La riduzione del parco macchine imposto dalla riforma Baretta che ha portato allo spegnimento di circa il 35% di slot machine presenti sul territorio italiano ha dato il via ad
La riduzione del parco macchine imposto dalla riforma Baretta che ha portato allo spegnimento di circa il 35% di slot machine presenti sul territorio italiano ha dato il via ad una mole di contenzioso tra gestori di apparecchi e concessionari di rete che ancora si trascina oggi. E’ infatti di oggi una nuova serie di sentenze emesse dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio volte a dichiarare l’inammissibilità di alcuni ricorsi dei gestori contro i concessionari.
Per il Tar del Lazio: “I ricorsi sono inammissibili per difetto di giurisdizione dell’adito giudice amministrativo, non già all’esercizio di un potere amministrativo dell’Agenzia di individuazione delle apparecchiature AWP da dismettere – a ben vedere non attribuitole dal legislatore – bensì a quell’attività del concessionario, espressione di iniziativa economica privata, attraverso la quale tale concessionaria, nell’assolvere agli obblighi posti a suo carico dalla normativa di settore, ha scelto quali dei propri n.o.e. (dati in gestione alla propria filiera) sottoporre a blocco operativo sulla base di proprie valutazioni imprenditoriali, economiche e/o commerciali, sicché la ricorrente avrebbe dovuto agire in sede civile, ove avesse ritenuto sussistenti profili di danno alla stessa conseguenti dall’attuazione della disciplina sulla riduzione dei n.o.e.”.
“Sia il citato art. 6 bis che il successivo relativo decreto ministeriale di attuazione impongono ai concessionari di provvedere, in misura proporzionale tra loro, in primis entro il 31 dicembre 2017, “alla riduzione di almeno il 15 per cento del numero di nulla osta attivi ad essi riferibili alla data del 31 dicembre 2016”, attribuendo loro – sia pure limitatamente a tale prima spontanea individuazione – una consistente autonomia in ordine alla scelta delle modalità attuative della riduzione dei n.o.e., quali titolari esclusivi di tali titoli autorizzativi ai sensi dell’art. 3, comma 5, del d.m. 12 marzo 2004”.
“Il presente giudizio – si legge -si inserisce nell’ambito di quel processo di graduale riduzione proporzionale del numero n.o.e. già avviato dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208 (c.d. “Legge di stabilità per il 2016”) al fine di assicurare maggiori livelli di tutela dei consumatori (con particolare riguardo alle fasce più deboli e ai minori di età) ed offrire maggiori garanzie in termini di salvaguardia della salute pubblica rispetto ai rischi derivanti dal gioco, sia pure lecito.
Il legislatore “ha imposto agli stessi concessionari di procedere, entro 31 dicembre 2017, alla riduzione di almeno il 15% del numero di nulla osta attivi ad essi riferibili alla data del 31 dicembre 2016 e, entro la data del 30 aprile 2018, alla riduzione sino al numero di cui alla lettera b) del comma 1 (ossia 265.000), in proporzione al numero dei nulla osta a ciascuno di essi riferibili alla predetta data del 31 dicembre 2016.
Infine, il successivo comma 3 ha, infine, previsto che, qualora alle date suindicate il numero complessivo dei nulla osta di esercizio risultasse superiore a quello indicato, l’Agenzia debba procedere d’ufficio alla revoca dei nulla osta eccedenti, riferibili a ciascun concessionario, secondo criteri di proporzionalità in relazione alla distribuzione territoriale regionale, sulla base della redditività degli apparecchi registrata in ciascuna regione nei dodici mesi precedenti.
In attuazione di quanto disposto dal legislatore in sede di normazione primaria è stato, quindi, adottato il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 25 luglio 2017, che ha ribadito l’esistenza in capo ai concessionari di un obbligo di riduzione dei n.o.e. in una misura minima, commisurata sul numero di nulla osta di cui gli stessi erano intestatari alla data del 31 dicembre 2016, pari: a) entro il 31 dicembre 2017, al 15%; b) entro il 30 aprile 2018, al 34,9%, da intendersi quale riduzione complessiva, ovvero comprendente quella da effettuarsi alla data del 31 dicembre 2017”.
“A ben vedere, – conclude il Collegiio – la concreta individuazione delle apparecchiature AWP da dismettere nell’ambito della c.d. “prima trance” – sia riconducibile ad un’attività del concessionario, posta in essere da tale concessionaria nell’esercizio delle proprie scelte imprenditoriali, con conseguente devoluzione della controversia alla giurisdizione del giudice ordinario, al quale è rimessa la cognizione di ogni questione relativa al rapporto privatistico tra il concessionario ed il singolo gestore – ben distinto che dal rapporto concessorio di pubblico servizio intercorrente tra lo Stato ed il concessionario medesimo – la cui disciplina e i cui contenuti sono rimessi all’autonomia privata e che, dunque, si svolge nell’alveo del diritto privato.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione, indicando il Collegio il giudice ordinario quale giudice nazionale, invece, munitone, innanzi al quale il ricorso potrà, dunque, essere riproposto ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 11, secondo comma, cod. proc. Amm.”.
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Fonte immagine: HippoBingo Cesena
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