26 Dicembre 2024 - 01:35

Governo M5S-Lega pronto al Giuramento; l’Ue risponde con il ‘Contratto contro il populismo’

Dopo una settimana di tira e molla e oltre 80 giorni di consultazioni, il Presidente della Repubblica e la neo-alleanza Lega-M5S riescono a trovare l’accordo sulla formazione del Governo della

01 Giugno 2018

Dopo una settimana di tira e molla e oltre 80 giorni di consultazioni, il Presidente della Repubblica e la neo-alleanza Lega-M5S riescono a trovare l’accordo sulla formazione del Governo della XVIII Legislatura, un governo tutto politico che, porterà avanti il Contratto proposto dallo schieramento nelle ultime settimane.

Strano ma vero, se la questione Europa/euro aveva portato Sergio Mattarella a mettere il veto sul nascente Esecutivo per via di quel nome, Paolo Savona, tanto ostico alle agenzie di rating quanto all’Unione europea, è bastato spostarlo al Ministero per gli Affari Europei, per sbloccare l’impasse. Un Governo cui il Presidente della Repubblica, forse ha dovuto cedere, per via della difficoltà di indire nuove elezioni o di trovare una squadra che seppur tecnica o di scopo riuscisse ad avere i numeri del Parlamento.

 

Ma a questo punto intervene direttamente l’Unione europea che, seppur nelle ultime settimane aveva, tramite i suoi esponenti, lanciato accuse e critiche nei confronti della situazione italiana, decide ora di contrapporre al Contratto M5S-Lega Nord, il ‘Contratto contro il populismo’ che sta imperversando in Europa e che alle prossime elezioni europee del 2019 potrebbe portare a cambiare il volto dell’Unione per come la conosciamo oggi, visto che con ogni probabilità i partiti populisti ed euroscettici cercheranno di affermarsi anche nei palazzi del potere di Bruxelles.

 

Ieri, parlando a Strasburgo di fronte alla sessione plenaria del Parlamento Europeo, il politico lussemburghese a capo dell’esecutivo Ue lancia un appello generale contro i populismi di ogni colore: “Entro un anno gli europei avranno votato per un nuovo parlamento europeo di cui nessuno conoscerà la composizione e che sarà differente da quella attuale, cosa che mi fa nutrire qualche inquietudine – scandisce Juncker di fronte all’aula dell’Europarlamento -. E vorrei che tutti noi ci impegnassimo in una sorta di contratto contro il populismo galoppante che possiamo vedere in Europa e in tutti i Paesi, compreso il mio”.

 

Sta di fatto che questo pomeriggio alle ore 16,00 al Quirinale il nuovo Governo  presterà il suo giuramento e si riprenderà in mano quel contratto, visto dai critici  come irrealizzabile in troppi punti, che in materia di giochi nelle pochissime righe inserite nasconde importanti interventi: “Con riguardo alla problematica del gioco d’azzardo – si legge nel contratto – sono necessarie una serie di misure per contrastare il fenomeno della dipendenza che crea forti danni sia sociosanitari che all’economia sana, reale e produttiva, tra le quali:

  • divieto assoluto di pubblicità e sponsorizzazioni;
  • trasparenza finanziaria per le società dell’azzardo;
  • strategia d’uscita dal machines gambling (Slot machines, videolottery) e forti limitazioni alle forme di azzardo con puntate ripetute;
  • obbligo all’utilizzo di una tessera personale per prevenire l’azzardo minorile;
  • imposizione di limiti di spesa;
  • tracciatura di flussi di denaro per contrastare l’evasione fiscale e infiltrazioni mafiose.

 

E’ necessaria una migliore regolamentazione del fenomeno, prevedendo il rilascio dell’autorizzazione all’installazione delle slot machine – VLT solo in luoghi ben definiti (no bar, distributori ecc), la limitazione negli orario di gioco e l’aumento della distanza minima dai luoghi sensibili (come scuole e centri di aggregazione giovanile)”.

