il diritto dell’Unione – e, in particolare, il diritto di stabilimento e la libera prestazione di servizi e la direttiva 2014/23/UE, nonché i principi di non discriminazione, trasparenza, libertà di concorrenza, proporzionalità e coerenza – debba essere interpretato nel senso che osta ad un bando di gara che prevede una base d’asta di gran lunga superiore ed ingiustificata rispetto ai requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativi, del tipo di quelli previsti dai punti 5.3, 5.4, 11, 12.4 e 15.3 del capitolati d’oneri della gara per l’assegnazione della concessione del gioco del Lotto”; C) “se il diritto dell’Unione – e, in particolare, il diritto di stabilimento e la libera prestazione di servizi nonché e la direttiva 2014/23/UE, nonché i principi di non discriminazione, trasparenza, libertà di concorrenza, proporzionalità e coerenza – deve essere interpretato nel senso che osta ad una disciplina che prevede l’imposizione di un’alternatività di fatto fra divenire assegnatari di una nuova concessione e continuare ad esercitare la libertà di prestazione dei diversi servizi di scommessa su base transfrontaliera, alternatività del tipo di quella che discende dall’art. 30 dello Schema di Convenzione, cosi che la decisione di partecipare alla gara per l’attribuzione della nuova concessione comporterebbe la rinunzia all’attività transfrontaliera, nonostante la legittimità di quest’ultima attività sia stata riconosciuta più volte dalla Corte di Giustizia”.

5. Le Amministrazioni intimate si sono costituite in giudizio per resistere al ricorso e con memoria depositata in data 5 febbraio 2016 hanno preliminarmente eccepito: A) la carenza di interesse al ricorso, evidenziando che le ricorrenti ammettono di essere in possesso dei requisiti speciali previsti dal bando; B) la tardività del ricorso, evidenziando che le ricorrenti, nel contestare in radice la scelta del modello monoproviding esclusivo, riferiscono di aver più volte richiesto ad ADM di riconsiderare l’impianto complessivo della gara, ma proprio tale circostanza dimostra che avrebbero dovuto attivarsi tempestivamente (e non già undici mesi dopo la pubblicazione della legge di stabilità 2015), anche perché le censure relative all’impianto della gara seguono di ben quattro mesi la pubblicazione, sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, del parere interlocutorio del Consiglio di Stato del 7 agosto 2015.

6. Le Amministrazioni intimate hanno poi diffusamente illustrato il funzionamento del gioco del Lotto, evidenziando quanto segue: A) il Lotto è l’unico gioco in cui lo Stato assume il rischio d’impresa perché, se l’importo delle vincite è superiore a quello delle giocate, la perdita è totalmente a carico dello Stato; B) la raccolta delle giocate non è oggetto della gara in esame, perché è affidata per legge alle ricevitorie, che operano sulla base di un autonomo rapporto concessorio con lo Stato (regolato da convenzioni della durata di 9 anni), in base al quale l’attività di raccolta viene esercitata unitamente a quella di rivendita di generi di monopolio; C) in particolare l’art. 2, comma 2, della legge n. 528 del 1982 dispone che “il gioco si articola nelle fasi della raccolta delle scommesse, della emissione dello scontrino, delle operazioni di controllo, della elaborazione dei tabulati in diversi livelli di automazione di un unico sistema, nonché del riscontro delle scommesse e della convalida delle vincite”, mentre l’art. 12, comma 1, della stesse legge prevede che “i punti di raccolta del gioco del lotto automatizzato sono collocati presso le rivendite di generi di monopolio e presso le ricevitorie del lotto che alla data di entrata in finzione dell’automazione svolgono attività di raccolta con il sistema manuale ai sensi dell’articolo 20 della legge 16 marzo 1987, n. 123”; D) la raccolta delle giocate avviene, quindi, secondo un modello multiproviding, attraverso oltre 33mila ricevitorie, mentre la concessione oggetto della gara attiene a tutte le attività di gestione automatizzata del gioco del Lotto; E) in particolare tale concessione comporta le seguenti operazioni: estrazione dei numeri vincenti; collegamento informatizzato di tutte le ricevitorie; controllo delle giocate; determinazione delle giocate vincenti; pagamento delle vincite; effettuazione della ritenuta alla fonte sui relativi proventi; versamento all’Erario dell’utile e delle ritenute alla fonte.

7. Quindi le Amministrazioni intimate, con particolare riferimento al terzo motivo di ricorso, hanno preliminarmente eccepito la carenza di una lesione attuale della sfera giuridica delle società ricorrenti, evidenziando che la base d’asta, i requisiti speciali e l’importo delle garanzie richieste non sono immediatamente preclusivi della partecipazione alla gara. Nel merito, con particolare riferimento all’importo della base d’asta, fissato direttamente dall’art. 1, comma 653, della legge di stabilità 2015, hanno eccepito quanto segue: A) la congruità di tale importo, pari a 700 milioni di euro, deve essere valutata ponendola a confronto con l’aggio riconosciuto al concessionario, pari al 6% della raccolta del gioco del Lotto, che negli ultimi cinque anni ha avuto il seguente andamento: 6.801 milioni di euro nell’anno 2011, 6.221 milioni di euro nell’anno 2012, 6.332 milioni di euro nell’anno 2013, 6.629 milioni di euro nell’anno 2014, 7.706 milioni di euro nell’anno 2015; B) di conseguenza, assumendo a base la raccolta media degli ultimi 5 anni, pari a circa 6.600 milioni di euro, l’aggio del 6% comporta un ricavo lordo per il concessionario pari a circa 400 milioni di euro all’anno e a circa 3,7 miliardi di euro per l’intera durata della concessione, sicché la base d’asta corrisponde al ricavo del concessionario di circa un anno e nove mesi, a fronte della durata novennale della concessione; C) in altri termini la base d’asta, se spalmata sull’intera durata della concessione, misura circa 77 milioni di euro all’anno, pari al 19% del ricavo lordo del concessionario; D) inoltre attraverso la fissazione di una base d’asta elevata e di un corrispondente aggio si garantisce un’efficace gestione di medio-lungo periodo, in ragione dell’interesse del concessionario al recupero dell’investimento iniziale; E) le considerazioni sin qui svolte trovano conferma nella pronuncia del Consiglio di Stato sul bando di gara relativo alle Lotterie ad estrazione istantanea – che prevedeva un diritto d’ingresso pari a 800 milioni di euro (di cui 500 milioni per l’anno 2009 e 300 milioni per l’anno 2010) – ove è stato affermato quanto segue: «la fissazione dell’importo del c.d. “diritto di ingresso” nella misura suindicata non è incongrua e nemmeno discriminatoria risultando, per quanto di notevolissima consistenza, compatibile con le finalità, gli interessi “in gioco” e le caratteristiche tecniche della procedura selettiva per cui è causa» (Consiglio di Stato, Sez. IV, 23 marzo 2010, n. 1705).

8. Sempre con riferimento al terzo motivo le Amministrazioni intimate hanno replicato alle doglianze incentrate sull’asserita irragionevolezza dei requisiti speciali previsti dal bando, evidenziando quanto segue: A) il legislatore – nel prevedere che la concessione sia affidata “ad una qualificata impresa con pregresse esperienze nella gestione o raccolta del gioco … munita di idonei requisiti di affidabilità … tecnica ed economica” – ha inteso qualificare la platea dei possibili concorrenti considerando che nel caso in esame si tratta di una delle più rilevanti concessioni di gioco pubblico, sia per l’entità delle entrate erariali che genera (circa 1,2 miliardi di euro di gettito per il 2015), sia per i complessi rapporti con gli oltre 33mila concessionari della raccolta delle giocate; B) è stato preventivamente verificato che, considerando la sola raccolta effettuata in Italia, almeno quindici operatori del settore sono in possesso dei requisiti di fatturato e di raccolta delle giocate richiesti dal bando (B-Plus Gioco Legale Limited, Lottomatica Spa, Gamenet Scommesse Spa, Sisal Entertainment Spa, Snai Spa, Cogetech Spa, HBG On Line Gaming Srl, Cirsa Italia Spa, Gmatica Srl, Codere Network, Sisal Spa, Bwin Italia Srl, Eurobet Italia Srl, WHG International Limited, Intralot Italia Spa, Winga Srl, Gruppo MilleUno Spa); C) tali requisiti possono essere posseduti anche per il tramite di società direttamente o indirettamente controllanti o controllate, in Italia od in altro Stato dello Spazio Economico Europeo e, nel caso di società consortile o consorzio o società costituenda, possono essere posseduti anche cumulativamente dalle imprese componenti (purché almeno per 1/3 da un’unica impresa); D) in ogni caso i requisiti speciali sono proporzionati alle obiettive necessità operative ed organizzative della concessione, perché la raccolta dei giochi numerici a quota fissa negli ultimi esercizi è stata (come già evidenziato) superiore a 6 miliardi di euro annui generando un fatturato di circa 400 milioni di euro all’anno e sono addirittura inferiori al fatturato annuo che potrà derivare dalla concessione, perché sono rispettivamente pari al 2,7% e al 10% del fatturato complessivo realizzabile nell’arco temporale di durata della concessione (pari a circa 3,7 miliardi di euro); E) anche se posti a raffronto con la base d’asta i predetti requisiti sono assai contenuti, costituendo rispettivamente, il 14,28% e il 50% della base d’asta medesima; F) non giova a controparte invocare il parere dell’ANAC n. 36 del 26 febbraio 2014 – che ha ritenuto non conforme ai principi di proporzionalità e ragionevolezza il bando che richieda il possesso di un fatturato minimo globale, negli ultimi tre anni, che superi il doppio dell’importo a base di gara – né la direttiva 2014/23/UE, perché nel caso in esame i requisiti speciali sono inferiori alla base d’asta e sono inferiori (di circa il 30%) a quelli richiesti per le analoghe gare relative alla concessione dei giochi numerici a totalizzatore nazionale (Enalotto, 2007) e alle Lotterie istantanee (Gratta e Vinci, 2009).

