La supermulta di 2,3 milioni di euro comminata dall’authority maltese a Blackrock Media a metà gennaio è solo il risultato della prima indagine che la Mga ha potuto condurre su
La supermulta di 2,3 milioni di euro comminata dall’authority maltese a Blackrock Media a metà gennaio è solo il risultato della prima indagine che la Mga ha potuto condurre su operatori di gioco privi di licenza. Altre sono in corso e altre ancora ne potranno seguire.
Lo ha detto a PressGiochi il ceo della Mga, Heathcliff Farrugia, intervistato durante l’ultimo giorno di ICE, la manifestazione londinese che si è tenuta dal 4 al 6 febbraio.
Fino a due anni fa, prima che entrasse in vigore la riforma della legge maltese sul gaming, questa indagine non avreste potuto realizzarla?
“No, perché le norme precedenti limitavano la nostra giurisdizione alle società che avevano una nostra licenza. Con la nuova legge, possiamo investigare anche su società che non hanno un rapporto con noi ma operano nel settore del gaming. E società di questo genere operano in modo del tutto illegale, senza i controlli sulle transazioni e con i rischi di riciclaggio e senza alcuna tutela del consumatore”.
In pratica, come operava questa società?
“Noi abbiamo individuato un gruppo di operatori che operavano da un Paese extraeuropeo e che utilizzava un’azienda maltese per fare transitare del denaro. In questo modo, il denaro veniva inserito nel circuito legale perché l’azienda maltese aveva dei rapporti regolari con le banche locali che non avrebbero mai potuto aprire un conto alle aziende extraeuropee. Naturalmente in questa investigazione ci ha supportato la Polizia maltese”.
Ma la Polizia avrebbe potuto anche operare per conto proprio. In fondo, questa è stata una indagine su riciclaggio internazionale. Se la Mga non aveva competenza per indagare su un’azienda alla quale non aveva concesso alcuna licenza, la Polizia poteva comunque indagare.
“Certo, ma è una questione di competenze specifiche. Senza l’esperienza che possiamo avere noi, è difficile individuare le operazioni sospette che nascondono eventuali reati. E si tratta di meccanismi che cambiano anche con l’evoluzione tecnologica. Quindi, è proprio necessario monitorare continuamente le attività di questo settore, come può fare solo un regolatore”.
Lei ha detto che le banche non avrebbero potuto aprire un conto a un’azienda extraeuropea. Ma a Malta ci sono difficoltà anche per aziende locali che, però, operano nel settore del gaming. Sembra che il mondo bancario abbia assunto un atteggiamento decisamente ostile nei confronti di chiunque abbia a che fare con questo settore.
“Non è esatto. La ragione è diversa e riguarda la concentrazione dei depositi in un determinato settore. Il problema è che il settore del gaming muove dei flussi di denaro notevoli ma si tratta di denaro che i giocatori versano per le puntate ma in gran parte torna indietro come vincite. Le banche, però, hanno degli schemi di riferimento secondo i quali non possono avere oltre una certa percentuale di depositi tutti dello stesso settore. Ma questi modelli non tengono conto della specificità del gaming, dove i soldi tenuti in deposito da un operatore sono solo in transito”.
Quindi, il problema sarebbe lo stesso se una tale massa di denaro arrivasse un altro settore del tutto innocuo, per esempio l‘agricoltura?
“Certo. Solo che non esistono alti settori nei quali le imprese tengono in deposito tanto denaro per poi ridarlo indietro in gran parte ai propri clienti”.
Di recente siete intervenuti, come Mga, sul problema della mancanza di lavoratori specializzati nel vostro settore. In realtà, avete un problema simile anche in altri settori: sembra che molti muratori vengano “importati” dalla Sicilia. Come mai, con il problema della disoccupazione che si registra negli altri Paesi europei, Italia in testa, non si riesce a risolvere questa esigenza delle aziende maltesi?
“Sì, abbiamo rilevato circa 730 posti vacanti nell’industria del gaming in questo momento. Per il 40%, si tratta di figure legate al marketing. E dobbiamo considerare che almeno la metà di queste figure non potranno essere coperte da maltesi perché sono legate alla lingua. Se un’azienda deve allestire un call center per i propri clienti svedesi o spagnoli, per esempio, dovrà trovare degli operatori madrelingua di quei Paesi. Poi ci sono molti ruoli tecnici, soprattutto dell’IT, per i quali non è importante la nazionalità ma serve soprattutto preparazione e talento. Comunque, dall’inizio dell’anno abbiamo già registrato 250 lavoratori in più. Ma il problema continuerà a presentarsi perché l’aumento di controlli e le regole più severe impongono alle aziende procedure sempre più complesse e, di conseguenza, un maggior numero di persone da impiegare”.
GPM- PressGiochi