 

Ma chi sono i nomi dei Ministri scelti? Vediamo i loro profili:

 

Sottosegretario alla presidenza del Consiglio: Giancarlo GiorgettiCome riporta Il Fatto Quotidiano – Potrebbe avere la delega ai Servizi segreti e allo Sport. Ha 51 anni, è parlamentare da sei legislature, è stato eletto per la prima volta nel 1996. Segretario della Lega Lombarda dal 2002 al 2012, ha attraversato tutte le stagioni del partito, fedele prima a  Bossi, poi a Maroni e infine a Salvini. Laureato in Economia alla Bocconi, commercialista e revisore, è stato presidente della commissione Bilancio della Camera dal 2001 al 2006 e dal 2008 al 2013. Nel 2001 è stato il principale autore della legge 40 del 2004 sulla procreazione assistita, poi smontata quasi del tutto dalla Corte costituzionale. Cugino del banchiere Massimo Ponzellini, è stato tra l’altro nel cda della Credieuronord: dopo il crac della “banca del nord” fu indagato e assolto. Di quegli anni è il suo contatto con Gianpiero Fiorani della Banca Popolare di Lodi: lo stesso Fiorani nel 2004 si presentò nell’ufficio di Giorgetti alla Camera con 100mila euro in contanti, mentre Giorgetti era assente. Il deputato leghista restituì la mazzetta, ma non denunciò mai ai carabinieri il tentativo di corruzione. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel 2013 lo scelse nel “gruppo dei saggi” per le riforme istituzionali. Schivo e silenzioso, restio ai talk-show televisivi. Ha ricoperto incarichi in diverse partecipate e società pubbliche, è considerato “l’uomo delle nomine”. Qui il ritratto di Alessandro Madron.

 

Esteri: Enzo Moavero Milanesi – Giurista, avvocato, 64 anni, originario della provincia di Lodi, la sua famiglia ha un legame con Luigi Bocconi. E’ da sempre vicino a Mario Monti, del quale è stato capo di gabinetto già quando il Professore ricoprì l’incarico di commissario europeo tra il 1995 e il 2000. E’ considerato uno dei massimi esperti di diritto comunitario in Italia e non solo, materia che ha insegnato alla Sapienza, alla Luiss e alla Bocconi. E’ stato ministro per gli Affari Europei nei governi guidati da Monti e da Enrico Letta, ma il primo incarico da sottosegretario agli Affari europei lo ha ricevuto nel 1994 da Carlo Azeglio Ciampi, nello stesso governo di cui faceva parte anche Paolo Savona (che guidò il ministero dell’Industria). Tra i suoi incarichi anche quello di vicesegretario generale della Commissione europea (2002-2005), di giudice alla Corte di giustizia dell’Unione Europea e di componente della “commissione dei saggi” nominata dal presidente Giorgio Napolitano nel 2013. E’ stato il consigliere di Palazzo Chigi durante il governo Gentiloni per “la promozione della dislocazione a Milano della sede dell’Agenzia europea per i medicinali”: come noto la sede è finita ad Amsterdam. Si candidò, senza essere eletto, con Scelta Civica. E’ stato definito “l’eurocrate più potente d’Italia” e il “Gianni Letta di Monti”. Quando diventò ministro, secondo le cronache del Corriere, preferì una Lancia Delta alla Bmw come auto di servizio in dotazione e rifiutò una scrivania appartenuta a Benito Mussolini: “Sono antifascista, non la voglio”, spiegò.

 

Interno: Matteo Salvini – E’ iscritto alla Lega Nord dal 1990: aveva 17 anni. E’ stato eletto per la prima volta al consiglio comunale nel 1993, seggio che manterrà per 19 anni. E’ stato per due volte europarlamentare. La formazione giovanile è in movimenti di estrema sinistra, tanto da fondare la corrente leghista dei Comunisti Padani. Lo spostamento verso destra è stato progressivo. Dal dicembre 2013 è segretario della Lega Nord, riconfermato nel maggio 2017. La gestione del partito è stata contraddistinta da un rinnovamento della classe dirigente (mantenendo però le figure di riferimento come Calderoli o lo stesso Giorgetti) e soprattutto da uno spostamento delle linee-guida del partito da posizioni “nordiste” a posizioni “sovraniste”, tanto da eliminare la parola Nord dal nome. Ha concentrato l’attività del partito sulla difesa dei pensionati e dei risparmiatori e soprattutto, naturalmente, su sicurezza e immigrazione, che non a caso rappresentano una grossa parte del contratto di governo di M5s e Lega. E per questo avrà la guida del Viminale, dove avrà il primo banco di prova da amministratore dopo le esperienze meno complicate a Palazzo Marino e da europarlamentare sempre all’opposizione. Tra le altre dichiarazioni, nel merito, si ricordano quelle del Ferragosto di due anni fa quando dal palco di Ponte di Legno disse che serve “ripulire le città dagli immigrati” e “dare mano libera a carabinieri e polizia”. Dopo la morte dell’ex capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi lo ricordò come “un traditore dell’Italia e degli italiani”. Oltre a guidare il Viminale, sarà anche vicepresidente del Consiglio.

