Il quadro disegnato da tal geometra Luca Coletto della Conferenza delle Regioni nell’audizione in Commissione inchiesta sul gioco del Senato riesce addirittura a sorprenderci. In negativo ovviamente. Nell’analizzare lo stato
Il quadro disegnato da tal geometra Luca Coletto della Conferenza delle Regioni nell’audizione in Commissione inchiesta sul gioco del Senato riesce addirittura a sorprenderci. In negativo ovviamente. Nell’analizzare lo stato di attuazione dell’Intesa raggiunta in Conferenza Unificata il 7 settembre 2017, l’assessore leghista, tanto caro alla presidente della Regione Umbria, ha letteralmente asfaltato la controversa storia delle leggi regionali di contrasto al gioco (perché questo sono, altro che tutela sanitaria!), stratificandola con santini e medagliette al valore per gli enti che, a suo avviso, hanno lavorato “in piena coerenza con le previsioni dell’Intesa”.
Tanto per cominciare, a suo personalissimo avviso, “le leggi regionali e provinciali non contengono elementi riguardanti l’obiettivo dell’Intesa di ridurre l’offerta di gioco, sia dei volumi che dei punti vendita, ma intervengono sulla distribuzione territoriale e temporale dei punti di gioco.” Come dire: siccome la pena di morte non esiste più, invece di metterti sulla sedia elettrica ti faccio morire di fame.
Adesso sentite questa: “Il dispositivo normativo, che deriva dai vincoli di collocamento o dalle limitazioni temporali degli esercizi con offerta di gioco, permette una più ampia tutela delle fasce di popolazione maggiormente vulnerabili o a rischio per lo sviluppo della dipendenza da gioco d’azzardo, l’equa distribuzione dei punti di gioco evitando la concentrazione degli stessi o la creazione di aree degradate, nonché la creazione di ambienti di vita più favorevoli e tutelanti la salute. Lo sforzo delle Regioni nel definire questi vincoli viene quindi ricondotto sia alla necessità di garantire una maggiore efficacia rispetto alla prevenzione del disturbo da gioco d’azzardo in relazione ai minori, alle fasce più deboli e a rischio ma anche alla popolazione in generale, sia alla tutela della sicurezza urbana, dei problemi connessi con la viabilità, dell’inquinamento acustico e del disturbo della quiete pubblica. Tale intento, inoltre, si inscrive nella più ampia cornice di prevenzione ambientale volta a ridurre l’esposizione, la visibilità e la facilità di accesso ed utilizzo degli apparecchi di gioco che, se meno presenti, normalizzati ed attraenti, sfavoriscono l’attivazione di comportamenti automatici in reazione a stimoli familiari e disincentivano l’insorgenza della dipendenza o, per le persone in trattamento per disturbo da gioco d’azzardo, la ricaduta nel problema.”
C’è una contraddizione a dir poco stridente: per evitare che il virus del gioco devasti la nostra popolazione, si ritiene che l’unica cosa da fare sia quella di nascondere i punti gioco e possibilmente renderli meno accessibili (suggeriamo strettissime scale a chiocciola verso cantine e solai cosparse di olio esausto) e di rendere gli apparecchi meno attraenti (chissà, magari imponendo alle slot titoli e grafiche in stile “Il grande funerale”, oppure “Il tremendo olocausto”, o ancora “La mattanza degli indiani”). Eppure, da altra parte si scrive che: “in tutte le leggi regionali e provinciali sono incluse indicazioni mirate ad innalzare il livello qualitativo dei punti di gioco e dell’offerta”. Mah…
Allora, “caro” assessore, se il virus del gioco lo considerate più devastante del Covid e del virus delle scimmie, perché lei e gli altri della Conferenza non avete il coraggio di alzare il muro contro il Governo e di dirgli: levate tutto??
Andiamo avanti: “Nel complesso, l’attenzione al controllo e alla qualità dell’offerta di gioco, è principalmente finalizzata a garantire la tutela della salute e un approccio al gioco sano e consapevole da parte dell’avventore, in modo da prevenire il rischio di dipendenza, sia attraverso canali informativi espliciti, sia indirettamente tramite la predisposizione di contesti (il locale di gioco, gli spazi ad esso esterni e, più in generale, il territorio/comunità) in cui siano implementate misure tese a contenere l’offerta di gioco e controllarne le modalità di erogazione e fruizione, in linea con l’approccio di prevenzione ambientale.”
