Il Consiglio di Stato ha accolto l’appello dell’Agenzia delle Dogane e dei monopoli contro Snaitech relativamente alla sentenza del Tar Lazio sui minimi garantiti riferiti ai periodi 2000-2002. Il Tar
Il Consiglio di Stato ha accolto l’appello dell’Agenzia delle Dogane e dei monopoli contro Snaitech relativamente alla sentenza del Tar Lazio sui minimi garantiti riferiti ai periodi 2000-2002.
Il Tar Lazio accogliendo il ricorso del concessionario aveva ritenuto che, per la natura novativa delle nuove determinazioni, veniva meno l’efficacia delle corrispondenti pattuizioni contenute nelle convenzioni originarie, determinando così l’estinzione di ogni ulteriore obbligazione collegata all’assetto previgente;
ii) da un altro canto, per la rottura dell’equilibrio sinallagmatico fra le parti, che ha determinato la necessità di ricondurre ad equità il rapporto, soprattutto sotto il profilo dei debiti maturati in capo ai concessionari, in linea con la giurisprudenza della Corte Costituzionale (sentenza n. 275 del 2013), che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 10, comma 5, lett. b), del decreto legge n. 16 del 2012, nella parte in cui prevedeva l’applicazione del limite del 5% al congegno transattivo rimesso alle Amministrazioni di settore.
Nel merito delle contestazioni mosse, la Sezione ritiene che l’appello sia fondato e che debba essere, pertanto, accolto.
Anzitutto, la Sezione richiama la sentenza del Consiglio di Stato, Sezione II, n. 6257 del 13 settembre 2021, con valore di precedente specifico, conforme ai sensi degli artt. 74, comma 1 e 88, comma 2, lett. d), cod. proc. amm., dalle cui argomentazioni, che si condividono pienamente, non vi è motivo di discostarsi alla luce del chiaro quadro normativo di riferimento.
In particolare, nella citata pronuncia si è ricostruito in maniera compiuta il quadro normativo di riferimento, e precisamente:
a) le scommesse e i giochi ippici sono stati disciplinati dall’art. 3, comma 77, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, a tenore del quale “L’organizzazione e la gestione dei giochi e delle scommesse relativi alle corse dei cavalli, disciplinate dalla legge 24 marzo 1942, n. 315, e dal decreto legislativo 14 aprile 1948, n. 496, e successive modificazioni, sono riservate ai Ministeri delle finanze e delle risorse agricole, alimentari e forestali, i quali possono provvedervi direttamente ovvero a mezzo di enti pubblici, società o allibratori da essi individuati“;
b) la legge ha fissato i criteri generali per la gestione delle scommesse, attraverso soggetti terzi, lasciando, ai sensi del comma 78 del citato art. 3, il compito di dettarne la compiuta disciplina ad un regolamento da emanarsi in base all’art. 17, comma 2 della legge n. 400/1988;
c) i gestori avrebbero dovuto essere scelti secondo criteri di trasparenza ed in conformità alle disposizioni anche comunitarie e, pertanto, mediante gara; i proventi avrebbero dovuto essere ripartiti in modo da garantire l’espletamento dei compiti istituzionali da parte dell’Unione nazionale incremento razze equine ed il finanziamento del montepremi delle corse e delle provvidenze per l’allevamento.
d) Successivamente, l’art. 24, comma 27, della legge n. 449/1997 ha sancito che “L’accettazione delle scommesse organizzate è consentita esclusivamente nei luoghi e per tramite dei soggetti stabiliti con legge o regolamento“.
e) Poi, tramite l’art. 16 della legge n. 133/1999, si è stabilito che mediante un decreto del Ministero delle finanze doveva essere stabilito l’ammontare del prelievo complessivo su ciascuna scommessa, il quale non poteva superare il 62% delle somme giocate, di cui il 30% era da destinare complessivamente all’Unione nazionale incremento razze equine ed al Comitato olimpico nazionale italiano, mentre il resto doveva essere devoluto a finalità sociali o culturali.
