Adesso che il divieto di pubblicizzare i prodotti di gioco e le scommesse in particolare è entrato definitivamente in vigore, già sappiamo chi sono i primi a rimetterci, al di
Adesso che il divieto di pubblicizzare i prodotti di gioco e le scommesse in particolare è entrato definitivamente in vigore, già sappiamo chi sono i primi a rimetterci, al di là dell’industria stessa: le società di calcio (35 milioni per la sola serie A), in termini di sponsorizzazioni, e soprattutto gli organi di informazione, con una perdita di introiti pubblicitari stimata fra i 100 e i 150 milioni; altri 150 milioni li perderà l’erario, secondo le previsioni fatte dal MEF. Senza poi considerare introiti collaterali come quelli derivanti dall’inserimento di prodotti pubblicitari legati al gioco nei programmi televisivi e nei film, dai gadget, dall’organizzazione di eventi con premi, dalla pubblicità redazionale e quelli, diretti e indiretti, effettuati dagli ‘influencer’.
La domanda su chi ci guadagna, invece, ha risposte tutte da scrivere.
Ovviamente, la presenza di tutta una serie di eccezioni che qui non è necessario riportare, comporta l’esistenza di più soggetti beneficiari. Ma il punto chiave è: il provvedimento sarà veramente in grado di contrastare la diffusione del GAP?
Derubricando in automatico tutti i bla bla dei soloni anti-azzardo, mancano totalmente studi relativi alle conseguenze (incentivanti) della pubblicità sul gioco d’azzardo. Ovvero, quanta gente si è avvicinata al gambling grazie alla pubblicità e in che modo ne è stata condizionata? Nessuno è in grado di fare stime appropriate.
Vero è che gli studi di marketing a cui si sono rivolti i concessionari di gioco sono stati in grado di elaborare strategie molto raffinate per far sì che gli spot avessero dei ritorni concreti, facendo leva proprio sui bisogni e le credenze delle persone dipendenti dal gioco, senza incappare nelle limitazioni della legge Balduzzi prima, della Raccomandazione 2014/478/UE, recepita dalla legge Stabilità 2016 (commi 937-940), e delle linee guida Agcom del 18 aprile 2019.
Siccome non si può fare pubblicità, non facciamo nomi né riferimenti agli slogan. Però saremmo scorretti se non dicessimo che tante volte si è superato il limite, sia nella intensità che nella ripetitività del messaggio pubblicitario.
Tolto questo, rimane il disappunto per il fatto che il governo, ancora una volta, non riuscendo a trovare un modo per calmierare il mercato advertising, ha fatto (quasi) tabula rasa, e il dubbio è che la portata del provvedimento sia assolutamente sproporzionata rispetto alla pericolosità del fenomeno.
Dubbio che diventa quasi certezza, alla lettura della scrupolosa e compendiosa ricerca, pubblicata in questi giorni, dalla Gambling Commission britannica, per stabilire:
E’ antipatico dire che gli inglesi sono più bravi di noi, ma ancora una volta lo confermano! Perché il loro obiettivo non è quello di reprimere, bensì quello di far si che la pubblicità sia predisposta e mirata in modo corretto, per evitare l’incentivazione all’azzardo e ridurre il fenomeno GAP.
L’aspetto più interessante è che al risultato finale ci si è arrivati con l’apporto di più istituti di ricerca, i quali hanno esaminato l’argomento con metodologie differenti e con interviste dirette alle fasce d’utenza interessate.
Quadro generale
Investimenti pubblicitari – Negli ultimi anni c’è stato un netto aumento del volume e della spesa per il gioco d’azzardo. In tutti i media, ad eccezione della pubblicità online per la quale sono disponibili dati di tendenza limitati. La spesa per la pubblicità (escluso il marketing, tra cui le sponsorizzazioni) è aumentata di anno in anno, da 264,6 mln di sterline nel 2015 a 329 mln nel 2018, pari a +24%
Ambiti – Lo sport è il contesto in cui è maggiore l’esposizione alla pubblicità. Ciò è dimostrato da: i picchi di spesa per la pubblicità nei media tradizionali e dai picchi di attività sui social media in eventi di grande richiamo (come la Cheltenham Gold Cup e la Coppa del Mondo), e dalla prevalenza delle scommesse sportive come forma più comune di pubblicità a livello online.
Tuttavia, questa associazione non è valida per tutti gli sport: ad esempio, vi sono pochissimi riferimenti al gioco d’azzardo nelle trasmissioni live di rugby, di tornei di tennis e della Formula 1.
La ricerca ha anche identificato l’aumento della pubblicità in nuove forme di gioco d’azzardo, in particolare gli eSports. L’analisi dei social media di Demos ha identificato 44 account che hanno pubblicato un totale di 26.573 tweet relativi al gioco d’azzardo fino al 2018. Ed è stato stimato che almeno 9000 persone nel Regno Unito seguono almeno uno di questi account.