9. Quanto ai primi due motivi, le Amministrazioni intimate – nel ribadire che la raccolta delle giocate avviene già secondo il modello multiproviding e comunque non è oggetto della gara in questione – hanno diffusamente replicato alla tesi di controparte, secondo la quale il gioco del Lotto non differirebbe da una semplice scommessa a quota fissa, evidenziando quanto segue: A) la scelta del modello monoproviding, operata direttamente dal legislatore, costituisce in realtà «l’unica possibile per garantire gli interessi erariali, l’ordine pubblico e l’efficienza amministrativa dello Stato il quale, come già illustrato in precedenza, relativamente al gioco del Lotto, è il soggetto su cui grava il rischio d’impresa»; B) tale aspetto, insieme ad altri, rende peculiare il gioco del Lotto e ne giustifica la differente disciplina rispetto ad altri giochi. In particolare le Amministrazioni intimate hanno posto in rilievo le principali ragioni della scelta legislativa del modello monoproviding, osservando quanto segue: A) il concessionario deve gestire la raccolta a livello nazionale, incassare le giocate, determinare le vincite, effettuare il relativo pagamento, rendicontare i flussi dell’intero territorio ed attivare le nuove ricevitorie, sicché il modello multiproviding renderebbe comunque necessaria la presenza di un ulteriore soggetto – una sorta di “superconcessionario” – che dovrebbe coordinare ed unificare le varie attività, con il risultato che i costi per lo Stato aumenterebbero, sia perché in caso di affidamento suddiviso il lotti (ad esempio sulla base del criterio geografico), laddove le vincite conseguite in una ricevitoria fossero superiori alla raccolta e il concessionario (di uno dei lotti) non fosse in grado fronte al pagamento delle stesse, il concessionario stesso dovrebbe rivolgersi allo Stato (ossia al superconcessionario) per la provvista finanziaria da prelevare dalla raccolta degli altri concessionari, sia perché i diversi concessionari presenterebbero rendicontazioni parziali, riferiti solo alla propria concessione, sicché si renderebbe necessaria un’ulteriore attività di coordinamento e riepilogo, con ulteriori costi per lo Stato; B) il modello monoproviding assicura una chiara attribuzione di responsabilità a carico dell’unico concessionario, che non può in ogni caso imputare ad altri soggetti eventuali inadempimenti rispetto alle attività ad esso affidate (si pensi, ad esempio, a eventuali anomalie che potrebbero verificarsi in sede di estrazione dei numeri), e tale chiarezza nel riparto di responsabilità ha contribuito ad una gestione del gioco del Lotto che finora non ha mostrato alcun episodio significativo di discontinuità, mentre adottando il modello multiproviding, al verificarsi di un dato evento, sarebbe necessario procedere all’accertamento delle relative responsabilità con conseguente aggravio procedimentale e di costi per l’Erario (si pensi, ad esempio, alla disposizioni dell’art. 12 dello schema di convenzione di concessione, relativo alla “Responsabilità unica del concessionario”, secondo il quale “il concessionario espressamente assume in proprio ed in via esclusiva ogni responsabilità organizzativa, tecnica, finanziaria, amministrativa, contabile ed economica e di ogni altra natura, inerente l’esecuzione e la gestione delle attività e delle funzioni oggetto della concessione anche nel caso avesse affidato, previa autorizzazione di ADM, parte della sua attività a terzi. Il concessionario si impegna espressamente a tenere indenne ed a manlevare ADM da ogni eventuale responsabilità verso terzi, ivi compresi i punti di raccolta, relativa o comunque connessa alle attività e funzioni affidate in concessione. In particolare, il concessionario dichiara espressamente di sollevare ADM da qualsiasi responsabilità relativa alle attività svolte ed ai servizi prestati a favore del concessionario stesso dai punti di raccolta, in relazione alla concessione”). Inoltre, secondo le Amministrazioni intimate, sussistono le seguenti ulteriori ragioni che giustificano la scelta del modello monoproviding: A) ai fini della corretta individuazione degli esiti di una giocata, della trasparenza e della comprensione per il giocatore, nonché della affidabilità del risultato delle estrazioni, le estrazioni dei numeri (tre a settimana le fisiche, 288 al giorno le automatizzate, oltre alle estrazioni istantanee determinabili al momento della giocata su richiesta del giocatore) non possono che svolte da un unico soggetto; B) il gioco del Lotto si basa su logiche di pay-out fisso/predeterminato dalla vigente disciplina e, quindi, non consente differenziazioni che possano giustificare la presenza di una pluralità di operatori, come invece accade nel settore delle scommesse; C) lo sviluppo sostenibile di un gioco come il Lotto e l’innovazione ad esso connessa può avvenire solo in un contesto unitario di obiettivi e strategie, anche perchè ogni novità necessita di adeguati tempi di comprensione da parte dei giocatori, mentre adottando il modello multiproviding verrebbero a crearsi sicure criticità in quanto i diversi concessionari potrebbero mostrare un diverso interesse alle attività di sviluppo e innovazione del prodotto; D) il modello monoproviding garantisce l’omogeneità, l’integrità e la sicurezza di gestione della rete tecnologica, con la chiara assunzione di responsabilità da parte del concessionario sull’intero processo di gioco e sulle attività ad esso connesse (transazioni, rendicontazioni, flussi contabili, estrazioni, etc.), mentre nel caso di assegnazione della gara a più soggetti, verrebbero a crearsi enormi problemi di coordinamento tra i concessionari, sia nelle fasi della raccolta che nelle successive fasi di pagamento e rendicontazione, che potrebbero essere gestiti unicamente attraverso l’intervento di una solida, ed onerosa, struttura informatica di controllo ovviamente non in possesso dell’Agenzia; E) un eventuale inadempimento di uno dei vari concessionari avrebbe ripercussioni non solo sulla raccolta del concessionario interessato, ma anche sull’intero gioco e sulla raccolta dei concessionari che hanno eseguito diligentemente le loro attività e, quindi, il modello multiproviding richiederebbe la creazione, a carico dell’Agenzia, di una struttura di collegamento con costi sicuramente molto elevati; F) il modello monoproviding garantisce lo stesso livello di servizio, la stessa tecnologia, la stessa informazione e promozione, la stessa esperienza di gioco tra cui, di fondamentale importanza, la circolarità nel pagamento delle vincite, a differenza di quanto avviene nel settore delle scommesse (più volte richiamato da controparte) in cui le vincite vengono pagate esclusivamente nel punto vendita ove la scommessa è stata effettuata; G) lo sviluppo della rete di vendita, in linea con i primari interessi pubblici, può essere realizzato solo attraverso il modello monoproviding, perché non necessita di un’eccessiva estensione e consente di contemperare la libertà di concorrenza con la necessità di sviluppo di gioco responsabile, mentre la competizione aggressiva tra i concessionari per assicurarsi punti di raccolta più produttivi andrebbe a discapito di una copertura ottimale del territorio; H) il modello monoproviding crea una minore competizione all’interno del mercato e dunque realizza una logica di governo responsabile (non competitivo) del gioco in quanto è «pacifico che, a differenza di quanto avviene nel caso dell’instaurazione di una concorrenza libera e non falsata all’interno di un mercato tradizionale, l’applicazione di una siffatta concorrenza nel mercato alquanto specifico dei giochi d’azzardo, ossia tra più operatori che siano autorizzati a gestire gli stessi giochi d’azzardo, può comportare un effetto pregiudizievole dovuto al fatto che tali operatori sarebbero indotti a competere sul piano dell’inventiva per rendere la loro offerta più attraente di quella dei loro concorrenti, con conseguente aumento delle spese dei consumatori legate al gioco nonché dei rischi di dipendenza di questi ultimi» (in tal senso Corte di Giustizia 24 gennaio 2013, nelle cause riunite C-186/11 e C-209/11); I) il modello monoproviding è l’unico in grado di garantire coerenza e continuità dei messaggi e dei valori, sotto un’unica regia di comunicazione, ed assicura efficacia ed efficienza degli investimenti in comunicazione, favorendo la corretta comprensione delle dinamiche di gioco e di eventuali innovazioni e non alimentando il rischio di comportamenti ludopatici; L) la scelta del modello monoproviding è in linea con la direttiva 2014/23/UE, che prevede la possibilità di affidamento della concessione “ad uno o più operatori economici” (articolo 5, comma 1, lett. b, e considerando n. 11). Infine non giova a controparte invocare la segnalazione del 28 giugno 2007, con la quale l’AGCM ha richiesto di garantire la contendibilità dei diversi giochi in occasione del rilascio dei nuovi titoli e di evitare di attribuire esclusive ad un unico operatore, perché gli indirizzi forniti dall’Autorità si riferiscono non già ai gestori di servizi (tra i quali rientra il concessionario della gestione del servizio del gioco del Lotto automatizzato), bensì ai concessionari dei diversi settori del gioco, fermo restando che tali indirizzi trovano integrale riscontro nella disciplina della gara in questione (rete distributiva dell’Agenzia, volumi di raccolta per categoria di giochi e non specifici, possibilità di costituire raggruppamenti temporanei di imprese).

10. Alle censure dedotte con il quarto motivo le Amministrazioni intimate hanno replicato osservando che le note vicende contenziose che riguardano le società del gruppo Stanley «non possono in alcun modo trovare soluzione in una deroga, che il ricorrente implicitamente richiederebbe, alle regole generali che disciplinano l’affidamento di appalti o concessioni». In particolare le Amministrazioni intimate hanno evidenziato che: A) il codice dei contratti pubblici prevede, all’art. 38, prevede l’esclusione dalla partecipazione alle procedure di affidamento degli appalti e delle concessioni per i soggetti che “hanno commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti” e, quindi, tale previsione è stata necessariamente riprodotta nel capitolato d’oneri; B) quanto alla causa di decadenza di cui all’art. 30, lett. k), della schema di convenzione di concessione, costituita dalla violazione “della normativa in materia di repressione del gioco anomalo, illecito e clandestino ed, in particolare, quando in proprio od attraverso società controllate o collegate ovunque ubicate, commercializzi sul territorio italiano altri giochi assimilabili al gioco del Lotto automatizzato e degli altri giochi numerici a quota fissa senza averne il prescritto titolo ovvero ad altri giochi vietati dall’ordinamento italiano”, costituisce una previsione imprescindibile, in ragione del rapporto fiduciario che deve intercorrere tra concedente e concessionario; C) analoghe considerazioni valgono per la disposizione dell’art. 30, lett. h), dello schema di convenzione, che prevede come causa di decadenza l’emissione di “sentenze di condanna passate in giudicato o decreto penale di condanna divenuto irrevocabile oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale, per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidano sulla moralità professionale, ed in ogni caso per i reati citati nell’articolo 38 lettere c), h), del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163; analogamente si procederà nelle ipotesi previste dall’articolo 38, lettera m-ter), del citato D.Lgs. n. 163/2006 (omessa denuncia dei reati di estorsione e concussione aggravata ai sensi dell’articolo 7 del D.L. n. 152/1991) e per ogni ipotesi di reato per il quale sia stato disposto il rinvio a giudizio e che ADM, in ragione della sua natura, della gravità, delle modalità di esecuzione e della connessione con l’oggetto dell’attività affidata in concessione, valuti tale da far escludere l’affidabilità, la professionalità e l’idoneità morale del concessionario, ovvero quando ricorrano le ipotesi di cui all’articolo 24, comma 25, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 convertito con modificazioni dalla L. 15 luglio 2011, n. 111”, perché disciplina anch’essa cause di decadenza connesse al venir meno del rapporto fiduciario. In ragione di quanto precede, secondo le Amministrazioni intimate, non può rilevarsi nell’operato dell’ADM alcun intento dissuasivo; del resto una censura di analogo tenore era già stata avanzata con il ricorso n. 2661/2013 (proposto dalle società Stanley International Betting Limited e Stanleybet Malta Limited avverso il bando per l’affidamento in concessione di 2000 diritti per l’esercizio congiunto dei giochi pubblici, il cui schema di convenzione conteneva una clausola analoga), ma è stata ritenuta infondata dal Consiglio di Stato.

11. Infine, con riferimento al quinto motivo, le Amministrazioni intimate hanno replicato che: A) in data 28 gennaio 2016 la Corte di Giustizia si è pronunciata nella causa C-375/14 affermando quanto segue: «gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una disposizione nazionale restrittiva, quale quella in questione nel procedimento principale, la quale impone al concessionario di cedere a titolo non oneroso, all’atto della cessazione dell’attività per scadenza del termine della concessione, l’uso dei beni materiali e immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco, qualora detta restrizione ecceda quanto è necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito da detta disposizione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare»; B) tale pronuncia non assume alcun rilievo nella fattispecie in esame, sia perché la gara ha ad oggetto un servizio consistente in un complesso di attività finalizzate a garantire il collegamento informatizzato di tutti i punti di raccolta oltre che le operazione di estrazione e di pagamento premi per conto dello Stato, sia perché la Corte di Giustizia ha aderito alla tesi secondo la quale una siffatta clausola è ammissibile laddove sia giustificata da motivi di interesse legittimo, sia idonea a contribuire alla realizzazione dell’obiettivo di interesse legittimo perseguito e sia proporzionata rispetto all’obiettivo di interesse generale perseguito; C) in particolare nel caso in esame la devoluzione gratuita della rete al termine della concessione (come previsto dall’art. 22 dello schema di convenzione di concessione) risulta imprescindibile per assicurare la continuità del servizio e più in generale la par condicio di tutti i partecipanti alla gara, senza determinare situazioni di vantaggio per il concessionario uscente, perché l’aggiudicatario della concessione subentra gratuitamente nell’intero sistema automatizzato (comprensivo della disponibilità dei locali, delle apparecchiature, ivi compresi i terminali presso tutti i punti di raccolta, degli impianti, delle strutture dei programmi, degli archivi e di quanto altro occorre per il completo funzionamento, gestione e funzionalità del sistema stesso), mentre in caso contrario l’aggiudicatario, se diverso dall’attuale concessionario, dovrebbe costituire ex novo una rete di consistenti dimensioni, con l’effetto di procurare un indubbio vantaggio competitivo al concessionario uscente; D) un analogo vantaggio per il concessionario uscente deriverebbe dall’eventuale previsione della vendita forzata della rete in favore dell’aggiudicatario, perché quest’ultimo, se diverso dal concessionario uscente, dovrebbe sostenere un costo aggiuntivo; E) gli oneri economici sostenuti dal concessionario per l’aggiornamento tecnologico del sistema della rete e dei terminali di gioco, secondo standard qualitativi che garantiscano la massima sicurezza ed affidabilità, saranno interamente ammortizzati al termine della concessione e sono retribuiti dall’aggio fissato per legge; F) la devoluzione gratuita discende anche dal fatto che l’aggiudicatario, per espressa previsione della concessione oggi in vigore, subentra gratuitamente nella gestione della rete telematica di automazione del gioco del Lotto e, quindi, è ragionevole prevedere che il medesimo debba restituire altrettanto gratuitamente la rete all’eventuale nuovo concessionario al termine della concessione. Inoltre non può assumere rilievo decisivo in questa sede la circostanza che l’art. 1, comma 948, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016) abbia abrogato la disposizione di cui all’art. 1, comma 78, lett. b), numero 26), della legge 13 dicembre 2010, n. 220, ove si prevedeva che l’aggiornamento dello schema-tipo di convenzione accessiva alle concessioni per l’esercizio e la raccolta non a distanza, ovvero comunque attraverso rete fisica, dei giochi pubblici comprendesse l’inserimento della “previsione della cessione non onerosa ovvero della devoluzione della rete infrastrutturale di gestione e raccolta del gioco all’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato all’atto della scadenza del termine di durata della concessione, esclusivamente previa sua richiesta in tal senso, comunicata almeno sei mesi prima di tale scadenza ovvero comunicata in occasione del provvedimento di revoca o di decadenza della concessione”. Difatti, se è vero che l’abrogazione di tale disposizione determina il venir meno dell’obbligo di inserimento della suddetta clausola, tuttavia non comporta alcun divieto in tal senso e, quindi, l’ADM ha correttamente valutato la sussistenza di motivi che rendono necessario e giustificato l’inserimento di una siffatta previsione, al fine di realizzare un obiettivo come la continuità del funzionamento della rete del gioco del Lotto.