f) In seguito, in attuazione dell’art. 3, comma 78, della legge n. 662/1996, è stato adottato il d.P.R. n. 169/1998, ovverosia il regolamento recante norme per il riordino della materia delle scommesse sulle corse di cavalli, con cui è stato, tra l’altro, stabilito che l’esercizio delle scommesse sulle corse di cavalli è riservato al Ministero delle finanze (in seguito: Ministero dell’economia e delle finanze) ed al Ministero per le politiche agricole (art. 1, comma 2), che il primo, d’intesa con il secondo, “esercita il totalizzatore nazionale”, cui vengono riversati in tempo reale i dati relativi alle scommesse (art. 1, comma 2) e che il Ministero delle finanze attribuisce le concessioni per l’esercizio delle scommesse, secondo determinati criteri (art. 2).
g) Con due decreti del Ministero delle finanze datati 15 giugno 1998 e del 15 febbraio 1999, sono state rideterminate le quote di prelievo sull’introito lordo delle scommesse.
h) Con decreto datato 7 aprile 1999, è stato invece approvato il piano per l’istituzione di nuovi punti di accettazione di scommesse ippiche, che, aggiunti a quelli già esistenti in base alle concessioni a suo tempo attribuite dall’Unione nazionale incremento razze equine (e rinnovate con decreto direttoriale del 21 dicembre 1999), hanno condotto alla realizzazione di una rete di accettazione di scommesse composta da 1000 agenzie ippiche.
i) Il Ministero dell’economia e delle finanze ha attuato il piano mediante pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’11 maggio 2000 del bando per l’affidamento di 671 nuove concessioni per l’accettazione delle scommesse ippiche a totalizzatore nazionale ed a quota fissa.
l) Il bando di gara e la convenzione tipo prevista per la regolazione dei rapporti tra i singoli concessionari hanno tradotto in norme puntuali l’impianto della legge e del regolamento sopra richiamati.
Si è prevista un’aggiudicazione in base al criterio dell’offerta economicamente più conveniente per l’amministrazione, alla stregua del criterio del maggior minimo garantito, ovverosia del maggior importo dei prelievi che l’aggiudicatario si impegna a versare al Ministero delle finanze ai sensi dell’art. 5 della convenzione. Tramite l’art. 1 del decreto interdirigenziale del 21 dicembre 1999 del Ministero delle finanze, di concerto con il Ministero delle politiche agricole, tale clausola è stata anche inserita nelle convenzioni accessive alle cosiddette concessioni storiche, qualora esse sono state rinnovate a richiesta degli interessati.
m) A seguito di una grave crisi del settore, il legislatore è intervenuto con l’art. 8 del decreto legge n. 452/2001, convertito in legge n. 16/2002, a ridefinire le condizioni economiche delle concessioni per il servizio di raccolta delle scommesse sia ippiche che sportive, divenute nel frattempo eccessivamente onerose per i concessionari.
In attuazione di questa norma, è stato emanato il decreto interdirigenziale del 6 giugno 2002, che ha ridefinito per il futuro le condizioni economiche contrattuali e gli obblighi di pagamento concessionari, riducendoli.
Il suddetto decreto ha riconosciuto ai concessionari anche la facoltà di sanare le pregresse esposizioni debitorie con l’amministrazione concedente, per quote di prelievo e minimi garantiti non versati, mediante adesione a determinate condizioni entro il 30 ottobre 2002, e ha altresì previsto che il mancato pagamento ovvero il ritardo superiore a quindici giorni anche di una sola rata delle somme maturate a debito di quote di prelievo e minimi garantiti non versati negli anni avrebbe comportato la decadenza dal beneficio del termine, la revoca della concessione, l’incameramento della garanzia e l’integrale recupero delle somme dovute.
