24 Novembre 2024 - 00:22

Il Consiglio di Stato ribadisce: “Gli enti locali possono limitare le attività di gioco solo per 6 ore al giorno, come stabilito dall’Intesa Stato-Regioni”

Il Consiglio di Stato si è espresso contro l’ordinanza del Comune di Monza che nel 2018 è intervenuto a regolamentare gli orari delle sale giochi spiegando che “l’ordinanza sindacale non

19 Agosto 2020

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Il Consiglio di Stato si è espresso contro l’ordinanza del Comune di Monza che nel 2018 è intervenuto a regolamentare gli orari delle sale giochi spiegando che “l’ordinanza sindacale non è stata preceduta da una adeguata istruttoria finalizzata ad accertare l’effettiva ricorrenza dei presupposti per l’adozione della misura restrittiva della limitazione oraria all’utilizzo degli apparecchi da gioco lecito e che si pone in aperto contrasto con l’Intesa stipulata in sede di Conferenza Unificata, da Governo, Regioni ed Enti locali, secondo cui è possibile interrompere per sole “6 ore complessive” al giorno l’utilizzazione degli apparecchi da gioco lecito e la distribuzione oraria delle interruzioni deve essere stabilita “di intesa con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli”.

Quella adottata a Monza è un’ordinanza che introduce “una disciplina oraria particolarmente restrittiva che contrasta con l’espressa previsione dell’Intesa in Conferenza Unificata del 7 settembre 2017 secondo cui gli Enti locali possono stabilire “per tipologie di gioco delle fasce orarie fino a 6 ore complessive di interruzione quotidiana di gioco”.

L’Intesa del 7 settembre 2017, – chiarisce Palazzo Spada – laddove prevede un limite convenzionale massimo all’esercizio del potere degli Enti locali di imporre fasce orarie quotidiane di interruzione del gioco, si muove all’interno della cornice normativa e giurisprudenziale vigente che autorizza i sindaci ad emanare ordinanze, ai sensi dell’art. 50, comma 7, del Testo unico degli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, per disciplinare la distribuzione sul territorio comunale dei punti di raccolta del gioco nonché gli orari di apertura al pubblico delle sale e degli esercizi in cui sono installati gli apparecchi da gioco, e ciò anche per perseguire finalità di contrasto del fenomeno del gioco d’azzardo patologico (GAP).

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 1 aprile 2020

NUMERO AFFARE 01722/2019

OGGETTO:

Ministero dell’economia e delle finanze – Agenzia delle dogane e dei monopoli.

 

Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto da Adda Gestioni S.p.A., contro il Comune di Monza, e nei confronti dell’Azienda Socio Sanitaria Territoriale (ASST) di Monza, per l’annullamento dell’ordinanza sindacale n. 211 del 30 novembre 2018 avente ad oggetto “disciplina degli orari di esercizio delle sale giochi, delle sale VLT, delle sale scommesse, degli orari di funzionamento degli apparecchi con vincita in denaro”, nonché di ogni altro atto e provvedimento ad essa presupposto e conseguente, ancorché incognito, ivi compresa la deliberazione del Consiglio comunale n. 76 del 2 luglio 2018 n. 76 avente ad oggetto “approvazione regolamento per la prevenzione e il contrasto delle patologie e delle problematiche legate al gioco di azzardo lecito”.

LA SEZIONE

Vista la relazione trasmessa con nota prot. 1725 del 5/12/2019, con la quale il Ministero dell’economia e delle finanze – Agenzia delle dogane e dei monopoli ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull’affare consultivo in oggetto;

Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Giuseppe Chine’;

 

Premesso:

1. Con il ricorso straordinario in epigrafe, la società ricorrente, esercente una sala bingo nel territorio del Comune di Monza al cui interno sono installati apparecchi da gioco lecito di cui all’art. 110, comma 6, del T.U.L.P.S., impugna, per l’annullamento, l’ordinanza emessa dal Sindaco del Comune di Monza, n. 211 del 30 novembre 2018, avente ad oggetto “disciplina degli orari di esercizio delle sale giochi, delle sale VLT, delle sale scommesse, degli orari di funzionamento degli apparecchi con vincita in denaro”, nonché ogni altro atto e provvedimento ad essa presupposto e conseguente, ancorché incognito, ivi compresa la deliberazione del Consiglio comunale di Monza n. 76 del 2 luglio 2018 n. 76, avente ad oggetto “approvazione regolamento per la prevenzione e il contrasto delle patologie e delle problematiche legate al gioco di azzardo lecito”.

2. A sostegno del proposto gravame deduce che l’ordinanza sindacale n. 211 del 2018, sotto espressa comminatoria di sanzioni amministrative pecuniarie ed interdittive, pur non disponendo limitazioni orarie con riferimento al gioco del bingo, ha vietato l’utilizzo dei suddetti apparecchi dalle ore 23.00 alle ore 14.00 di tutti i giorni, festivi compresi.

