24 Novembre 2024 - 20:07

GJUE. Non costituisce pratica abusiva trasferire il know-how per lo sfruttamento di un sito in un Paese con Iva meno elevata

Il semplice fatto che un contratto di licenza sia stato concluso con una società con sede in uno Stato membro che applica un’aliquota IVA ordinaria meno elevata di quella dello

17 Dicembre 2015

Il semplice fatto che un contratto di licenza sia stato concluso con una società con sede in uno Stato membro che applica un’aliquota IVA ordinaria meno elevata di quella dello Stato membro nel quale ha la sede la società che ha concesso la licenza non può essere considerato, in assenza di altri elementi, come una pratica abusiva.

 

Lo ha stabilito la Corte di Giustizia dell’unione Europea intervenendo sul caso di una società ungherese, la WebMindLicenses che, tramite un contratto di licenza, aveva concesso in locazione ad una società con sede a Madera (Portogallo) un know-how che consente lo sfruttamento del sito internet «livejasmin.com». Per l’amministrazione tributaria ungherese l’IVA relativa a tale sfruttamento avrebbe dovuto essere pagata in Ungheria, e non in Portogallo. Pur trattandosi di servizi online diversi dai giochi, le conclusione tratte dal giudice comunitario possono essere estese anche al mondo del gambling.

 

 

“Il diritto dell’Unione – ha chiarito la Corte – non osta a che l’amministrazione tributaria possa utilizzare prove ottenute nell’ambito di un procedimento penale parallelo non ancora concluso, a condizione che siano rispettati i diritti fondamentali garantiti da tale diritto e in particolare dalla Carta. A tale riguardo, la Corte sottolinea che le intercettazioni di telecomunicazioni nonché i sequestri di messaggi di posta elettronica, costituiscono ingerenze nell’esercizio del diritto al rispetto della vita privata e familiare, e pertanto essi devono essere previsti dalla legge e attuati nel rispetto del principio di proporzionalità.

La Corte ha cercato di appurare che il contratto di licenza di cui trattasi tragga origine da una pratica abusiva, il cui obiettivo è di beneficiare di un’aliquota IVA meno elevata a Madera, il giudice ungherese deve accertare che tale contratto costituisca una costruzione puramente artificiosa volta a dissimulare il fatto che i servizi considerati sono in realtà resi dalla WML dall’Ungheria. A fine di verificare quale fosse il luogo effettivo della prestazione di tali servizi, devono essere presi in considerazione elementi oggettivi come la presenza fisica della Lalib in termini di locali, di personale e di attrezzature.

 

Per contro, il fatto che l’amministratore e unico azionista della WML fosse il creatore del know-how di cui trattasi e la circostanza che egli esercitasse un’influenza o un controllo sul suo sviluppo e sul suo sfruttamento non appaiono di per sé decisivi. Parimenti, la circostanza che la gestione delle transazioni finanziarie, del personale e degli strumenti tecnici necessari alla prestazione di detti servizi fosse assicurata da subcontraenti, nonché i motivi che possono aver portato la WML a concedere in locazione il suo know-how invece di sfruttarlo essa stessa non consentono, da soli, di accertare l’esistenza di una costruzione puramente artificiosa.

 

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