24 Novembre 2024 - 10:00

Riforma dei giochi: la proposta ADM, oltre l’Intesa tra rafforzamenti e inasprimenti, e l’incognita dei bar

Partendo proprio dall’inizio, vengono indicati 36 mesi di tempo, nel rispetto di tutti i principi del mondo (ci mancherebbe altro!), per emanare uno o più decreti legislativi per la riforma del settore, ma con la curiosa postilla di osservare scrupolosamente il vincolo di irretroattività delle norme tributarie di sfavore, in modo da assicurare…

02 Novembre 2020

La botte piena e la moglie (e magari pure la suocera) ubriaca. Questo è il grande obiettivo che ispira le proposte presentate in Parlamento dalla ADM per farle inserire nella prossima Legge di Bilancio.

Si vuole tagliare l’offerta, aumentare la qualità dei servizi di raccolta, sconfiggere l’illegalità e mantenere il gettito invariato. Qui ci vuole un mago, altro che il governo giallo-rosso!

Il guaio che si aggiunge è che il tutto dovrebbe essere pilotato dalla “riforma complessiva in materia di giochi pubblici”, che per anni ha riempito dibattiti parlamentari, riviste, siti internet e le bocche dei soloni, rimanendo però ferma al punto di partenza, cioè alla celeberrima Intesa Stato-Regioni del 7 settembre 2017 (da qui in poi la chiameremo solo Intesa).

Ora, che i Monopoli – soprattutto con il nuovo corso Minenna – abbiano la determinazione di dare finalmente una svolta a questa situazione incancrenita, i cui riflessi sono stati ben descritti dal Direttore qualche giorno fa in Senato, è un segnale che tutti apprezziamo.

 

Dov’è il problema? Che se si fossero limitati a rilanciare tout court i contenuti dell’Intesa di tre anni fa, delegando in pratica al Parlamento il compito di trasformarla in legge, con tutti i dibattiti e gli emendamenti del caso, saremmo stati sostanzialmente d’accordo, anche perché su quell’atto le firme c’erano e nessuno dovrebbe azzardarsi a fare un passo indietro.

Invece l’ADM ha fatto molto di più, o anche di meno per certi aspetti. Vediamo perché.

Partendo proprio dall’inizio, vengono indicati 36 mesi di tempo, nel rispetto di tutti i principi del mondo (ci mancherebbe altro!), per emanare uno o più decreti legislativi per la riforma del settore, ma con la curiosa postilla di osservare scrupolosamente il vincolo di irretroattività delle norme tributarie di sfavore, in modo da assicurare il contrasto al disturbo da gioco d’azzardo e la lotta al gioco illegale e alle frodi a danno dell’erario, garantendo l’invarianza delle corrispondenti entrate, che però, esiste da 20 anni (legge 27 luglio 2000, n. 212). Semmai vorremmo sapere che relazione c’è fra il vincolo di retroattività e tutto il resto. Ma non abbiamo fretta…

Esaurita la “pratica” andiamo ad esaminare alcuni punti della proposta ADM.

 

  1. Sulla conferma del regime concessorio, la si può ritenere superflua fino al punto in cui si legge che, nel momento in cui dovesse passare il principio per cui i requisiti richiesti per il rilascio delle concessioni si applichino, in tutto o in parte, anche per il rilascio delle autorizzazioni di polizia. Ora, ricordando quanto stabilito dal comma 727 dell’ultima Legge di Bilancio che, in pratica, prevede l’assegnazione di numeri stabiliti di concessioni anche per l’esercizio di punti vendita, va da se che la tanto importante “onerosità” della concessione graverà pure su di essi. Ma di certo gli altri requisiti dovranno trovare posto nell’ambito del Tulps e pertanto dovranno trovare l’avallo del Ministero degli Interni.
  1. La riduzione graduale dell’offerta di gioco non è più nei drastici termini del dimezzamento (più o meno) dei punti vendita complessivi, come da Intesa (atteso che il taglio degli apparecchi è già stato fatto), ma dovrebbe essere disegnata in base ad un contorto calcolo combinato che avrebbe come fattori la popolazione residente e gli indicatori economici di ciascuna Regione. In tal modo, saranno determinati il numero massimo (regionale) dei “punti di gioco specialistici”, di quelli che “offrono scommesse” e degli apparecchi da gioco installabili, con la possibilità che per questi sia imposta una nuova riduzione.

A quanto pare, con ciò si vuole stringere la prerogativa data ai Comuni in sede di Intesa di realizzare la “equilibrata distribuzione” dei punti vendita sopravvissuti.

 

Ma il punto più grave è che, da questa lettura della proposta così come è scritta, emerge con chiarezza un’omissione su bar ed esercizi generalisti come se saranno totalmente azzerati.