3. Considerando detta ordinanza fortemente lesiva dei propri interessi, articola i seguenti motivi:

1) Violazione dell’art. 50, comma 7, T.U.E.L.; Violazione dell’art. 6, comma 2, del Regolamento approvato con deliberazione del Consiglio comunale di Monza n. 76 del 2018; Eccesso di potere per contraddittorietà, travisamento e illogicità manifesta; Eccesso di potere per carenza di istruttoria;

2) Violazione degli artt. 3, 41 e 97 Cost.; Eccesso di potere per carenza o erronea valutazione dei presupposti; Eccesso di potere per difetto di istruttoria;

3) Violazione dell’art. 1, comma 936, della legge n. 208 del 2015; Eccesso di potere per carenza o erronea valutazione dei presupposti; Eccesso di potere per difetto di istruttoria;

4) Violazione degli artt. 23 Cost. e 50, comma 7, T.U.E.L.; Violazione degli artt. 1, 8-bis e 16 della legge n. 689 del 1981; Eccesso di potere per carenza o erronea valutazione dei presupposti.

4. Con la relazione istruttoria versata in atti, il Ministero riferente, dopo aver compiutamente ricostruito la vicenda controversa, anche alla luce delle documentate controdeduzioni trasmesse dal Comune di Monza, conclude per la fondatezza del secondo e terzo motivo di gravame e chiede pertanto l’accoglimento del ricorso straordinario.

Considerato:

5. Preliminarmente deve essere respinta l’eccezione di inammissibilità del gravame formulata dal Comune di Monza nei propri scritti difensivi, secondo cui la ricorrente avrebbe dovuto impugnare negli ordinari termini di decadenza, decorrenti dalla sua pubblicazione, il regolamento comunale approvato con deliberazione consiliare n. 76 del 2 luglio 2018, contenente disposizioni immediatamente lesive, alle quali l’ordinanza sindacale n. 211 del 2018 si limiterebbe a dare mera esecuzione.

Risulta invero per tabulas che le disposizioni del regolamento comunale n. 76 del 2018, pur prevedendo che “Il Sindaco con apposita ordinanza ai sensi dell’art. 50 del D. lgs. 267/2000 determinerà gli orari di esercizio delle attività di cui al comma 1” (art. 6, comma 2), ha lasciato ampia discrezionalità in ordine al contenuto della predetta potestà sindacale, non indicando specifiche fasce orarie di interruzione quotidiana delle attività delle sale da gioco d’azzardo lecito e del funzionamento degli apparecchi di cui all’art.110, comma 6, del T.U.L.P.S.

Ne discende che, non contenendo il regolamento comunale disposizioni immediatamente lesive delle posizioni soggettive azionate dalla ricorrente con il presente gravame, quest’ultimo si palesa tempestivo e pertanto ammissibile (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. V, 2 novembre 2017, n. 5071; Id. 28 giugno 2016, n. 2913; Id. 30 maggio 2016, n. 2294).

6. Il ricorso nel merito è fondato, nei termini e limiti appresso precisati.

6.1 Con il secondo e terzo motivo di gravame, che per ragioni di connessione e per la natura assorbente possono essere di seguito esaminati congiuntamente ed in via prioritaria, la ricorrente denuncia, da un lato, che l’ordinanza sindacale n. 211 del 2018 non sia stata preceduta da una adeguata istruttoria finalizzata ad accertare l’effettiva ricorrenza dei presupposti per l’adozione della misura restrittiva della limitazione oraria all’utilizzo degli apparecchi da gioco lecito ex art. 110, comma 6, del T.U.L.P.S., dall’altro che la medesima ordinanza si pone in aperto contrasto con l’Intesa stipulata in sede di Conferenza Unificata, ai sensi dell’art. 1, comma 936, della legge n. 208 del 2015, in data 7 settembre 2017, da Governo, Regioni ed Enti locali, secondo cui è possibile interrompere per sole “6 ore complessive” al giorno l’utilizzazione degli apparecchi da gioco lecito e la distribuzione oraria delle interruzioni deve essere stabilita “di intesa con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli”.

6.2 Lo scrutinio dei suindicati motivi deve necessariamente prendere le mosse dalla cornice normativa di riferimento.

L’art. 1, comma 936, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di stabilità 2016), ha previsto che “Entro il 30 aprile 2016, in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono definite le caratteristiche dei punti vendita ove si raccoglie il gioco pubblico, nonché i criteri per la loro distribuzione e concentrazione territoriale, al fine di garantire i migliori livelli di sicurezza per la tutela della salute, dell’ordine pubblico e della pubblica fede dei giocatori e di prevenire il rischio di accesso dei minori di età. Le intese raggiunte in sede di Conferenza unificata sono recepite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentite le Commissioni parlamentari competenti”.