12. Le società ricorrenti con memoria depositata in data 21 marzo 2016 hanno insistito innanzi tutto per l’accoglimento del terzo motivo, evidenziando che: A) da notizie apprese dagli organi di stampa risulta che l’unica domanda di partecipazione alla gara è stata presentata da un RTI di cui è capofila Lottomatica, con una quota dominante di partecipazione nel raggruppamento pari al 62% circa; B) tale circostanza vale a smentire la tesi di controparte, secondo la quale vi erano ben quindici soggetti in possesso dei requisiti richiesti dal bando, e costituisce piuttosto la migliore riprova del fatto che la lex specialis è stata costruita “su misura” per il concessionario uscente; C) un’ulteriore conferma della fondatezza del terzo motivo si desume dalla consulenza di parte, a firma del dottor Matteo Merini, ove viene posto in rilievo che le condizioni ed i requisiti previsti dal bando, «pur ragionevoli a prima vista, celano un meccanismo che riserva nei fatti la partecipazione al solo operatore incumbent, escludendo chiunque altro». In particolare le ricorrenti sostengono che – come diffusamente esposto nella predetta consulenza – occorre operare una valutazione complessiva delle seguenti previsioni: A) quelle relative alla base d’asta, fissata nella misura di 700 milioni di euro, ed ai rilanci, obbligatoriamente pari a 3 milioni di euro ciascuno; B) quella relativa al pagamento del corrispettivo in tempi molto brevi (350 milioni di euro, entro 30 giorni dall’aggiudicazione; 250 milioni di euro, entro l’anno 2016, ossia entro 6 mesi dall’aggiudicazione; il resto, cioè 100 milioni di euro oltre all’ammontare complessivo dei rialzi, entro il 30 aprile 2017); C) quella relativa all’obbligo di prestare una garanzia definitiva di 40 milioni di euro al momento dell’affidamento del servizio; D) quella relativa all’obbligo di realizzare, entro i primi 5 anni, un piano di investimenti di valore complessivo non inferiore a 90 milioni di euro per l’aggiornamento della rete. Difatti tali previsioni, nel loro insieme, generano un fabbisogno finanziario immediato pari a circa 750/800 milioni di euro e ciò significa che – al di là della prescrizione del possesso di un fatturato annuo non inferiore a 33 milioni di euro (equivalenti a 100 milioni di euro nel triennio) – «il bando, in realtà, richiede al concorrente di reperire in un solo anno risorse pari a 21-24 volte il fatturato annuo indicato». A ciò si devono poi aggiungere le stringenti condizioni di patrimonializzazione, parimenti prescritte dalla lex specialis, in base alle quali: A) al concorrente è consentito di indebitarsi fino un ammontare pari al massimo al 400% del suo patrimonio netto (cfr. l’art. 9.2, lett. f, del capitolato d’oneri); B) il concorrente deve rispettare tutti gli altri requisiti di solidità patrimoniale prescritti dal Decreto del MEF del 28 giugno 2011, n. 1845/Strategie/UD (cfr. l’art. 7.1, lett. d, dello schema di convenzione). Difatti per effetto di tali condizioni il concorrente «è fortemente limitato nella sua capacità di indebitamento, soprattutto quella di lungo periodo, che deve essere costantemente parametrata all’ammontare del patrimonio netto (in particolare, l’indebitamento a lungo termine non può superare l’80% del patrimonio netto)». Ne consegue che – se l’ADM, da un lato, richiede un impegno economico di 750/800 milioni di euro nel primo anno di vita della concessione, ma pone, dall’altro, vincoli stringenti di solidità patrimoniale che consentono il ricorso al finanziamento esterno soltanto a chi già possiede un ingentissimo patrimonio netto – «soltanto due degli operatori indicati da ADM …, ossia le società Lottomatica (rectius IGT plc e la sua controllata italiana Lottomatica) e WHG Ltd (rectius William Hill plc e la sua controllata WHG Ltd) erano qualificati per partecipare». In particolare le ricorrenti precisano che: A) soltanto chi già possedesse un patrimonio netto superiore ad un miliardo di euro avrebbe potuto rivolgersi al finanziamento esterno e, al contempo, soddisfare i requisiti di solidità patrimoniale richiesti bando, sicché – come risulta dalla suddetta consulenza di parte – «la possibilità di ricorrere ad un indebitamento di ammontare comparabile a quello di cui si discute è di fatto disponibile unicamente agli operatori di grandissima dimensione, o agli operatori che, pur essendo di minore dimensione nazionale, sono tuttavia controllati da grandi gruppi multinazionali che possono finanziare simili somme di denaro tramite risorse e garanzie di gruppo (ad esempio, filiali italiane di grandi gruppi multinazionali)»; B) l’ipotesi di autofinanziamento da parte delle imprese del settore conferma l’intrinseca attitudine della lex specialis ad escludere dalla gara tutti gli operatori che non abbiano enormi dimensioni; difatti – come risulta dalla suddetta consulenza di parte – l’autofinanziamento presupporrebbe un flusso di cassa (dato dall’utile lordo più gli ammortamenti) pari, per il primo anno, all’importo di 750/800 milioni di euro, ma il flusso di cassa è solo una parte del fatturato dell’impresa ed è, quindi, «impossibile che operatori con un fatturato triennale di 100 milioni di euro (soglia minima per la partecipazione alla gara) possano generare un flusso di cassa annuo che assommi invece a oltre 7-8 volte tale fatturato»; C) la medesima consulenza di parte esclude anche l’ipotesi che un qualsiasi operatore possa reperire il suddetto fabbisogno di 750/800 milioni di euro quale provento dell’esercizio della concessione; difatti il flusso di cassa derivante dall’esercizio della concessione (sulla base di una stima degli attuali dati di mercato) è pari a circa 133,2 milioni di euro annui (ossia, il 33,3% dell’aggio dovuto al concessionario del Lotto, quantificabili in circa 400 milioni di euro annui), sicché giammai l’aggiudicatario potrebbe sostenere l’impegno richiesto nel primo anno di vita della concessione, ad iniziare da quello di 350 milioni di euro da pagarsi entro 30 giorni dall’aggiudicazione; D) neppure la strada dell’autofinanziamento, attraverso aumenti di capitale o finanziamenti in conto capitale da parte dei soci, sarebbe percorribile; difatti – secondo la consulenza di parte – la scelta di emettere nuove azioni destinate a soggetti terzi, fino alla concorrenza di un importo pari al fabbisogno finanziario indicato, sarebbe irrazionale, perché con certezza modificherebbe la compagine proprietaria al punto di far perdere totalmente il controllo della società anche agli operatori di maggiori dimensioni, in vista della mera speranza dell’aggiudicazione, mentre un aumento di capitale interamente sottoscritto dagli azionisti attuali, oltre a presuppone che costoro abbiano a disposizione un tale ingente ammontare di fondi, sarebbe di fatto impossibile a causa della tempistica imposta del bando, non conciliabile con gli adempimenti societari e di borsa (solo tre mesi tra la pubblicazione del bando e la presentazione dell’offerta economica); E) in definitiva, l’unica via in astratto percorribile per acquisire le risorse richieste dall’ADM sarebbe quella del finanziamento in conto capitale, riservata di fatto alle società appartenenti a gruppi multinazionali di grandissime dimensioni (come, Eurobet Italia-Coral Group ed Intralot Italia-Intralot PLC), che potrebbero essere sufficientemente liquidi e patrimonializzati per sopperire al fabbisogno delle proprie controllate, intenzionate a partecipare alla gara.

13. Le società ricorrenti con la predetta memoria depositata in data 21 marzo 2016 hanno poi insistito anche per l’accoglimento del quinto motivo evidenziando innanzi tutto che la Corte di Giustizia con la sentenza del 28 gennaio 2016 ha posto in rilievo che: A) «una disposizione nazionale, quale quella in questione nel procedimento principale, la quale impone al concessionario di cedere a titolo non oneroso, all’atto della cessazione dell’attività, ivi compresa l’ipotesi in cui tale cessazione avvenga per il semplice fatto della scadenza del termine di concessione, l’uso delle attrezzature utilizzate per la raccolta di scommesse, può rendere meno allettante l’esercizio di tale attività. Infatti, il rischio per un’impresa di dover cedere, senza contropartita economica, l’uso dei beni in suo possesso può impedire a detta impresa di trarre profitto dal proprio investimento»; B) la disposizione in discorso «costituisce una restrizione delle libertà garantite dagli articoli 49 TFUE e 56 TFUE»; C) l’obiettivo di interesse generale ipoteticamente sotteso a questa disposizione, consistente nella necessità di garantire la continuità dell’attività autorizzata di scommesse a fine concessione, «potrebbe essere conseguito con misure meno vincolanti, quali la cessione forzata, ma a titolo oneroso a prezzi di mercato, dei beni in questione». Pertanto, secondo le ricorrenti, la clausola di cui all’art. 22 dello schema di convenzione di concessione contrasta con gli articoli 49 e 56 del TFUE, come interpretati dalla Corte di Giustizia, anche perché il valore economico della rete del concessionario del gioco del Lotto sarà di gran lunga più elevato di quello della rete di uno dei tanti concessionari delle scommesse sportive. Inoltre le ricorrenti denunciano «una grave incertezza giuridica sul come verrà in effetti regolamentato questo fondamentale profilo della concessione del Lotto» evidenziando quanto segue: A) se è vero che il Decreto Ministeriale del 17 marzo 2003 (ossia l’atto di concessione del servizio del gioco del Lotto in favore della società Lottomatica) prevedeva all’art. 39.1 che “Al termine, per qualsiasi causa, della concessione, e salvo il caso di proroga o rinnovo, il concessionario si obbliga a trasferire gratuitamente all’amministrazione, a sua richiesta, la proprietà dell’intero sistema automatizzato, comprensivo della disponibilità dei locali, delle apparecchiature, ivi compresi i terminali presso tutti i punti di raccolta, degli impianti, elle strutture dei programmi, degli archivi e di quanto altro occorre per il completo funzionamento, gestione e funzionalità del sistema stesso”, tuttavia, l’art. 1, comma 948, della legge n. 208 del 2015 ha eliminato l’obbligo dei concessionari di devolvere gratuitamente la rete al termine della concessione; B) di conseguenza «potrebbe essere stato abrogato, con una disposizione apparentemente di portata aspecifica, l’obbligo dell’attuale concessionario del Lotto di cedere a titolo non oneroso la rete ad ADM ovvero al futuro concessionario» e, quindi, se questa lettura sistematica si rivelasse corretta, «il nuovo concessionario del Lotto sarebbe in ogni caso stato costretto a negoziare la cessione della rete con il concessionario uscente Lottomatica sulla base di condizioni non predefinite, imprevedibili e (verosimilmente) onerose, a motivo dell’evidente posizione di forza negoziale dell’incumbent».

14. Le Amministrazioni intimate con memoria depositata in data 26 marzo 2016 hanno replicato alle considerazioni svolte da controparte con la memoria depositata in data 21 marzo 2016. Innanzi tutto, con particolare riferimento ai requisiti richiesti per la partecipazione alla gara, hanno posto in rilievo quanto segue: A) la circostanza che l’unica domanda di partecipazione alla gara sia stata presentata da un RTI di cui è capofila Lottomatica – lungi dal provare che la nuova gara e il modello monoproviding sarebbero stati costruiti “su misura” per il concessionario uscente – dimostra semmai il contrario, perché il fatto che una quota pari al 38% del RTI sia detenuta da soggetti diversi dal concessionario uscente rivela che neppure quest’ultimo era in possesso dei requisiti per partecipare da solo alla gara; B) nella precedente memoria è stato già evidenziato come, considerando la sola raccolta effettuata in Italia, almeno 15 operatori del settore fossero in possesso dei requisiti speciali, fermo restando che la lex specialis prevede che tali requisiti possano essere posseduti anche per il tramite di società direttamente o indirettamente controllanti o controllate, in Italia od in altro Stato dello Spazio Economico Europeo e che, nel caso di società consortile o consorzio o società costituenda, i requisiti stessi possono essere posseduti anche cumulativamente dalle imprese componenti (purché almeno per 1/3 da un’unica impresa); C) di conseguenza le società ricorrenti – se realmente avessero voluto prendere parte alla gara – avrebbero potuto non solo parteciparvi singolarmente (essendo in possesso dei requisiti), ma anche ricorrere alla costituzione di un RTI o di una società consortile. Inoltre le Amministrazioni intimate hanno replicato: A) quanto alla necessità di reperire in un solo anno risorse pari a 21-24 volte il fatturato annuo, che l’aggio fissato in misura pari al 6% della raccolta (pari a circa 7 miliardi per il 2015) può determinare un ricavo lordo annuale superiore ai 400 milioni di euro, ossia pari a meno della metà del fabbisogno finanziario richiesto all’aggiudicatario; B) quanto ai rilievi attinenti al rapporto di indebitamento previsto dal Decreto del MEF del 28 giugno 2011, che tali rilievi attengono ad un vincolo normativo derivante dalla disposizione dell’art. 1, comma 78, della legge n. 220/2010, fermo restando che il timore di non veder realizzato l’obiettivo del rapporto di indebitamento non appare suffragato da idonea dimostrazione e comunque attiene ad una condizione richiesta per la fase di gestione della concessione e non ad un requisito di partecipazione alla gara; C) quanto alla tesi secondo la quale il bando sarebbe stato costruito “su misura” per il concessionario uscente, che tale tesi è contraddetta sia dalla stessa consulenza prodotta da controparte, ove si ammette che almeno quattro concessionari (le società Lottomatica Spa, WHG Ltd, Eurobet Italia e Intralot Italia) erano in possesso dei requisiti richiesti per partecipare alla gara, sia dal fatto che controparte omette di indicare molti altri concessionari di grandissime dimensioni – come le società Sisal Spa, Snai Spa (società quotata) e Bet365 (la più grande società di gioco a distanza d’Europa) – che sono in possesso dei requisiti richiesti per partecipare alla gara.

