“Ma quale imprenditori, cosa c’è di imprenditorialità nel prendere una macchinetta, portarla in bar e attaccarla ad una spina?”. E’ partito da queste parole lo scontro tra il settore del
“Ma quale imprenditori, cosa c’è di imprenditorialità nel prendere una macchinetta, portarla in bar e attaccarla ad una spina?”.
E’ partito da queste parole lo scontro tra il settore del gioco e l’assessore al Territorio della Regione Lombardia Viviana Beccalossi divenuta in questi mesi la paladina della battaglia no-slot.
Uno scontro, al quale gli operatori del gioco legale hanno sempre cercato di astenersi cercando anzi il dialogo e l’incontro per tutelare le ragioni del comparto e dimostrare – dati alla mano – che non è attraverso il proibizionismo che verrà vinta la lotta alle ludopatie. SGI e Astro in primis, hanno cercato di smontare punto per punto gli apparenti successi della legge che ha portato – come riporta la Regione – all’eliminazione dell’11% degli apparecchi da gioco e alla chiusura di diverse sale giochi e vlt. Ma a questo dato non corrisponde invece un calo della raccolta e del numero di soggetti presi in cura per problemi legati al gioco patologico. Tutt’altro. Per gli operatori il distanziometro non ha tutelato né la legalità, né l’occupazione, né la salute dei cittadini, poiché ha ridotto l’offerta ma non la domanda, ha espulso il gioco legale e fatto registrare un aumento dei casi critici a livello sanitario.
A questo si aggiunge la messa a bando da parte della Regione di quasi 3milioni di euro per i comuni che si fossero attivati nella lotta alla ludopatia. Una somma ingente, se pensiamo che altre regioni che hanno adottato iniziative simili hanno messo a disposizioni risorse molto più contenute, per realizzare opere di sensibilizzazione come l’organizzazione di convegni, distribuzione di materiale informativo, adozione di regolamenti comunali, mappatura del territorio, nel migliore dei casi l’apertura di sportelli di assistenza e numeri dedicati. Per alcuni la lotta alla ludopatia si riduce quindi in un business e in uno spreco di denaro.
Tanto più se messi a paragone con altri tipi di addiction più dannosi. Pensiamo all’alcol e al numero di vittime che provoca ogni anno. E’ vero. Come ci fa giustamente notare l’assessore ogni tipo di problema sanitario – anche il meno diffuso – va affrontato e deve avere la stessa importanza per il SSN e per chi amministra. Ma allora perché non adottare distanziometri e limiti orari anche per chi vende alcolici?
Mentre si allarga di mese in mese la schiera delle Regioni che introduce limitazioni sugli apparecchi da gioco, è nelle aule del Parlamento che dovrebbe esser puntata l’attenzione. Il decreto giochi – cestinato – non ha realizzato quel riordino normativo promesso, proprio a causa della pressione proveniente dagli enti locali. Il sottosegretario Baretta ha mancato l’obiettivo e mentre continuano a tenersi confronti nelle stanze del Mef, presso Camera e Senato vengono presentati e riproposti progetti di legge per intervenire sulla questione. Lo fa lo stesso assessore lombardo, che pur avendo nel 2010 votato a favore del decreto Abruzzo che ha introdotto videolotterie e nuovi giochi online, oggi ricorda che in Parlamento è depositata una proposta della Regione Lombardia, che trasformerebbe in nazionale le legge anti-slot approvata all’unanimità da tutte le forze politiche presenti al Pirellone.
A distanza di poche settimane, abbiamo nuovamente intervistato l’assessore Beccalossi, per porre direttamente a Lei le tante questioni che ci arrivano dagli operatori del comparto.
Nelle ultime settimane si è aperto un vero e proprio scontro tra Lei e gli imprenditori del gioco. Gli operatori si chiedono il perché di tanto accanimento nei confronti degli unici soggetti che contribuiscono in maniera attiva al mantenimento di un sistema legale e sicuro e allo sviluppo di una cultura di gioco responsabile…
Come ho sempre sostenuto, da parte di Regione Lombardia non c’è nessun accanimento contro il gioco, tantomeno contro il gioco legale. L’intento della nostra Legge, che noto essere stata presa a modello da altre regioni, è piuttosto quello di combattere le derive patologiche del gioco, lanciando un segnale allo Stato che trae grande profitto dalla leva fiscale applicata al settore, salvo poi lasciare a completo carico delle Regioni il costo sociale e sanitario per la prevenzione e le cure di chi è affetto da ludopatia.