Canali – Non sono state rilevate attività di direct marketing in siti web o riviste per bambini. Molto alta però è l’esposizione a TV (che è comunque in calo dal 2013), social media e pubblicità nelle street location. Particolare incidenza hanno le inserzioni nei video Youtube, sulle pagine Facebook e su Twitter. E’ stato stimato che 41.000 follower britannici di account correlati al gioco d’azzardo abbiano meno di 16 anni e che i bambini rappresentino il 6% di follower di account “tradizionali” legati al gioco d’azzardo (fino al 17% degli account focalizzati su eSports). La ricerca ha anche trovato 13.000 risposte e retweet di contenuti di gioco d’azzardo inviati da account che si ritiene appartengano a bambini nel Regno Unito.
Influenza – Sebbene l’esposizione alla pubblicità non si traduca sempre in gioco vero e proprio, è probabile che l’impatto sia ampio. Molti partecipanti all’inchiesta hanno affermato di ignorare le pubblicità del gambling (in particolare i minori di 18 anni); tuttavia, la forte performance di tutti i gruppi partecipanti nel compito di riconoscimento del marchio è la prova che la pubblicità ha inculcato in loro una certa consapevolezza. Proprio questo è l’obiettivo perseguito dall’industria attraverso i social: creare interesse attorno alle scommesse (e altro) piuttosto che agire con specifiche offerte promozionali.
I messaggi di rischio e i messaggi di invito al gioco vengono compresi in maniera differente. La maggior parte dei bambini e dei giovani ritiene che in teoria il gioco d’azzardo può essere divertente, ma la loro comprensione del rischio è variabile. Spesso lo descrivono in termini troppo semplicistici e hanno una certa confusione sulle possibilità di vincita.
Elementi strategici delle campagne pubblicitarie – Testimonial celebri, personaggi iconici, colori brillanti e accattivanti, esaltazione della componente divertimento, associazione a stili di vita affascinanti, rappresentazioni in stile cinematografico, componenti umoristiche, canzoni famose, senso di appartenenza (“people like me”), esaltazione dell’importanza dell’esperienza e della abilità, presentazione iconica dei vincitori, e naturalmente offerte speciali. Questi in grandi linee gli elementi utilizzati nelle campagne pubblicitarie.
Fare parte del team di scommesse più grande al mondo; aderire alle offerte da giocatori per giocatori; riscattare con un poderoso all-in tutte le angherie subite dall’amico più furbo; la splendida ragazza in tuta oro che ci invita maliziosa al casinò. Ecco li qua, in casa nostra, i “motivatori” del gioco d’azzardo, che ci martellano costantemente. Ci si può fare una risata, si può girare canale, ma si può anche dire “perché no? Proviamoci!”.
Occhio a Twitter! – In aggiunta a quanto detto su questo canale social, vi sono altri indizi che depongono a suo sfavore. Mentre nei media tradizionali solo l’11% dei massaggi nelle ads è parso direttamente indirizzato a bambini e giovani, su Twitter questa percentuale sale al 21% per il settore scommesse, al 37% per il content marketing di esports, al 59% per scommesse esports.
Twitter, poi, sembra essere il terreno ideale per influenzare i creduloni: la presentazione eccessivamente complicata o potenzialmente fuorviante di scommesse o offerte, e inflazionati suggerimenti di vincita, che fanno credere che il gioco sia semplice o che l’azienda fornisca una protezione sulle perdite, sono elementi inseriti nel 22% degli annunci contenuti nei media tradizionali e nel 37% degli annunci su Twitter.
A proposito di esports, non è un caso che molti degli eventi nel Regno Unito si svolgano a tarda notte. Ciò permette ai bookmaker di fare leva su un altro di quei fattori che condizionano molto bambini, giovani e adulti vulnerabili: il senso di urgenza, che incoraggia un’azione immediata da parte del consumatore.
Appeal – Un’annotazione molto interessante fatta dalla ricerca è: se è vero che esistono messaggi pubblicitari “a misura” di bambino, ragazzo, o adulto, con l’opportuna combinazione dei fattori di cui sopra, è anche vero che alcuni di questi ultimi, pur non essendo propri delle fasce giovanili, le attirano molto: la possibilità che il gioco offre (teoricamente…) di sfruttare le proprie conoscenze/ abilità; l’uso dell’umorismo; gli incentivi finanziari e la presentazione dei vincitori.
E, per quanto possa essere intuitivo, la pubblicità sul gioco d’azzardo nello sport ha una presa assoluta su tutte le fasce d’età.
L’analisi di questi contenuti ha identificato tre aree di interesse più ampie.
Raccomandazioni
PressGiochi
Fonte immagine: foto nostra Andrea
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