“Essere giocatore problematico non significa necessariamente divenire giocatori patologici e questo va considerato” afferma Adele Minutillo, Centro Nazionale Dipendenze e Doping – Istituto Superiore di Sanità presso la Regione Lazio
“Essere giocatore problematico non significa necessariamente divenire giocatori patologici e questo va considerato” afferma Adele Minutillo, Centro Nazionale Dipendenze e Doping – Istituto Superiore di Sanità presso la Regione Lazio in occasione della presentazione del progetto ‘Se questo è un gioco’.
“Il profilo del giocatore include come fattore di rischio il genere maschile, ma ci sono anche le donne giocatrici con problematiche legate al gioco. Le donne hanno difficoltà ad arrivare ai Servizi di aiuto perché hanno più vergogna degli uomini a portare questi problemi ai Serd.
I giocatori non vogliono essere confusi con i tossici. C’è quindi una discrepanza tra giocatori dichiarati e giocatori che in realtà hanno problemi.
Negli ultimi anni il gioco, causa pandemia, si è spostato sui canali online e questo porta a cambiare il profilo di giocatore, generalmente uomini oltre i 40 anni di ceto sociale medio prevalentemente del sud e isole. Il gioco online ci mostra un profilo di giocatore diverso.
C’è poi da valutare la scarsità di personale presso i servizi che devono affrontare questo tipo di soggetti. Il gioco non coinvolge solo il singolo ma anche la famiglia. Quando si arriva ai servizi i soggetti arrivano con situazioni disperate. Altre volte arrivano parenti dei soggetti dipendenti. Va data la possibilità agli operatori di operare, prevedendo anche figure di supporto, con i consulenti anche legali ed economico finanziario. Gli operatori devono essere sostenuti anche con la formazione e con strumenti che li aiutino ad affrontare questa patologia”.
PressGiochi
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