 

Economia e Finanze: Giovanni Tria – Romano, 69 anni, laureato in giurisprudenza, ma docente di Economia, Macroeconomia, Storia dell’economia, Economia Politica alla Sapienza, a Perugia e a Tor Vergata, dove dal 2017 è anche preside della facoltà. Ha collaborato per anni con diversi ministeri (Economia, Esteri, Funzione Pubblica, Lavoro) ed è stato anche presidente della Scuola nazionale dell’amministrazione di Palazzo Chigi. E’ stato anche membro per due volte (2002-2006 e 2009-2012) dell’Oil, l’Organizzazione internazionale del lavoro, un’agenzia specializzata delle Nazioni Unite.

 

E’ considerato eurocritico ma non sulla moneta unica. Sulla flat tax pensa che serva una misura graduale. Ha collaborato per anni con il Foglio e con Formiche.net, ma suoi interventi sono stati pubblicati sul Sole 24 Ore, uno dei quali a doppia firma con Renato Brunetta. E’ membro del comitato scientifico della Fondazione Magna Carta, il cui presidente è l’ex ministro Gaetano Quagliariello. Viene definito vicino anche a Maurizio Sacconi, anche lui ex ministro del centrodestra.

 

Lavoro-Sviluppo economico: Luigi Di Maio – Negli 88 giorni di trattative che hanno portato all’accordo sul governo era stato dato in corsa per molte caselle: non solo quella di presidente del Consiglio, come richiesto in un primo momento, ma si era anche ipotizzato un suo approdo al ministero degli Esteri. Nato ad Avellino, ma cresciuto a Pomigliano d’Arco, 32 anni da compiere, è stato eletto in Campania come deputato per la seconda volta. Non è laureato: diplomato al liceo classico, ha frequentato la facoltà di Giurisprudenza alla Federico II di Napoli senza però terminare gli studi. Dal 23 settembre scorso è il capo politico del Movimento 5 stelle dopo aver vinto le primarie online tra gli iscritti: una incoronazione avvenuta quasi senza avversari e che ai tempi aveva rappresentato un cambio epocale per il M5s. Salvo cambiamenti delle regole interne, questo è l’ultimo mandato in Parlamento e una volta terminata la legislatura non potrà più ricandidarsi. La deroga era stata ipotizzata solo nel caso in cui si fosse tornati alle urne senza nemmeno o quasi far insediare l’assemblea. Di Maio è ormai leader affermato dentro il Movimento anche se in passato non sono mancati malumori, soprattutto per il suo dualismo con Roberto Fico. Quest’ultimo, ora presidente della Camera, è considerato esponente degli ortodossi e aveva sempre chiesto più dialogo e condivisione delle decisioni. Di Maio ha gestito la partita dell’esecutivo principalmente con il suo braccio destro Vincenzo Spadafora. Oltre a guidare il “super-ministero”, sarà anche vicepresidente del Consiglio.