15. Le Amministrazioni intimate hanno poi replicato alle ulteriori considerazioni svolte da controparte in merito alla clausola di cui all’art. 22 dello schema di convenzione, osservando quanto segue: A) non giova a controparte invocare l’art. 1, comma 948, della legge n. 208 del 2015, perché nel caso in esame la previsione della devoluzione gratuita della rete alla scadenza della concessione è prevista sia nell’atto di concessione originario sia nel bando di gara, sicché «su tale punto non vi erano dubbi all’inizio, non vi erano dubbi al momento della scadenza del Bando e non vi sono dubbi ora»; B) la fattispecie esaminata dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 28 gennaio 2016 è diversa da quella in esame, che si caratterizza perché la convenzione di concessione precisa sia i termini sia le modalità della devoluzione della rete alla scadenza della concessione; C) la stessa Corte di Giustizia ha precisato precisa che «la sentenza odierna verte unicamente sulla compatibilità con il diritto dell’Unione dell’obbligo di cessione a titolo non oneroso e non può essere analizzata come diretta a porre in discussione, nel suo complesso, il nuovo sistema di concessioni istituito in Italia durante il 2012 nel settore dei giochi di azzardo».

16. Alla pubblica udienza del 6 aprile 2016 il ricorso è stato chiamato e trattenuto per la decisione.

DIRITTO

1. In via preliminare il Collegio ritiene che si possa prescindere, per ragioni di economia processuale, dall’esame delle molteplici eccezioni processuali sollevate dalle Amministrazioni intimate perché nessuna delle suesposte censure risulta fondata, alla luce delle seguenti considerazioni.

2. Innanzi tutto la presente controversia non ha ad oggetto la concessione per la raccolta delle giocate relative al gioco del Lotto, affidata per legge alle ricevitorie, bensì “l’affidamento in concessione della gestione del servizio del gioco del Lotto automatizzato e degli altri giochi numerici a quota fissa”, che comprende le seguenti attività: operazioni di estrazione (fisiche e automatizzate); gestione della raccolta (effettuata dalle ricevitorie) attraverso i sistemi centrali e di disaster-recovery; rendicontazione e flussi finanziari; riscossione degli importi dovuti e pagamento vincite; flussi e rendicontazione verso banche e operatori finanziari; sviluppo di prodotti e innovazione (la cui titolarità resta allo Stato); comunicazione e promozione; attivazione, gestione amministrativa/contabile, assistenza tecnica, logistica, addestramento delle ricevitorie; rendicontazione e certificazione, anche a fini fiscali, delle ricevitorie. Difatti il legislatore con la disposizione dell’art. 1, comma 653, della legge n. 190 del 2014 ha previsto quanto segue: “In vista della scadenza della concessione vigente, per garantire la tutela degli interessi pubblici nelle attività di raccolta del gioco, la gestione del servizio del gioco del Lotto automatizzato e degli altri giochi numerici a quota fissa, per la sua raccolta sia attraverso la rete dei concessionari di cui all’articolo 12 della legge 2 agosto 1982, n. 528, e successive modificazioni, nonché all’articolo 33, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e successive modificazioni, sia a distanza, è affidata in concessione aggiudicata dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli, nel rispetto dei princìpi e delle regole europee e nazionali, ad una qualificata impresa con pregresse esperienze nella gestione o raccolta di gioco, con sede legale in uno degli Stati dello Spazio economico europeo, munita di idonei requisiti di affidabilità morale, tecnica ed economica, scelta mediante procedura di selezione aperta, competitiva e non discriminatoria. La procedura è indetta alle seguenti condizioni essenziali: a) durata della concessione di nove anni, non rinnovabile; b) selezione basata sul criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e, quanto alla componente prezzo, base d’asta, per le offerte al rialzo, di 700 milioni di euro; c) versamento del prezzo indicato nell’offerta del concorrente risultato primo in graduatoria nella misura di 350 milioni di euro, all’atto dell’aggiudicazione, nell’anno 2015, nella misura di 250 milioni di euro nell’anno 2016, all’atto dell’effettiva assunzione del servizio del gioco da parte dell’aggiudicatario, e nella misura residua nell’anno 2017, entro il 30 aprile di tale anno; d) facoltà per il concessionario aggiudicatario di utilizzare la rete di telecomunicazioni per prestazioni, dirette o indirette, di servizi diversi dalla raccolta del gioco del Lotto e degli altri giochi numerici a quota fissa purché compatibili con la raccolta stessa a giudizio dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli; e) aggio per il concessionario pari al 6 per cento della raccolta; f) obbligo di aggiornamento tecnologico del sistema della rete e dei terminali di gioco secondo standard qualitativi che garantiscano la massima sicurezza ed affidabilità, secondo il piano d’investimento che costituisce parte dell’offerta tecnica; g) obbligo per il concessionario di versamento annuale all’erario delle somme comunque eventualmente non investite secondo il piano di cui alla lettera f); h) obbligo per ciascun concorrente di effettuare, all’atto della partecipazione alla procedura selettiva, un versamento a favore della predetta Agenzia pari all’importo dei compensi di cui al comma 654, con diritto alla restituzione esclusivamente per quelli diversi dall’aggiudicatario”.

3. In attuazione di tale disposizione normativa l’ADM con l’impugnato bando di gara ha indetto una procedura di selezione aperta, ma le società ricorrenti – invece di prendere parte alla gara – hanno impugnato la relativa lex specialis deducendo due distinti gruppi censure, volte a contestare: A) da un lato, la scelta di fondo operata dal legislatore, che per la gestione del servizio del gioco del Lotto automatizzato e degli altri giochi numerici a quota fissa ha optato per un modello monoproviding esclusivo, ossia per un modello organizzativo che prevede un solo concessionario operante su tutto il territorio nazionale e per ogni fase della gestione del servizio diversa dalla raccolta delle giocate; B) dall’altro, le ulteriori scelte operate dal legislatore con la predetta disposizione dell’art. 1, comma 653, della legge n. 190 del 2014 e dall’ADM con la predisposizione della lex specialis al fine di individuare i criteri per la selezione del concessionario e di definire l’oggetto della concessione. La tesi di fondo delle ricorrenti è che tali scelte, in realtà, sono preordinate a favorire il concessionario uscente (ossia la società Lottomatica) e comunque hanno impedito alle ricorrenti stesse di formulare un’offerta. Di conseguenza le ricorrenti chiedono a questo Tribunale non solo di valutare la legittimità delle scelte operate dall’ADM in sede di predisposizione della lex specialis, ma anche, se necessario, di sottoporre alla Corte di Giustizia e alla Corte Costituzionale molteplici questioni pregiudiziali prospettate con riferimento all’art. 1, comma 653, della legge n. 190 del 2014.

3. Poste tali premesse, il Collegio ritiene che il primo ed il secondo motivo (non ulteriormente sviluppati dalle ricorrenti con la memoria depositata in data 21 marzo 2016) possano essere trattati congiuntamente, perché sono entrambi finalizzati a censurare la scelta del c.d. modello monoproviding. In particolare le ricorrenti – muovendo dal presupposto che il gioco del Lotto non differisca da una semplice scommessa a quota fissa – denunciano: A) da un lato, la violazione degli articoli 49 e 56 del TFUE – che garantiscono il diritto di stabilimento e la libera prestazione di servizi – evidenziando che la scelta del modello monoproviding non supera il “test di coerenza e sistematicità”, perché le attività di service providing relative ad altri giochi, pur presentando maggiori preoccupazioni per la tutela dell’ordine pubblico e dei consumatori, sono esercitate da più operatori in competizione tra di loro, e non è comunque giustificata né dall’intento di ridurre le occasioni di gioco, vista l’espansione esponenziale delle opportunità di gioco che ha caratterizzato gli ultimi anni, né da esigenze dell’Erario, perché il modello multiproviding risulterebbe più redditizio; B) dall’altro, la violazione degli articoli 3, 41 e 117, comma 2, lett. b), Cost. – che sanciscono i principi di uguaglianza, di libertà di iniziativa economica e di concorrenza – evidenziando che la previsione di un modello monoproviding determina un’ingiustificata disparità di trattamento tra il concessionario del servizio del gioco del Lotto ed i soggetti che operano in altri settori del mercato dei giochi, caratterizzati da un modello multiproviding, ed ostacola l’accesso al mercato di nuovi operatori, finendo per agevolare il concessionario uscente.

3.1. Tali censure non possono essere accolte alla luce delle seguenti considerazioni. Innanzi tutto non giova alle ricorrenti invocare la segnalazione dell’AGCM AS 403 del 27 giugno 2007 (in materia di “Modalità di affidamento in concessione della gestione dei giochi numerici a totalizzatore nazionale”), ove viene evidenziato quanto segue: «anche nel mercato dei giochi e delle scommesse l’ingresso dovrebbe avvenire nel rispetto del principio costituzionale di libertà di iniziativa economica e dei principi comunitari di non discriminazione, di parità di trattamento, di mutuo riconoscimento e di proporzionalità; in particolare, le condizioni di accesso non dovrebbero essere tali da favorire gli operatori già attivi sul mercato. Esistono, infatti, criteri di selezione degli operatori di gioco che non appaiono proporzionati al pur condivisibile obiettivo di attribuire il titolo ad operare a soggetti dotati di stabilità economica-finanziaria e di esperienza tecnico-organizzativa. Si tratta, ad esempio, del requisito della previa disponibilità di una rete distributiva o di quelli secondo cui i livelli di fatturato e i volumi di raccolta devono essere realizzati con riguardo a giochi specifici; ancora, costituiscono ostacoli non proporzionati all’accesso le limitazioni alla costituzione di raggruppamenti temporanei di impresa (allorché, in particolare, sia richiesto che i requisiti di partecipazione siano soddisfatti non dal RTI nel suo complesso, bensì dalle singole imprese che lo compongono). In definitiva, l’Autorità ritiene che, nel mercato in esame, la previsione di condizioni di accesso non discriminatorie atte a favorire la presenza di più operatori, in quanto idonee a stimolare la competizione attuale e potenziale e, quindi, a generare pressione concorrenziale sulle posizioni acquisite, contribuisca a scongiurare il rischio paventato dall’Amministrazione che il potere di mercato risulti accentrato in capo ad un’unica impresa ovvero ad un numero ridotto di imprese». Difatti le Amministrazioni intimate hanno correttamente evidenziato che: A) tale segnalazione non si riferisce a concessioni come quella in esame (che riguarda soltanto la “gestione del servizio del gioco del Lotto automatizzato e degli altri giochi numerici a quota fissa” ed ha, quindi, un oggetto ben diverso dalle concessioni per la raccolta delle giocate), bensì alle concessioni della “gestione dei giochi numerici a totalizzatore nazionale”; B) nel caso in esame le indicazioni operative fornite dall’AGCM risultano rispettate (si pensi, in particolare, all’assenza di limitazioni alla costituzione di raggruppamenti temporanei di impresa).

3.2. Né giova alle società ricorrenti invocare la sentenza della Corte di Giustizia del 21 gennaio 2013, nelle cause riunite C-186/11 e C-209/11, con la quale è stato affermato che «gli articoli 43 CE e 49 CE devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale … che concede un diritto esclusivo avente ad oggetto lo svolgimento, la gestione, l’organizzazione e il funzionamento dei giochi d’azzardo ad un organismo unico, qualora, da un lato, tale normativa non risponda realmente all’intento di ridurre le occasioni di gioco e di limitare le attività in tale settore in modo coerente e sistematico e, dall’altro, non sia garantito uno stretto controllo da parte delle autorità pubbliche sull’espansione del settore dei giochi d’azzardo, soltanto nella misura necessaria alla lotta alla criminalità connessa a tali giochi, circostanze queste che spetta al giudice del rinvio verificare». Difatti tale pronuncia è stata resa con riferimento ad una fattispecie nella quale la società Stanley ed altri operatori del settore dei giochi si dolevano del fatto che lo Stato Greco avesse istituito per legge un monopolio statale nel settore dell’organizzazione dei giochi d’azzardo con l’obiettivo primario di contrastare il fenomeno delle scommesse clandestine ed avesse affidato direttamente (ossia senza gara) ad un’apposita società per azioni a partecipazione pubblica maggioritaria «un diritto esclusivo avente ad oggetto lo svolgimento, la gestione, l’organizzazione e il funzionamento, per un periodo di venti (20) anni, dei giochi». Si tratta, quindi, di una fattispecie ben diversa da quella oggetto del presente ricorso che, come già evidenziato, ha ad oggetto la scelta dello stato italiano di affidare ad un solo soggetto, a mezzo di una procedura di gara aperta, la concessione relativa alle attività di gestione automatizzata della rete di raccolta del gioco del Lotto, mentre la raccolta delle giocate è affidata con distinte concessioni alle ricevitorie del Lotto. Difatti nella fattispecie in esame risultano assicurate sia la “concorrenza nel mercato” della raccolta del gioco del Lotto, sia la “concorrenza per il mercato” relativo alla gestione del servizio del gioco del Lotto automatizzato.

