«Continuo a sperare in un lockdown del gioco d’azzardo», ha detto il responsabile scientifico del progetto SOS Azzardo Guglielmo Masci. «La notizia che queste aziende abbiano perso tra il 30
«Continuo a sperare in un lockdown del gioco d’azzardo», ha detto il responsabile scientifico del progetto SOS Azzardo Guglielmo Masci. «La notizia che queste aziende abbiano perso tra il 30 e il 40% degli introiti per via della quarantena non può che rallegrarci. Nel primo trimestre le slot e il Lotto ad esempio hanno bruciato il 50% delle entrate. È chiaro: senza l’offerta la domanda cala, a beneficio dei nostri assistiti, che hanno potuto godere di un periodo di riflessione. Il nostro ragionamento resta sempre lo stesso: se le aziende vogliono salvare la filiera, convertano la produzione e tornino a fare business in un altro settore. Perché non utilizzare dei fondi europei per riqualificare i 150mila lavoratori del comparto? Non dimentichiamo che l’azzardo è un affare, non una strada più facile per diventare ricchi».
Ad intervenire sulla questione anche lo psicoterapeuta Roberto Calia del progetto Orthos, che è fra i promotori della campagna “Mettiamoci in gioco“. «Per le persone che già avevano intrapreso un percorso riabilitativo la quarantena è stato uno spartiacque, grazie al quale hanno ritrovato uno stile di vita più sano. Altre invece si sono spostate sul gioco online, che ad oggi riesce ad attrarre quasi la metà dei giocatori compulsivi. In alcuni casi la lontananza dalle macchinette ha esacerbato situazioni già gravi».
«Non ci sono ancora dati certi su quanto e come abbia influito la serrata generale sui nostri pazienti. – ha dichiarato il sociologo Claudio Cippitelli della Cooperativa Sociale Parsec. – Sicuramente la versione online è stata appannaggio delle fasce di popolazione più giovani e più attrezzate. Non potendo uscire di casa, il controllo da parte dei familiari è stato maggiore e in molti casi ha disincentivato le scommesse. Quando tutto questo sarà finito, occorrerà effettuare un’indagine su come le persone abbiano vissuto questo periodo di distaccamento sociale e per capire se le piattaforme telematiche sono state un surrogato delle videolottey e se l’assenza dal gioco abbia spinto verso altre forme di dipendenza».
PressGiochi