In attuazione della suindicata disposizione legislativa, nella seduta della Conferenza Unificata del 7 settembre 2017, è stata perfezionata l’intesa n. 103/CU tra Governo, Regioni ed Enti locali su di un documento recante le caratteristiche ed i criteri per la distribuzione e concentrazione territoriale dei punti di raccolta del gioco pubblico.

Detta intesa non risulta ancora recepita con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, come previsto dall’art.1, comma 936, della legge n. 208 del 2015.

6.3 Per quanto massimamente rileva ai fini dell’odierno gravame, l’Intesa in Conferenza Unificata del 7 settembre 2017, dopo aver premesso che la finalità perseguita è quella “di realizzare una forte riduzione dell’offerta attraverso una sensibile contrazione dei punti vendita e un innalzamento dei loro standard qualitativi in un’ottica di contrasto al gioco d’azzardo patologico”, nella parte dedicata alla definizione di “un sistema di regole relative alla distribuzione territoriale e temporale dei punti gioco” (punto 2), prevede di “riconoscere agli Enti locali la facoltà di stabilire per le tipologie di gioco delle fasce orarie fino a 6 ore complessive di interruzione quotidiana del gioco”, aggiungendo che “La distribuzione oraria delle fasce di interruzione del gioco nell’arco della giornata va definita d’intesa con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in una prospettiva il più omogenea possibile nel territorio nazionale e regionale, anche ai fini del futuro monitoraggio telematico dei rispetto dei limiti cosi definiti”.

6.4 L’Intesa del 7 settembre 2017, laddove prevede un limite convenzionale massimo all’esercizio del potere degli Enti locali di imporre fasce orarie quotidiane di interruzione del gioco, si muove all’interno della cornice normativa e giurisprudenziale vigente che autorizza i sindaci ad emanare ordinanze, ai sensi dell’art. 50, comma 7, del Testo unico degli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, per disciplinare la distribuzione sul territorio comunale dei punti di raccolta del gioco nonché gli orari di apertura al pubblico delle sale e degli esercizi in cui sono installati gli apparecchi da gioco, e ciò anche per perseguire finalità di contrasto del fenomeno del gioco d’azzardo patologico (GAP).

In tal senso si è chiaramente espressa la Corte costituzionale con la sentenza 18 luglio 2014, n. 220, che ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 50, comma 7, del d. lgs. n. 267 del 2000, sollevata con riferimento agli artt. 32 e 118 della Costituzione, nella parte in cui disciplina poteri normativi e provvedimentali attribuiti al sindaco, senza prevedere che tali poteri possano essere esercitati con finalità di contrasto del fenomeno del gioco di azzardo patologico.

Ad avviso del Giudice delle leggi, “il giudice a quo omette di considerare che l’evoluzione della giurisprudenza amministrativa, sia di legittimità, sia di merito, ha elaborato un’interpretazione dell’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000, compatibile con i principi costituzionali evocati, nel senso di ritenere che la stessa disposizione censurata fornisca un fondamento legislativo al potere sindacale in questione. In particolare, è stato riconosciuto che − in forza della generale previsione dell’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000 − il sindaco può disciplinare gli orari delle sale giochi e degli esercizi nei quali siano installate apparecchiature per il gioco e che ciò può fare per esigenze di tutela della salute, della quiete pubblica, ovvero della circolazione stradale”.

Per la Consulta, la medesima conclusione si impone anche per le ordinanze sindacali concernenti l’imposizione di distanze minime delle sale da gioco rispetto ai cosiddetti luoghi sensibili, trattandosi di potere riconducibile “alla potestà degli enti locali in materia di pianificazione e governo del territorio, rispetto alla quale la Costituzione e la legge ordinaria conferiscono al Comune le relative funzioni”. Ed invero, come riconosciuto dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 10 maggio 2012, n. 2710), l’esercizio del potere di pianificazione non può essere inteso solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, ma deve essere ricostruito come intervento degli enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo ed armonico del medesimo, che tenga conto sia delle potenzialità edificatorie dei suoli, sia di valori ambientali e paesaggistici, sia di esigenze di tutela della salute e quindi della vita salubre degli abitanti.

