Finalmente il Ministro Di Maio è uscito allo scoperto. O meglio, tutti sapevamo cosa aveva per la testa, ma ancora non avevamo chiaro quale arcano ci fosse dietro le sue
Finalmente il Ministro Di Maio è uscito allo scoperto. O meglio, tutti sapevamo cosa aveva per la testa, ma ancora non avevamo chiaro quale arcano ci fosse dietro le sue sparate, sempre più sprezzanti, contro il gioco, pardon, gli apparecchi.
La verità ce l’ha detta lui in persona: “Il governo PD nel 2013 aveva fatto alle lobby delle slot un vergognoso condono di circa due miliardi di euro? Noi abbiamo deciso di far pagare le lobby dell’azzardo.”
Il riferimento è, ovviamente, alla famosa “maximulta” da 98 miliardi, poi determinata in 2,5 miliardi e infine ridotta a 618 milioni, comminata ai concessionari per il mancato rispetto di alcuni livelli di servizio previsti dalla convenzione di concessione e soprattutto per il mancato collegamento in rete degli apparecchi.
Ebbene, sperando che questo articolo finisca nella rassegna stampa che ogni mattina gli viene recapitata sulla scrivania istituzionale, vorremmo spiegare a Di Maio come andarono esattamente le cose, ed evitargli così future figuracce.
Tutta la questione ruota intorno al fatto che, dalla fase di avviamento del mercato NewSlot sino a al 1° giugno 2016, la maggior parte delle macchine non era effettivamente collegata alla rete telematica.
Avendo vissuto la storia in prima persona, è opportuno ricordare che la posa in opera di un network così vasto e complesso, lasciò perplessi gli stessi fornitori dei servizi, i quali si dichiararono tutti nell’impossibilità di fare, nei brevissimi tempi concessi dalla norma, una start up con almeno 200k unità installate.
D’altro canto, l’Amministrazione – che aveva preso degli impegni con i concessionari da poco autorizzati e con lo stesso MEF – aveva individuato in questo comparto una potenziale fonte di entrata di elevato drenaggio, e pertanto non poteva permettersi ritardi.
L’Amministrazione si cautelò in via preventiva col decreto n. 1074 del 14 luglio 2004, che all’art. 4, comma 4, prevede che “in tutti i casi in cui non sia possibile la lettura dei dati di gioco registrati nei contatori, il saldo del prelievo erariale unico e’ determinato sulla base di valori forfetari stabiliti con appositi provvedimenti della stessa Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato”.
Tali provvedimenti sono i decreti del 7 febbraio 2005, n. 29/UDG, e 29 maggio 2006, n. 329/CGV, che hanno fissato i valori del forfetario in misura pari, rispettivamente, a 250 euro dal 16 febbraio 2005 al 31 maggio 2006, ed a 280 euro dal 1° giugno 2006.
All’inizio dell’attività di raccolta, l’AAMS instaurò una “conduzione provvisoria” della rete (dal 31.10.04 al 31.5.05), durante la quale, “in luogo della lettura telematica era prassi la semplice comunicazione dei dati al concessionario per il successivo inoltro di questi ultimi a SOGEI.
Successivamente, venne prevista una procedura di autolettura tramite software fornito da AAMS, il c.d. “Scaams” (che, tra l’altro, presentò non pochi problemi tecnici di utilizzo), in uso dal 1.6.05, che assolveva alla funzione di lettura dei contatori in luogo della trasmissione telematica. Questo sistema però non era previsto da alcuna norma di legge.
L’AAMS, infine – con la circolare n. 18887 del 1.6.06, diretta a tutti i concessionari precisò che “gli apparecchi non collegati alla rete telematica” (e cioè non in condizione di registrare e rendere disponibili al sistema centrale di AAMSi dati di funzionamento e di gioco) “dovevano obbligatoriamente essere rimossi dai locali presso i quali raccoglievano gioco”.
Sempre nel 2006, la guardia di Finanza dal 2006 ha scoperto che decine di migliaia di slot machine non erano collegate alla rete telematica che registra le giocate. E la Corte dei Conti ha fatto un calcolo in base alle penali stabilite dalla convenzione del 2004 (50 euro per ogni ora in cui una macchina non era collegata al contatore), concludendo che lo Stato aveva un danno di circa 89 miliardi (divenuti poi 98, non si sa bene perché…).