3.3. Fermo restando quanto precede, il Collegio non ritiene condivisibile la premessa di fondo da cui muovono le censure in esame, secondo la quale il gioco del Lotto non sarebbe diverso da una semplice scommessa a quota fissa. Difatti le Amministrazioni intimate hanno ampiamente dimostrato con i propri scritti difensivi che: A) il gioco del Lotto differisce notevolmente dagli altri giochi (concorsi a pronostici, videolotterie e scommesse), sia perché è l’unico gioco in cui lo Stato assume il rischio d’impresa, sia perché si caratterizza per la distinzione della fase della raccolta delle giocate, garantita da oltre 33mila ricevitorie, capillarmente diffuse su tutto il territorio nazionale, dalla fase della “gestione del servizio del gioco del Lotto automatizzato”, affidata ad un solo concessionario; B) tali differenze giustificano ampiamente la scelta legislativa del modello monoproviding per la gestione del servizio del gioco del Lotto automatizzato, sia perché la scelta del modello multiproviding renderebbe comunque necessaria la presenza di un “superconcessionario” (o, quantomeno, la costituzione di un’apposita struttura di collegamento presso l’ADM) per coordinare le attività dei diversi concessionari del servizio e per lasciare indenne l’Amministrazione da eventuali responsabilità derivanti da inadempimenti di tali soggetti, con conseguente aggravio degli oneri per l’Erario, sia perché il modello monoproviding crea una minore competizione all’interno del mercato e, quindi, realizza una logica di governo responsabile (non competitivo) del gioco. Del resto la stessa Corte di Giustizia nella corpo della motivazione della sentenza invocata dalla ricorrenti ha precisato che, «a differenza di quanto avviene nel caso dell’instaurazione di una concorrenza libera e non falsata all’interno di un mercato tradizionale, l’applicazione di una siffatta concorrenza nel mercato alquanto specifico dei giochi d’azzardo, ossia tra più operatori che siano autorizzati a gestire gli stessi giochi d’azzardo, può comportare un effetto pregiudizievole dovuto al fatto che tali operatori sarebbero indotti a competere sul piano dell’inventiva per rendere la loro offerta più attraente di quella dei loro concorrenti, con conseguente aumento delle spese dei consumatori legate al gioco nonché dei rischi di dipendenza di questi ultimi».

3.4. Poste tali premesse, resta solo da evidenziare che le ricorrenti non hanno replicato affatto alle puntuali difese delle Amministrazioni intimate, che hanno posto in rilievo come la scelta del modello monoproviding garantisca: A) l’omogeneità, l’integrità e la sicurezza di gestione della rete tecnologica del gioco del Lotto, con una chiara assunzione di responsabilità sull’intero processo di gioco e sulle attività ad esso connesse (transazioni, rendicontazioni, flussi contabili, estrazioni, etc.); B) su tutto il territorio nazionale lo stesso livello di servizio, la stessa tecnologia, la stessa informazione e la stessa esperienza; C) lo sviluppo sostenibile del gioco del Lotto e l’innovazione ad esso connessa, in un contesto unitario di obiettivi e strategie; D) un corretto sviluppo della rete di raccolta delle giocate; E) la coerenza e continuità dei messaggi e dei valori, sotto un’unica regia di comunicazione, nonché l’efficacia ed efficienza degli investimenti in comunicazione, favorendo la corretta comprensione delle dinamiche di gioco e delle eventuali innovazioni, senza alimentare il rischio di ludopatie.

4. Passando alle censure dedotte con il terzo motivo ed ulteriormente sviluppate con la memoria depositata in data 21 marzo 2016, il Collegio preliminarmente osserva che le ricorrenti – anche sulla base di una consulenza di parte – lamentano la violazione delle previsioni degli articoli 49 ss. e 56 ss. del TFUE e della Direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, osservando quando segue: A) il legislatore avrebbe previsto una base d’asta sproporzionata ed irragionevole, perché una base d’asta di 700 milioni comporta che solo gli operatori che realizzano elevati fatturati e volumi di raccolta siano nella condizione di aggiudicarsi la concessione; B) l’ADM avrebbe, a sua volta, previsto nella lex specialis condizioni e requisiti di partecipazione alla gara che – seppur a prima vista ragionevoli – «celano un meccanismo che riserva nei fatti la partecipazione al solo operatore incumbent, escludendo chiunque altro»; C) per effetto di tali condizioni e requisiti anche un operatore di elevate dimensioni come il gruppo Stanley, che realizza un fatturato pari a circa 500 milioni di euro, non sarebbe stato in grado di reperire presso il sistema bancario i capitali necessari per partecipare alla gara. In particolare le ricorrenti evidenziano che: A) in aggiunta alla base d’asta di 700 milioni di euro, fissata direttamente dal legislatore, la lex specialis prevede rilanci pari a 3 milioni di euro ciascuno; B) a fronte di una concessione di durata novennale, il legislatore ha previsto il “versamento del prezzo indicato nell’offerta del concorrente risultato primo in graduatoria nella misura di 350 milioni di euro, all’atto dell’aggiudicazione, nell’anno 2015, nella misura di 250 milioni di euro nell’anno 2016, all’atto dell’effettiva assunzione del servizio del gioco da parte dell’aggiudicatario, e nella misura residua nell’anno 2017, entro il 30 aprile di tale anno”; C) la lex specialis – nel dare attuazione alla previsione legislativa secondo la quale la concessione deve essere affidata ad “una qualificata impresa con pregresse esperienze nella gestione o raccolta di gioco, con sede legale in uno degli Stati dello Spazio economico europeo, munita di idonei requisiti di affidabilità morale, tecnica ed economica” – prevede, quale requisito di capacità economica e finanziaria, l’aver conseguito nel triennio 2012/2014, oppure nel triennio 2013/2015, un fatturato complessivo almeno pari ad € 100.000.000,00 afferente le attività di gestione o raccolta di gioco e, quale requisito di capacità tecnica, la “realizzazione complessiva, in ognuno degli ultimi tre esercizi chiusi del triennio 2012/2014 oppure del triennio 2013/2015, di una raccolta di gioco pari ad almeno € 350.000.000.00 (euro trecentocinquantamilioni/00) relativamente a tipologie di giochi effettuati tramite terminali di gioco. Nel caso in cui il candidato operi nel settore da meno di tre anni ma da almeno 18 mesi il valore della raccolta sarà rapportato proporzionalmente al periodo di effettiva raccolta”; D) la stessa lex specialis prevede l’obbligo di prestare una garanzia definitiva di 40 milioni di euro al momento dell’affidamento del servizio, nonché l’obbligo del concessionario di realizzare, entro i primi 5 anni, un piano di investimenti di valore complessivo non inferiore a 90 milioni di euro per l’aggiornamento della rete. Ciò posto, le ricorrenti deducono che il complesso di tali previsioni genera un fabbisogno finanziario immediato pari a circa 750/800 milioni di euro, sicché all’aggiudicatario viene chiesto di reperire, solo nel primo anno di efficacia della concessione, risorse pari a 21-24 volte il fatturato annuo indicato nel bando. Inoltre contestano le stringenti condizioni di patrimonializzazione imposte dall’ADM, perché limiterebbero la capacità di indebitamento dei concorrenti. In particolare evidenziano che: A) l’art. 9.2, lett. f), del capitolato d’oneri consente al concessionario di indebitarsi fino un ammontare pari, al massimo, al 400% del suo patrimonio netto; B) l’art. 7.1, lett. d), dello schema di convenzione di concessione impone al concessionario di rispettare i “requisiti di solidità patrimoniale” individuati dal decreto del MEF del 28 giugno 2011. Pertanto l’Amministrazione dapprima chiede al futuro concessionario un impegno economico di 750/800 milioni di euro nel primo anno di vita della concessione, ma poi pone vincoli stringenti che consentono il ricorso al finanziamento esterno soltanto agli operatori del settore che dispongono di un ingentissimo patrimonio netto, così limitando ulteriormente il numero dei soggetti potenzialmente interessati ad aggiudicarsi la concessione. In definitiva, secondo le ricorrenti, per effetto delle condizioni e dei requisiti posti dalla lex specialis soltanto due dei quindici operatori del settore indicati dall’ADM – ossia le società Lottomatica (rectius IGT plc e la sua controllata italiana Lottomatica) e WHG Ltd (rectius William Hill plc e la sua controllata WHG Ltd) – possedevano la qualificazione richiesta per partecipare alla gara. Anzi, un’analisi più approfondita rivelerebbe che neppure la società WHG Ltd rispetta i requisiti indicati dal predetto Decreto del MEF del 28 giugno 2011 e, quindi, soltanto la società Lottomatica avrebbe potuto partecipare alla gara. Del resto tale conclusione sarebbe ulteriormente avvalorata dal fatto che l’unica domanda di partecipazione alla gara in questione è stata presentata proprio da un RTI di cui è capofila proprio la società Lottomatica, con una quota di partecipazione pari al 62% circa.

4.1. A tal riguardo il Collegio preliminarmente osserva che non è contestata dalle Amministrazioni intimate la circostanza che l’unica domanda di partecipazione alla gara sia stata presentata da un RTI di cui è mandataria la società Lottomatica, con una quota di partecipazione pari al 62% circa.

4.2. Giova poi rammentare che il potere discrezionale della stazione appaltante di prescrivere adeguati requisiti ovvero speciali condizioni per la partecipazione alle gare è soggetto ai limiti derivanti dai principi di derivazione comunitaria di ragionevolezza e proporzionalità, nonché di concorrenza nel settore degli appalti pubblici, sicché tali requisiti e condizioni devono essere adeguati e proporzionati alla tipologia e all’oggetto del contratto e non devono tradursi in un’indebita limitazione dell’accesso al mercato delle imprese interessate (ex multis, T.A.R. Lazio Roma, Sez. II, 2 maggio 2011, n. 3723), fermo restando che, qualora un operatore economico non possegga i requisiti richiesti dalla stazione appaltante può ricorrere allo strumento del raggruppamento temporaneo di imprese, la cui funzione consiste, per l’appunto, nel favorire la concorrenza consentendo a più imprese di presentare un’offerta unitaria in procedure selettive alle quali, altrimenti, non sarebbero in grado di partecipare per mancanza di requisiti richiesti (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 10 luglio 2012, n. 4062). In linea con tali affermazioni la direttiva 2014/23/UE, invocata dalle società ricorrenti (seppur destinata ad essere recepita entro il 18 aprile 2016), dispone: A) al considerando n. 63, che: “La scelta di criteri di selezione proporzionati, non discriminatori ed equi e la loro applicazione agli operatori economici è essenziale per garantire a questi l’effettivo accesso alle opportunità economiche offerte dalle concessioni. In particolare, la possibilità concessa ai candidati di far ricorso alle capacità di altri soggetti può essere un fattore determinante per consentire la partecipazione delle PMI. È quindi opportuno stabilire che i criteri di selezione debbano riguardare soltanto la capacità tecnica, professionale, finanziaria ed economica degli operatori ed essere collegati all’oggetto del contratto, debbano essere indicati nel bando di concessione e non possano impedire a un operatore economico, salvo in circostanze eccezionali, di far ricorso alle capacità di altri soggetti, indipendentemente dalla natura giuridica dei suoi rapporti con essi, qualora l’operatore dimostri all’amministrazione aggiudicatrice o all’ente aggiudicatone che disporrà delle risorse necessarie”; B) al considerando n. 67, che “È necessario che i requisiti tecnici e funzionali definiti dalle amministrazioni aggiudicatrici e dagli enti aggiudicatori permettano l’apertura delle concessioni alla concorrenza. Tali requisiti dovrebbero definire le caratteristiche cui devono rispondere i lavori e/o i servizi oggetto della concessione e potrebbero fare riferimento allo specifico processo di produzione o di esecuzione dei lavori o servizi richiesti, purché siano collegati all’oggetto della concessione e commisurati al valore e agli obiettivi dello stesso. Lo specifico processo di produzione potrebbe comprendere requisiti relativi all’accessibilità per le persone con disabilità o ai livelli di prestazione ambientale. Detti requisiti tecnici e funzionali dovrebbero figurare nei documenti di gara e rispettare i principi di parità di trattamento e di trasparenza. Dovrebbero essere redatti in modo da evitare di restringere artificiosamente la concorrenza, in particolare mediante requisiti che favoriscano uno specifico operatore economico rispecchiando le principali caratteristiche delle forniture, dei servizi o dei lavori da esso abitualmente offerti. In ogni caso, le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatoci dovrebbero prendere in esame le offerte comprendenti lavori e/o servizi, incluse le forniture accessorie a tali lavori e servizi, che siano conformi in modo equivalente alle caratteristiche richieste”.