Ne discende che il legislatore, richiamando all’art. 1, comma 936, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 l’intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, per definire “le caratteristiche dei punti vendita ove si raccoglie il gioco pubblico, nonché i criteri per la loro distribuzione e concentrazione territoriale”, ha perseguito le finalità di garantire i migliori livelli di sicurezza per la tutela della salute, dell’ordine pubblico e della pubblica fede dei giocatori e di prevenire il rischio di accesso dei minori di età al gioco per il tramite di uno strumento convenzionale che vincoli i diversi livelli di governo – centrale, regionale e delle autonomie locali – ad un esercizio omogeneo e teleologicamente orientato delle diverse potestà normative ed amministrative di cui i predetti livelli sono rispettivamente titolari. Tra dette potestà rientra ovviamente anche quella sindacale di disciplina degli orari delle sale giochi e degli esercizi nei quali sono installate apparecchiature da gioco attraverso lo strumento dell’ordinanza di cui all’art. 50, comma 7, del d. lgs. n. 267 del 2000.

6.5 Nella suindicata cornice normativa si colloca l’ordinanza sindacale impugnata, con la quale, in dichiarata attuazione dell’art. 50, commi 5 e 7, del d. lgs. n. 267 del 2000, il Sindaco di Monza ha disposto, a partire dal 15° giorno dalla data di pubblicazione, la “interruzione in tutti i giorni, compresi i festivi, degli orari di esercizio delle sale gioco autorizzate ex art. 86 e 88 del T.U.L.P.S.” nonché “degli apparecchi di intrattenimento e svago con vincita in denaro di cui all’art. 110, comma 6, lettere a) e b) del T.U.L.P.S.”, dalle ore 23.00 alle ore 14.00, pertanto autorizzandone l’esercizio soltanto nella fascia oraria compresa tra le ore 14.00 e le ore 23.00.

Si tratta di una disciplina oraria particolarmente restrittiva che, per quanto già sopra evidenziato e riconosciuto anche dal Comune di Monza con la memoria difensiva del 15 luglio 2019, contrasta con l’espressa previsione dell’Intesa in Conferenza Unificata del 7 settembre 2017 secondo cui gli Enti locali possono stabilire “per tipologie di gioco delle fasce orarie fino a 6 ore complessive di interruzione quotidiana di gioco”.

Ad avviso del Comune di Monza – che richiama sul punto pertinenti precedenti giurisprudenziali – detto contrasto non potrebbe comunque avere effetto invalidante dell’ordinanza sindacale impugnata, giacché l’Intesa del 7 settembre 2017 non è stata ancora recepita con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze e, pertanto, è allo stato priva di qualsiasi valore cogente.

6.6 La tesi difensiva del Comune di Monza trova addentellati in un primo indirizzo giurisprudenziale, secondo cui la conclusione dell’Intesa raggiunta in Conferenza Unificata tra Governo, Regioni ed Enti Locali in data 7 settembre 2017, in attuazione dell’art. 1, comma 936, della Legge di Stabilità per il 2016, non può spiegare efficacia invalidante delle ordinanze sindacali successive, considerato che l’intesa de qua è, allo stato, priva di valore cogente perché non recepita da alcun atto normativo. E invero, ai sensi dell’art. 1, comma 936, della legge n. 208 del 2015 le intese raggiunte in seno alla Conferenza Unificata devono essere recepite con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, sentite le Commissioni parlamentari competenti: tale decreto ministeriale, a tutt’oggi, non è stato ancora adottato, sicché la mera conclusione dell’Intesa, recante la “Proposta di riordino dell’offerta del gioco lecito” (sempre modificabile in mancanza di recepimento), non può determinare l’illegittimità di eventuali ordinanze sindacali recanti discipline con essa contrastanti.

A ciò è stato aggiunto che la cennata “Proposta di riordino dell’offerta del gioco lecito” contempla un complessivo riordino della materia e, oltre a stabilire un’apertura giornaliera minima di tutti i punti di gioco, prevede anche una significativa riduzione dell’offerta del gioco lecito, sia dei volumi che dei punti vendita, sicché risulterebbe arbitrario e contrario allo spirito dell’Intesa predicarne un’applicazione atomistica o parcellizzata (cfr. T.A.R. Veneto, sez. III, 18 aprile 2018, n. 417; T.A.R. Lazio, sez. II, 25 febbraio 2019, n. 2546; Id. 18 febbraio 2019, n. 2132; T.A.R. Marche, sez. I, 17 maggio 2019, n. 325).

6.7 In senso diametralmente opposto si è espresso altro indirizzo giurisprudenziale (cfr. T.A.R. Lazio, sez. II-bis, 5 febbraio 2019, n. 1460; Id., 21 maggio 2019, n. 6260), specificamente richiamato dalla ricorrente nell’atto di gravame, secondo il quale all’Intesa perfezionata in Conferenza Unificata il 7 settembre 2017, pur non potendosi attribuire efficacia cogente in virtù della mancata emanazione del decreto ministeriale di recepimento, non può essere disconosciuta una certa forza vincolante per le parti che l’hanno sottoscritta, in quanto espressione di principi e regole comuni che in sede di Conferenza Unificata hanno trovato mediazione e composizione attraverso la sintesi delle posizioni e degli interessi di cui i vari soggetti erano portatori, dettando linee di indirizzo uniformi per la futura azione di tali enti, anche al fine di creare un quadro regolatorio omogeneo sul territorio nazionale.

