Partendo proprio dall’inizio, vengono indicati 36 mesi di tempo, nel rispetto di tutti i principi del mondo (ci mancherebbe altro!), per emanare uno o più decreti legislativi per la riforma del settore, ma con la curiosa postilla di osservare scrupolosamente il vincolo di irretroattività delle norme tributarie di sfavore, in modo da assicurare…
La botte piena e la moglie (e magari pure la suocera) ubriaca. Questo è il grande obiettivo che ispira le proposte presentate in Parlamento dalla ADM per farle inserire nella prossima Legge di Bilancio.
Si vuole tagliare l’offerta, aumentare la qualità dei servizi di raccolta, sconfiggere l’illegalità e mantenere il gettito invariato. Qui ci vuole un mago, altro che il governo giallo-rosso!
Il guaio che si aggiunge è che il tutto dovrebbe essere pilotato dalla “riforma complessiva in materia di giochi pubblici”, che per anni ha riempito dibattiti parlamentari, riviste, siti internet e le bocche dei soloni, rimanendo però ferma al punto di partenza, cioè alla celeberrima Intesa Stato-Regioni del 7 settembre 2017 (da qui in poi la chiameremo solo Intesa).
Ora, che i Monopoli – soprattutto con il nuovo corso Minenna – abbiano la determinazione di dare finalmente una svolta a questa situazione incancrenita, i cui riflessi sono stati ben descritti dal Direttore qualche giorno fa in Senato, è un segnale che tutti apprezziamo.
Dov’è il problema? Che se si fossero limitati a rilanciare tout court i contenuti dell’Intesa di tre anni fa, delegando in pratica al Parlamento il compito di trasformarla in legge, con tutti i dibattiti e gli emendamenti del caso, saremmo stati sostanzialmente d’accordo, anche perché su quell’atto le firme c’erano e nessuno dovrebbe azzardarsi a fare un passo indietro.
Invece l’ADM ha fatto molto di più, o anche di meno per certi aspetti. Vediamo perché.
Partendo proprio dall’inizio, vengono indicati 36 mesi di tempo, nel rispetto di tutti i principi del mondo (ci mancherebbe altro!), per emanare uno o più decreti legislativi per la riforma del settore, ma con la curiosa postilla di osservare scrupolosamente il vincolo di irretroattività delle norme tributarie di sfavore, in modo da assicurare il contrasto al disturbo da gioco d’azzardo e la lotta al gioco illegale e alle frodi a danno dell’erario, garantendo l’invarianza delle corrispondenti entrate, che però, esiste da 20 anni (legge 27 luglio 2000, n. 212). Semmai vorremmo sapere che relazione c’è fra il vincolo di retroattività e tutto il resto. Ma non abbiamo fretta…
Esaurita la “pratica” andiamo ad esaminare alcuni punti della proposta ADM.
A quanto pare, con ciò si vuole stringere la prerogativa data ai Comuni in sede di Intesa di realizzare la “equilibrata distribuzione” dei punti vendita sopravvissuti.
Ma il punto più grave è che, da questa lettura della proposta così come è scritta, emerge con chiarezza un’omissione su bar ed esercizi generalisti come se saranno totalmente azzerati.
Sale e corner scommesse Ok; sale slot e bingo Ok; tabacchi Ok, ci mancherebbe altro. Ma per il resto tutti a casa! Perché è così? Nell’Intesa si parlava espressamente di un numero massimo di 35.000 esercizi, in aggiunta ai 18.000 comprendenti 10k agenzie, 5k corner e 3k sale Awp e bingo, di cui qui non c’è traccia. E comunque a tagliare la testa al toro c’è il semplice fatto che, nella proposta ADM, il riferimento non è alle locations che possono ospitarli, ma agli apparecchi in quanto tali, per i quali si prospetta un’ulteriore riduzione, tra l’altro.
In realtà, a dirla tutta, nella Relazione illustrativa che accompagna la proposta ADM per la Legge di Bilancio prossima, si legge che “costituisce un nodo politico la decisione circa la conferma o meno della presenza degli apparecchi da intrattenimento nei Bar (maiuscolo)”. Come dire: Governo, noi i bar vogliamo farli fuori, ma se proprio vuoi salvarli, fai tu.
In ogni caso, insieme al contingentamento regionale figura quello per esercizio, con l’aggiunta della separazione graduale degli spazi nei quali vengono installati. Il ghetto nel ghetto, verrebbe da dire.
Per onestà intellettuale va pure detto che i Monopoli raccomandano un passaggio graduale, tenendo conto del periodo di ammortamento degli investimenti effettuati, ma il riferimento non si capisce bene a cosa sia: al passaggio alle AWPR o al nuovo regime complessivo?