4.3. Alla luce di tali affermazioni e dei dati forniti dalle Amministrazioni intimate, il Collegio ritiene che nessuna delle suesposte censure colga nel segno, alla luce delle seguenti considerazioni.

4.4. Innanzi tutto – tenuto conto dei rilevantissimi interessi pubblici connessi alla gestione del gioco del Lotto, che solo nell’anno 2015 ha generato un gettito per l’Erario pari a circa 1,2 miliardi di euro – non appare censurabile la scelta del legislatore di fissare la base d’asta a 700 milioni di euro e di concentrare nel primo anno gli oneri economici gravanti sul concessionario. Difatti le Amministrazioni intimate hanno efficacemente replicato che la previsione di un’elevata base d’asta, operata nell’ambito delle scelte di competenza esclusiva del legislatore, risponde comunque ai canoni di ragionevolezza e proporzionalità perché: A) è bilanciata dall’aggio previsto dal legislatore perché, considerando la raccolta media degli ultimi 5 anni, pari a circa 6.600 milioni di euro, l’aggio fissato nella misura del 6% della raccolta comporterà un ricavo lordo per il concessionario pari a circa 400 milioni di euro annui e a circa 3,7 miliardi di euro per l’intera durata della concessione (pari a nove anni); B) garantisce un’efficace gestione di medio-lungo periodo, in ragione dell’interesse del concessionario al recupero dell’investimento iniziale. Del resto il Consiglio di Stato – con riferimento al bando di gara relativo alle Lotterie ad estrazione istantanea, nel quale era previsto un diritto d’ingresso pari a 800 milioni di euro (di cui 500 milioni per l’anno 2009 e 300 milioni per l’anno 2010) – ha affermato quanto segue: «la fissazione dell’importo del c.d. “diritto di ingresso” nella misura suindicata non è incongrua e nemmeno discriminatoria risultando, per quanto di notevolissima consistenza, compatibile con le finalità, gli interessi “in gioco” e le caratteristiche tecniche della procedura selettiva per cui è causa ove, in particolare, si osservi che: la gara ha per oggetto la concessione di un servizio del valore economico, come concordemente rilevato dalla parti in causa, di circa 10 dieci miliardi di euro l’anno, con ricavi, quindi per i soggetti concessionari, di rilevantissima portata; il bando è diretto, ontologicamente, a selezionare i principali operatori del settore del gioco, soggetti decisamente “forti” ed idonei a sopportare, per così dire l’urto iniziale di un esborso così cospicuo …; a fronte dell’affidamento di un concessione di un servizio pubblico di così enorme importanza economica ben può configurarsi il diritto dell’Amministrazione concedente di assicurarsi una adeguata entrata per le casse erariali al momento di partecipazione alla gara» (Consiglio di Stato, Sez. IV, 23 marzo 2010, n. 1705).

4.5. Né miglior sorte merita l’ulteriore censura, diffusamente sviluppata con la memoria depositata in data 21 marzo 2016, secondo la quale il complesso delle condizioni ed i requisiti previsti dall’ADM con la lex specialis si sarebbe tradotto in una sorta di “requisito occulto” che ha comportato una indebita limitazione della concorrenza, perché – come si legge nella consulenza di parte – «il combinato disposto dell’ingente fabbisogno finanziario richiesto dal bando di gara e del rispetto dei requisiti di solidità patrimoniale contemporaneamente richiesti da ADM ai partecipanti opera come una fortissima barriera all’ingresso, escludendo gli operatori di minori e medie dimensioni (che pure rispettano tutti gli altri requisiti previsti dal Bando). Questi ultimi potrebbero infatti unicamente ricorrere ad apporti di capitale proprio, come finanziamenti in conto capitale o aumenti di capitale sociale. Ma i finanziamenti in conto capitale sono possibili solo per imprese controllate a loro volta da soggetti di grandissime dimensioni, adeguatamente patrimonializzate, mentre la realizzazione degli aumenti di capitale sociale è resa estremamente difficoltosa ed improbabile dalle tempistiche imposte dal bando». In proposito il Collegio preliminarmente osserva che le ricorrenti: A) muovono dal presupposto che, ai fini della verifica del rispetto dei già richiamati principi di proporzionalità e di adeguatezza, la disciplina posta dalla lex specialis dovrebbe essere valutata complessivamente – ossia tenendo conto non solo dei requisiti speciali, ma anche dell’importo della base d’asta e delle ulteriori condizioni che incidono sulla capacità di indebitamento dei concorrenti – e rapportata alla situazione individuale di ciascuno degli operatori del settore; B) giungono conclusivamente ad affermare che solo uno dei quindici operatori del settore indicati dalle Amministrazioni intimate nelle sue difese (la società Lottomatica) era in condizione di poter partecipare alla gara.

4.6. A tali affermazioni le Amministrazioni intimate hanno replicato svolgendo due distinti ordini di considerazioni. Innanzi tutto è stato posto in rilievo che: A) il legislatore – nel prevedere che la concessione sia affidata “ad una qualificata impresa con pregresse esperienze nella gestione o raccolta del gioco … munita di idonei requisiti di affidabilità … tecnica ed economica” – ha imposto all’Amministrazione di definire la platea dei potenziali concorrenti tenendo conto del fatto che quella in esame costituisce una delle più rilevanti concessioni in materia di gioco pubblico; B) è stato preventivamente verificato che almeno quindici operatori del settore erano in possesso dei requisiti speciali richiesti dal bando (fatturato complessivo almeno pari ad € 100.000.000,00 nel triennio 2012/2014, oppure nel triennio 2013/2015, e raccolta di gioco complessiva pari ad almeno € 350.000.000.00 in ognuno degli ultimi tre esercizi chiusi del triennio 2012/2014 oppure del triennio 2013/2015); C) i predetti requisiti speciali sono adeguati e proporzionati alla tipologia e all’oggetto della prestazione per la quale è stata indetta la gara, sia perché la raccolta dei giochi numerici a quota fissa negli ultimi cinque esercizi è stata sempre superiore a 6 miliardi di euro annui ed ha conseguentemente generato un fatturato per il concessionario di circa 400 milioni di euro all’anno, sia perché tali requisiti sono inferiori al fatturato annuo che potrà derivare dalla concessione (in quanto corrispondono, rispettivamente al 2,7% e al 10% del fatturato complessivo realizzabile nell’arco temporale di durata della concessione, pari a circa 3,7 miliardi di euro) e sono comunque assai contenuti se raffrontati con la base d’asta di 700 milioni di euro (in quanto corrispondono, rispettivamente, al 14,28% ed al 50% della base d’asta medesima); D) quanto alla necessità di reperire in un solo anno risorse pari a 21-24 volte il fatturato annuo, l’aggio fissato in misura pari al 6% della raccolta può determinare un ricavo lordo annuale superiore ai 400 milioni di euro, ossia pari a meno della metà del fabbisogno finanziario richiesto all’aggiudicatario; E) quanto ai rilievi attinenti alla capacità di indebitamento dei concorrenti, attengono ad un vincolo normativo derivante dalla disposizione dell’art. 1, comma 78, della legge n. 220 del 2010, fermo restando che il timore di non veder realizzato l’obiettivo del rapporto di indebitamento previsto dal decreto del MEF del 28 giugno 2011 non appare suffragato da idonea dimostrazione e comunque attiene ad una condizione richiesta per la fase di gestione della concessione e non ad un requisito di partecipazione alla gara; F) quanto alla tesi secondo la quale il bando sarebbe stato costruito “su misura”, essa è contraddetta sia dalla stessa consulenza tecnica prodotta da controparte, ove si ammette che almeno quattro operatori del settore (le società Lottomatica Spa, WHG Ltd, Eurobet Italia e Intralot Italia) erano in possesso dei requisiti richiesti per partecipare alla gara, sia dal fatto che controparte omette di indicare altri concessionari di grandissime dimensioni (come le società Sisal Spa, Snai Spa e Bet365) che sono in possesso dei requisiti richiesti per partecipare alla gara. Inoltre le Amministrazioni intimate hanno posto in rilievo che l’ulteriore presupposto da cui muove controparte, secondo il quale la disciplina posta dalla lex specialis dovrebbe essere valutata tenendo conto della situazione individuale di ciascuno degli operatori del settore, non tiene conto del fatto che: A) la lex specialis prevede che i requisiti speciali possano essere posseduti anche per il tramite di società direttamente o indirettamente controllanti o controllate, in Italia od in altro Stato dello Spazio Economico Europeo e che, nel caso di società consortile o consorzio o società costituenda, i requisiti stessi possano essere posseduti anche cumulativamente dalle imprese componenti (purché almeno per 1/3 da un’unica impresa); B) in ogni caso le società ricorrenti, se realmente avessero voluto prendere parte alla gara, ben avrebbero potuto ricorrere alla costituzione di un RTI o di una società consortile; C) la circostanza che l’unica domanda di partecipazione sia stata presentata da un RTI di cui è mandataria la società Lottomatica – lungi dal provare che la nuova gara e il modello monoproviding sarebbero stati costruiti “su misura” per il concessionario uscente – dimostra semmai il contrario, perché il fatto che una quota pari al 38% del RTI sia detenuto da soggetti estranei al concessionario uscente rivela che neppure quest’ultimo era in grado di partecipare da solo.

4.7. A tal riguardo il Collegio osserva che non convince del tutto il primo ordine di considerazioni svolto dalle Amministrazioni intimate. Difatti, alla luce delle puntuali osservazioni sviluppate nella consulenza prodotta dalle società ricorrenti, vi è motivo di ritenere che: A) da un lato, l’ADM abbia determinato correttamente (ossia in conformità ai richiamati principi di adeguatezza e proporzionalità) i requisiti speciali tenendo conto dei dati in suo possesso, ossia dei dati relativi alla raccolta complessiva dei giochi numerici a quota fissa negli ultimi cinque esercizi, nonché dei dati relativi alla raccolta effettuata dagli altri operatori del settore in relazione a diverse tipologie di giochi effettuati tramite terminali di gioco; B) dall’altro, il combinato disposto delle previsioni dalla lex specialis che determinano il fabbisogno finanziario del concessionario per il primo anno di efficacia della concessione con quelle che limitano la capacità di indebitamento del concessionario abbia effettivamente precluso a gran parte dei quindici operatori economici indicati dall’ADM di partecipare singolarmente alla gara, sebbene gli stessi fossero in possesso dei requisiti speciali previsti dal bando. Purtuttavia ciò non è sufficiente – a giudizio del Collegio – per ritenere che la disciplina posta dalla lex specialis abbia determinato un’indebita limitazione della concorrenza. Difatti si deve considerare come un’attenta lettura della predetta consulenza valga a smentire l’affermazione conclusiva delle ricorrenti secondo la quale soltanto la società Lottomatica era in condizione di poter partecipare alla gara. In particolare – sebbene a pag. 27 della consulenza venga conclusivamente evidenziato come l’ingente fabbisogno finanziario richiesto dal bando di gara ed il rispetto dei requisiti di solidità patrimoniale «operano come una fortissima barriera all’ingresso, escludendo tutti gli operatori di minori e medie dimensioni (che pure rispettano tutti gli altri requisiti previsti dal bando), che non sarebbero in grado di reperire il fabbisogno se non ricorrendo, in modo estremamente difficoltoso anche a causa delle tempistiche previste dal bando, ad aumenti di capitale sociale di quanto mai incerta realizzazione» – purtuttavia si deve rilevare che: A) a pag. 22 della consulenza, con particolare riferimento alla «possibilità di un aumento di capitale riservato proporzionalmente agli azionisti esistenti, oppure di un finanziamento in conto capitale da parte loro», si riconosce come «questa possibilità di finanziamento sembri percorribile … dalle filiali italiane di gruppi multinazionali di grandissima dimensione (si pensi, ad esempio, a Eurobet Italia – Coral Group, oppure a Intralot Italia – Intralot PLC)» e le società Eurobet Italia Srl e Intralot Italia Spa sono due dei quindici operatori del settore indicati dalle Amministrazioni intimate; B) a pag. 27 della consulenza, si riconosce come la possibilità di partecipare alla gara sia «di fatto ristretta a pochi operatori di grandissima dimensione, i quali possono – a loro discrezione – scegliere tutte le modalità possibili per reperire … il fabbisogno finanziario necessario», precisando che l’analisi di un campione mondiale di 11 operatori di dimensioni comparabili con quelle dell’attuale concessionario rivela che «tre operatori (la stessa IGT/Lottomatica, La Française des Jeux, Paddy Power Betfair), nel campione considerato, potrebbero avere possibilità di partecipare con successo alla gara». In definitiva – tenuto conto dei rilevantissimi interessi pubblici, già evidenziati in precedenza, connessi alla gestione del servizio del gioco del Lotto automatizzato e degli altri giochi numerici a quota fissa – il Collegio ritiene che nel caso in esame, per escludere la sussistenza di una indebita restrizione della concorrenza, sia sufficiente la circostanza che lo stesso consulente delle ricorrenti ammetta che alla gara avrebbero potuto partecipare, singolarmente, quantomeno gli operatori di maggiori dimensioni come le società Eurobet Italia, Intralot Italia, La Française des Jeux e Paddy Power Betfair o la stessa società Lottomatica.