 

Giustizia: Alfonso Bonafede – Ha fatto tutta la campagna elettorale come potenziale ministro della Giustizia del governo M5s. Un sogno che si realizza per il Movimento 5 stelle: avere un guardasigilli in quota grillina per riuscire a realizzare quelli che sono i punti fondamentali e fondanti del programma 5 stelle. Di Mazara del Vallo (Sicilia), poi trasferito a Firenze dove diventa avvocato (anche per i No Tav), 42 anni, è stato uno degli attivisti della prima ora e addirittura corse contro Matteo Renzi da sindaco nel 2009. Nel 2013 è stato eletto deputato e velocemente è finito presto tra i parlamentari più influenti, senza però essere scelto per il primo direttorio. E’ stato poi voluto da Di Maio all’interno della sua cerchia come uno dei più fidati. E’ stato lui a proporre alcune misure del contratto di governo sulla giustizia: Daspo per i corrotti, misure anticorruzione, riforma della prescrizione e del rito abbreviato, agente provocatore, conflitto di interesse. Sono cavalli di battaglia dei 5 stelle, ispirati tra gli altri dal pm antimafia Nino Di Matteo o dall’ex pm di Tangentopoli (e ora giudice in Cassazione) Piercamillo Davigo. In realtà sul tavolo da ministro finiranno le misure inserite nel contratto dalla Lega per la sicurezza (come la legittima difesa e l’aumento delle pene per reati come il furto). Il primo punto in programma è tra l’altro la riforma dell’ordinamento penitenziario del governo precedente, mai approvata dal Parlamento per l’opposizione proprio di M5s e Lega e nonostante le pressioni del Quirinale. E’ stato lui a portare Giuseppe Conte, ora suo presidente del Consiglio, nell’orbita dei Cinquestelle.

 

Pubblica amministrazione: Giulia Bongiorno – Palermitana, 52 anni, avvocato penalista. Senatrice della Lega. L’esordio al grande pubblico è legato a una triplice esultanza degna di un radiocronista sportivo: “Presidente, assolto, assolto, assolto”. E’ anche alla più antica delle fake news legate ai rapporti tra politica e giustizia. Ad essere stato assolto, infatti, secondo l’avvocato era uno dei suoi primi clienti, il più celebre: Giulio Andreotti. Insieme al professor Franco Coppi, l’allora giovanissima penalista siciliana assunse la difesa del sette volte presidente del consgilio accusato di contiguità a Cosa nostra. Era il cosiddetto processo del secolo: Andreotti fu assolto in primo grado e poi prescritto per i fatti precedenti al 1980 in appello. Sentenza confermata dalla Cassazione nel 2003, quando Bongiorno diventa nota prorpio per la celebre esultanza a favore di telecamera. Poco importa che in realtà la Suprema corte avesse confermato i rapporti tra Andreotti e i boss in epoca precedente all’80.

 

Da allora comincia una carriera rampante che la porterà a essere protagonista di casi molto seguiti dai media: ha difeso tra gli altri Raffaele Sollecito, il calciatore Stefano Bettarini e l’ex ct della Nazionale Antonio Conte, i cantautori Tiziano Ferro e Gianna Nannini, Ezio Greggio, persino il collega Niccolò Ghedini, archiviato nel Ruby ter.

 

Non è alla prima esperienza politica. Nel 2006 sbarca in Parlamento con Alleanza Nazionale, che nel 2008 la spinge fino alla presidenza della commissione giustizia della Camera. Nel 2010, quindi, decide di seguire Gianfranco Fini in Futuro e Libertà e alla fine della legisltatura si ricandida – senza successo – al Senato in sostegno di Mario Monti. Tenta anche di diventare presidente del Lazio ma la sua lista si ferma al 4,7%. Abbandona la politica prima di essere rieletta senatrice con la Lega. Salvini ha deciso di puntare su di lei per il ministero dei Rapporti con il Parlamento. È tra l’altro membro del cda della Juventus.

 

Difesa: Elisabetta Trenta – Romana di Velletri, 51 anni, era stata nominata nel possibile governo M5s presentato durante la campagna elettorale. Non è appartenente alle forze dell’ordine, ma è considerata una grande esperta di difesa, sicurezza e cooperazione internazionale. Insegna all’università Link Campus. E’ stata political advisor per il ministero degli Esteri in Iraq (2005 e 2006) su incarico del ministero degli Esteri guidato da Gianfranco Fini. E’ stata poi country advisory per la Difesa in Libano (2009). Milita nel M5s dal 2013, è stata candidata nel Lazio alle ultime Politiche senza essere eletta, ma ha vecchissime esperienze da consigliera comunale nel Ccd e in altre forze centriste ex democristiane. Tra i primi punti da chiarire ci sarà un possibile, presunto, conflitto di interessi raccontato nei giorni scorsi da Repubblica: suo marito è un colonnello dei carabinieri che guida Segredifesa, l’ufficio del ministero che, insieme alla direzione nazionale armamenti, si occupa di tutti i contratti delle forze armate.

