23 Dicembre 2024 - 19:33

La frattura fra Sistema e Paese, le paure e le vie di fuga (gioco compreso)

Pur non occupandosi minimamente di gaming, la lettura del Rapporto Italia 2020 dell’Eurispes pubblicato la scorsa settimana è interessante per rilevare tutto ciò che, a monte, lo rende un fenomeno

14 Febbraio 2020

Pur non occupandosi minimamente di gaming, la lettura del Rapporto Italia 2020 dell’Eurispes pubblicato la scorsa settimana è interessante per rilevare tutto ciò che, a monte, lo rende un fenomeno in continua crescita dal punto di vista della raccolta. Infatti, a prescindere dalla spinta che esso riceve dalla continua evoluzione, qualitativa e quantitativa, dei prodotti disponibili e dal loro modo di propagarsi, nonostante i divieti che ne limitano la pubblicità, ciò che ha fatto entrare il gioco a vincita prepotentemente negli stili di vita della nostra società è il fatto che, per molti italiani, è uno degli ambienti privilegiati in cui rifugiarsi.

Secondo le indagini Eurispes, infatti, la frattura fra Sistema e Paese è sempre più ampia, soprattutto a causa della permanenza  di tutti quei nodi che sono “all’origine di un disagio diffuso, che alimentano il pessimismo  e  il  qualunquismo,  che  delegittimano  la  politica, che  frenano  la capacità di costruzione del futuro, che impediscono la possibilità di mettere a frutto le enormi potenzialità possedute dall’Italia.

Ecco allora che il gioco, così come altre pratiche catalogate come devianze e/o come vizio, diventa una sorta di “second life” dove ci si sente protetti e protagonisti a prescindere, dove ognuno diventa padrone del proprio destino, dove si superano i sempre più rigidi schemi imposti dalla società e dove, in ultima analisi, si può inseguire un sogno senza altri ostacoli se non quelli della sorte. Nel pianeta del gaming la parità fra le persone è assoluta, in fase di approccio, e non sono ammessi sotterfugi, raccomandazioni e soluzioni di compromesso.

Sebbene, analizzando i Rapporti Italia che l’Eurispes pubblica annualmente, si rilevino forti fluttuazioni nelle posizioni assunte dalla popolazione su numerose questioni che hanno centralità nella realtà odierna, si mantengono alcune costanti, a cominciare dalla sfiducia nei confronti della politica e nelle istituzioni (forze dell’ordine eslcuse).

E’ una sfiducia globalizzata, da cui discendono reazioni diverse: c’è chi, per l’appunto, cerca la fuga; c’è chi alza le barriere del NO ovunque capiti (No Tav, No Global, No Slot…) più per partito preso che per una cosciente e obiettiva valutazione dei fatti; c’è chi riempie le piazze per ascoltare Greta piuttosto che il solone di turno; c’è chi si mette politicamente in proprio creando i più disparati comitati, movimenti, gruppi di pressione. Il caso delle Sardine è emblematico: la gente vi aderisce o le segue con simpatia innanzitutto perché sono persone “genuine”, non contaminate dagli intrallazzi della politica, dell’economia e dell’industria, che parlano alla gente senza intermediari (leggasi opinion leader e influencer). Che poi non dicano alcunchè di risolutivo è altrettanto vero. Ma alla fin dei conti “parlano bene” e con sincerità. Basta questo ormai!

Parallelamente a questi fenomeni c’è l’esplosione di quello che definiremmo “neo-moralismo” che, attenzione, non va confuso con l’Etica, quella invocata, ad esempio, dal Capo dello Stato nel suo discorso di fine anno. Ed è un moralismo che men che meno si incontra con la religiosità – Papa Francesco non perde mai occasione per porre l’indice su questo – ma che si traduce in una sorta di bigottismo che esaspera volutamente alcuni valori, e di conseguenza condanna come “vizio morboso” qualsiasi pratica che vada contro a quegli stessi valori.

In questo vortice sono finiti pure i mass media, che in nome dell’audience e dello share hanno abdicato dal loro antico ruolo di in-formatori, preferendo alimentare il suddetto bigottismo piuttosto che aiutare la gente a ragionare con equilibrio.

Fin qui non abbiamo parlato di populismo, che è uno dei temi trattati diffusamente dal Rapporto Eurispes. E’ la grande parola-chiave per interpretare la gran parte delle azioni portate avanti da parlamentari, partiti, movimenti, amministratori e organi di informazioni stessi. Tutto, purchè piaccia al popolo, si potrebbe sintetizzare, anche se non è politicamente corretto.

Dice il Rapporto: “il populismo, se è efficace nel dare voce “in presa diretta” alle tensioni che accompagnano le tante questioni irrisolte, si mostra incapace di analizzarle a fondo, e inadeguato a indicare prospettive di soluzione”. Non solo, il populismo “ci illude su di un rapporto efficace e diretto con il potere, denigra le fatiche e le afasie insite nei sistemi democratici, e riduce la “libertà” ad una sterile intangibilità della propria condizione individuale”. L’Istituto, in realtà, parla di populismi, quelli della Lega e del M5S, che in parte convergono e in parte di sovrappongono. Ma la sostanza del discorso è questa: il populismo non incarna soluzioni e pertanto non è in grado di ipotizzare scenari futuri.

La gente comune, tutto questo, lo sa implicitamente vivendone gli effetti sulla propria pelle. Intanto, afferma il Rapporto, cresce la paura: del ladro, del bullo, del rom, dell’immigrato, delle persecuzioni psicofisiche; ed è un paura più diffusa tra i giovani che negli anziani. Il Mezzogiorno si sente “tradito e mazziato”. Il mondo del lavoro soffre sempre più l’affermarsi della Gig Economy. Le famiglie sono così aggravate economicamente che sono costrette a cercare tutte le soluzioni possibili per contrarre le spese, e almeno il 40% di esse ha visto un proprio componente trasferirsri per cercare migliori condizioni di vita.

Allora si spiega perché in tanti preferiscano l’evasione nei mondi virtuali – internet in primis – e l’inseguimento del sogno, qualunque esso sia. Anche quello della vincita che può cambiarti la vita, o comunque farti star meglio per un po’.

Il paradosso è che la grande vincita può stare in tutti i prodotti di gioco, tranne che nelle AWP. Le quali invece scontano i mali propri e degli altri, insieme alle consorelle VLT.

Gli apparecchi da gioco sono cattivi, sono il paradigma del male, sono il territorio privilegiato della criminalità organizzata, sono le rovina-famiglie, sono la degenerazione dello spirito. Al contrario, in questo contesto sociale, sono loro malgrado un angolo di libertà, sono il rigetto delle intermediazioni capziose, sono la “stanza di compensazione” del malessere provocato dal vivere quotidiano.

Che provino a rifletterci, i signori del Governo, i politici nazionali e locali, invece di procedere con le esecuzioni sommarie, vantandosene pure. Non chiediamo nemmeno il rispetto di un comparto economico che produce lavoro e gettito, tanto gettito. Ma almeno invochiamo il rispetto della gente e del suo legittimo spazio di autonomia.

 

MC – PressGiochi