n) Attraverso il decreto-legge n. 147/2003 convertito in legge n. 200/2003, sono state ulteriormente ridefinite le condizioni economiche delle concessioni ippiche, prevedendo, all’art. 8, la facoltà per i concessionari che non avessero tempestivamente aderito alle condizioni economiche ridefinite con il decreto interdirigenziale 6 giugno 2002, di adempiere entro il 30 ottobre 2003, versando un importo pari al 10% del debito maturato per solo capitale, a titolo di minimo garantito aumentato, in ragione del ritardo nell’adesione, di un ulteriore importo complessivo pari a 1.000 euro. Si è statuito inoltre che le somme dovute per quote di prelievo non versate, relative agli anni fino al 2002, maggiorate dei relativi interessi calcolati al tasso medio bancario praticato alla clientela primaria, andavano versate in tre rate di pari importo entro il 28 febbraio 2004, il 30 giugno 2004 e il 30 ottobre 2004 e che il mancato versamento delle rate nei termini previsti avrebbe comportato l’immediata decadenza della concessione, l’immediato incameramento della fideiussione e la disattivazione del collegamento dal totalizzatore nazionale.
o) Successivamente, con l’articolo 38, comma 4, lettera l), del decreto legge n. 223/2006 convertito in legge n. 248/2006, si è previsto che l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, al fine di contrastare la diffusione del gioco irregolare, l’evasione e l’elusione fiscale nel settore del gioco, nonché di assicurare la tutela del giocatore, avrebbe dovuto definire misure di salvaguardia dei concessionari della raccolta di scommesse ippiche.
p) In seguito, l’art. dall’art. 10, comma 5, lettera, b) del decreto-legge n. 16/2012 convertito in legge n. 44/2012 ha abrogato le misure di salvaguardia di cui al citato art. 38, prevedendo contestualmente la riduzione delle somme dovute a titolo di minimi garantiti.
10. Il ridetto quadro normativo deve essere completato alla luce della sopravvenuta giurisprudenza costituzionale: in particolare, con la sentenza n. 275 del 20 novembre 2013, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del limite percentuale massimo indicato nel predetto articolo 10, comma 5, lettera b), del decreto-legge n. 16/2012, per l’irragionevolezza della apodittica fissazione dello sbarramento del 5%, quale riduzione delle somme dovute dai concessionari a titolo di minimi garantiti, in quanto reputata non congrua rispetto alla dichiarata finalità di pervenire ad un equilibrato riassetto delle prestazioni economiche dei concessionari.
11. In fatto, non va inoltre sottaciuta una circostanza decisiva ai fini del decidere, ovverossia che, per i crediti maturati per i periodi successivi al decreto-legge n. 223/2006, la giurisprudenza amministrativa, senza escludere l’obbligo del pagamento dei cosiddetti minimi garantiti, ha annullato i provvedimenti di recupero evidenziando la non congruità della riduzione degli importi dovuti, stabilita dal legislatore quale criterio per procedere alla definizione delle controversie pendenti, ma siffatte pronunce riguardano, alla luce della sentenza della citata Corte costituzionale n. 275/2013, soltanto i crediti maturati per i periodi successivi al decreto legge n. 223/2006.
12. Sulla base di queste premesse, possono essere ora esaminati i fatti principali di causa.
La S.p.a. Snaitech ha chiesto l’annullamento delle note AAMS, con cui nell’anno 2010 le è stato intimato il versamento delle rate scadute delle integrazioni alle quote di prelievo a titolo di minimi garantiti, per il biennio 2000-2002, in scadenza nel 2009, 2010, 2011, relativamente alle concessioni di gioco ippico c.d. “storiche” nella sua titolarità, poi revocate ai sensi dell’art. 4-bis del decreto legge n. 59/2008.
Le concessioni sono state aggiudicate all’esito di procedure di gara indette dall’UNIRE, ai sensi dell’art. 2 del d.P.R. n. 169/1998.