Poiché alla Conferenza Unificata sono, in linea generale, attribuite funzioni di informazione, consultazione, raccordo, consultive, oltre che di adozione di intese e accordi tra lo Stato e gli enti territoriali nelle materie di interesse comune, e l’intesa costituisce lo strumento che assicura la partecipazione ed il coinvolgimento degli enti in materie di loro interesse, attuando un procedimento amministrativo concertato, aperto alla partecipazione dei diversi livelli di governo interessati dalla materia sulla base del principio di leale collaborazione che ispira il rapporto tra gli enti stessi, la conclusione, in sede di Conferenza Unificata, di intese – cui, dalla richiamata norma legislativa, è affidato specificamente il compito di definire i criteri per la distribuzione e concentrazione del gioco pubblico – costituisce, quindi, la sede normativamente prevista per l’adozione di una disciplina uniforme, ponendo un criterio procedurale, di natura concertativa, finalizzato ad individuare specifiche misure e modalità in materia di offerta di gioco da valere in modo uniforme sull’intero territorio nazionale al fine di garantire l’omogeneità della disciplina, consentendo ai singoli enti di operare nell’ambito dello schema delle misure concordate e di esercitare la rispettive funzioni negli spazi lasciati liberi dall’intesa.

Ciò è tanto più rilevante nei casi in cui, come nella materia del gioco pubblico, sussiste una riserva statale in ordine alla regolamentazione dell’esercizio dei giochi e delle scommesse, all’attribuzione delle relative concessioni, alle implicazioni di ordine pubblico e pubblica sicurezza, mentre agli enti locali – per come affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 220 del 9 luglio 2014 – è riconosciuto il potere di disciplinare gli orari delle sale giochi e degli esercizi nei quali sono installate apparecchiature per il gioco per esigenze di tutela della salute, della quiete pubblica e della circolazione stradale, nonché il potere di limitare la distribuzione sul territorio del gioco attraverso l’imposizione di distanze minime rispetto a luoghi sensibili, essendo tale potere riconducibile alla potestà degli enti locali in materia di pianificazione e governo del territorio, le cui funzioni sono conferite, sia dalla Costituzione che dalla legge ordinaria, ai Comuni, concernendo in senso lato gli interessi della comunità locale.

Ne discende che, in presenza di una disposizione legislativa – come quella di cui all’art. 1, comma 936, della legge n. 208 del 2015 – che attribuisce alla Conferenza Unificata una funzione anche amministrativa, in una materia che incide su una pluralità di competenze concorrenti ed interseca più materie, le relative decisioni, ancorché non ancora recepite in un decreto ministeriale e fintano che tale recepimento non intervenga, assumono comunque il valore di parametro di riferimento per l’esercizio, da parte delle Amministrazioni locali, delle loro specifiche competenze – peraltro espressamente riconosciute dall’Intesa – in materia di disciplina degli orari di apertura delle sale gioco e di funzionamento degli apparecchi da gioco.

Di qui la conclusione che “la mancata adozione del previsto decreto di recepimento non priva l’Intesa di qualsivoglia rilievo, e ciò in ragione del carattere condiviso del relativo contenuto, adottato allo scopo di dettare una disciplina uniforme ed omogenea sul territorio nazionale in esito al bilanciamento e ponderazione degli interessi di cui i soggetti partecipanti sono portatori, dovendo ritenersi le misure ivi previste come adottate in esito ad un giudizio di adeguatezza, necessità e proporzionalità atto a contemperare la polifonia di interessi coinvolti, convogliati in una decisione comune, la quale assume valenza di necessario parametro per l’esercizio dell’attività amministrativa. Pur non rivestendo, quindi, l’Intesa, valore cogente – per non essere stata ancora recepita – la stessa assume la valenza di norma di indirizzo per l’azione degli Enti locali, costituendo al contempo parametro per valutare la legittimità dei provvedimenti dagli stessi adottati in materia” (così T.A.R, Lazio, sez. II-bis, n. 1460 del 2019).