 

Durante la presentazione pubblica con Di Maio ha spiegato alcuni obiettivi: “Dovremo rendere le forze armate più efficaci e più efficienti; il tutto rimanendo in linea con i costi. Dobbiamo coordinarci con le altre istituzioni nazionali e internazionali, con gli alleati e con i partner”. Stando al contratto di governo dovrà occuparsi de “tutela del personale delle Forze armate (quindi il ricongiungimento familiare)”; “la tutela dell’industria italiana” (ovvero finanziamento della ricerca e dell’implementazione del know how nazionale in ambito non bellico); nuove assunzioni sia tra i carabinieri sia per la Difesa. Ma soprattutto, le si chiederà di “rivalutare la presenza dei contingenti italiani nelle singole missioni internazionali geo politicamente e geograficamente distanti dall’interesse nazionale”. Suo fratello, Paolo Trenta, anche lui M5s, è candidato-sindaco a Velletri.

 

Ambiente: Sergio Costa – I 5 stelle riescono a mettere uno dei loro anche sulla poltrona dell’Ambiente e non una pedina a caso, ma con uno dei simboli della campagna elettorale: Sergio Costa, 59 anni, generale di brigata dell’Arma dei carabinieri e comandante della Regione Campania dei carabinieri forestali. Laureato in Scienze Agrarie, master in Diritto dell’Ambiente e specializzato in investigazioni ambientali, da sempre impegnato nel contrasto alle ecomafie e al clan dei Casalesi. E’ così che venne presentato dai grillini ai propri elettori: “Ha scoperto”, continua il testo di presentazione, “la più grande discarica di rifiuti pericolosi di Europa seppellita nel territorio di Caserta, mettendo a nudo gli opachi rapporti delinquenziali nell’ambito dei rifiuti tossici. Ha anche scoperto la discarica dei rifiuti nel territorio del Parco Nazionale del Vesuvio“. Inoltre, si legge, “ha operato attivamente nell’ambito di indagini internazionali sempre nell’ambito di traffico illecito di rifiuti nocivi. Ha collaborato con la Direzione Nazionale Antimafia nello svolgimento di analisi investigative ambientali sull’intero territorio nazionale”. E’ stato molto critico con lo scioglimento del Corpo forestale nell’Arma dei carabinieri per effetto della Riforma Madia.

 

Salute: Giulia Grillo – Presenza silenziosa dietro Luigi Di Maio durante le consultazioni per il governo, Grillo in passato si è fatta conoscere per i suoi interventi alla Camera. E la maggior parte erano appunto sulla sanità. Originaria di Catania, 42 anni, laureata in Medicina e chirurgia con una specializzazione in Medicina legale, anatomopatologa, è un’attivista della prima ora. Ha già svolto un mandato in Parlamento nella scorsa legislatura ed è stata anche portavoce del gruppo: proprio in quel frangente si è fatta apprezzare dai suoi, per i modi definiti “moderati“, ma al tempo stesso incisivi. Ma soprattutto le è stata riconosciuta la capacità di gestire il gruppo, tanto da farla diventare la prima capogruppo a Montecitorio in questo secondo mandato. Stando al programma del governo, dovrà intervenire sui metodi di selezione dei dirigenti sanitari, sulla riduzione del ticket e spingere per un piano di assunzioni. Quanto ai vaccini, è stata contraria al decreto Lorenzin, ma in un’intervista a ridosso delle elezioni del 4 marzo ha detto che “l’obbligo è una giusta misura in caso di aumento contagi o di crollo delle coperture”.