Sale e corner scommesse Ok; sale slot e bingo Ok; tabacchi Ok, ci mancherebbe altro. Ma per il resto tutti a casa! Perché è così? Nell’Intesa si parlava espressamente di un numero massimo di 35.000 esercizi, in aggiunta ai 18.000 comprendenti 10k agenzie, 5k corner e 3k sale Awp e bingo, di cui qui non c’è traccia. E comunque a tagliare la testa al toro c’è il semplice fatto che, nella proposta ADM, il riferimento non è alle locations che possono ospitarli, ma agli apparecchi in quanto tali, per i quali si prospetta un’ulteriore riduzione, tra l’altro.

In realtà, a dirla tutta, nella Relazione illustrativa che accompagna la proposta ADM per la Legge di Bilancio prossima, si legge che “costituisce un nodo politico la decisione circa la conferma o meno della presenza degli apparecchi da intrattenimento nei Bar (maiuscolo)”. Come dire: Governo, noi i bar vogliamo farli fuori, ma se proprio vuoi salvarli, fai tu.

In ogni caso, insieme al contingentamento regionale figura quello per esercizio, con l’aggiunta della separazione graduale degli spazi nei quali vengono installati. Il ghetto nel ghetto, verrebbe da dire.

  1. Quanto alle misure per il contrasto del GAP, la prima novità, rispetto all’Intesa, che balza agli occhi è la prevista diminuzione dei limiti di giocata e di vincita che, in attesa di (probabili) smentite, dovrebbe riguardare tutti i giochi a vincita. Vedremo se il governo avrà il coraggio di farlo… E’ vero che la proposta ADM è molto meno “apparecchicentrica” rispetto all’Intesa, ma una riflessione mirata ai comma 6 va fatta: se alle “povere slot”, già martoriate da una percentuale di restituzione ridicola, imponiamo pure la riduzione di costo giocata e vincita, andremo a creare dei mostriciattoli che faranno ridere il mondo intero; anche perché viene riproposto il progetto delle AWP Remote, che di fatto, nei pensieri della ADM, tornano ad essere delle mini-Vlt. A proposito di Vlt, asciugarle un po’ nei limiti di giocata e vincita non sarebbe un male, d’altra parte il taglio che si immagina rischia di ridurle al rango di AWP “potenziate”, col rischio poi di mandarle in collisione con le già menzionate AWP Remote. Fate vobis, se ci riuscite…

Per onestà intellettuale va pure detto che i Monopoli raccomandano un passaggio graduale, tenendo conto del periodo di ammortamento degli investimenti effettuati, ma il riferimento non si capisce bene a cosa sia: al passaggio alle AWPR o al nuovo regime complessivo?

Poi, sempre in tema di lotta alle ludopatie, si ipotizza il rafforzamento (ma avrebbero dovuto scrivere l’introduzione) dei meccanismi di autoesclusione dal gioco, anche sulla base di un registro nazionale al quale possono iscriversi i soggetti che chiedono di essere esclusi dalla partecipazione in qualsiasi forma ai giochi con vincita in denaro.

 

  1. Non c’è dubbio che la parola rafforzamento piaccia molto ai Monopoli, non fosse altro perché permette di ripetere cose già dette mille volte. Ma fra i tanti rafforzamenti voluti c’è anche quello di inasprire ulteriormente l’apparato sanzionatorio, penale e amministrativo, fino a creare addirittura una nuova ipotesi di reato penale: l’evasione delle imposte da giochi (ce n’è davvero bisogno alla luce di quanto previsto già dal penale-tributario?)

Per carità, non siamo noi quelli che dicono che bisogna andarci leggeri su queste cose. Quello che non ci piace è il tono da “strategia della tensione” che si rafforza (stavolta lo dicamo noi!) di volta in volta, tanto per far capire agli operatori di gioco che la loro presenza è un male necessario per evitarne di peggiori e come sgarrano di un centimetro saranno bastonate da orbi.

In parallelo, c’è il rafforzamento (e dagli!) della disciplina in materia di trasparenza e di requisiti soggettivi e di onorabilità dei soggetti, ivi compresi società fiduciarie e trusts. Le nonne con relative badanti, le amanti, i nipoti di quinto grado e magari pure le colf e i vicini di pianerottolo di tutti quelli che hanno la cattiva idea di investire nel settore del gioco si preparino a raccogliere certificati (in carta bollata ovviamente) per dimostrare la loro “onorabilità”.

Allora, è vero che il mondo della finanza è piena di scatole cinesi, di prestanome, di malfattori, di società offshore e quant’altro. Però, qui siamo all’ipocondria, con la possibile conseguenza di penalizzare ancora di più chi ha sempre fatto il bravo e di incrementare, piuttosto che ridurla, l’illegalità assoluta, soprattutto se residente all’estero. Perché la “regola” è sempre la stessa: più vincoli ci sono, più diventa difficile adeguarvisi e allora: per certi soggetti, meglio essere clandestini assoluti che cercare mezzi e mezzucci di aggiramento. Per questo diciamo che chi opera oltre confine è avvantaggiato: chi ha tutti i propri interessi in Italia – compresi famiglia, amici, amori extra, cani e gatti – dovrà stringere i denti ancora una volta e adeguarsi; chi sta fuori potrà ben attrezzarsi per ridurre il danno al minimo, in caso di infrazioni accertate.

