Si può discutere, e tanto, sulle norme riguardanti il gioco sparse in qua e in là nella Legge di Bilancio 2019, ma è davvero difficile assegnare la palma della “peggiore”.
Si può discutere, e tanto, sulle norme riguardanti il gioco sparse in qua e in là nella Legge di Bilancio 2019, ma è davvero difficile assegnare la palma della “peggiore”.
Allora, nel grande imbarazzo che pone una così vasta scelta, abbiamo deciso di concentrarci sul comma 569.
Al fine di rendere effettive le norme degli enti locali che disciplinano l’orario di funzionamento degli apparecchi previsti dall’articolo 110, comma 6, lettere a) e b), del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, ovvero di monitorarne il rispetto e di irrogare le relative sanzioni:
Il Ministero dell’economia e delle finanze notifica lo schema di decreto alla Commissione europea, ai sensi della direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 settembre 2015, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
A prima vista parrebbe una norma meramente tecnica – conosciuta come emendamento Baroni – che obbliga la ADM, a partire dal 1° luglio, a mettere a disposizione degli enti locali, comuni in primis, la registrazione degli effettivi orari di funzionamento degli apparecchi VLT, mentre per quanto riguarda le slot tale imposizione è rimandata a quando cominceranno a essere installate le nuove AWP-R, fabbricate secondo le disposizioni che saranno dettate dal regolamento tecnico che dovrà essere notificato alla Comunità Europea entro inizio marzo.
Guardandolo in profondità, invece, questo comma costituisce il colpo di pistola definitivo per i gestori di apparecchi.
Basta leggerne la prima riga: Al fine di rendere effettive le norme degli enti locali che disciplinano l’orario di funzionamento degli apparecchi…
In soldoni, il governo ha dato per buono, ovvero per legiferato, uno dei punti principali del famoso accordo a suo tempo raggiunto, e sottoscritto, in Conferenza Unificata, che però – particolare non irrilevante – non è diventato ancora efficace, visto che l’accordo medesimo doveva essere recepito (e non è stato) da un Decreto del MEF. Non solo, la norma va addirittura a superare detto accordo che, lo ricordiamo, prevedeva che la distribuzione delle fasce di interruzione del gioco (fino a 6 ore complessive al giorno) dovesse essere definita, di intesa con la ADM, “in una prospettiva il più omogenea possibile nel territorio nazionale e regionale, anche ai fini del futuro monitoraggio telematico del rispetto dei limiti così definiti”. Il quale monitoraggio ha avuto proprio nel comma 569 il primo supporto normativo.
Questo perché – per chiudere finalmente il cerchio, anzi, la tonnara nella quale sono finiti gli apparecchi da gioco – nel passaggio della Legge di Bilancio al Senato, dall’emendamento Baroni è stata stralciata proprio la parte finale, per la quale la riforma complessiva in materia di giochi pubblici, da adottare ai sensi del Decreto Dignità (articolo 9, comma 6-bis, D.L. n. 87 del 2018), avrebbe per l’appunto definito criteri omogenei su tutto il territorio nazionale in ordine alla distribuzione e agli orari degli esercizi che offrono gioco pubblico.
Per inciso, giusto per sottolineare con quanta grossolanità si fanno le cose, certe volte, detto stralcio si porta dietro anche la riforma dei giochi pubblici, che era stata appunto prevista dall’accordo in Conferenza e poi statuita dal Decreto Dignità (decreto n.87 del 12 luglio 2018).
In definitiva, stiamo assistendo alla definitiva calata di braghe totale dello Stato nei confronti delle autonomie locali, che da un lato rende quasi superfluo il suddetto recepimento in un decreto MEF dell’accordo e dall’altro renderà del tutto velleitarie (per quanto non lo siano già) le future azioni legali in contrasto alle ordinanze locali sugli orari.
In pratica il governo – stante l’atteggiamento critico mantenuto dagli enti locali, anche dopo la firma dell’accordo, dove già erano riusciti a strappare molto più di quanto era stato prospettato all’inizio – ha lasciato “decantare” il provedimento in attesa di piazzarlo alla prima occasione utile, che è stata proprio quella offerta dalla Legge di Bilancio 2019. Il contesto in cui si inquadra, infatti, è il pacchetto di norme studiato per dare sostegno alle finanze degli enti locali.
Nel nostro caso, da tempo si lamentava il fatto che i Comuni non potessero esercitare un efficace controllo sul rispetto degli orari di funzionamento degli apparecchi, a causa dei costi che comporta il mandare in giro la polizia municipale/locale. Ecco allora la proposizione di un meccanismo teoricamente più agile – ma a ben vedere più laborioso, dato che la constatazione dell’illecito avverrà in maniera non immediata ma differita, e non si sa con quali tempistiche – che però, come ha detto lo stesso on.Baroni, va a scontrarsi con alcune difficoltà tecniche non meglio identificate e, soprattutto, rischia di impantanarsi perchè “ci sono molte resistenze da parte delle concessionarie”.
A questo punto, per quanto contestabili, ci sono tutti i presupposti di legge per “blindare” i regolamenti comunali, anche a dispetto dei vecchi capisaldi, grazie ai quali l’opposizione dei titolari degli esercizi commerciali ha trovato per lungo tempo ampio riscontro da parte dei giudici amministrativi, che hanno spesso annullato le misure di limitazione dell’orario di utilizzo degli apparecchi da gioco adottate dai comuni ritenendole illegittime, in quanto la materia “ordine pubblico e sicurezza” rientra (ormai, rientrava) nella competenza esclusiva dello Stato, con l’ulteriore sottolineatura che, in ogni caso, provvedimenti a carattere straordinario come questo dovevano essere adeguatamente motivati.
Il grande ribaltone è stato provocato dalla sentenza della Corte costituzionale n.220 del 2014, che ha considerato pienamente legittimo l’utilizzo in questo campo dei poteri di ordinanza ex art. 50, comma 7, del TUEL, per esigenze di tutela della salute, della quiete pubblica, ovvero della circolazione stradale. Tale orientamento ha fatto scuola e trova ora conferma in gran parte delle sentenze di Tar e Consiglio di Stato, vedi da ultimo la sentenza del Consiglio di Stato n. 4867 dell’8 agosto 2018, “esemplare” sotto tutti i punti di vista. Oltretutto, la giurisprudenza ha statuito che l’intervento del Sindaco sulla disciplina degli orari degli esercizi in cui siano installate apparecchiature per il gioco – avendo il fine di tutelare gli interessi della comunità locale – si aggiunge all’autorizzazione del Questore (ex art. 88 Tulps), competente per i profili di pubblica sicurezza.
Ebbene, la magistratura ormai da tempo fa da stampella al legislatore, ed ora da parte di quest’ultimo è arrivato il momento di ricambiare il “favore”. Il tutto, alla faccia dei gestori, che possono andare in crisi finchè vogliono e, meglio ancora, chiudere i battenti. Tanto, pure ai concessionari va bene così… Chi può avere mai la faccia di lamentarsi?
Marco Cerigioni – PressGiochi