 

Affari regionali: Erika Stefani – Vicentina di Valdagno, 47 anni da compiere, fa politica da quasi vent’anni. E’ stata eletta per la prima volta consigliera comunale nella piccola Trissino con una lista civica. Poi ha aderito alla Lega. E’ entrata per la prima volta in Parlamento nel 2013, eletta al Senato, dov’è stata rieletta il 4 marzo attraverso il collegio uninominale. E’ avvocata: nella scorsa legislatura ha fatto parte della commissione Giustizia e della Giunta per le immunità nelle quali ha sempre tenuto la linea tradizionale del centrodestra. Tra i vari casi, quello della decadenza da senatore di Silvio Berlusconi, contro la quale la Stefani si espresse a nome della Lega: “Forse alla fine sono più i dubbi e le perplessità che non le certezze. I dubbi e le perplessità sono sulla costituzionalità della Legge Severino” disse tra l’altro. Stesso atteggiamento tenuto contro la decadenza di Augusto Minzolini.

 

Agricoltura: Gianmarco Centinaio – Pavese, 46 anni. Direttore commerciale di un’agenzia turistica. E’ stato vicesindaco di Pavia dal 2009 al 2013 nella giunta di centrodestra guidata da Alessandro Cattaneo (Forza Italia). E’ diventato capogruppo della Lega nel 2014 quando ha sostituito Massimo Bitonci, eletto sindaco di Padova. E’ uno dei più fedeli a Matteo Salvini e alla sua linea, ricevendo anche incarichi di commissario di Noi con Salvini per esempio nel Lazio. Protagonista di molte proteste plateali della Lega nell’Aula del Senato, nella scorsa legislatura in diverse occasioni si è ritrovato a scontrarsi con il presidente del Senato Piero Grasso. In un’occasione, durante il dibattito sulle riforme istituzionali, ha lanciato verso Grasso il regolamento di Palazzo Madama. Nel giugno 2017, durante un dibattito sullo ius soli, urlò verso il presidente: “Sei un infame” e “terrone di merda”. Sempre in quella seduta corse per occupare i banchi del governo. Sostiene che la Lega è antifascista ed è stato uno dei sostenitori più convinti dell’accordo di governo con il M5s.

 

Beni Culturali e turismo: Alberto Bonisoli – Mantovano ma cresciuto a Cremona, vive a Castelletto Ticino. Ha 57 anni ed è Education Management e di design e sviluppo. E’  dal 2012direttore della Naba, l’Accademia di Belle arti di Milano, vivaio di talenti nel campo di arti visive, moda, design, che – spiega in un ritratto il giornale specializzato Artribune – “fa una serrata concorrenza a Brera“. Con il M5s è stato candidato alla Camera, ma non è stato eletto. Con il ministero della Cultura ha già collaborato come consulente dal 2005 al 2007. L’incontro con Di Maio, ha raccontato il padre ai giornali locali, è stato casuale: si trovava al ministero e nella stanza accanto c’era il capo politico del M5s. La sua candidatura nelle liste dei 5 stelle venne considerata un successo e uno dei segnali che il Movimento stava aprendosi alla società civile e attirando anche nomi di spessore oltre la cerchia dei primi attivisti. Il programma del governo gialloverde sulla Cultura non avanza proposte specifiche, a parte una riforma del “finanziamento del Fondo Unico per lo Spettacolo”.

 

Affari Europei: Paolo Savona – Cagliaritano, 81 anni, economista, specializzato in economia monetaria. Al Mit ha collaborato con il premio Nobel Franco Modigliani. Ha lavorato al servizio studio della Banca d’Italia, è stato direttore generale di Confindustria, ad di Bnl, presidente di Impregilo, Aeroporti di Roma, Consorzio Venezia Nuova, consigliere di Rcs e Tim, vicepresidente di Capitalia, presidente della Banca di Roma. Ha collaborato con Milano Finanza, formiche.net e scenarieconomici.it. Il primo incarico politico è stata la guida del ministero dell’Industria e del Commercio nel governo Ciampi (1993-1994). E’ stato anche capo del Dipartimento per le politiche comunitarie di Palazzo Chigi durante il governo Berlusconi III (2005-2006). Fondatore della Luiss, ha insegnato alle università di Cagliari, Perugia, Tor Vergata e alla Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione.

