Il Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna ha respinto la richiesta di risarcimento danni di una sala Vlt posta nel comune di Bologna che chiedeva all’amministrazione di essere risarcita per
Il Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna ha respinto la richiesta di risarcimento danni di una sala Vlt posta nel comune di Bologna che chiedeva all’amministrazione di essere risarcita per avergli impedito di esercitare l’attività in seguito all’approvazione del regolamento che predisponeva per le sale giochi il rispetto della distanza di 1000 metri dai luoghi sensibili.
Regolamento dichiarato illegittimo dallo stesso Tar nel 2015.
Tuttavia per il Collegio, al ricorrente non spetta alcun risarcimento. “Il Collegio è dell’avviso – si legge nella sentenza – che laddove il Comune intimato non avesse adottato la previsione regolamentare illegittima, la Società ricorrente non avrebbe potuto comunque accedere al bene della vita, ossia dare impulso all’iniziativa economica che intendeva intraprendere. Alla luce della potestà pianificatoria configurabile in capo all’amministrazione secondo la normativa nazionale ed euro-unitaria per tempo vigente, l’autorità competente avrebbe potuto perseguire l’obiettivo della tutela della salute contro il fenomeno della ludopatia, secondo lo schema procedimentale illustrato dal giudice d’appello nella sentenza definitiva n. 578/2016: nella riedizione del potere il Comune avrebbe dovuto garantire la partecipazione degli operatori del settore, vagliare l’incidenza delle ludopatie sul territorio e definire la distanza adeguata (proporzionata e sostenibile) per la prevenzione del fenomeno, bilanciando il valore della salute con l’interesse economico dei gestori delle sale VLT.”
Come aveva chiarito il Consiglio di Stato nella sentenza n. 578 del 2016 “La Regione Emilia Romagna non ha stabilito una distanza minima, così onerando gli enti locali di individuarla, contemperando gli interessi in gioco in relazione alle caratteristiche che assumono nello specifico contesto sociale di applicazione. Pertanto, il Comune di Bologna avrebbe dovuto analizzare in modo approfondito l’incidenza delle ludopatie nel proprio territorio, valutare in relazione ad essa quale distanza di rispetto poteva ritenersi astrattamente adeguata alla consistenza del fenomeno da contrastare, e verificare se, in relazione alla diffusione dei siti sensibili, una simile distanza fosse misura proporzionata e sostenibile, in quanto tale da non impedire di fatto nuove ubicazioni per gli esercizi commerciali del settore e la disponibilità di sedi alternative in vista di possibili trasferimenti degli esercizi in attività”.
La richiesta di risarcimento è stata respinta anche in valutazione del fatto che la sala giochi si trovava entro un raggio di 200 mt da diversi luoghi sensibili, quindi anche se il comune avesse adottato una distanza minima inferiore ai 1000 mt per l’attività non sarebbe cambiato nulla.
Nel caso esaminato si è osservato che – conclude il Giudice – “L’amministrazione ha nel caso di specie realizzato un ragionevole contemperamento degli interessi economici degli imprenditori del settore con l’interesse pubblico a prevenire e contrastare i fenomeni di patologia sociale connessi al gioco compulsivo, non essendo revocabile in dubbio che un’illimitata o incontrollata possibilità di accesso al gioco accresca il rischio di diffusione di fenomeni di dipendenza, con conseguenze pregiudizievoli sia sulla vita personale e familiare dei cittadini che a carico del servizio sanitario e dei servizi sociali, chiamati a contrastare patologie e situazioni di disagio connesse alle ludopatie (cfr. T.A.R. Piemonte, sez. II – 11/7/2017 n. 839, che richiama tra le altre Consiglio di Stato, sez. V – 13/6/2016 n. 2519). Come statuito in quest’ultima pronuncia l’idoneità dell’atto impugnato a realizzare l’obiettivo perseguito deve essere apprezzata, tenendo presente che scopo dell’ordinanza comunale non è quello di eliminare ogni forma di dipendenza patologica dal gioco (anche quelle generate da gratta e vinci, lotto, superenalotto, giochi on line, etc.), obiettivo che travalicherebbe la sfera di attribuzioni del Comune, ma solo quello di prevenire, contrastare, ridurre il rischio di dipendenza patologica derivante dall’utilizzo di apparecchiature per il gioco”. Ha ulteriormente sottolineato la pronuncia che “Il principio della libertà di iniziativa economica privata di cui all’invocato art. 41 della Costituzione trova il proprio indefettibile argine nel “contrasto con l’utilità sociale”. Dall’ordinanza gravata in questa sede si evince che la diffusione di giochi leciti ha determinato una degenerazione patologica del fenomeno del gioco, con ricadute negative sulla collettività e sulle famiglie, investendo il problema non solo gli adulti ma anche le nuove generazioni, ancorché tali giochi siano rigorosamente vietati ai minori”.
PressGiochi
Fonte immagine: HippoBingo Cesena
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