«Sottrarre le occasioni di gioco ha realizzato le condizioni perché le persone con dipendenza, gli azzardopatici, non dovessero più giocare». Il virgolettato è di Giusi Nosè, a nome del coordinamento
«Sottrarre le occasioni di gioco ha realizzato le condizioni perché le persone con dipendenza, gli azzardopatici, non dovessero più giocare». Il virgolettato è di Giusi Nosè, a nome del coordinamento No Slot, che da anni batte sul tasto delle fasce orarie, della punteggiatura necessaria a spezzare il tempo dell’azzardo legale, tanto meglio se in un grappolo di comuni vicini e non a macchia di leopardo, altrimenti s’incoraggia solo il vagabondaggio dei disperati: spenta una sala slot, ci si va a rovinare in quella più vicina, appena oltre il confine amministrativo.
«Una pressione molto indebita da parte dello Stato, che ai Comuni intenzionati a introdurre le fasce sembra dire “occhio a quello che fai, perché ti vedo”» denuncia Nosè. La lettera della prefettura di Mantova è della fine del 2019, la controlettura del coordinamento No Slot, recapitata agli stessi destinatari, del 20 giugno, e rappresenta un caso a livello nazionale. Spogliata dei tecnicismi, la circolare del ministero fa riferimento a due sentenze del Tar del Lazio che hanno accolto il ricorso di un gestore, limitando il tempo dello spegnimento delle macchinette a sei ore quotidiane. «Ma è scientificamente dimostrato che sotto le quattordici ore non è possibile apprezzare un beneficio per chi ha una dipendenza dal gioco» interviene Matteo Bassoli, autore della controlettura per i No Slot.
«Le fasce orarie non sono la soluzione del problema dipendenza, ma interrompono il tempo unico che il giocatore compulsivo vive, costringendolo a uscire dalla sala e a ributtarsi nella vita reale – argomenta Nosè –. Così dal punto di vista degli azzardopatici, mentre per i Comuni le fasce sono il segnale di una buona amministrazione che tiene conto della salute dei propri cittadini, in particolare delle quota di popolazione fragile di cui dovrebbe farsi carico. È da due anni che stiamo sensibilizzando il territorio per l’armonizzazione delle fasce orarie, ma la parola data dalle amministrazioni è puntualmente tradita da altre questioni. Manca la volontà politica».
«La circolare del ministero? Depotenzia e rende più complesso il lavoro alla politica locale – risponde Bassoli – È una forzatura amministrativa, anche perché il ministero dice una cosa e ne fa un’altra. La premessa è moralmente corretta, informa le amministrazioni, ma poi non le aiuta a costruire bene i regolamenti in modo tale che non siano oppugnabili, al contrario, il ministero sembra piegarsi agli interessi del settore del gioco. Di quattro sentenze, che sarebbero anche cinque, cita soltanto le due contrarie ai Comuni coinvolti, pronunciate per giunta dallo stesso giudice. Le informazioni giuridiche sono parziali e faziose». Morale, i sindaci intenzionati a limitare il tempo dell’azzardo legale non devono spaventarsi: «Possono tranquillamente operare in maniera difforme rispetto alle indicazioni del ministero – scandisce Bassoli – ci sono tutti gli estremi per imporre lo stop oltre le sei ore, nelle loro ordinanze i sindaci possono citare le tre sentenze ignorate dal ministero».
PressGiochi
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