La Cassazione torna ad esprimersi in merito al pagamento dell’imposta unica sulle scommesse. Nello specifico, la Corte non ha condiviso la sentenza della CTR della Toscana, che in controversia su
La Cassazione torna ad esprimersi in merito al pagamento dell’imposta unica sulle scommesse.
Nello specifico, la Corte non ha condiviso la sentenza della CTR della Toscana, che in controversia su impugnazione di avviso di accertamento, emesso a seguito di verifica fiscale, per il pagamento dell’imposta unica su giochi e lotterie anno 2009, aveva accolto l’appello di un CTD collegato al bookmaker Stanleybet.
Accogliendo il ricorso proposto da ADM, la Cassazione ricorda che “La Corte Costituzionale ha chiarito che entrambi i soggetti (la ricevitoria e il bookmaker), partecipano, sia pure su piani diversi e secondo diverse modalità operative, allo svolgimento dell’attività di «organizzazione ed esercizio» delle scommesse soggetta a imposizione, svolgendo entrambi l’attività gestoria delle scommesse, sicché la pronuncia di incostituzionalità, se da un lato ha inciso sulla parte della norma interpretativa in cui ha configurato, per il periodo precedente all’entrata in vigore, la responsabilità della ricevitoria, non ha fatto venire meno la responsabilità del bookmaker privo di concessione”.
Il legislatore, con l’art. 1, comma 66, della Legge 13 dicembre 2010 n. 220, da un canto, ha stabilito che l’imposta è dovuta anche nel caso di scommesse raccolte al di fuori del sistema concessorio e, d’altro canto, ha esplicitato l’obbligo delle ricevitorie operanti, come nel caso in esame, per conto di bookmakers privi di concessione al versamento del tributo e delle relative sanzioni.
La Corte Costituzionale, intervenendo sulla questione, ha escluso che l’equiparazione, ai fini tributari, del «gestore per conto terzi» (ossia del titolare di ricevitoria) al «gestore per conto proprio» (ossia al bookmaker) sia irragionevole. Entrambi i soggetti, difatti, partecipano, sia pure su piani diversi e secondo diverse modalità operative, allo svolgimento dell’attività di «organizzazione ed esercizio» delle scommesse soggetta a imposizione. In particolare, il titolare della ricevitoria, benché non partecipi direttamente al rischio connaturato al contratto di scommessa, svolge comunque un’attività di gestione, perché assicura la disponibilità di locali idonei e la ricezione della proposta, si occupa della trasmissione al bookmaker dell’accettazione della scommessa, dell’incasso e del trasferimento delle somme giocate, nonché del pagamento delle vincite secondo le procedure e le istruzioni fornite dal bookmaker.
Ne deriva, secondo la Corte Costituzionale, che quanto al ricevitore l’attività gestoria, che costituisce il presupposto dell’imposizione, va riferita alla raccolta delle scommesse, il
volume delle quali determina anche la provvigione della ricevitoria e per conseguenza il suo stesso rischio imprenditoriale. Né, ha aggiunto, la scelta di assoggettare all’imposta i titolari delle ricevitorie operanti per conto di soggetti privi di concessione viola il principio di capacità contributiva, nei limiti in cui il rapporto tra il titolare della ricevitoria che agisce per conto di terzi e il bookmaker sia disciplinato da un contratto che regoli anche le commissioni dovute al titolare della ricevitoria per il servizio prestato. Ciò in quanto, attraverso la regolazione negoziale delle commissioni, il titolare della ricevitoria ha la possibilità di trasferire il carico tributario sul bookmaker per conto del quale opera.
La rivalsa svolge, pertanto, funzione applicativa del principio di capacità contributiva, poiché redistribuisce tra i coobbligati, bookmaker e ricevitore, che hanno comunque concorso, sia pure in vario modo, alla realizzazione del presupposto impositivo, il carico fiscale in relazione alla partecipazione di ognuno a tale realizzazione.
In conseguenza di tale articolato percorso, dunque, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 del D.L.vo 23 dicembre 1998 n. 504 e dell’art. 1, comma 66, lett. B), della Legge 13 dicembre 2010 n. 220, nella sola parte in cui prevedono che, nelle annualità d’imposta precedenti al 2011, siano assoggettate all’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse le ricevitorie operanti per conto di soggetti privi di concessione. In quel periodo non si può, difatti, procedere alla traslazione dell’imposta, perché l’entità delle commissioni già pattuite fra ricevitore e bookmaker si era già cristallizzata sulla base del quadro precedente alla Legge 13 dicembre 2010 n. 220
Ne consegue – ha ricordato la Corte di Cassazione – che per le annualità d’imposta antecedenti al 2011 non rispondono le ricevitorie, ma solamente i bookmakers, con o senza concessione, in base alla combinazione degli art. 3 del D.L.vo 23 dicembre 1998 n. 504 e 1, comma 66, lett. b, della Legge 13 dicembre 2010 n. 220, usciti indenni dal vaglio di legittimità costituzionale.
A diversa conclusione, invece, deve pervenirsi per le annualità successive al 2011. L’illegittimità costituzionale della norma in esame, infatti, è stata riscontrata «in ragione dell’impossibilità per le ricevitorie di traslare l’imposta per gli esercizi anteriori al 2011» con conseguente violazione dell’art. 53, Cost., «giacchè l’entità delle commissioni pattuite fra ricevitore e bookmaker si era già cristallizzata sulla base del quadro regolatorio, anche sotto il profilo tributario, precedente alla legge n. 220 del 2010».
“Orbene, considerato – ha concluso la Corte – che nel presente giudizio si controverte
sul periodo d’imposta del 2009 e che viene in rilievo la sola posizione del bookmaker, il motivo di ricorso è fondato. Giova rilevare, invero, che non può essere condivisa la decisione impugnata, secondo cui ricorre nella fattispecie una ipotesi di solidarietà dipendente e nn di solidarietà paritetica e che non sussiste il requisito di soggettività passiva dell’imposta in capo alla società CTD, venendo meno anche il conseguente obbligo solidale fatto valere nei confronti della società estera”.
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