Il consigliere regionale Stefano Scaramelli è intervenuto al convegno “Ludopatia e Giovani, Contrasto alle dipendenze patologiche”di Sinalunga, organizzato dai sei Lions Club della Valdichiana è ha tracciato le sue strategie
Il consigliere regionale Stefano Scaramelli è intervenuto al convegno “Ludopatia e Giovani, Contrasto alle dipendenze patologiche”di Sinalunga, organizzato dai sei Lions Club della Valdichiana è ha tracciato le sue strategie per combattere il gioco d’azzardo patologico.
“E’ necessario affrontare la ludopatia partendo da una riflessione di carattere culturale prima ancora che sanitaria e legislativa – ha dichiarato il presidente della III Commissione sanità e politiche sociali della Toscana- la partita contro la dipendenza patologica dal gioco può essere vinta solo creando un background solido e strutturato nelle nuove generazioni. La Toscana è stata tra le prime regioni italiane a muoversi per fronteggiare questa malattia sociale e che, oggi, nonostante ancora non siano stati approvati i nuovi Lea, la Toscana garantisce assistenza ai malati di ludopatia. Attualmente, in Toscana, presso i Servizi per le dipendenze sono in cura a carico del servizio sanitario regionale 1.400 persone”.
Fabio Voller, responsabile del settore sociale dell’Agenzia Regionale di Sanità (Ars) ha analizzato i dati sulla regione secondo i quali La Toscana oscilla tra il sesto e il settimo posto tra le regioni italiane con maggiore attitudine al gioco. Per quanto riguarda lo studio delle città Siena la ultime, mentre Massa Carrara e Livorno fanno balzare in avanti i numeri arrivando a toccare cifre molto alte. A livello sociale confermato il trend nazionale secondo quale ad essere più attivi nel gioco d’azzardo sono i soggetti a basso titolo d’istruzione e, in assoluto, la maggior spesa procapite è registrata tra gli anziani ed i pensionati.
“E’ doveroso agire in termini sanitari ed è importante anche pensare ad un sistema di incentivi che potrebbero essere sviluppati anche a livello comunale- ha concluso Scaramelli- verso quelle strutture ricettive e commerciali che scelgono di non installare le macchinette, ma se non affronteremo la questione da un punto di vista culturale, il problema non sarà risolto. Il gioco è una delle prime attività dell’uomo, non credo sia un ‘peccato’, credo invece che vietarlo significherebbe aprire le porte ad una realtà ancora peggiore, il gioco clandestino, a cui sono legati pericoli infinitamente maggiori. Così come non sono d’accordo nel relegare le sale da gioco nelle periferie delle città. In realtà come le nostre il controllo sociale continua ad essere attivo tra i validi deterrenti e inibisce la creazione di aree ghetto dedicate a determinate attività”.
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