Sulla medesima lunghezza d’onda si colloca quella giurisprudenza amministrativa che, pronunciando sulla legittimità di ordinanze sindacali limitative dell’orario di apertura di sale gioco e di esercizio di apparecchi di intrattenimento di cui all’art. 110, comma 6, del T.U.L.P.S. rispettose del tetto massimo orario giornaliero di interruzione del gioco fissato dall’Intesa del 7 settembre 2017, ha individuato in dette previsioni un parametro significativo di ragionevolezza della previsione di chiusura o spegnimento per sei ore al giorno. In altri termini, il richiamo al limite massimo ritenuto corretto e lecito anche nella massima sede di coordinamento amministrativo tra Stato, Regioni ed Enti locali in cui si è perfezionata l’Intesa, configura “un elemento di rafforzamento della scelta discrezionale operata dall’Amministrazione, anche a prescindere dal completamento dell’iter per rendere la stessa giuridicamente vincolante” (cfr. T.A.R. Toscana, sez. II, 9 gennaio 2019, n. 21).

6.8 Osserva il Collegio che nell’attuale cornice normativa, anche di rango costituzionale, non può darsi seguito all’orientamento giurisprudenziale che, con l’efficacia cogente, nega altresì rilievo all’Intesa del 7 settembre 2017 quale parametro per misurare la legittimità delle ordinanze sindacali limitative dell’orario di apertura delle sale gioco e di esercizio degli apparecchi di intrattenimento di cui all’art. 110, comma 6, del T.U.L.P.S. sul mero presupposto del suo mancato recepimento con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

Per giurisprudenza costituzionale ormai sedimentata (cfr. C. Cost. 25 novembre 2016, n. 251), il “sistema delle conferenze” configura invero il principale strumento che consente alle Regioni ed agli Enti locali di avere un ruolo nella determinazione del contenuto di taluni atti legislativi statali che incidono su materie di competenza regionale ed una delle sedi più qualificate per l’elaborazione di regole destinate ad integrare il parametro della leale collaborazione tra i diversi livelli di governo, centrale e locale. In armonia con tali indicazioni, nelle pronunce della Consulta si rinviene “il riconoscimento, ripetutamente operato da questa Corte, dell’intesa in sede di Conferenza unificata, quale strumento idoneo a realizzare la leale collaborazione tra lo Stato e le autonomie, qualora non siano coinvolti interessi esclusivamente e individualmente imputabili al singolo ente autonomo” (cfr. C. Cost. n. 251 del 2016, che richiama la precedente sentenza n. 1 del 2016).

Per questa ragione, le procedure di consultazione che conducono alle intese devono “prevedere meccanismi per il superamento delle divergenze, basati sulla reiterazione delle trattative o su specifici strumenti di mediazione” (cfr. C. Cost. n. 1 del 2016 e n. 121 del 2010), sebbene tale reiterazione al fine di raggiungere un esito consensuale, non comporta in alcun modo che lo Stato abdichi al suo ruolo di decisore, nell’ipotesi in cui le strategie concertative abbiano esito negativo e non conducano a un accordo (cfr. C. Cost. n. 7 del 2016, n. 179 del 2012, n. 165 del 2011).

Traslando i superiori principi all’odierno gravame e focalizzando l’attenzione sulla previsione normativa di cui all’art. 1, comma 936, della legge n. 208 del 2015, ne discende che il procedimento descritto dal legislatore per pervenire ad una disciplina omogenea sul territorio nazionale concernente le caratteristiche dei punti vendita ove si raccoglie il gioco pubblico, nonché i criteri per la loro distribuzione e concentrazione territoriale, rinviene nell’intesa lo strumento consensuale prescelto per realizzare la leale collaborazione tra i diversi livelli di governo, tutti muniti di competenze settoriali (normative ed amministrative: cfr. C. Cost. 11 maggio 2017, n. 108, in ordine alla autonoma potestà legislativa delle regioni in questa materia), e nella Conferenza Unificata la sede elettiva in cui pervenire alla sintesi delle distinte posizioni istituzionali, per meglio perseguire gli obiettivi dichiarati dei massimi livelli di sicurezza per la tutela della salute, dell’ordine pubblico e della pubblica fede dei giocatori e di prevenzione del rischio di accesso al gioco dei minori di età.

Con l’ulteriore corollario che, sebbene il suindicato procedimento non possa dirsi concluso finché non venga emanato il decreto di recepimento dell’intesa da parte del Ministro dell’economia e delle finanze, e pertanto a quest’ultima non possa essere attribuita sino a tale data efficacia cogente nel senso previsto dalla disposizione legislativa, è innegabile che l’intesa perfezionata in Conferenza Unificata ai sensi dell’art. 9, commi 1 e 2, lett. b), del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, mantenga la sua intrinseca natura di strumento consensuale con cui i diversi livelli di governo, nell’ottica della leale collaborazione istituzionale e per un più efficace perseguimento di interessi condivisi, si autovincolano per l’esercizio omogeneo e coordinato delle rispettive potestà normative ed amministrative concernenti una determinata materia.