La scorsa settimana ha incontrato l’associazione dei gestori di apparecchi. Perché incontrare gli operatori degli apparecchi da gioco proprio ora?
Non è la prima volta che questo accade. Per quanto concerne l’incontro a cui fa riferimento la domanda, mi è stato chiesto un appuntamento, a cui ho regolarmente risposto mettendo a disposizione i miei uffici. Tutti gli imprenditori del settore, su loro base volontaria, sono stati regolarmente ascoltati insieme ai soggetti che ne facevano richiesta, penso alle associazioni di volontariato, durante le fasi preparatorie alla nostra legge.
C’è la possibilità che la Regione recepisca le ragioni dell’industria?
Ogni opinione e contributo a migliorare una situazione è certamente il benvenuto, fermo restando che tocca alla politica assumersi l’onere di decisioni che raramente possono accontentare tutti. Quello che è certo, come ho sempre fatto notare, è che la nostra legge rappresenta uno dei rari casi in Italia in cui sono stati tutti i movimenti politici, di governo e opposizione, a trovare un accordo completo e votare il testo all’unanimità.
La Regione Friuli ha stanziato 60mila euro per progetti contro il Gap, la Lombardia 3 milioni. Non crede sia un investimento eccessivo, visto che nella maggior parte dei casi i progetti presentati prevedono l’organizzazione di convegni, azioni di sensibilizzazione attraverso distribuzione di materiale informativo e approvazione di nuove disposizioni regolamentari locali sul gioco?
Non sono d’accordo. Il Bando regionale al quale fa riferimento è stato pensato per dare un contributo capillare sul territorio e infatti ha visto la partecipazione, a fianco dei Comuni che ci avevano chiesto risorse, di oltre 1200 soggetti che hanno contribuito a presentare idee e progetti. Aggiungo che se avessimo avuto risorse ancora maggiori per poter soddisfare tutte le richieste ricevute, le avremmo stanziate volentieri.
La cronaca di questi giorni ci ricorda che in Italia, ogni anno, sono circa 20mila le vittime per alcol e 5mila quelle per droghe ‘da sostanza’. Al gioco patologico, che nella maggior parte dei casi è associato ad altre forme di dipendenza, è riconducibile solamente il 2,3% dei 300mila soggetti in cura pressi il SSN. Perché la Regione ha deciso di avviare questa battaglia e lo ha fatto solamente contro un unico prodotto di gioco, la slot, quando studi scientifici dimostrano che nello sviluppo di questa dipendenza sono ancor più pericolosi altri giochi come gratta&vinci e online?
Le stime sul gioco patologico sono ancora imprecise, proprio perché da troppi pochi anni il fenomeno è studiato e la ludopatia considerata una vera e propria malattia. Giro la domanda: trecentomila soggetti oggi presi in carico dal sistema sanitario non meritano considerazione solo perché meno rispetto a quelli soggetti da altre patologie? Se seguissi questo ragionamento, bisognerebbe curare solo le malattie più diffuse lasciando perdere quelle più rare. Sul fatto, poi, di esserci incentrati su un solo prodotti di gioco, rispondo ancora una volta che la Regione ha utilizzato gli strumenti a sua disposizione riguardo a una materia la cui competenza è residuale rispetto a quella dello Stato.
Nel 2010 come parlamentare ha votato in maniera favorevole al decreto Abruzzo che introduceva nuovi giochi online e le videolotterie che oggi vengono banditi in Lombardia. Come mai questo cambio di posizione?
Il decreto Abruzzo era stato approvato in un contesto molto delicato e prevedeva diversi provvedimenti, con l’intento di reperire risorse per affrontare un’emergenza. In questi anni, occupandomi personalmente del problema ludopatia come assessore regionale, ho avuto modo di approfondire una situazione che non conoscevo in molti aspetti. Il che mi ha portato a supportare con convinzione una battaglia finora inedita contro il gioco patologico.
Cristina Doganini – PressGiochi
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