4.8. In aggiunta a quanto precede, il Collegio osserva che: A) nonostante il riferimento alle PMI contenuto nel considerando n. 63 della direttiva 2014/23/UE, tuttavia il considerando stesso afferma un principio generale, secondo il quale la congruità della scelta di criteri di selezione operata dalla stazione appaltante non deve essere valutata solo con riferimento al singolo candidato perché, salvo casi eccezionali, le stazioni appaltanti devono consentire a ciascun operatore economico di dimostrare il possesso dei requisiti richiesti facendo ricorso “alle capacità di altri soggetti, indipendentemente dalla natura giuridica dei suoi rapporti con essi, qualora l’operatore dimostri all’amministrazione aggiudicatrice o all’ente aggiudicatone che disporrà delle risorse necessarie”; B) come già evidenziato in precedenza nel caso in esame la lex specialis non prevede alcuna limitazione alla possibilità di costituire raggruppamenti temporanei di impresa e prevede espressamente che i requisiti speciali possano essere soddisfatti anche per il tramite di società direttamente o indirettamente controllanti o controllate, in Italia od in altro Stato dello Spazio Economico Europeo (cfr. il punto 5.5 del capitolato d’oneri) e che, nel caso di società consortile o consorzio o società costituenda, i requisiti stessi possano essere posseduti anche cumulativamente dalle imprese componenti, purché almeno per 1/3 da un’unica impresa (cfr. il punto 5.6 del capitolato d’oneri). Pertanto, seppure la società Lottomatica fosse stata l’unico operatore in condizione di partecipare, da solo, alla gara in questione, resta comunque il fatto che anche altri operatori – comprese le società ricorrenti – ben avrebbero potuto partecipare ricorrendo alla costituzione di un RTI o di una società consortile.

4.9. Infine il Collegio ritiene che la circostanza che la società Lottomatica non abbia partecipato alla gara singolarmente, bensì come mandataria di un RTI, unitamente alla circostanza che una notevole quota di tale RTI, pari al 38%, sia detenuto da altri operatori, valga a smentire l’ulteriore affermazione delle società ricorrenti secondo la quale la lex specialis sarebbe stato confezionato “su misura” per la predetta società. Difatti tali circostanze rivelano piuttosto che la peculiare disciplina posta dalla lex specialis ha indotto il concessionario uscente a non partecipare da solo alla gara.

5. Con il quarto motivo le società ricorrenti si dolgono del fatto che talune disposizioni della lex specialis interferiscano ingiustificatamente con vicende contenziose tutt’ora sub iudice e con la propria attività nel comparto dei servizi di gioco e scommessa, al punto da tradursi in una forma di dissuasione dal partecipare alla gara. Le disposizioni in questione sono costituite: A) dal punto 9.1, lett. b), del capitolato d’oneri, ove si prevede l’obbligo di dichiarare di non aver commesso “violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui è stabilito intendendosi per gravi le violazioni che comportano l’omesso pagamento di imposte e tasse per un importo superiore a quello indicato all’articolo 48-bis, commi 1 e 2-bis, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 e successive modificazioni ed integrazioni”; B) dall’art. 30 dello schema di convenzione, ove si prevede, tra le cause che possono determinare la decadenza della concessione, “ogni ipotesi di reato per il quale sia stato disposto il rinvio a giudizio e che ADM, in ragione della sua natura, della gravità, delle modalità di esecuzione e della connessione con l’oggetto dell’attività affidata in concessione, valuti tale da far escludere l’affidabilità, la professionalità e l’idoneità morale del concessionario” (lett. h), nonché ogni ipotesi in cui “il concessionario viola la normativa in materia di repressione del gioco anomalo, illecito e clandestino ed, in particolare, quando in proprio od attraverso società controllate o collegate ovunque ubicate, commercializzi sul territorio italiano altri giochi assimilabili al gioco del Lotto automatizzato e degli altri giochi numerici a quota fissa senza averne il prescritto titolo ovvero ad altri giochi vietati dall’ordinamento italiano” (lett. k).

5.1. Tale motivo muove dal presupposto che il gruppo Stanley continui ad operare sul territorio italiano – in assenza dei titoli previsti dagli articoli 1 e 2 del decreto legislativo 14 aprile 1948, n. 496 e dall’art. 88 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773 – per il tramite di punti vendita denominati Centri Trasmissione Dati (c.d. CTD), presso i quali gli scommettitori possono concludere scommesse sportive per via telematica accedendo ad un server della Stanley ubicato nel Regno Unito o in un altro Stato membro, pagare le loro puntate e, eventualmente, riscuotere le vincite. Ciò posto, il Collegio preliminarmente osserva che – sebbene in passato la Corte di Giustizia (cfr. le sentenze 6 novembre 2003, in C-243/01 Gambelli, 6 marzo 2007 nelle cause riunite C-338/04, C-359/04 e C-360/04, Placanica, e 16 febbraio 2012, nelle cause riunite C 72/10 e C 77/10, Costa-Cifone) e la Corte di Cassazione abbiano effettivamente affermato che il diritto dell’Unione osta a che vengano applicate sanzioni per l’esercizio di un’attività organizzata di raccolta di scommesse senza concessione o senza autorizzazione di polizia nei confronti di soggetti (quali i gestori dei CTD) legati ad un operatore (la Stanley) che era stato escluso da una gara in violazione del diritto dell’Unione – purtuttavia tale ius singulare deve oramai ritenersi venuto meno. Difatti questa Sezione in altra occasione (T.A.R. Lazio Roma, Sez. II, 5 marzo 2015, n. 3793) ha già avuto modo di precisare che: A) le società Stanley International Betting Limited e Stanleybet Malta Limited hanno impugnato il bando della c.d. gara Monti (ossia della gara indetta ai sensi dell’art. 10, comma 9-octies, del decreto legge n. 16/2012, convertito dalla legge n. 44/2012, per l’affidamento in concessione di duemila concessioni per l’esercizio congiunto dei giochi pubblici attraverso l’attivazione di rete fisica di negozi di gioco e relativa conduzione) perché hanno correttamente inteso gli effetti che tale gara avrebbe prodotto sullo “sdoppiamento” della disciplina del mercato dei giochi, ponendo fine allo ius singulare riservato agli operatori di altri Stati membri ai quali in passato erano state illegittimamente negati i titoli per operare nel mercato italiano; B) difatti la gara Monti è stata prevista dal legislatore al dichiarato fine di “rendere la legislazione nazionale pienamente coerente con quella degli altri Paesi che concorrono in ambito europeo alla realizzazione della nuova formula di gioco” e le predette società nel ricorso proposto avverso il relativo bando hanno espressamente dichiarato il proprio interesse ad aggiudicarsi le nuove concessioni, interesse che sarebbe stato, invece, insussistente se l’operatività del sistema dei CTD in assenza di concessione fosse stata comunque garantita dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia; C) l’integrale reiezione delle censure dedotte dalle società Stanley International Betting Limited e Stanleybet Malta Limited avverso il bando della gara Monti (per effetto delle sentenze del Consiglio di Stato n. 4199 del 20 agosto 2013 e n. 3985 del 25 agosto 2015, nonché della sentenza della Corte di Giustizia 22 gennaio 2015 in C/463-13) vale a dimostrare che tale gara ha effettivamente sortito l’effetto di porre termine al predetto ius singulare. Ne consegue che colgono nel segno le società ricorrenti quando affermano che, se avessero preso parte alla gara in questione senza rinunciare all’esercizio della propria attività per il tramite dei CTD e fossero risultate aggiudicatarie, per effetto della disciplina posta dalla lex specialis avrebbero corso il rischio di incappare nella decadenza dalla concessione.

5.2. Ciononostante il Collegio ritiene che il motivo in esame non possa essere accolto. In particolare, quanto alla disposizione del punto 9.1, lett. b), del capitolato d’oneri, è sufficiente rammentare che la disposizione dell’art. 38 del codice dei contratti pubblici prevede l’esclusione dalla partecipazione alle procedure di gara per i soggetti che “hanno commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti”. Pertanto, come evidenziato dalle Amministrazioni intimate, il capitolato d’oneri si limita a recepire tale disposizione normativa.

5.3. Inoltre, quanto alle cause di decadenza indicate dall’art. 30 dello schema di convenzione, assumono rilievo decisivo le considerazioni svolte – con riferimento alla lex specialis relativa alla gara per l’affidamento delle duemila concessioni di cui all’art. 10, comma 9-octies, del decreto legge n. 16/2012 – dapprima dal Consiglio di Stato nel parere n. 3337 del 19 luglio 2012 e poi da questa stessa Sezione nella sentenza n. 1884 del 20 febbraio 2013, confermata sul punto dalla Quarta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 4199 del 20 agosto 2013 (che ha respinto l’appello proposto dalle società Stanley International Betting Limited e Stanleybet Malta Limited). Difatti – con riferimento alle clausole dell’art. 23 dello schema di convenzione relativo a tali concessioni, che conteneva la previsione della decadenza dalla concessione per “ogni ipotesi di reato per il quale sia stato disposto il rinvio a giudizio e che AAMS, in ragione della sua natura, della gravità, delle modalità di esecuzione e della connessione con l’oggetto dell’attività affidata in concessione, valuti tale da far escludere l’affidabilità, la professionalità e l’idoneità morale del concessionario”, “nel caso di organizzazione, esercizio e raccolta di giochi pubblici con modalità e tecniche diverse da quelle previste dalle disposizioni legislative regolamentari e convenzionali vigenti” e nei “casi di violazione accertata dagli organi competenti della normativa in materia di repressione delle scommesse e del gioco anomalo, illecito e clandestino, nonché per frode in competizione sportiva nonché nei casi di grave violazione della normativa in materia antimafia e di antiriciclaggio” – nella sentenza n. 4199 del 2013 si legge quanto segue: A) nel parere n. 3337 del 2012, nel confrontare la prima clausola dell’art. 23 con l’analoga prescrizione inserita nello schema di convenzione attinente alle procedure di gara del 2006, «sono stati rammentati i principi affermati dalla Corte di Giustizia nella sentenza Costa-Cifone in proposito … ed è stata rievocata la circostanza che alla Corte sovranazionale è apparsa non rispondente a tali principi, con riserva di verifica, da parte del giudice di rinvio, circa la chiarezza, precisione ed univocità, la previsione di decadenza ricollegata ad “ogni altra ipotesi di reato suscettibile di far venir meno il rapporto fiduciario con AAMS”. La Sezione consultiva ha, a tale proposito, osservato come “non vi è dubbio che la nuova formulazione dell’art. 23 presenti un grado di gran lunga superiore di chiarezza e precisione”. Con tale diagnosi preventiva concorda il Collegio, che non può esimersi dal sottolineare quanto, è stato esattamente osservato nella successiva parte del parere; cioè che: “Rimane, tuttavia, da considerare che, una volta contemplate dall’art. 24, comma 25 del D.L. n. 98/2011 – e puntualmente richiamate nella convenzione – le (numerose) ipotesi di reato per le quali è sufficiente, ai fini dell’esclusione e della decadenza, la qualità di imputato, il campo di applicazione dei casi residuali di decadenza si restringe alle ipotesi in cui il concessionario rivesta la qualità di indagato per i medesimi reati ovvero di indagato o imputato per reati diversi da quelli indicati dall’art. 24, comma 25, evidentemente giudicati dal legislatore di minore gravità. Per questa ipotesi, la disposizione residuale sembrerebbe essere conforme alla pronuncia della Corte di Giustizia dovendosi fondare il giudizio di inaffidabilità, di mancanza di professionalità e di inidoneità morale del concessionario su indizi concludenti, sulla natura, sulla gravità e sulle modalità di esecuzione del reato nonché sulla sua connessione con l’oggetto dell’attività affidata in concessione. Essa pare, altresì, conforme alla condizione, stabilita dalla Corte, della possibilità di ricorso in sede giurisdizionale e di azione per il risarcimento del danno, rimedi ammessi dall’ordinamento in via generale, senza che vi sia bisogno di un espresso richiamo”. Il Collegio, anche in questo caso aderisce integralmente alle riportate considerazioni»; B) «la Corte di Giustizia ha ammesso con la detta decisione Costa-Cifone: “che l’esclusione degli operatori i cui gestori abbiano riportato condanne penali può, in linea di principio, essere considerata misura giustificata dall’obiettivo della lotta contro la criminalità”; che “l’esclusione dovrebbe, in linea di principio, essere considerata proporzionata all’obiettivo della lotta contro la criminalità unicamente nel caso in cui fosse fondata su una sentenza avente autorità di giudicato in relazione ad un delitto sufficientemente grave”; ma, soprattutto, che “peraltro, in determinate circostanze può rivelarsi giustificato adottare misure preventive nei confronti di un operatore sospettato, sulla base di indizi concludenti, di essere implicato in attività criminali”. In definitiva le censure dell’appellante finiscono con l’appuntarsi su una clausola in passato intaccata dal giudizio della Corte unicamente in ragione dell’emergere di una certa indeterminatezza, ma non tengono conto della circostanza che, proprio per rispettare le prescrizioni della decisione della Corte, essa è stata riformulata in termini tali da escludere i precedenti rilievi»; C) «l’appellante denuncia “rischi” inesistenti, per il passato, allorché prende in esame l’art. 23 comma 2 lett. a), posto che il giudice penale ha a più riprese disapplicato la normativa di riferimento con riguardo ai soggetti legati da rapporti di collaborazione con Stanley, in ossequio a quanto stabilito in passato nella sentenza Placanica. L’appellante muove, poi, da un presupposto falso, quanto all’art. 23 comma 2 lett. e) e k), perché, allorché dovesse giungere una affermazione giudiziale di legittimità e non discriminatorietà di una gara bandita dall’Amministrazione nel settore per cui è causa, essa non avrebbe alcun titolo per non soggiacere al sistema concessorio italiano, e non si vede perché l’Amministrazione non debba pretendere che il partecipante alla gara (non “discriminatoria”), aggiudicatosi la concessione, non debba attenersi alle modalità organizzative previste dallo Stato italiano e non debba astenersi dal violare la disciplina da quest’ultimo prevista»; D) le suddette clausole, «oltre a non essere escludenti nei termini già visti, appaiono perfettamente legittime, chiare, e sinanco doverose; suona invece quasi paradossale la critica dell’appellante che, ove accolta, sarebbe idonea a privare di ogni logica le pronunce della Corte di Giustizia prima richiamate: non si vede, infatti, perché quest’ultima abbia ipotizzato la possibilità di bandire una “gara non discriminatoria” per sanare le pregresse illegittimità, se, poi, (per seguire gli argomenti dell’appellante) neppure questa sarebbe idonea allo scopo, vantando l’appellante sine die il “diritto” di sottrarsi all’applicazione nei propri confronti del sistema concessorio italiano (nei termini, lo si ribadisce in cui lo stesso è risultato legittimo allo scrutinio comunitario) ». Ciò posto, colgono nel segno le Amministrazioni intimate quando affermano che: A) le censurate disposizioni dell’art. 30 dello schema di convenzione (sostanzialmente corrispondenti a quelle dell’art. 23 dello schema di convenzione relativo alle concessioni di cui all’art. 10, comma 9-octies, del decreto legge n. 16/2012), lungi dal costituire un mezzo per dissuadere le società ricorrenti dal partecipare alla gara, sono pienamente legittime perché fissano, con sufficiente determinatezza, cause di decadenza del concessionario connesse a condotte che determinano il venir meno del rapporto fiduciario con l’ADM; B) nessun rilievo possono assumere in questa sede le vicende contenziose invocate dalle società ricorrenti, perché non potrebbero comunque perpetuare lo ius singulare riservato in passato alle ricorrenti stesse, da ritenersi definitivamente venuto meno per effetto della gara indetta ai sensi dell’art. 10, comma 9-octies, del decreto legge n. 16/2012 .