Ci viene in mente la vecchia canzone di Zucchero che diceva: “solo una sana e consapevole libidine salva il giovane dallo stress e dall’Azione Cattolica”. Sostituendo l’Azione Cattolica con le macchinette il gioco è fatto! La libidine, nel nostro caso, sta nel gioco online. Che nel testo della relazione Coletto cita solo di striscio, completando (si fa per dire) il discorso in audizione con un paio di frasi senza costrutto. Ovvio che una questione del genere non può minimamente rientrare nelle competenze della Conferenza, perciò altro non poteva fare che buttare la palla addosso al legislatore nazionale.
Molto meno accorto è stato, invece, quando ha detto “Spero che la norma dello Stato sia retroattiva per fare in modo che si applichi a vecchi e nuovi apparecchi e che ci sia un’intesa in modo tale da omogeneizzare i provvedimento adottati nei territori”. Il tutto, alla faccia dei diritti concessori acquisiti. Che si tratti di una boutade, del resto, è fin troppo evidente: quando mai sarà fatto, il piano di riordino del settore dovrà sempre e comunque valere per le nuove concessioni. Pertanto, parlare di retroattività è perlomeno grossolano. Ma da questa affermazione emerge l’assoluta verità: l’obiettivo da colpire è solo il comma 6; tutto il resto continui beatamente a imperversare!
Allora, lasciateci dire che verso slot e Vlt c’è un odio che va al di là della ragione e di tutti i buoni propositi del mondo. Perché, se il problema primario, o perlomeno uno dei principali, è l’eccessiva diffusione delle opportunità di gioco, che provoca tentazioni irresistibili al povero cittadino qualunque, allora molto più delle slot sono pericolosi i gratta e vinci, che fra un po’ potrai trovare anche nelle chiese al posto dei santini o negli uffici postali al posto dei bollettini.
Sia chiaro per tutti, non vogliamo prendercela con il rispettivo concessionario: lui fa quello che gli è permesso ed è giusto così, ma almeno si eviti di dire che i G&V sono un gioco sociale!
Altre due cose da dire. Coletto vorrebbe persino istituire un fondo per aiutare chi ha perso tutto al gioco, per responsabilizzare tutta la filiera. Solo a considerare tutto l’ambaradan di leggi, decreti e circolari che dovranno essere manati per disciplinare una questione così impervia e ricca di trappole, ci vorrà una decina d’anni. E comunque le trappole non saranno scongiurate; magari qualcuno sfrutterà il fondo per avere un reddito di cittadinanza aggiuntivo!
Ed ora, la perla nera conclusiva: “anche sulle tabaccherie va applicato il distanziometro” !!! Allora, fino a prova contraria le tabaccherie sono “rivendite di generi di monopolio” e perciò avrebbero (hanno) tutto il diritto di fregarsene dei distaziometri. Forse Coletto è stato fuorviato (ancora una volta) dal fatto che alcune regioni (ad esempio Abruzzo, Calabria e Piemonte) sono state così magnanime da renderle zone franche, mentre le altre perseverano nell’abuso, inghiottite dal marasma generale provocato dai santoni del giornalismo, della medicina, della psicologia e della sociologia.
In definitiva, il settore deve preoccuparsi ancora più di prima. Le Regioni sono da anni acerrime nemiche dello Stato e non molleranno di un centimetro la presa; questo lo sanno tutti. Il fatto nuovo è che esse sono (ri)uscite allo scoperto con cattiveria inaudita, con la segreta (neanche tanto) ambizione di sostituirsi alla ADM nella parte gestionale e regolatoria.
Evviva la creatività al potere! Almeno fino a quando non diventa una barzelletta…
Marco Cerigioni – PressGiochi
Fonte immagine: https://www.vivoumbria.it/2021/01/28/scuola-e-covid-lassessore-alla-sanita-luca-coletto-insiste-su-assembramenti-e-trasporti/
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