 

Nonostante un curriculum di questo tipo è stato l’epicentro della più grave crisi tra istituzioni della Repubblica, con il rifiuto della firma della sua nomina a ministro dell’Economia da parte del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il motivo, pronunciato direttamente da capo dello Stato, è che ci sarebbe stato il rischio che Savona sarebbe stato visto come “sostenitore di una linea, più volte manifestata, che potrebbe provocare, probabilmente, o, addirittura, inevitabilmente, la fuoruscita dell’Italia dall’euro. Cosa ben diversa da un atteggiamento vigoroso, nell’ambito dell’Unione europea, per cambiarla in meglio dal punto di vista italiano”. Tale scelta, infatti, riguardante un tema “che non è stato in primo piano durante la recente campagna elettorale”, per Mattarella avrebbe “configurato rischi concreti per la tutela dei risparmi degli italiani”. In particolare Savona non è stato solo “eurocritico“, in particolare sui parametri del trattato di Maastricht e sul “dominio” della Germania, ma è stato anche tra i firmatari di un cosiddetto “piano B” per far uscire l’Italia dall’euro in caso di emergenza. Nei giorni di composizione della lista dei ministri Savona ha scritto una nota su scenarieconomici.it (noto per le sue posizioni euroscettiche) per dichiare la volontà di un’Europa “più forte e più equa”, ma non ha dichiarato niente sull’euro. Alla fine è rimasto nella squadra di governo ma ha ricevuto la delega agli Affari europei che solitamente serve a trattare su specifici dossier dell’Unione.

 

Istruzione: Marco Bussetti – Milanese, varesotto d’adozione, 56 anni. Insegnante di educazione fisica, è dirigente dell’ufficio scolastico regionale della Lombardia. E’ stato docente all’università di Milano e a quella dell’Insubria, oltre ad essere stato allenatore di diverse squadre di basket della Lombardia. Simpatizzante leghista, sul profilo facebook si vedono numerose foto in cui si trova in compagnia di Salvini. Viene considerato un fedelissimo di Giorgetti.

 

Infrastrutture e Trasporti: Danilo Toninelli – Nato a Soresina, in provincia di Cremona, 44 anni, è l’unica sorpresa nella riformulazione della lista dei ministri dallo shock di domenica alla squadra definitiva di Conte. Al secondo mandato da parlamentare, nella scorsa legislatura è stato l’uomo dei regolamenti, delle questioni istituzionali e delle riforme elettorali del Movimento Cinque Stelle. Tra le altre cose è stato vicepresidente della commissione Affari costituzionali della Camera. Rieletto, è stato indicato come capogruppo al Senato del M5s e ha affiancato Di Maio nelle estenuanti consultazioni al Quirinale.

 

Dal 1999 al 2001 ufficiale di complemento dell’Arma dei Carabinieri, poi ispettore assicurativo dal 2002 al 2013 a Bergamo e Brescia, è attivista del M5s dal 2009. Prima di approdare in Parlamento si era già candidato due volte nella sua regione senza essere eletto: alle Regionali della Lombardia nel 2010 e alle Comunali nel 2012 a Crema (prese 9 preferenze). Nella scorsa legislatura ha firmato, oltre alla riforma elettorale cosiddetta Democratellum (un proporzionale quasi puro), anche una proposta di legge costituzionale per l’abolizione delle Province. Per tutti questi motivi sembrava certo che diventasse ministro per le Riforme istituzionali. E invece è diventato titolare del ministero che in una prima versione del governo Conte sarebbe dovuto andare a Mauro Coltorti, un manager in quota Lega. Il suo sarà un compito complicato perché proprio sulle infrastrutture si prevedono le principali differenze di vedute. A partire dalla Tav.