In questa prospettiva, non può non assumere rilievo che con l’Intesa del 7 settembre 2017, Governo, Regioni ed Enti locali, all’esito di un serrato e non breve confronto analiticamente descritto nel preambolo del documento della Conferenza Unificata, hanno, tra l’altro deciso, di rimettere agli Enti locali la facoltà di stabilire – per tipologie di gioco – delle fasce orarie di interruzione quotidiana del gioco stesso, fissando il limite massimo per l’esercizio di detta potestà di “6 ore complessive” e prevedendo, per una più ampia omogeneizzazione dei trattamenti disciplinatori sul territorio nazionale, che la distribuzione oraria delle fasce di interruzione vada definita d’intesa con l’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

In altri termini, il mancato recepimento dell’Intesa del 7 settembre 2017 con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze come previsto dall’art. 1, comma 936, della legge n. 208 del 2015, non può togliere al citato atto quel suo valore intrinseco che gli deriva dall’essere strumento consensuale, riconosciuto in via generale dalla legge (art. 9, commi 1 e 2, lett. b) del d. lgs. n. 281 del 1997) e dalla giurisprudenza costituzionale, di raccordo di potestà allocate a diversi livello di governo e, nel contempo, di sintesi di interessi eterogeni per il migliore perseguimento di obiettivi istituzionali comuni: di ciò dimostra di essere pienamente consapevole il legislatore nazionale che, con disposizioni normative successive al suo perfezionamento, ha richiamato espressamente l’Intesa del 7 settembre 2017, sebbene non formalizzata con decreto ministeriale, quale atto al quale le regioni devono conformare la propria legislazione settoriale (cfr. art. 1, comma 1049, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 – Legge di bilancio 2018).

Pertanto, è convincimento del Collegio che, sulla scia della giurisprudenza amministrativa più recente e con specifico riferimento al contenuto dell’Intesa del 7 settembre 2017 relativo al limite orario massimo giornaliero di interruzione del gioco lecito, dette previsioni costituiscano parametri, condivisi dai vari livelli di governo rappresentati in Conferenza Unificata, di valutazione della adeguatezza e proporzionalità delle misure eventualmente adottate in materia con le ordinanze sindacali di cui all’art. 50, comma 7, del d. lgs. n. 267 del 2000 rispetto allo scopo di salvaguardare la salute dei cittadini ed, in particolare, dei minori a fronte del fenomeno del gioco d’azzardo patologico (cfr. Cons. Stato, sez. V, 13 giugno 2016, n. 2519).

Tale soluzione è l’unica coerente con la più volte evidenziata natura delle intese in Conferenza Unificata, di strumenti di raccordo e di sintesi di potestà normative ed amministrative, oltre che di interessi eterogenei di cui i vari enti rappresentati in Conferenza risultato portatori.

Con specifico riferimento al limite orario massimo giornaliero di interruzione del gioco lecito, anche dalla previsione che impone agli enti locali di acquisire l’intesa dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli sui singoli provvedimenti a valle dell’Intesa di distribuzione oraria delle fasce di interruzione nell’arco della giornata, si evince che esso configura il punto di convergenza tra interessi contrapposti, come quello dell’Amministrazione finanziaria a garantirsi il gettito fiscale derivante dalle attività di gioco lecito, quello imprenditoriale degli operatori e concessionari al libero esercizio della relativa attività economica e quello, presente ai vari livello di governo, alla salvaguardia del diritto alla salute dei giocatori e di prevenzione del fenomeno delle ludopatie, intese come patologie che caratterizzano i soggetti affetti da sindrome da gioco con vincita in denaro, così come definite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

6.9 Tanto rilevato, l’ordinanza sindacale oggetto di gravame, nella parte in cui dispone la interruzione in tutti i giorni, compresi i festivi, degli orari di esercizio delle sale gioco autorizzate e degli apparecchi di intrattenimento e svago con vincita in denaro dalle ore 23.00 alle ore 14.00, senza motivare in ordine alle specifiche ragioni, anche territoriali, emergenti da una approfondita istruttoria procedimentale, che in concreto giustifichino, sul piano della adeguatezza e della proporzionalità, l’adozione di limitazioni orarie più restrittive rispetto a quelle fissate con l’Intesa in Conferenza Unificata del 7 settembre 2017, presta il fianco ai vizi di legittimità denunciati dalla ricorrente.

In primo luogo, l’ordinanza menziona l’art. 6 del regolamento comunale approvato con delibera consiliare n. 76 del 2 luglio 2018, ma quest’ultima disposizione, nel richiamare i poteri sindacali di cui all’art. 50, comma 7, del d. lgs. n. 267 del 2000, per quanto massimamente rileva ai fini del presente scrutinio di legittimità, enuncia i seguenti criteri: a) non avvio degli esercizi prima dell’inizio dell’orario scolastico giornaliero; b) termine delle attività di gioco entro un orario compatibile con le esigenze di tutela della quiete pubblica; c) sospensione delle attività di gioco nelle ore centrali in relazione all’uscita degli alunni degli istituti scolastici e al tempo libero delle fasce più fragili della cittadinanza.

