“La salute viene PRIMA di tutto. La Legge 9 del 2016 è una legge di carattere sanitario e sotto quest’aspetto deve essere valutata; una sua valutazione a partire dall’impatto occupazionale
“La salute viene PRIMA di tutto. La Legge 9 del 2016 è una legge di carattere sanitario e sotto quest’aspetto deve essere valutata; una sua valutazione a partire dall’impatto occupazionale equivarrebbe ad una valutazione analogamente distorta sull’impatto dell’ ETERNIT a Casale Monferrato o dell’ILVA a Taranto, e avrebbe condotto nel primo caso almeno a scelte disastrose sul versante sanitario. Non che non debbano essere considerati gli effetti occupazionali, ma solo in subordine alla tutela della salute”.
Lo scrive la Società Italiana Tossicodipendenze nella memoria presentata in Consiglio regionale del Piemonte dove si discuteranno nelle prossime settimane due proposte di legge per la modifica della legge sul gioco n. 9 del 2016.
“Le scadenze di entrata in vigore del cosiddetto distanziometro – scrive Paolo Jarre – erano ampiamente preannunciate e ragionevolmente differite; gli esercizi generalisti hanno avuto tempo 1 anno e mezzo per prepararsi, gli esercizi dedicati addirittura 3 anni. Sostenere come fanno la filiera commerciale e i proponenti del PDL 56 /2019 che “improvvisamente si trovano a dover cessare un’attività sulla quale avevano investito” è un evidente falso.
I dati dello studio GAPS del CNR di Pisa dicono che in Piemonte nel 2018 dichiara di aver giocato almeno un gioco in denaro meno del 33% della popolazione contro il quasi 42% nazionale del 2017 e che la proporzione di giocatori a rischio maggiore di 0 in Piemonte nel 2018 assommava al 13,9% contro un dato nazionale dell’anno precedente del 22,2%. La prevalenza di giocatori problematici/patologici in Piemonte nel 2018 era dello 0,53 % della popolazione 15-64 aa, mentre in Italia nel 2017 era stata dello 0,97%. Abolire il “distanziometro” per la stragrande maggioranza dei contesti di gioco come accadrebbe fosse approvato il PDL 56 – portando il Piemonte ad una situazione analoga a quella delle altre Regioni – significherebbe riportare il Piemonte sui dati nazionali e cioè rischiare di aumentare rapidamente la platea dei giocatori problematici/patologici di 12.000 unità; ciò conteggiando solo le persone sino a 64 anni. Sul versante economico, confrontando gli andamenti con quelli del resto del Paese si può evidenziare che, se nei 4 anni dal 2016 al 2019 in Piemonte si fosse continuato a giocare come nel resto d’Italia i piemontesi avrebbero “investito” nel gioco 2 miliardi e 618 milioni di € in più; 262 milioni nel 2016, 604 nel 2017, 913 nel 2018 e ancora 839 nel 2019.
Ciò semplicemente facendo 100 i dati del 2015 e applicando il tasso di crescita nazionale (senza Piemonte) al dato iniziale regionale del 2015. I primi 866 milioni “risparmiati” sono da attribuire all’effetto delle restrizioni temporali disposte dai Comuni a partire dall’estate 2016 (l’articolo 6 della Legge), i successivi 1752 milioni all’effetto sinergico di quelle e dell’applicazione del confinamento geografico. Il dato della raccolta da canale fisico del 2019 in Piemonte è di 4549 milioni; se dal 2016 la raccolta fosse cresciuta come nelle altre 19 Regioni essa sarebbe stata di 5311 milioni, 762 milioni di € in più in un solo anno.
Il dato di quella online è stato di 2321 milioni; applicando lo stesso ragionamento ci si sarebbe attesi in Piemonte una somma di 2398 milioni, 77 milioni in più nel 2019. Il Piemonte nel 2019 aveva 4.356.000 abitanti, il resto d’Italia 56.004.000; in Piemonte si sono giocati 6 miliardi e 780 milioni. Se in Piemonte come vuole il PDL 56 la situazione fosse stata sovrapponibile a quella del resto del Paese si sarebbero giocati 8 miliardi e 63 milioni, 1 miliardo e 283 milioni in più di quanto accaduto.
Tirati fuori dai soli giocatori, una platea di circa 1 milione e 200.000 persone ; una “tassa” di oltre 1000 euro annui che il PDL 56 – se approvato – farebbe pagare a ciascun giocatore piemontese.
Il PDL 53 (primo firmatario Bertola) invece ci vede assolutamente favorevoli perché da un lato con l’articolo 1 perfeziona alcuni “difetti” originari della Legge; dall’altro con l’articolo 2 posiziona il numero minimo di ore di spegnimento degli apparecchi di gioco più vicino al numero che le evidenze scientifiche dello Studio GAPS del CNR dimostrano essere la soglia minima efficace di spegnimento (14 delle 24 ore) e tutela le fasce di popolazione anziana oggettivamente più vulnerabili nella giornata potenzialmente (e materialmente dai riscontri dei Servizi di assistenza) più critica, quella del pagamento delle pensioni, in particolare per quelli che hanno maggiore urgenza di entrare in possesso del denaro ed introduce, in modo consono con le evidenze scientifiche, un opportuno spazio temporale di “mentalizzazione”.”.
PressGiochi