Lo schema di convenzione concepito per dette concessioni è stato approvato con D.M. 20 aprile 1999, e si è previsto che i concessionari versassero periodicamente a titolo di corrispettivo in favore dell’Amministrazione:
i) una c.d. quota annuale di prelievo, stabilita in misura fissa e proporzionale all’effettivo volume di giocato raccolto dal concessionario nell’arco dell’esercizio (così come disposto dall’art. 12, d.P.R. n. 169/1998);
ii. una ulteriore somma (c.d. minimo garantito), a titolo integrativo/aggiuntivo della quota annuale di prelievo, da corrispondere in quei casi in cui il solo pagamento della quota annuale di prelievo non fosse stato tale da consentire all’Amministrazione il conseguimento di determinati livelli di introito (art. 5 della convenzione).
L’oggetto dell’odierna materia del contendere concerne il pagamento di questa ulteriore somma.
Le nuove concessioni rilasciate dal 2006 con il decreto Bersani (decreto legge n. 223/2006, convertito dalla legge n. 248/06) non hanno più previsto questa voce.
Il legislatore statale è intervenuto sulle concessioni storiche nel 2003 (art. 8, commi 5 e 6, decreto legge n. 147/2003, art. 39, comma 12-bis, decreto legge n. 269/2003 e art. 4, comma 194, lett. b), legge n. 350/2003) ed ha rivisto le condizioni economiche originariamente stabilite.
Ha previsto, dunque, che le somme dovute dai concessionari a titolo di minimi garantiti per gli anni 2000, 2001 e 2002, non ancora versati, fossero oggetto di una riduzione pari al 33,3 per cento dell’importo originario, e che il relativo pagamento venisse dilazionato in rate annuali di pari importo, da versare a decorrere dal 30 ottobre di ciascun anno, a partire dal 2004.
L’Amministrazione ha recepito dette nuove condizioni economiche con la deliberazione del Commissario straordinario Unire n. 107 del 14 ottobre 2003, che è stata prodotta agli atti di causa fin dal primo grado del giudizio, come allegato 002.
Sulla base di questa delibera, l’Amministrazione ed i concessionari hanno stipulato gli atti integrativi rispetto alle convenzioni pendenti.
La deliberazione in questione poggia sul concetto di ‘regolarizzazione’ della posizione dei concessionari ‘mediante definizione agevolata’: si prevede che gli operatori prestino garanzia fideiussoria e che in cambio ottengano riduzione della percentuale di prelievo e rateizzazione degli anni 2000, 2001 e 2002 fino al 2011.
Letteralmente, la convenzione prevede un termine fino al 30 ottobre 2011; in subordine, fino all’affidamento delle nuove concessioni; in ultima istanza, comunque sia, non oltre il 31 dicembre 2011.
Inoltre, in caso di mancato pagamento anche di una sola rata, è dichiarata la decadenza delle concessioni ed è prevista la escussione delle fideiussioni.
Nel caso all’esame, va precisato in fatto, non è stato richiesto il pagamento per mancato versamento della rata, ma è stato richiesto l’intero importo dovuto, senza beneficio della rateazione, con la motivazione che le concessioni sono state revocate ex lege nel mese novembre 2010.
Risulta acclarato per tabulas, dunque, senza dubbio alcuno, che tutto ciò sia avvenuto ante 31 dicembre 2011.
È poi accaduto che il decreto Bersani (art. 38, comma 4, lett. l) del d.l. n. 223/2006) abbia previsto l’adozione di misure di salvaguardia da parte di Monopoli: “l) definizione delle modalità di salvaguardia dei concessionari della raccolta di scommesse ippiche disciplinate dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 aprile 1998, n. 169”.