Trattasi all’evidenza di criteri in astratto affatto compatibili con il contenuto dell’Intesa del 7 settembre 2017, che non imponevano, di per sé, l’adozione del regime orario di interruzione giornaliera del gioco di cui alla ordinanza sindacale impugnata.

In secondo luogo, in punto di risultanze istruttorie poste a fondamento delle misure restrittive adottate, l’ordinanza richiama i dati del SERT dell’ASST di Monza relativi al numero di persone assistite affette da patologia ludopatica, quelli del Dipartimento Politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Indagine GPS DPA e del Sistema di sorveglianza nazionale sul disturbo da gioco d’azzardo e quelli acquisiti con l’indagine “Progetto Selfie” commissionata dal Comune di Monza.

Per quanto concerne i dati degli assistiti da parte del SERT dell’ASST di Monza, in disparte la non univocità del periodo di riferimento, essi non sembrano riguardare in via esclusiva il territorio della città di Monza, bensì l’intero territorio della Provincia di Monza Brianza, giacché quest’ultimo rientra nella competenza della predetta Azienda socio sanitaria. Sul punto, nel silenzio dell’ordinanza sindacale gravata, con la memoria di controdeduzioni, il Comune di Monza ha precisato che il numero degli assistiti riguarda il triennio 2016 – 2018, sino al mese di settembre di quest’ultimo anno, e che tra di essi vi sono certamente pazienti non residenti nel territorio comunale.

Quanto ai dati dell’indagine GPS DPA del Dipartimento Politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri, trattasi di indagine svolta sull’intero territorio nazionale e concernente un periodo (anni 2009 – 2015) antecedente alla Intesa del 7 settembre 2017.

Quanto, infine, ai dati del “Progetto Selfie”, trattasi, come precisato nella memoria comunale, delle risultanze di una indagine condotta sugli stili di vita giovanili, mediante la somministrazione di questionari agli studenti di sei istituti scolastici comprensivi monzesi nel periodo febbraio – giugno 2018. Detta indagine ha coinvolto 1548 studenti, con una età media di tredici anni. Ne consegue che i relativi dati, da un lato, riguardano soltanto minori di età (soggetti ai quali, come è noto, è interdetto per legge l’accesso al gioco d’azzardo lecito), dall’altro non attingono, con metodo scientifico, profili sanitari, e segnatamente la dipendenza patologica da gioco d’azzardo, bensì, ed in via esclusiva, il livello di conoscenza in capo ai minori del fenomeno del gioco d’azzardo.

Pertanto, le suindicate risultanze istruttorie, per le ragioni sopra evidenziate, sono palesemente insufficienti, sul piano dello scrutinio di adeguatezza e proporzionalità delle misure adottate, a supportare il regime restrittivo di limitazioni orarie all’esercizio del gioco lecito adottato con l’ordinanza sindacale impugnata per il territorio del Comune di Monza, in deroga alla disciplina recepita nell’Intesa in Conferenza Unificata del 7 settembre 2017.

Alla luce delle precedenti considerazioni in ordine alla natura ed agli effetti scaturenti dall’Intesa, si impone conseguentemente la conclusione che il Comune di Monza, pur nella consapevolezza che “è consentito quindi disciplinare gli orari di funzionamento degli apparecchi da gioco in denaro, in presenza di motivate esigenze di ordine sociale e pubblico che rendano necessario tale intervento” (pag. 5 dell’ordinanza impugnata), è venuto meno allo specifico obbligo motivazionale e, prima ancora, a quello di espletare una approfondita istruttoria riferita al territorio comunale, in ordine alla sussistenza di quelle ragioni che, nell’ottica dell’Amministrazione comunale procedente, giustificavano la deroga al regime orario recepito nell’Intesa del 7 settembre 2017, e segnatamente al limite massimo di interruzione quotidiana del gioco lecito su cui si è registrata la convergenza di Governo, Regioni ed Enti locali.

6.10 In conclusione, l’accertata fondatezza della seconda e terza censura, assorbite le altre, impone l’accoglimento del ricorso straordinario e l’annullamento dell’ordinanza sindacale n. 211 del 30 novembre 2018, facendo salvi gli eventuali ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.

P.Q.M.

esprime il parere che il ricorso debba essere accolto, nei termini e limiti indicati in motivazione.

 

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giuseppe Chine’ Paolo Troiano

IL SEGRETARIO

Maria Cristina Manuppelli

 

 

 

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