Questa fantasmagorica cifra non era comunque la multa, ma il danno che si stimò avessero subito le casse dello Stato. La multa invece venne decisa nel 2012, dalla Corte dei Conti: i dieci concessionari delle New Slot furono multati per 2,5 miliardi di euro complessivi, dai 845 milioni per Bplus, ai 210 milioni per Snai; tra i dirigenti Aams sanzioni per 4,8 milioni a carico di Giorgio Tino, ex Direttore Generale, e di 2,6 milioni per Antonio Tagliaferri, Direttore dei Giochi di Aams.
A quel punto, però, è venuta fuori un’altra questione non di poco conto: se da un lato è vero che le slot non erano collegate alla rete, dall’altro i tributi versati a forfait erano più alti di quelli previsti. Quindi nessun vero danno allo Stato, ed anzi il rischio che la sentenza potesse essere ribaltata.
Il Governo Letta (nel 2013), ben conscio di questa situazione, per cercare di vedere almeno parte di quei soldi – destinandoli alla copertura almeno parziale dell’abolizione dell’IMU – decise di offrire una diminuzione al 25% dell’importo dovuto. Un bello sconto, qualcuno dirà, ma solo 6 concessionari su 10 hanno accettato l’accordo, convinte di poter dimostrare che l’erario non ha subito alcun danno e quindi che la multa venga annullata.
Per inciso, è stato con il DL 102/2013, convertito con modificazioni dalla L. 28 ottobre 2013, n. 124, a stabilire una definizione agevolata dei pagamenti non inferiore al 25% della multa comminata dalla Corte dei Conti, previa adesione entro il 15 Ottobre 2013. Ma non si è trattato di un condono o di uno sconto, bensì dell’estensione delle disposizioni della L. 266/2005 (finanziaria 2006) per la definizione anticipata dei giudizi di responsabilità dinanzi alla Corte dei Conti, in seguito a una condanna di primo grado. Insomma la norma già c’era (e in tanti ne hanno beneficiato) ed è stata semplicemente reiterata.
In sostanza, “caro” Di Maio, “il regalo di 98 miliardi di euro ai signori delle slot”, che non c’è mai stato. I 98 miliardi di euro non sono mai stati comminati come sanzione a nessuna società, né men che meno sono stati evasi. Il vero problema, invece, è la mancanza di trasparenza gestionale e l’inadeguatezza del management pubblico (tant’è vero che il Governo Monti fece piazza pulita in Aams prima ancora che i giudici si esprimessero sulle sanzioni da comminare) e il disinteresse generale delle autorità di controllo e del governo, che si sono riscontrati in quel periodo.
Carenze di cui i concessionari sono stati, se non vogliamo dire vittime, al massimo parti obbligatoriamente coinvolte, poi silenziosamente consenzienti e alla fine fortemente negligenti, perché due anni di questo andazzo non possono più giustificare la “causa di forza maggiore” per la quale si erano applicate inizialmente le misure emergenziali sopra esposte. I gestori degli apparecchi, invece, sono fuori del tutto dalla questione.
Comunque sia, le contestazioni mosse ai concessionari e alla stessa Amministrazione non esce dall’ambito delle violazioni amministrative. Non si può dunque parlare né di truffa ai danni dello Stato, né tantomeno ai danni dei giocatori.
Poi se in mezzo vogliamo tirarci dentro altre questioni, dove affaristi di vario genere si sono messi in mezzo coi loro loschi affari, lo si faccia pure. Ma almeno si tengano ben distinte le due vicende.
Ultima chiosa: Di Maio si proclama eterno nemico dei “lobbisti” del gioco, dichiarandosi sempre dalla parte del popolo. C’è una stravagante visione del mondo, in tutto questo. I lobbisti sono concessionari di Stato, non sette sataniche o organizzazioni massoniche, quindi dei veri e propri fiduciari dello Stato stesso. Se in loro non c’è più fiducia, il Governo può solo fare una cosa, che è nel suo pieno diritto: mandarli a casa e trovarne di altri. Perché allora, “caro” Di Maio, non hai avuto il coraggio di dare un taglio netto a tutto ed eventualmente ricominciare da zero? Ma si, sei dalla parte del popolo, e allora hai capito bene che i soldi degli apparecchi ti fanno comodo per finanziare Quota 100 e il Reddito di Cittadinanza.. Evviva la coerenza!!
Marco Cerigioni
PressGiochi