6. Ne miglior sorte merita il quinto motivo – anch’esso sviluppato dalle con la memoria depositata in data 21 marzo 2016, sulla base della decisione assunta dalla Corte di Giustizia con la sentenza 28 gennaio 2016 in C-375/14 – con il quale le società ricorrenti contestano la situazione di incertezza che sarebbe stata determinata dall’art. 22.1 dello schema di convenzione, secondo il quale: “Al termine del periodo di concessione, il concessionario devolve ad ADM, senza alcun onere a carico della stessa e a sua richiesta, tutti i beni materiali e immateriali che costituiscono la rete costituita dai punti di raccolta fisici nonché la proprietà dell’intero sistema automatizzato, comprensivo della disponibilità dei locali, delle apparecchiature, ivi compresi i terminali presso tutti i punti di raccolta, degli impianti, delle strutture dei programmi degli archivi e di quanto altro occorre per il completo funzionamento, gestione e funzionalità del sistema stesso risultante dall’ultimo inventario approvato da ADM; tali beni al momento della devoluzione devono essere liberi da diritti e pretese di terzi”.

6.1. A tal riguardo il Collegio preliminarmente osserva che, mentre con il ricorso in esame è stato dedotto soltanto che l’ADM avrebbe dovuto prudenzialmente attendere la decisione della Corte di Giustizia nella causa C-375/14 (avente ad oggetto l’analoga disposizione dell’art. 25 dello schema di convenzione relativo alle concessioni di cui all’art. 10, comma 9-octies, del decreto legge n. 16/2012), con la memoria depositata in data 21 marzo 2016 è stato posto in rilievo che: A) «il rischio per un’impresa di dover cedere, senza contropartita economica, l’uso dei beni in suo possesso può impedire a detta impresa di trarre profitto dal proprio investimento»; B) l’obiettivo di interesse generale sotteso alla disposizione dell’art. 22.1 dello schema di convenzione, consistente nella necessità di garantire la continuità dell’attività a fine concessione, ben avrebbe potuto essere conseguito «con misure meno vincolanti, quali la cessione forzata, ma a titolo oneroso a prezzi di mercato, dei beni in questione»; C) la disposizione dell’art. 22.1 dello schema di convenzione si rivela ancor più onerosa (rispetto alla corrispondente disposizione oggetto della sentenza della Corte di Giustizia del 28 gennaio 2016), perché il valore economico della rete del concessionario del gioco del Lotto sarà di gran lunga più elevato di quello della rete di uno dei duemila concessionari di cui all’art. 10, comma 9-octies, del decreto legge n. 16/2012; D) la denunciata situazione di incertezza è acuita dal fatto che l’art. 1, comma 948, della legge n. 208 del 2015 ha eliminato l’obbligo dei concessionari di devolvere gratuitamente la rete al termine della concessione e tale disposizione potrebbe essere interpretata nel senso che trova applicazione anche nei riguardi dell’art. 39.1 del Decreto Ministeriale del 17 marzo 2003, recante la vigente concessione per la gestione del servizio del gioco del Lotto (secondo il quale “Al termine, per qualsiasi causa, della concessione, e salvo il caso di proroga o rinnovo, il concessionario si obbliga a trasferire gratuitamente all’amministrazione, a sua richiesta, la proprietà dell’intero sistema automatizzato, comprensivo della disponibilità dei locali, delle apparecchiature, ivi compresi i terminali presso tutti i punti di raccolta, degli impianti, delle strutture dei programmi, degli archivi e di quanto altro occorre per il completo funzionamento, gestione e funzionalità del sistema stesso”), sicché il nuovo concessionario del Lotto potrebbe essere costretto a negoziare la cessione della rete con il concessionario uscente Lottomatica sulla base di condizioni non predefinite, imprevedibili e verosimilmente onerose.

6.2. Ciò premesso, il Collegio ritiene innanzi tutto che nessun rilievo assuma in questa sede la disposizione dell’art. 1, comma 948, della legge n. 208 del 2015, che ha abrogato la disposizione dell’art. 1, comma 78, lett. b), numero 26), della legge n. 220 del 2010, ove si prevedeva che l’aggiornamento dello “schema-tipo di convenzione accessiva alle concessioni per l’esercizio e la raccolta non a distanza, ovvero comunque attraverso rete fisica, dei giochi pubblici” comprendesse l’inserimento della “previsione della cessione non onerosa ovvero della devoluzione della rete infrastrutturale di gestione e raccolta del gioco all’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato all’atto della scadenza del termine di durata della concessione, esclusivamente previa sua richiesta in tal senso, comunicata almeno sei mesi prima di tale scadenza ovvero comunicata in occasione del provvedimento di revoca o di decadenza della concessione”. Difatti, stante il tenore letterale della disposizione dell’art. 1, comma 78, lett. b), numero 26), della legge n. 220 del 2010, risulta evidente che tale disposizione non si riferisce alla concessione di cui al Decreto Ministeriale del 17 marzo 2003, fermo restando che – come evidenziato dalle Amministrazioni intimate – la disposizione dell’art. 1, comma 948, della legge n. 208 del 2015 determina solo il venir meno dell’obbligo di inserimento della clausola relativa alla cessione non onerosa della rete al termine della concessione, ma non comporta alcun divieto in tal senso.

6.3. Inoltre il Collegio ritiene che non giovi alle società ricorrenti invocare la suddetta sentenza della Corte di Giustizia 28 gennaio 2016. È ben vero che, secondo la Corte di Giustizia, «gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una disposizione nazionale restrittiva, quale quella in questione nel procedimento principale, la quale impone al concessionario di cedere a titolo non oneroso, all’atto della cessazione dell’attività per scadenza del termine della concessione, l’uso dei beni materiali e immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco, qualora detta restrizione ecceda quanto è necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito da detta disposizione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare». Tuttavia si deve considerare innanzi tutto che la fattispecie esaminata dalla Corte di Giustizia è diversa da quella in esame. Difatti l’articolo 25 dello schema di convenzione oggetto della sentenza della Corte di Giustizia disponeva come segue: “1. Dietro espressa richiesta [dell’ADM], e per il periodo nella stessa stabilito, il concessionario si impegna a cedere a titolo non oneroso, all’atto della cessazione dell’attività per scadenza del termine finale della concessione o per effetto di provvedimenti di decadenza o revoca, [all’ADM] o ad altro concessionario da essa individuato con criteri di concorsualità, l’uso dei beni materiali ed immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco, liberi da diritti e pretese di terzi, secondo le modalità previste nei commi seguenti. 2. I beni oggett[o] di cessione sono individuati nell’inventario e nei suoi successivi aggiornamenti secondo quanto previsto nell’articolo 5, comma 1, lettera e). 3. Le operazioni di cessione – che avverranno in contradditorio tra [l’ADM] ed il concessionario, con la redazione di appositi verbali – avranno inizio nel semestre precedente la scadenza del termine della convenzione, salvaguardando l’esigenza di non compromettere, anche in tale periodo, la funzionalità del sistema, in quanto i beni dovranno essere devoluti [all’ADM] in condizioni tali da assicurare la continuità del funzionamento della rete telematica. I costi dell’eventuale trasferimento fisico delle apparecchiature, degli impianti e di quanto altro compone la rete telematica sono a carico del concessionario”; invece la fattispecie in esame si caratterizza perché la clausola di cui all’art. 22 dello schema di convenzione precisa i termini, le modalità e l’oggetto della cessione non onerosa al termine della concessione. Inoltre nel caso in esame l’inserimento della clausola relativa alla cessione non onerosa della rete al termine della concessione risulta pienamente conforme al principio di diritto affermato dalla Corte di Giustizia, perché tale clausola è finalizzata non solo a garantire la continuità del servizio relativo al Gioco del Lotto automatizzato, ma anche ad assicurare la par condicio di tutti i partecipanti alla gara. Difatti grazie a tale clausola l’aggiudicatario della concessione potrà subentrare gratuitamente nella gestione della rete, mentre in assenza di tale clausola l’aggiudicatario, se diverso dal concessionario uscente, dovrebbe costituire ex novo una rete di consistenti dimensioni, e ciò si tradurrebbe in un evidente vantaggio competitivo per il concessionario uscente, che già dispone di una rete. Risulta, quindi, pienamente condivisibile la tesi delle Amministrazioni intimate secondo la quale – stante la complessità della rete per la gestione del servizio del gioco del Lotto automatizzato – il mancato inserimento di tale clausola finirebbe per determinare quegli effetti discriminatori che la sentenza della Corte di Giustizia mira a scongiurare.

6.4. Infine il Collegio ritiene che la legittimità della clausola relativa alla cessione non onerosa della rete al termine della concessione, come formulata nell’art. 22.1 dello schema di convenzione, sia ulteriormente avvalorata: A) dal fatto che l’aggiudicatario della concessione, per effetto del già richiamato art. 39.1 del Decreto Ministeriale del 17 marzo 2003, subentra gratuitamente nella gestione della rete attualmente esistente e, quindi, è ragionevole prevedere nella convenzione che lo stesso al termine della concessione debba cedere, altrettanto gratuitamente, la rete all’eventuale nuovo concessionario; B) dal fatto che i costi che saranno sostenuti dal nuovo concessionario per l’aggiornamento tecnologico della rete saranno retribuiti dall’aggio previsto in suo favore e saranno interamente ammortizzati al termine della concessione; C) dal fatto che il concessionario uscente trarrebbe un analogo vantaggio competitivo dall’eventuale previsione della vendita forzata della rete (in luogo della cessione gratuita) a favore dell’aggiudicatario, perché quest’ultimo, se diverso dal concessionario uscente, dovrebbe comunque sostenere un costo aggiuntivo per realizzare una nuova rete.

7. Stante quanto precede, il presente ricorso deve essere respinto perché infondato.

8. Tenuto conto della complessità e della parziale novità delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 1102/2016, lo respinge perché infondato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 aprile 2016 con l’intervento dei magistrati:

Antonino Savo Amodio, Presidente

Silvia Martino, Consigliere

Carlo Polidori, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 21/04/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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