Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso presentato dal gestore di una sala bingo di Modena contro l’ordinanza emessa dal sindaco del comune di Modena in data 13 marzo
Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso presentato dal gestore di una sala bingo di Modena contro l’ordinanza emessa dal sindaco del comune di Modena in data 13 marzo 2017 avente ad oggetto la “disciplina comunale degli orari di funzionamento degli apparecchi di intrattenimento e svago di cui all’art. 110, commi 6 e 7, del t.u.l.p.s., installati negli esercizi autorizzati e negli altri esercizi ove è consentita la loro installazione”.
L’ordinanza ha imposto limitazioni al funzionamento degli apparecchi di intrattenimento prescrivendone la possibilità di utilizzo dalle ore 10 alle ore 13 e dalle ore 17 alle ore 22 di tutti i giorni, compresi i festivi, dovendo invece rimanere, nelle restanti fasce orarie, spenti, sotto comminatoria di sanzioni amministrative.
Il gestore della sala bingo ha impugnato l’ordinanza sindacale affermando che non sia stata preceduta da adeguata istruttoria, idonea a realizzare il bilanciamento tra le esigenze di tutela della sicurezza e della salute pubblica da una parte, e l’interesse alla libera iniziativa economica dall’altra parte.
Il ricorso era stato già respinto in passato dal Tribunale amministrativo regionale (TAR) dell’Emilia Romagna con sentenza del 20 giungo 2023, con la quale si è riconosciuta la validità dell’ordinanza sindacale.
In primo luogo, il ricorrente ritiene che l’ordinanza sia stata inficiata dalla mancanza di un’adeguata istruttoria. Non è stato dimostrato dall’amministrazione comunale l’esistenza di un effettivo e reale pericolo per la salute che potesse giustificare tali limitazioni orarie.
Il motivo è ritenuto infondato dal CdS che spiega: “ L’ordinanza impugnata, nelle proprie “premesse” (fogli 1 e 2), dà esattamente conto dell’istruttoria che il Comune ha eseguito, in collaborazione con il Servizio dipendenze dell’Azienda USL di Modena, la quale ha posto in chiara evidenza la serietà del problema della ludopatia nel territorio comunale, sia sotto il profilo quantitativo (evidenziandosi peraltro un trend in crescita), sia in termini qualitativi (e dunque di rilevanza sociale della dipendenza, determinante una compromissione della situazione familiare e finanziaria delle persone che di tale patologia soffrono).
Non è dunque ravvisabile un difetto di specificità dell’istruttoria, dovendosi però tenere conto delle peculiarità del quadro conoscitivo consentito nella materia in esame, ove occorre principalmente riferirsi a dati inferenziali piuttosto che a dati di conoscenza frutto di diretta acquisizione.
In questa prospettiva assume un significato anche il fatto notorio, richiamato dalla sentenza impugnata, e peraltro utilizzato dalla giurisprudenza in materia, seppure accompagnato da riferimenti concreti desunti dalla specifica realtà territoriale, che nel caso di specie sussistono, idonei a dimostrare la necessità di una maggiore tutela rispetto a quella nazionale. V’è anche da dire, a proposito del carattere approssimativo di alcune indicazioni contenute nell’ordinanza sindacale impugnata (quale, ad esempio, la stima in 2-3 mila giocatori), che, a fronte della accertata diffusione delle persone dipendenti da slot machine, video poker e video lottery, si tratta di elementi quantitativi di non essenziale rilievo al fine della legittima regolamentazione degli orari di apertura delle sale da gioco e dei locali in cui sono presenti le apparecchiature in questione. E’ infatti del tutto pacifico, come anche affermato dalla Corte costituzionale con sentenza 18 luglio 2014, n. 220, il potere del Sindaco di adottare, a mente dell’art. 50, comma 7, del t.u.e.l., provvedimenti funzionali a regolamentare gli orari delle sale giochi e degli esercizi pubblici in cui sono installate apparecchiature da gioco, allo scopo di contrasto dei fenomeni di ludopatia (tra le tante, Cons. Stato, V, 30 giugno 2020, n. 4119; V, 12 marzo 2024, n. 2369)”.
è stato poi contestato dal ricorrente la violazione del principio di proporzionalità delle limitazioni. A questo motivo il Palazzo Spada replica: “Quanto alla violazione del principio di proporzionalità della disciplina oraria, prevedente l’apertura dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 22 di tutti i giorni (compresi i festivi), ritiene il Collegio che si tratti di una limitazione ad otto ore giornaliere, distribuite nella mattina e nel pomeriggio/sera, che non impone un sacrificio eccessivo per i privati rispetto allo scopo perseguito. La Sezione ha, invero in più occasioni, ritenuto rispettoso del principio di proporzionalità il contenimento dell’orario di apertura di una sala giochi entro il limite delle otto ore giornaliere, che corrisponde a quello introdotto con l’ordinanza qui avversata (Cons. Stato, V, 12 marzo 2024, n. 2369; V, 20 agosto 2020, n. 5226; V, 23 luglio 2018, n. 4438 e 4439; V, 5 giugno 2018, n. 3382).”
Infine, il ricorrente presenta l’ultimo motivo: “Il secondo motivo deduce poi un trattamento disparitario, con la fissazione di un unico orario, tra i locali di esercizio (autorizzati ex artt. 86 e 88 del t.u.l.p.s.), caratterizzati da costi fissi che non sarebbero ammortizzabili nel prescritto orario, e gli esercizi commerciali e di somministrazione ove è consentita l’installazione di apparecchi da gioco (ex art. 110 del t.u.l.p.s.), frequentati anche dai minori di anni diciotto, che non risentono di una chiusura fissata alle 22, risultando a tale ora già chiusi, indipendentemente dal limite imposto dal provvedimento comunale impugnato”.
Anche questo motivo è ritenuto infondato: “Come condivisibilmente rilevato dalla sentenza impugnata, l’unicità dell’orario «è oggettivamente giustificata dalla ratio della riferita disciplina, con la quale il Comune -sempre perseguendo le citate primarie finalità di prevenzione, contrasto e riduzione del fenomeno della ludopatia- ha inteso scoraggiare la trasmigrazione dei giocatori dall’una all’altra tipologia di esercizi che invece verosimilmente si verificherebbe in caso di diversificazione degli orari». Invero, la disciplina degli orari di apertura e funzionamento delle sale gioco autorizzate è espressione di un attento bilanciamento degli interessi, rispetto al quale non può che essere prevalente la salute pubblica, in relazione al pericoloso fenomeno della ludopatia. Né appare sostenibile, nella prospettiva della tutela della salute pubblica, che le sale bingo siano diverse dalle altre in cui viene esercitato un gioco potenzialmente idoneo a determinare fenomeni di dipendenza, sì da giustificare un differente trattamento.”
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Fonte immagine: PALAZZO SPADA SEDE DEL CONSIGLIO DI STATO