L’art. 38 è stato poi abrogato dall’art. 10, co. 5 lett b) DL n. 16/2012:
“b) relativamente alle quote di prelievo di cui all’articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 8 aprile 1998, n. 169 ed alle relative integrazioni, definizione, in via equitativa, di una riduzione non superiore al 5 per cento delle somme ancora dovute dai concessionari di cui al citato decreto del Presidente della Repubblica n. 169 del 1998 con individuazione delle modalità di versamento delle relative somme e adeguamento delle garanzie fideiussorie. Conseguentemente, all’articolo 38, comma 4, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, la lettera l) è soppressa”.
La Corte Costituzionale, come si è già detto, con la sentenza 20 novembre 2013, n. 275 (in Gazz.Uff., 27 novembre, n. 48), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della presente lettera, limitatamente alle parole «non superiore al 5 per cento».
Il ragionamento della Corte, pertanto, non si è fondato sul disconoscimento delle ragioni dei concessionari, ma sull’irragionevolezza della previsione di una percentuale secca e lineare, ferma la legittimità costituzionale della restante parte della disposizione.
Ciò consente di affermare che le somme da rideterminare, alla luce della citata pronuncia della Corte Costituzionale, siano solamente quelle maturate per periodi successivi al decreto legge 223/2006, e non anche quelle concernenti i periodi anteriori.
Erra, pertanto, il TAR, nel ritenere che non debbano essere trattate differentemente le somme concernenti il biennio 2001/2002, che sono quelle oggetto dell’odierna materia del contendere, e quelle cd. post decreto Bersani.
Erra anche la S.p.a. Snaitech a riproporre, anche nel presente grado di appello, l’argomentazione difensiva fondata sul mero argomento letterale secondo cui il d.P.R. del 1998 non prevedrebbe distinzioni temporali.
Al di là del dato testuale, infatti, è decisiva, ai fini del decidere, la considerazione, di carattere funzionale e sistematico, per cui quando la Corte costituzionale, nel 2013, ha deciso sui minimi garantiti per gli anni dal 2006 al 2010, le ragioni dell’impugnazione prima, e poi quelle della rimessione alla Corte, erano incentrate sul fatto che l’Amministrazione non aveva ancora approvato le misure di salvaguardia previste dal decreto Bersani, e che poi, subito dopo l’emanazione del decreto 2012, aveva applicato la percentuale fissa del 5%, sospettata di illegittimità costituzionale sia come legge provvedimento, sia quale previsione irragionevole.
All’epoca della rimessione alla Corte, dunque, lo squilibrio era dovuto ad un accadimento storico ben preciso, e cioè alla liberalizzazione introdotta dal decreto Bersani, mentre nel caso che ci occupa la transazione agevolata del 2003 aveva avuto ad oggetto la gestione di un altro squilibrio.
In conclusione, dunque, proprio la circostanza che il biennio 2000/2002 fosse stato già fatto oggetto di definizione agevolata, rende ragione del fatto che la percentuale di sconto, al tempo, fosse stata prevista in una soglia molto alta, pari al 33%.
Quel biennio non può trovare ulteriore diminuzione, avendo il decreto Bersani, un senso logico, prima ancora che giuridico, solo per i nuovi minimi, per i quali infatti si era demandata all’Amministrazione l’emanazione di nuove misure.
In definitiva, dunque, ad avviso della Sezione, l’argomento letterale riferito al d.P.R. del 1998 concerne solamente il concetto giuridico del prelievo sui minimi, ma non anche quello delle percentuali.
Peraltro, la tesi difensiva della società appellata si scontra anche con un dato controfattuale: a tutto volere concedere, infatti, qualora si ritenesse che il quadro giuridico ed economico definito in via agevolata nel 2003 non si sia ancora cristallizzato, ciò significherebbe rinunciare al beneficio del 33%, il che – ovviamente – non può essere interesse della S.p.a. Snaitech ottenere.
Fonte immagine: PALAZZO SPADA SEDE DEL CONSIGLIO DI STATO
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