La Corte di Giustizia Europea ha emesso la propria sentenza nella nella causa C-322/16, relativa alla GLOBAL STARNET Ltd,. “La GLOBAL STARNET Ltd (già B Plus Giocolegale Ltd) ha spiegato
La Corte di Giustizia Europea ha emesso la propria sentenza nella nella causa C-322/16, relativa alla GLOBAL STARNET Ltd,.
“La GLOBAL STARNET Ltd (già B Plus Giocolegale Ltd) ha spiegato la Corte- società di diritto britannico, è concessionaria, a seguito di procedura ad evidenza pubblica effettuata ai sensi del decreto legge 78/2009, dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS) per “l’attivazione e la conduzione operativa della rete per la gestione telematica del gioco lecito mediante apparecchi da divertimento ed intrattenimento nonché delle attività connesse”.
Ai sensi del predetto decreto legge, l’aggiudicazione della concessione ad operatori preesistenti, quale era la GLOBAL STARNET, poteva avvenire al di fuori delle procedure di selezione previste per gli altri operatori di gioco.
Con la legge 220/2010, le condizioni richieste per attribuire e mantenere le concessioni sono state modificate in modo meno favorevole per GLOBAL STARNET. In base a tale legge, l’AAMS ha adottato:
– il decreto interdirigenziale del 28 giugno 2011, recante la determinazione dei requisiti delle società concessionarie del gioco pubblico non a distanza e degli amministratori delle stesse;
– un bando di gara per l’affidamento in concessione della realizzazione e conduzione della rete per la gestione telematica del gioco lecito, mediante apparecchi da divertimento e intrattenimento.
La GLOBAL STARNET ha impugnato entrambi i suddetti atti amministrativi dinanzi al TAR del Lazio, che ha solo parzialmente accolto il ricorso.
La sentenza del TAR è stata impugnata davanti al Consiglio di Stato, che ha proceduto in tre fasi.
Successivamente, il Consiglio di Stato, su richiesta della difesa di GLOBAL STARNET, ha deciso di interrogare anche la Corte di giustizia dell’Unione europea, affinché valuti se la legge 220/2010, laddove prevede nuovi requisiti e obblighi anche per i “vecchi” concessionari, sia contraria al generale principio del legittimo affidamento e ai principii di libertà di stabilimento, libera prestazione dei servizi, divieto di restrizioni ai movimenti di capitali tra gli stati membri. E’ chiaro che l’oggetto di tale valutazione richiesta alla Corte di giustizia è largamente sovrapponibile a quello della pronuncia della Corte Costituzionale. Tuttavia, le giurisdizioni di ultimo grado (qual è il Consiglio di Stato), a differenza dei giudici dei gradi inferiori, hanno non solo la facoltà, ma il vero e proprio obbligo di sollevare una questione d’interpretazione del diritto dell’Unione, ove se ne presenti una”.
Le questioni poste dal Consiglio di Stato con l’ordinanza di rinvio pregiudiziale sono, la prima, metodologica e, la seconda, di merito. Il Consiglio di Stato chiede alla Corte:
Con l’odierna sentenza, la Corte risponde, sulla prima questione, che “il Consiglio di Stato, quale giurisdizione di ultima istanza, era tenuto a procedere al rinvio pregiudiziale, anche se questioni analoghe erano già state valutate dalla Corte costituzionale”.
Sulla seconda questione, la Corte dichiara che “una legge nazionale come quella di cui trattasi è compatibile con il diritto dell’Unione, purché A) sia giustificata da obbiettivi costituenti motivi imperativi d’interesse generale e B) imponga, per raggiungere tali obiettivi, il minor sacrificio possibile dei diritti dei concessionari. Le predette condizioni (sub A e B) devono essere valutate dal giudice nazionale.
A tal proposito, la Corte osserva che le nuove condizioni imposte ai concessionari esistenti costituiscono un ostacolo alle libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi (articoli 49 TFUE e 56 TFUE) nella misura in cui possono limitare i ritorni sugli investimenti.
Si tratta, quindi, di stabilire se dette limitazioni siano giustificate da motivi imperativi d’interesse generale e se siano proporzionate rispetto ad essa: aspetti, questi, che, come detto, il giudice nazionale dovrà verificare”.
In ausilio al giudice nazionale, la Corte “suggerisce che:
– le restrizioni introdotte dalla normativa italiana potrebbero ritenersi giustificate dallo scopo di migliorare la solidità economico-finanziaria dei concessionari e di rafforzarne l’affidabilità e l’onorabilità, nonché dallo scopo di combattere la criminalità: queste finalità costituiscono motivi imperativi d’interesse generale in grado di giustificare la restrizione di libertà fondamentali come quelle di cui trattasi;
– le disposizioni nazionali in questione sembrano idonee a contribuire al conseguimento dei citati obiettivi e non paiono andare oltre quanto strettamente necessario a raggiungerli.
La Corte esclude, poi, che “la normativa nazionale in questione comporti la violazione del principio di legittimo affidamento dei concessionari, tenuto conto del fatto che detta normativa prevede un periodo transitorio dalla sua entrata in vigore in cui i contratti esistenti possono essere integrati e visto che il principio del legittimo affidamento non comporta l’immodificabilità assoluta delle situazioni nel corso del tempo”.
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