Poi, sempre in tema di lotta alle ludopatie, si ipotizza il rafforzamento (ma avrebbero dovuto scrivere l’introduzione) dei meccanismi di autoesclusione dal gioco, anche sulla base di un registro nazionale al quale possono iscriversi i soggetti che chiedono di essere esclusi dalla partecipazione in qualsiasi forma ai giochi con vincita in denaro.
Per carità, non siamo noi quelli che dicono che bisogna andarci leggeri su queste cose. Quello che non ci piace è il tono da “strategia della tensione” che si rafforza (stavolta lo dicamo noi!) di volta in volta, tanto per far capire agli operatori di gioco che la loro presenza è un male necessario per evitarne di peggiori e come sgarrano di un centimetro saranno bastonate da orbi.
In parallelo, c’è il rafforzamento (e dagli!) della disciplina in materia di trasparenza e di requisiti soggettivi e di onorabilità dei soggetti, ivi compresi società fiduciarie e trusts. Le nonne con relative badanti, le amanti, i nipoti di quinto grado e magari pure le colf e i vicini di pianerottolo di tutti quelli che hanno la cattiva idea di investire nel settore del gioco si preparino a raccogliere certificati (in carta bollata ovviamente) per dimostrare la loro “onorabilità”.
Allora, è vero che il mondo della finanza è piena di scatole cinesi, di prestanome, di malfattori, di società offshore e quant’altro. Però, qui siamo all’ipocondria, con la possibile conseguenza di penalizzare ancora di più chi ha sempre fatto il bravo e di incrementare, piuttosto che ridurla, l’illegalità assoluta, soprattutto se residente all’estero. Perché la “regola” è sempre la stessa: più vincoli ci sono, più diventa difficile adeguarvisi e allora: per certi soggetti, meglio essere clandestini assoluti che cercare mezzi e mezzucci di aggiramento. Per questo diciamo che chi opera oltre confine è avvantaggiato: chi ha tutti i propri interessi in Italia – compresi famiglia, amici, amori extra, cani e gatti – dovrà stringere i denti ancora una volta e adeguarsi; chi sta fuori potrà ben attrezzarsi per ridurre il danno al minimo, in caso di infrazioni accertate.
Intanto, senza parlare da chi malversa nel reato, in Italia continuiamo a goderci la presenza di un paio di grandi operatori senza licenza, più tutti gli improvvisati bottegai di Ctd…
Naturalmente, tutto questo discorso nulla ha a che fare con l’ennesimo rafforzamento che Adm vorrebbe: il contrasto alle infiltrazioni mafiose. Lì più si bastona e più si fa bene. Attenzione però a non fare di tutta l’erba un fascio.
La cosa interessante è che ora, tra i cattivi, a fare compagnia agli apparecchi ci sono i gratta&vinci, le scommesse a quota fissa, il bingo, più Win for Life, 10eLotto e derivati. Punto di domanda, invece, sui giochi telematici in toto. Possibile mai che l’oggetto della “grande riforma” debba rimanere solo quello dei gioco a terra?
Ci resta solo un dubbio: la lotteria degli scontrini sta fra i buoni o fra i cattivi?
La questione resta aperta e riteniamo, alla luce del legame permanente fra riduzione fasce orarie-prevenzione del GAP-tutela della salute pubblica, sia illusorio sperare di risolverla con un “commicello” sparso fra i mille e passa della Legge di Bilancio.
Nella Relazione illustrativa, viene lamentato il fatto che nessuna Regione abbia adeguato la propria legge all’Intesa, ma figuriamoci se poteva esser il contrario: loro l’intesa l’avevano firmata, spettava a qualcun altro il compito di trasformarla in decreto… E adesso, verrebbe da dire, cari ADM e Governo, di che cosa vi lamentate, a tre anni di distanza per giunta?
La proposta ADM specifica poi la necessità di trovare una linea comune sulla distribuzione oraria delle fasce di interruzione del gioco nell’arco della giornata, che sembra la stessa cosa ma in realtà non lo è. Cosa vogliamo dire? Un conto è dire: in tutta Italia si gioca o non si gioca per un tot di ore, altro conto è fissare esattamente gli orari. L’ostacolo è insormontabile perché i Comuni in materia sono sovrani. E in ogni caso, il vero dramma dei gestori del gioco è il distanziometro: se al sindaco gli girano le scatole tra i luoghi sensibili ci mette pure la statua del santo patrono!
Marco Cerigioni – PressGiochi
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