22 Novembre 2024 - 16:50

Gioco Pubblico, Acadi: con legge Lazio su distanziometro 48 milioni nelle casse delle mafie

Effetti espulsivi sul 97% del territorio, a rischio 7mila posti di lavoro

26 Aprile 2021

Il blocco delle attività nel settore del gioco pubblico ha superato i 10 mesi complessivi, mettendo in ginocchio nel Paese 150mila lavoratori e 75mila imprese più l’indotto. Nel Lazio sta per essere aggravato dalla Legge Regionale 5/2013 che, nonostante intenda contrastare il disturbo da gioco d’azzardo, non appare risolutiva sotto il profilo clinico e sanitario. La norma, infatti, determinerebbe un divieto sulla sostanziale totalità del territorio anche per le realtà esistenti e andrebbe ad affondare definitivamente un comparto già stremato dal lockdown. La norma entrerebbe in vigore il 28 agosto e innescherebbe una dinamica simile a quanto sta avvenendo in Piemonte con la legge regionale 9/2016, che già sta determinando pesanti effetti a livello occupazionale.

Cifre e dinamiche del fenomeno sono state fotografate nel corso del webinar “Analisi dell’impatto sociale del settore del Gioco Pubblico nella Regione Lazio e delle conseguenze dell’entrata in vigore della L.R 5/2013”, organizzato dall’Associazione concessionari di giochi pubblici (Acadi) e svoltosi oggi. Il dibattito è partito da un’analisi scientifica degli scenari che la norma regionale andrebbe a produrre. Analisi elaborata da Paolo Feltrin, politologo e docente di Analisi delle politiche pubbliche all’Università di Trieste. L’esito della ricerca è stato esaminato durante il webinar dal Direttore generale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli Marcello Minenna e dal sottosegretario al Ministero dell’Economia e delle Finanze Claudio Durigon.

La norma regionale stabiliva originariamente che, per le nuove installazioni, sarebbe stato necessario rispettare la distanza di 500 metri dai luoghi sensibili. Successivamente, nel febbraio 2020, nel collegato di Bilancio un emendamento ha esteso il divieto a tutte le attività esistenti a far data dal 28 agosto 2021. E’ stato in sostanza introdotto il principio di retroattività. Sulla base di questi elementi lo studio di Feltrin evidenzia come, già a partire dal 2021, per effetto della retroazione della norma, nello scenario meno sfavorevole i posti di lavoro a rischio nel Lazio sarebbero almeno 5mila. Ma potrebbero addirittura oscillare tra quota 6.700 (perdita insediabilità 10%) e quota 7.100 (perdita insediabilità 5%). Tutto ciò perché secondo alcune perizie urbanistiche il 97% del territorio urbano sarà non utilizzabile.

Bisogna inoltre considerare che – osserva la ricerca di Feltrin – nel complesso, il settore nel Lazio presenta 16.255 occupati. Nel Lazio sono calcolati 1,8 milioni di giocatori che assicurano un gettito erariale pari a 1,1 mld di euro: la Regione rappresenta una fetta di mercato pari al 10% di quello italiano. Una domanda che, con l’abbattimento del numero di esercizi, rischia di transitare in buona parte nelle mani della criminalità organizzata. Gli esercizi a rischio trasferimento nell’illegalità per effetto della norma sono circa 680. Il gettito eluso che diventa extra profitto degli operatori illegali è pari a minimo 48 milioni di euro. Senza dimenticare come la raccolta erariale effettuata nel Lazio valga un terzo del totale del bilancio della Regione. Il Lazio sembra quindi porsi in antitesi rispetto, per esempio, a due esempi virtuosi come Puglia e Campania (illustrati nel webinar dal consigliere regionale Francesco Paolo Campo e dall’ex consigliere Antonella Ciaramella) che hanno saputo introdurre un distanziometro sostenibile, che contempera contrasto alle dipendenze e salvaguardia del settore.

“Il comparto è consapevole che, una volta superata la prova pandemica, dovrà confrontarsi di nuovo con temi radicali e strutturali come quello della cosiddetta ‘questione territoriale’. Una questione che riguarda molte regioni italiane ed i relativi distanziometri. Essi, per i parametri urbanistici che presentano (numero di metri di interdizione, tipologie di luoghi sensibili), invece di razionalizzare l’offerta di gioco di Stato di fatto ne impediscono l’esistenza sulla quasi totalità dei territori, chiedendo anche alle realtà preesistenti di smobilitare. Un colpo che rischia di rivelarsi ferale per migliaia di lavoratori, mentre la criminalità organizzata già si lecca i baffi”, sottolinea il Presidente di Acadi Geronimo Cardia.

“La crisi economica e sociale, determinata dalle misure di contrasto alla pandemia, ha reso ancora più urgente un piano di riordino del settore del gioco pubblico. sia in ordine alla quantità che alla qualità dell’offerta. Un piano che sarebbe necessario per tutelare le fasce più deboli e contrastare la criminalità organizzata. Bisogna ripartire dall’accordo in Conferenza unificata di qualche anno fa e portare a compimento la riforma”, osserva il già sottosegretario con delega ai Giochi Pier Paolo Baretta.

“Eurispes ha più volte segnalato i rischi come l’eccessiva compressione dell’offerta legale, che giunge spesso a determinare un effetto espulsivo soprattutto attraverso l’applicazione del cosiddetto ‘distanziometro’, e la forte limitazione delle fasce dell’offerta causino il dissodamento di vere e proprie praterie per l’offerta illegale. Ciò è già dimostrato con il Lazio, in cui gli orari sono limitati in modo asfissiante da anni in un trend che si rafforzerà appunto con il ‘distanziometro’, mettendo anche a rischio la tenuta economica della filiera”, evidenzia il vicedirettore di Eurispes Alberto Baldazzi.

“Per curare la dipendenza non si può agire sull’oggetto, rendendolo più o meno proibito, ma sul soggetto portatore della dipendenza, rendendolo più forte e consapevole. Il paziente va aiutato, ma attraverso dispositivi ben diversi dal proibizionismo. Bisogna invece costruire un intervento mirato e capillare, personalizzato, potremmo dire cucito sul soggetto. In questo senso è importante rendere le sale giochi punti cruciali di informazione, anche attraverso creazione di eventi aperti alla popolazione”, spiega la psichiatra Sarah Viola.

“Sradicare l’intero comparto dal territorio significa creare migliaia di disoccupati che in un momento di crisi come questo non aiuterebbe la legalità, anzi. E’ chiaro che ci vuole una regolamentazione, ma è altrettanto chiaro che la soluzione non è l’introduzione di un proibizionismo di fatto. Occorre prendere tempo, anche perché così avremo modo di effettuare gli approfondimenti tecnici del caso per renderci conto di quanto sia fondato il timore di espulsione dal 99% del territorio”, ragiona il consigliere regionale Sergio Pirozzi.

 

Studio Paolo Feltrin

Parte 2

 

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