Intanto, senza parlare da chi malversa nel reato, in Italia continuiamo a goderci la presenza di un paio di grandi operatori senza licenza, più tutti gli improvvisati bottegai di Ctd…

 

Naturalmente, tutto questo discorso nulla ha a che fare con l’ennesimo rafforzamento che Adm vorrebbe: il contrasto alle infiltrazioni mafiose. Lì più si bastona e più si fa bene. Attenzione però a non fare di tutta l’erba un fascio.

 

  1. Ed eccoci al non plus ultra. Viene “finalmente” tracciata la lavagna dei giochi “buoni” e “cattivi”. I giochi santi e benedetti, perché ritenuti a basso rischio sociale, e quindi meritevoli di essere “promossi”, sono: giochi sportivi a totalizzatore, lotterie differite, il gioco del Lotto, i giochi numerici a totalizzatore, con esclusione dei giochi con vincita immediata o a puntate ripetute o ravvicinate nel corso della giornata.

La cosa interessante è che ora, tra i cattivi, a fare compagnia agli apparecchi ci sono i gratta&vinci, le scommesse a quota fissa, il bingo, più Win for Life, 10eLotto e derivati. Punto di domanda, invece, sui giochi telematici in toto. Possibile mai che l’oggetto della “grande riforma” debba rimanere solo quello dei gioco a terra?

Ci resta solo un dubbio: la lotteria degli scontrini sta fra i buoni o fra i cattivi?

  1. Proseguendo a leggere i desiderata di ADM, troviamo la chimera delle chimere: previsione di fasce orarie di gioco, omogenee sul territorio nazionale. Allora, per quanto sia noto, è sempre bene ricordare che l’Intesa aveva stabilito un limite di 6 ore giornaliere per l’interruzione quotidiana di gioco e che la distribuzione delle fasce orarie doveva essere stabilita in accordo coi Monopoli. E per quanto sia noto, ricordiamo ancora che se questa previsione – rafforzata (lo diciamo noi, anche se si fa per dire…) dalla circolare del Ministero degli Interni del 8 novembre 2019 era stata considerata vincolante da alcuni tribunali, poi, con la pronuncia sul recente caso di Guidonia, il Consiglio di Stato ha cambiato le carte in tavola, approvando le ulteriori restrizioni orarie stabilite dal Comune.

La questione resta aperta e riteniamo, alla luce del legame permanente fra riduzione fasce orarie-prevenzione del GAP-tutela della salute pubblica, sia illusorio sperare di risolverla con un “commicello” sparso fra i mille e passa della Legge di Bilancio.

Nella Relazione illustrativa, viene lamentato il fatto che nessuna Regione abbia adeguato la propria legge all’Intesa, ma figuriamoci se poteva esser il contrario: loro l’intesa l’avevano firmata, spettava a qualcun altro il compito di trasformarla in decreto… E adesso, verrebbe da dire, cari ADM e Governo, di che cosa vi lamentate, a tre anni di distanza per giunta?

La proposta ADM specifica poi la necessità di trovare una linea comune sulla distribuzione oraria delle fasce di interruzione del gioco nell’arco della giornata, che sembra la stessa cosa ma in realtà non lo è. Cosa vogliamo dire? Un conto è dire: in tutta Italia si gioca o non si gioca per un tot di ore, altro conto è fissare esattamente gli orari. L’ostacolo è insormontabile perché i Comuni in materia sono sovrani. E in ogni caso, il vero dramma dei gestori del gioco è il distanziometro: se al sindaco gli girano le scatole tra i luoghi sensibili ci mette pure la statua del santo patrono!

 

  1. Ancora, abbiamo la previsione di forme di compartecipazione al gettito da parte delle Regioni e degli enti locali. Un certo Lorenzo Musicco questa cosa la diceva quando avevamo ancora i calzoni corti. L’idea era quella di avere le amministrazioni locali come “partner” piuttosto che come nemici. Ma per come la vedono loro si rischia la bagarre totale. Primo, la compartecipazione può avvenire anche mediante forme di compensazione con i trasferimenti e finanziamenti statali: a casa nostra, questo significa che se prima un ente territoriale riceveva 100, magari si tiene un 10 sul Preu e poi riceverà 90 dallo Stato. Secondo: che le sanzioni amministrative riscosse in base a controlli effettuati dalla polizia locale siano destinate al Comune di riferimento: qui proprio non serve alcun commento.
  2. Per concludere, tra le note tecniche della Relazione, vi è la proposta di una proroga complessiva delle concessioni, ma non ci dilunghiamo perché questo tema lo abbiamo già trattato in un precedente articolo, ritenendo che il provvedimento sia assolutamente indispensabile. C’è solo da annotare, giustamente, che il problema non è solo il Covid, quanto soprattutto quello delle disposizioni locali che paralizzano gli investimenti e, fatto non del tutto accessorio, ridefinire l’assetto normativo e redarre il famoso testo unico sui giochi. Però, ci chiediamo: basteranno 36 mesi per fare tutto?

 

 

Marco Cerigioni  – PressGiochi

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