20 Gennaio 2025 - 12:56

Giochi pubblici, il governo riscrive le regole. Acadi scommette su una riforma “equilibrata”

C’è poco da scherzare con il gioco. Almeno per due ragioni. La prima è che se il settore venisse compresso, i giocatori diventerebbero facili prede per le mafie. La seconda

20 Luglio 2023

C’è poco da scherzare con il gioco. Almeno per due ragioni. La prima è che se il settore venisse compresso, i giocatori diventerebbero facili prede per le mafie. La seconda è che l’incasso per lo Stato proveniente dal Gioco Pubblico è così consistente da non poterne fare a meno. Per questo c’è grande attenzione sulla legge delega per la riforma fiscale che prevede anche il riassetto dell’intero comparto.

“Osserviamo con interesse i lavori in corso alla Camera sulla legge delega per la riforma fiscale e prendiamo atto della bocciatura degli emendamenti all’articolo 13 sul riordino dei giochi pubblici” spiega Geronimo Cardia, presidente di Acadi, Associazione Concessionari di Giochi Pubblici a Verità&Affari.it.

“E’ sotto gli occhi di tutti l’importanza strategica della rete generalista nell’assicurare, su tutti i territori, obiettivi di interesse pubblico quali: la tutela dell’utente, con l’offerta di prodotti misurati e controllati dallo Stato; il presidio di legalità per contribuire all’ordine pubblico; la garanzia del gettito erariale, che è da emersione; e, infine, i livelli occupazionali” chiarisce Cardia.

Nel 2022, il totale delle somme spese dai cittadini (tra raccolta e vincite) è stato pari a 20,3 miliardi a fronte di una raccolta di 136 miliardi. In soldoni per le casse dello Stato il gioco regolamentato vale 11,2 miliardi di euro. Quasi la totalità di questa cifra (91%) viene dal settore del retail. Al gettito erariale, va sommata poi la contribuzione fiscale e previdenziale delle imprese che corrisponde a circa 2,5 miliardi di euro.

Si tratta quindi di un business di grandi dimensioni che dà lavoro a 150.000 persone, di cui: oltre 140.000 solo nel canale retail. A questi si aggiungono oltre 40.000 lavoratori nel settore distributivo degli apparecchi e diverse migliaia di operatori che garantiscono i servizi concessori, tecnologici e distributivi per questa filiera.

Acadi, che rappresenta il 20% del mondo dei giochi e garantisce un importante gettito erariale, è preoccupata del fatto che il riassetto del settore possa portare in dote anche un aumento della tassazione. Fatto che rischia di mettere in difficoltà le imprese del settore. Inoltre non vede di buon occhio una distribuzione squilibrata fra le diverse reti di gioco pubblico esistenti.

Anche questo è un tema dibattuto. Se infatti la rete del gioco fisico è sotto stretto controllo dello Stato, quella del gioco online è più difficilmente monitorabile. Sebbene ci sia un sistema di certificazione dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli che identifica le imprese autorizzate al gioco online, via web si moltiplicano alla velocità della luce i casi di illegalità.

La questione è particolarmente spinosa visto che lo scorso anno la rete retail ha segnato una flessione complessiva del giro d’affari dell’8,7% (da 17,4 a 15,9 miliardi), dovuta soprattutto al calo degli apparecchi da intrattenimento slot e videolottery, che nel giro di tre anni hanno lasciato sul terreno il 17% (da 10,2 a 8,5 miliardi). L’online invece va come il vento: in tre anni la spesa si è raddoppiata passando da 1,8 a 3,7 miliardi, grazie a poker, casinò e scommesse.

“Sarà importante che il principio dell’equilibrata distribuzione tra punti specializzati (come i Bingo e sale specializzate, ad esempio) e punti generalisti (come ad esempio le tabaccherie o i bar, ndr) trovi spazio quantomeno nei decreti legislativi delegati e che i termini ‘razionalizzazione-specializzazione-concentrazione dell’offerta’ indicati nella legge non rappresentino invece un ostacolo” sottolinea Cardia. Tutt’altro che un gioco, insomma.

 

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