E’ davvero curioso che un tema come quello della ludopatia venga definito “Un problema nuovo per i Comuni”. Perché se il Comune di Roma, sotto le amministrazioni precedenti, aveva affrontato
E’ davvero curioso che un tema come quello della ludopatia venga definito “Un problema nuovo per i Comuni”. Perché se il Comune di Roma, sotto le amministrazioni precedenti, aveva affrontato un po’ di striscio la questione GAP – con un paio di convegni in Campidoglio e qualche proclama a destra e a manca – con la Raggi sindaca è diventata apicale, sino a trovare un deterrente nel Regolamento sulle sale da gioco e i giochi, approvato il 9 giugno 2017.
In realtà, il titolo del convegno svoltosi oggi in Campidoglio, nasce dall’ANCI Lazio, che a sua volta ha fatto propria l’iniziativa della Consulta dei Borghi e dei Paesi del Lazio di avviare un piano di informazione rivolto ai piccoli comuni, estendendo il progetto a tutte le amministrazioni locali della Regione.
A dirigere le operazioni Domenico Faggiani, che vanta una lunga esperienza in ADM come direttore territoriale per Rieti, Viterbo e parte della provincia di Roma. Alla base di tutto, il principio di creare una rete per supportare le realtà che non dispongono dei mezzi per intervenire sul GAP, attraverso attività di formazione degli amministratori locali stessi e della polizia locale, l’attivazione di un indirizzo mail a disposizione degli stessi per l’invio di quesiti, richieste di pareri, ecc., messa a disposizione dei comuni di personale esperto in tema di gioco al fine di predisporre regolamenti comunali in materia.
Proprio oggi sul Bollettino della Regione Lazio è stato pubblicato il decreto che istituisce l’Osservatorio sul gioco e questo, a detta di Faggiani, sarà un ulteriore strumento per meglio indirizzare le azioni appena accennate.
Tornando a Roma, l’occasione è stata buona per annunciare pubblicamente l’emanazione dell’ordinanza della sindaca Raggi,che stabilisce l’orario di funzionamento degli apparecchi di intrattenimento e svago con vincita in denaro negli orari dalle 9 alle 12 e dalle 18 alle 23 di tutti giorni, festivi compresi, ovunque essi siano collocati, cioè in sale dedicate al gioco d’azzardo, al Bingo e alle più varie scommesse ovvero in altre tipologie di esercizi, come bar e tabaccherie. In quegli orari, precisa l’atto, va assicurato lo spegnimento dei singoli apparecchi, tramite interruttore elettrico, e anche che non vi si possa accedere.
In tal modo, si chiude il cerchio aperto dal Regolamento del 9 giugno 2017, che aveva posto il divieto di attivare solt machines nel centro storico e inibito l’apertura di sale scommesse o con giochi che prevedano vincite di denaro nel giro di 500 metri (350 all’interno dell’anello ferroviario) da scuole, università, luoghi di culto, ecc., e a meno di 200 metri da sportelli bancari, postali o bancomat, agenzie di prestiti di pegno o attività in cui si esercito l’acquisto di oro, argento od oggetti preziosi.
Il fatto che a distanza di diversi mesi l’ordinanza sugli orari non fosse ancora arrivata, e altre parti del testo fossero rimaste inattuate, aveva destato dei malumori a livello politico locale. Ma ormai ci siamo. Sara Seccia – Vicepresidente Commissione Commercio Roma Capitale – che è in pratica il braccio destro della Raggi sul fronte del gioco d’azzardo, ha tenuto a sottolineare che il Comune sta esercitando tutti i poteri che ha per arginare il settore, quelli dati soprattutto dalle sentenze dei Tribunali che hanno progressivamente riconosciuto alle amministrazioni il diritto di intervenire per l’appunto su orari e distanze, “auspicando comunque interventi di livello superiore, e fermo restando che a un Comune come quello di Roma andrebbero attribuiti poteri maggiori rispetto a quelli più piccoli”.
