28 Dicembre 2024 - 03:04

Lotteria degli scontrini. Il Pd chiede la verifica dell’idoneità di chi offre il gioco

Con le disposizioni contenute nell’articolo 14-quater del decreto-legge in esame, è stato prorogato il termine relativo all’applicazione sperimentale della lotteria nazionale legata agli scontrini limitatamente agli acquisti di beni o

24 Febbraio 2017

Con le disposizioni contenute nell’articolo 14-quater del decreto-legge in esame, è stato prorogato il termine relativo all’applicazione sperimentale della lotteria nazionale legata agli scontrini limitatamente agli acquisti di beni o servizi, effettuati da persone fisiche residenti in Italia.

Il rinvio – si legge in un odg presentato da Danilo Leva – è giustificato da esigenze tecniche e di adeguata preparazione della rete deputata alla raccolta, posto che il prelievo sul gioco e le scommesse rientra in una complessa attività in costante diffusione che richiede un adeguato sviluppo dell’infrastruttura tecnologica, nonché il possesso di una idonea capacità professionale, anche al fine di assicurare all’utenza la trasparenza del servizio offerto;  la raccolta di denaro derivante dai giochi pubblici costituisce una forma di prelievo volontario e che, al pari di analoghe attività di interesse per la collettività, quali la rivendita di generi di monopolio, necessita di una adeguata preparazione professionale, da verificare costantemente, in capo agli addetti; proprio per queste ragioni, l’espletamento dell’attività di rivendita di generi di monopolio, in base all’articolo 55, comma 2-quinquies del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito con modificazioni nella legge n.122 del 2010, prescrive l’obbligo dell’acquisizione dell’idoneità professionale in capo ai tabaccai, attraverso appositi corsi di formazione disciplinati sulla base di convenzione stipulata tra l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative, da conseguirsi entro sei mesi dall’assegnazione della concessione, al fine precipuo di garantire la maggiore tutela degli interessi pubblici erariali e di difesa della salute pubblica.

La particolare natura dell’attività svolta, con riferimento a prodotti peculiari come il tabacco, i giochi pubblici ed i servizi di interesse per la collettività, notoriamente caratterizzati da una disciplina attenta e rigorosa, e i costanti mutamenti che intervengono nelle relative regolamentazioni, determinano la necessità di prevedere soluzioni di legge che consentano di verificare periodicamente la sussistenza dell’imprescindibile idoneità professionale in capo agli addetti.

In considerazione di tale situazione obiettiva, l’ordinamento ha ritenuto opportuno non solo mantenere la previsione della verifica di idoneità quale condizione per il rilascio della concessione, ma anche la necessità di garantire un costante aggiornamento professionale da verificare periodicamente, in modo che l’amministrazione, a tutela degli interessi erariali e degli utenti, possa concretamente ed effettivamente saggiare non solo l’originario possesso di requisiti abilitanti, ma anche il perdurante possesso in soggetti interposti nella circolazione di denaro e valori pubblici in finzione di intermediazione rispetto alla generalità degli utenti, dei quali quindi occorre garantire nel massimo grado la fiducia;

per le suddette ragioni il Legislatore è recentemente intervenuto su tale normativa prevedendo, con l’articolo 1, comma 16-bis del decreto-legge n. 193 del 2016, convertito con modificazioni della legge n. 225 del 2016, che il medesimo obbligo formativo venga adempiuto anche in sede di rinnovo della concessione, pena la decadenza della stessa;

tuttavia, la formulazione del vigente punto 9 bis) dell’articolo 6 della legge 1293/1957, come modificato dalla citata legge n. 225 del 2016, che prevede l’obbligo di conseguire l’idoneità professionale «entro sei mesi dall’assegnazione o dal rinnovo» potrebbe prestarsi ad interpretazioni difformi, sebbene già sul piano sintattico e del linguaggio smentite da ogni approccio improntato ad obiettiva coerenza, lasciando erroneamente intendere che l’obbligo formativo sia applicabile soltanto una volta, o all’atto di acquisizione della concessione, ovvero al suo eventuale rinnovo;

è invece di tutta evidenza, per le ragioni sopra evidenziate, che il Legislatore, consapevole della necessità di mantenere elevati standard professionali per la gestione della concessione, nell’intervenire con la norma intendesse assoggettare i rivenditori ad una formazione e ad un aggiornamento periodici, ad ogni rinnovo della concessione, finalizzati ad accertare ed eventualmente confermare l’idoneità professionale conseguita all’atto dell’assegnazione;

tale esito interpretativo innanzi tutto contrasta con la dinamica dell’evoluzione legislativa, posto che se davvero fosse questa la volontà del legislatore – e come di seguito rappresentato così non è – non sarebbe stata mantenuta la previsione dell’obbligo di conseguimento del titolo attestante la idoneità professionale quale condizione per il rilascio della concessione;