 

Famiglia e disabilità: Lorenzo Fontana – Veronese, 38 anni, da sempre fedelissimo di Salvini. Guiderà uno dei ministeri che in campagna elettorale si sono strattonati da una parte e dall’altra proprio la Lega e i 5 stelle, entrambi preoccupati di creare un dicastero che si occupasse tra le varie cose anche della disabilità. Fontana è vicepresidente della Camera, carica da cui dovrà dimettersi. Nel curriculum ha una laurea in Scienze politiche a Padova e una specialistica in storia della civiltà cristiana all’Università europea di Roma. Ha all’attivo un libro con la prefazione del segretario del Carroccio Salvini dal titolo La culla vuota della civiltà. All’origine della crisi. Cattolico, intervistato da Vita, ha dichiarato tra le altre cose: “Se non si rispetta la vita dal concepimento alla fine naturale si arriva ad aberrazioni come quelle di cui siamo stati e siamo testimoni”. Proprio la sua visione sulla famiglia tradizionale preoccupa una parte dell’associazionismo. Il suo percorso politico è iniziato nel 2002 come vicesegretario del Movimento giovani padani. Nel 2009 è stato eletto al Parlamento europeo, dove ha svolto il ruolo di capo-delegazione della Lega e vicepresidente della commissione per la cultura. Dal 2016 è vicesegretario federale della Lega. Da luglio 2017 è anche vicesindaco di Verona. E’ tifoso dell’Hellas Verona (ha frequentato la curva), in passato ha fatto il centralinista e il magazziniere.

 

Sud: Barbara Lezzi – Leccese, 46 anni, al secondo mandato da senatrice, è stata vicepresidente della commissione Bilancio, ex impiegata di un’azienda nel settore commerciale e diplomata come perito aziendale. Il Movimento 5 stelle con lei salva la faccia per quanto riguarda le promesse fatte agli elettori del Sud, riuscendo ad avere un ministero dedicato per quella parte d’Italia diventata un enorme bacino elettorale che vede con sospetto l’alleanza con un partito “ex nordista”. Quando domenica 27 maggio è uscita la lista del primo governo Conte, non sono mancate le sorprese per la sua promozione dopo che durante la campagna elettorale era finita al centro delle polemiche nel caso dei rimborsi al fondo Pmi: l’accusa riguardava un singolo bonifico, poi sanato dopo le critiche. Lezzi è da tempo nel cerchio dei nomi fidati e vicini alla dirigenza M5s: molto vicina a Beppe Grillo e Davide Casaleggio, ha sempre avuto molta influenza all’interno del gruppo parlamentare. Quando fu formato il direttorio rimase fuori quasi per errore e fu poi una di quelle che propose l’allargamento dell’organismo. Nella carriera all’interno dei 5 stelle non sono mancate altre difficoltà: a novembre 2013 decise di cacciare la sua collaboratrice parlamentare, nonché figlia del suo compagno, perché accusata di nepotismo; ad agosto 2017 venne criticata per aver detto che l’aumento del Pil era dovuto al “caldo e al grande uso di condizionatori”.

 

Rapporti con il Parlamento e democrazia diretta: Riccardo Fraccaro – Per giorni è stato dato tra i nomi “politici” che avrebbero potuto strappare addirittura la nomina a presidente del Consiglio. Ma ha preso il posto previsto dal governo M5s prima del voto. Dovrà dimettersi da questore alla Camera (dove era anche il questore anziano e quindi con più peso) e lasciare ai colleghi la battaglia per il taglio dei vitalizi, che porta senza dubbio la sua firma. E’, come il guardasigilli Bonafede, uno dei fedelissimi di Luigi Di Maio e anche lui al secondo mandato parlamentare. Nato in Veneto, si è formato a Trento, dove si è laureato in diritto internazionale dell’ambiente e dove ha fondato il primo meetup M5s nel 2010. Prima di scegliere la strada delle politica è stato dipendente di una società elettrica. Nel 2013 è stato l’unico deputato dei Cinquestelle eletto in Trentino Alto Adige. In Parlamento nella scorsa legislatura ha debuttato con una proposta di legge sul conflitto di interesse che ha fatto la sua fortuna politica: il ddl approvato alla Camera e bloccato al Senato è diventato uno dei simboli delle battaglie M5s. Dalle elezioni regionali in Sicilia in poi è diventato stabilmente nella cabina di comando dei vertici M5s. Avrà anche la delega per la democrazia diretta: è uno dei temi ritenuti fondamentali per i 5 stelle e su cui il figlio del cofondatore Davide Casaleggio chiede più impegno agli eletti, ma anche uno dei settori su cui meno si è avanzato nelle scorsa legislatura (sia sul fronte dei contenuti del programma che su quello degli atti realizzati o fatti approvare).

 

 

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