Il Tar Piemonte ha respinto il ricorso presentato dal LOTTOMATICA VIDEOLOT RETE S.P.A. contro il regolamento del comune di Rivoli che stabiliva l’orario di apertura delle sale giochi entro i
Il Tar Piemonte ha respinto il ricorso presentato dal LOTTOMATICA VIDEOLOT RETE S.P.A. contro il regolamento del comune di Rivoli che stabiliva l’orario di apertura delle sale giochi entro i limiti 10,00-2,00.
Il Tar Piemonte nell’affrontare il ricorso aveva sollevato questione di legittimità costituzionale relativamente all’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000 e sull’art. 31, comma 1 (recte: 2), del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito in legge n. 214 del 2011, nella parte in cui tali disposizioni determinano una situazione di assenza di principi normativi a contrasto della patologia ormai riconosciuta della “ludopatia” ed escludono la competenza dei Comuni ad adottare atti normativi e provvedimentali volti a limitare l’uso degli apparecchi da gioco di cui all’art. 110, comma 6, del r.d. n. 773 del 1931 in ogni esercizio a ciò autorizzato ai sensi dell’art. 86 dello stesso testo di legge, assumendo a parametro la violazione degli artt. 118 e 32 Cost.
Con sentenza n. 220 del 2014 la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione così sollevata. Nel dichiarare l’inammissibilità della prospettata questione di legittimità costituzionale, la Corte costituzionale ha ricordato che in forza della generale previsione dell’art. 50, comma 7, cit., “il sindaco può disciplinare gli orari delle sale giochi e degli esercizi nei quali siano installate apparecchiature per il gioco e che ciò può fare per esigenze di tutela della salute, della quiete pubblica, ovvero della circolazione stradale”… il potere di limitare la distribuzione sul territorio delle sale da gioco, attraverso l’imposizione di distanze minime rispetto ai cosiddetti luoghi sensibili, “potrebbe altresì essere ricondotto alla potestà degli enti locali in materia di pianificazione e governo del territorio, rispetto alla quale la Costituzione e la legge ordinaria conferiscono al Comune le relative funzioni”.
La Consulta, richiamando la sentenza del Consiglio di Stato ha affermato che “il regime di liberalizzazione degli orari dei pubblici esercizi, applicabile indistintamente agli esercizi commerciali e a quelli di somministrazione, non preclude all’amministrazione comunale la possibilità di esercitare il proprio potere di inibizione delle attività, per comprovate esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, nonché del diritto dei terzi al rispetto della quiete pubblica; con la precisazione, tuttavia, che ciò è consentito dal legislatore solo in caso di accertata lesione di interessi pubblici tassativamente individuati quali quelli richiamati dall’art. 31, comma 2, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito in legge n. 214 del 2011 (sicurezza, libertà, dignità umana, utilità sociale, salute), interessi che non possono considerarsi violati aprioristicamente e senza dimostrazione alcuna.
Rifacendosi a questo linea giurisprudenziale, il Tar Piemonte ha spiegato che – nel caso di specie, l’intervento previsto dal Comune di Rivoli non pare disallineato rispetto ai doveri incombenti sulla civica amministrazione. “Del resto, l’importanza delle politiche di comunità locale, proprio per fronteggiare concretamente il problema del gioco patologico nella sua reale dimensione, è stata segnalata alle amministrazioni locali da un apposito studio del “Dipartimento Patologia delle Dipendenze” della ASL Torino 3 nel quale si è evidenziata l’importanza di una “sensibilizzazione degli Enti locali per le politiche di contenimento del gioco lecito in denaro” volta soprattutto a sollecitare l’“emanazione di Regolamenti comunali del gioco in denaro eticamente orientati” che stabiliscano restrizioni dell’accesso al gioco sia mediante l’imposizione di distanze tra le sale giochi e i c.d. luoghi sensibili sia mediante l’introduzione di limiti orari anche per il mero funzionamento degli apparecchi da gioco. Proprio questa è la direzione intrapresa dal Comune di Rivoli mediante gli atti impugnati, i quali dunque si svelano essere stati adottati non solo nella piena consapevolezza della gravità del fenomeno da arginare ma anche, e soprattutto, in funzione di necessario ausilio locale alle politiche nazionali già avviate.
Riserva statale sui giochi – Per quanto riguarda i motivi di riserva statale presentati dal ricorrente esistente nella materia dei giochi pubblici, i giudici hanno affermato che al contrario, “la rimarcata circostanza che l’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000 fonda l’autonomo potere di intervento del Sindaco, funzionale alla tutela delle fasce più deboli della popolazione contro le degenerazioni del gioco lecito compulsivo, è di per sé sufficiente a ritenere giustificata e legittima l’imposizione comunale di limiti agli orari di apertura delle sale da gioco, anche con riguardo alla stessa attivazione degli apparecchi da gioco (limitandola, per ragioni connesse alla tutela della salute, ad un arco temporale ancora più ristretto rispetto all’orario di apertura degli esercizi), e ad escludere, conseguentemente, l’esistenza di alcun vizio di incompetenza.
In secondo luogo, il vizio di incompetenza del Comune non è ravvisabile nemmeno con riguardo alla disattivazione degli apparecchi di cui all’art. 110, comma 6, lett. b, del r.d. n. 773 del 1931 (le c.d. VLT), nonostante che la gestione delle sale ove si installano i suddetti apparecchi è sottoposta al rilascio di apposita licenza del Questore ai sensi dell’art. 2, comma 2-quater, del decreto-legge n. 40 del 2010, convertito in legge n. 73 del 2010. Il titolo di competenza del Comune, infatti, interviene lungo un versante – quello della tutela della salute delle c.d. fasce più deboli della popolazione, in chiave di prevenzione dalla ludopatia – che non si sovrappone rispetto all’ambito di intervento rimesso alla competenza questorile, concernente altri e rilevanti aspetti di pubblica sicurezza”.
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