“Nel 2016, solo a Roma la raccolta di gioco è stata pari a 5,4 miliardi, soldi sottratti al circolo virtuoso dell’economia reale”, ha affermato con convinzione la Seccia, che poi si è affrettata a mettere un “pesetto” dall’altra parte del bilancino, sostenendo che “le nuovo disposizioni non sono punitive e l’iniziativa economica va salvaguardata”, aggiungendo però che “si deve produrre in maniera pulita, senza corrodere il tessuto sociale.”
Senza mordersi troppo le labbra, la consigliera capitolina ha fatto altresì presente che l’amministrazione “non può intervenire sulle vecchie attribuzioni, perché le norme disciplinano il futuro e i titoli abilitativi già acquisiti sono fatti salvi, altrimenti si rischia di incorrere in azioni risarcitorie da parte degli operatori”.
Una valida spalla, la Seccia l’ha trovata nell’avv. Enrico Michetti, che dopo aver svolto la sua relazione di routine sull’ordinamento giuridico del gaming, si è lanciato in proclami intrisi di populismo, del tipo: “Se la gente sapesse cosa c’è dietro al gioco, ne farebbe a meno. Se non ci fosse il gioco legale ci sarebbe solo quello illegale? La criminalità si combatte, e non si può fare un passo indietro solo per evitare le infiltrazioni criminose.”
E il Vicepresidente ANCI Lazio Vincenzo Ludovisi ha scomodato persino il giudice Falcone, col suo motto “segui i soldi e troverai la mafia”, per affermare che “un grosso problema è anche quello che le macchine attraggono denaro contante, che è difficile da seguire; perciò si dovrebbe vietarne l’utilizzo e obbligare l’utilizzo di carte magnetiche”.
Al di là delle amenità, i relatori hanno tutti affermato che il gioco in se e per se è un’occasione di ricreazione e si socialità, ma che in presenza di certe degenerazioni provocate dall’azzardo diventa difficile da gestire. Un approccio apparentemente soft, che a fronte dei denunciati ritardi dello Stato (e nel nostro caso pure dalla Regione Lazio, ha sottolineato Sara Seccia) sottende le iniziative di contrasto prese dalle amministrazioni locali.
A proposito di ritardi, il 5Stelle Francesco Silvestri è giunto a sostegno di Sara Seccia, dichiarando anch’egli che la protezione delle attività imprenditoriali non può essere prioritaria rispetto ai problemi che il gioco crea nella società; problemi che sono anche economici perché la cura dei malati di gioco comporta oneri notevoli.
L’annuncio è di quelli che fanno tremare i polsi: “Bisogna colpire culturalmente l’azzardo, nella percezione che ha nell’immaginario collettivo. Il ministro Di Maio intende mettere nel decreto Dignità questa misura”.
In linea con Ludovisi, ha poi dichiarato che i giocatori dovrebbero essere dotati di un apposito tesserino, sul quale registrare anche i dati sulla spesa del giocatore per capire i flussi. “Questo è il Governo del cambiamento! Vogliamo introdurre una riformulazione del sistema azzardo, ormai divenuto insostenibile. Mi auguro che riforme come queste possano continuare ad andare avanti, lasciando poteri ai comuni sulle distanze”.
Il buon Domenico Faggiani ha cercato in qualche modo di controbilanciare la discussione ricordando da dove si è partiti e tutto quello che è stato fatto per combattere l’illegalità e creare un sistema tutelato in tutti i sensi. Però anche lui ritiene che il quadro normativo di settore sia superato: C’è la necessità di una legge quadro che fissi una cornice nuova per le leggi regionali e i regolamenti comunali; esigenza, questa manifestata da tutte le forze politiche.”
A suo parere, bisogna ripartire dai 7 punti cardine dell’accordo raggiunto fra Stato e Regioni in Conferenza Unificata. Accordo che – ha sottolineato – è finito in un angolo anche per colpa di certe Regioni, e in particolare il Piemonte, “che ha fatto una fuga in avanti intempestiva, emanando un provvedimento che non è servito a nulla rispetto agli obiettivi che si era posto e ha favorito invece il diffondersi dell’illegalità.”
Marco Cerigioni – PressGiochi