ogni diversa interpretazione sarebbe palesemente contraria allo spirito e al dettato del dato normativo di riferimento, posto che, in maniera del tutto irragionevole e illegittima, ipotizzando che il vaglio del possesso dei requisiti abilitanti possa essere alternativamente svolto al momento del rilascio della concessione ovvero in occasione dei rinnovi periodici della stessa, si finirebbe per ammettere che la concessione possa essere rilasciata anche nei confronti di soggetto già in tale momento non in possesso della dovuta capacità professionale (oggetto specifico di accertamento e valutazione in esito agli screening richiesti), e quindi che fin dall’origine l’atto di concessione sia viziato dal rilascio a soggetto di fatto non abilitato, per di più al quale sarebbe consentito almeno per nove anni continuare ad esercitare quelle delicate funzioni che così incisivamente impattano sulla fiducia degli utenti e sugli interessi erariali;

tale esito sarebbe altresì in contrasto con l’articolo 55, comma 2-quinquies decreto legislativo n. 78/2010, sopra citato, che ha espressamente collegato la necessità della verifica dei prescritti requisiti di idoneità professionale alla «difesa della salute pubblica», che rappresenta senza ombra di dubbio un valore di così elevato rango costituzionale che non si ravvisano argomenti di sorta per ipotizzare una inammissibile e illegittima riduzione dei presidi già esistenti nell’ordinamento solo per una malintesa lettura di un dato normativo in verità inequivoco, senza che emerga il diverso interesse costituzionale che possa prevalere per giustificare tale inopinata riduzione delle misure di difesa della salute predette, come avverrebbe ammettendo la possibilità di un mercato che, a dispetto della rigorosa regolamentazione di settore anche di matrice UE e internazionale, consenta la possibilità di rilascio di un titolo abilitativo alla distribuzione di prodotti da fumo dei quali è oggettiva e visibilmente manifestata persino su ogni confezione la grave dannosità per la salute, anche a chi non sia stato verificato come idoneo in quanto in grado di padroneggiare le disposizioni che ne regolamentano la condotta a tutela dei valori superiori predetti;

considerato inoltre che la assurda e illegittima lettura ipotizzata non considera che l’articolo 6 della legge n. 1293 del 1957 contiene l’elenco di una serie di condizioni inequivocabilmente incompatibili non solo con il permanere della concessione, ma con il suo stesso rilascio (minore età, cittadinanza, stato di interdetto o inabilitato, talune condanne penali, e così via) e che pertanto non si comprende come in questo contesto possa ammettersi che inspiegabilmente taluno dei requisiti richiesti possa essere «dimenticato» per almeno nove anni, tanto da dover essere verificato non al momento del rilascio della concessione ma all’atto del rinnovo, esito del tutto privo di coerenza rispetto al senso compiuto che invece ha la previsione in argomento contenuta proprio quale completamento delle condizioni imprescindibili per il rilascio della concessione e la sua permanenza in capo all’interessato;

tale situazione, oltre che contraria allo spirito e alla lettera della legge, come rammentato, genererebbe una singolare e ingiustificata disparità di trattamento tra soggetti sottoposti alla verifica al momento del rilascio della concessione – come condizione di tale rilasciò – e soggetti invece che risulterebbero abilitati a operare nello stesso settore regolamentato con tanto rigore, ma sottratti allo stesso adempimento posto a tutela del funzionamento del sistema prefigurato, e pertanto a tutela degli interessi dell’Erario e degli utenti;

l’ipotesi interpretativa rappresentata, oltre che illegittima e contraria alla normativa per le ragioni indicate, risulterebbe illegittima anche in quanto non si capisce in base a quale criterio oggettivo e predeterminato si potrebbe selezionare i soggetti da sottoporre alla prescritta verifica di capacità professionale; con la conseguenza che ogni scelta dell’amministrazione rischierebbe di risultare arbitraria, con ricadute immediate sia sulle esigenze di tutela della generalità degli utenti, sia delle casse pubbliche al punto tale che, nell’evenienza che si verifichino episodi di mala gestio da parte di taluno dei soggetti per i quali la prescritta verifica non fosse ancora compiuta si potrebbe prefigurare una responsabilità in sede contabile, disciplinare o dirigenziale per chi non avesse inserito anche tali soggetti nel novero di quelli da sottoporre tempestivamente a verifica; senza contare il rischio più che concreto del proliferare di un diffuso contenzioso da parte di tutti gli altri invece assoggettati a verifica iniziale e periodica, ma con cadenze temporali diverse, sì da essere costretti ad operare nello stesso mercato regolamentato ma con condizioni del tutto difformi, tali da indubbiamente avvantaggiare taluno (per il quale almeno per nove anni non si svolgerebbero le dovute verifiche di idoneità professionale), a differenza di altri;

il complesso di tali argomentazioni milita in senso inequivoco per l’unica interpretazione sintatticamente, logicamente e giuridicamente sostenibile in maniera fondata, e pertanto che la prescritta verifica di idoneità professionale non solo è dovuta quale condizione per il rilascio della concessione, ma opera altresì in occasione di tutti i rinnovi periodici previsti dalla disciplina di settore, potendo parimenti comportare la decadenza in caso di accertamento negativo.

Per questo gli on. Leva e Palese hanno chiesto al Governo di adottare ogni misura interpretativa ed attuativa coerente con quanto specificato in parte motiva, a tutela della salute pubblica e degli interessi erariali e degli utenti coinvolti.

 

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