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Fiumicino. Polizzi (Primoconsumo): “Contro il disturbo da gioco d’azzardo serve attivare una rete di sensibilizzazione”

“Il progetto “Comorbilità: una prospettiva olistica per affrontare il disagio” affronta le problematiche legate al gioco d’azzardo Patologico (GAP). Sappiamo già quale emergenza rappresenti il gioco d’azzardo patologico e come

05 Novembre 2019

“Il progetto “Comorbilità: una prospettiva olistica per affrontare il disagio” affronta le problematiche legate al gioco d’azzardo Patologico (GAP). Sappiamo già quale emergenza rappresenti il gioco d’azzardo patologico e come la crisi economica abbia ulteriormente aggravato il fenomeno che si è mostrato aciclico rispetto all’andamento economico”.

Con queste parole l’Avv. Marco Polizzi ha partecipato a Fiumicino alla presentazione del progetto “Prevenzione, cura e riabilitazione delle patologie da disturbo da gioco d’azzardo”, realizzato dalla Asl Roma 3, dipartimento salute mentale, col sostegno del Comune di Fiumicino e della Regione Lazio.

“Non sono un sociologo e neanche uno psicologo, – afferma Polizzi – sono un avvocato e da questo punto di osservazione vorrei tentare di descrivere le implicazioni e i danni che il gioco d’azzardo, come una rete da pesca a strascico, raccoglie tra le sue maglie. Rete che il giocatore problematico o, peggio patologico, costantemente si illude di poter dominare ma entro cui resta sempre più impigliato insieme alla sua famiglia, alle sue relazioni sociali e lavorative.

Una rete che trascina verso un mondo legato alla microcriminalità (come piccoli furti, prostituzione) e con il passare del tempo verso le trappole della criminalità organizzata (come l’usura e lo spaccio). Questi aspetti pesano sulla collettività sia in termini economici che in termini di sicurezza. Il gioco d’azzardo, infatti, è nutrimento per la criminalità dando vita ad un circuito vizioso che si autoalimenta tendente ad una crescita costante. Crescita che in assenza dei presidi di legalità porta al controllo del territorio da parte di organizzazioni criminali anche di stampo mafioso (vedi ad esempio il caso della famiglia Spada ad Ostia ma anche di Ladispoli dove ad inizio 2018 un altro contesto criminoso è stato recentemente sgominato dal Centro operativo DIA di Roma in collaborazione con l’arma dei Carabinieri, in questo caso risultano presenti infiltrazioni camorristiche).

Uno spaccato della situazione del Lazio ci viene dal Rapporto Eurispes “gioco pubblico e dipendenze nel Lazio” del 23.10.2019.

Tornando ai numeri, nel 2018 nel Lazio sono 691 le persone trattate per il Disturbo da Gioco d’Azzardo. La relazione 2018 sul fenomeno delle dipendenze nel Lazio precisa che 680 soggetti (ovvero il 98%) sono assistiti dai servizi pubblici (SerD), residuale il numero (11 soggetti) assistiti dalle strutture del privato sociale. Il numero assoluto dei presi in carico, pur nella notevole progressività che caratterizza l’ultimo quinquennio, segnala che la risposta socio-sanitaria al DGA delle strutture della Regione è assai scarsa in assoluto e, ancora di più, in relazione al dato nazionale. Se si considera che l’ISS per il 2018 ha indicato complessivamente 13.000 presi in carico, riparametrando questo dato nazionale (60,5 milioni di residenti) alla popolazione laziale, che al 31 dicembre assommava a circa 5.897.000 individui, ovvero a poco meno del 10% della popolazione nazionale, la quota attesa dei presi incarico assommerebbe a poco meno di 1.300 soggetti. I 691 soggetti presi in carico nel Lazio, rappresentano invece solo il 5,3% del dato nazionale, il che attesta un’evidente insufficienza dell’offerta socio-sanitaria regionale ovvero, come sopra stigmatizzato, un’incapacità di intercettare la domanda di assistenza della popolazione.

Sempre dai dati Eurispes emerge che il gioco legale, cioè quello concessorio, è più resistente alle infiltrazioni criminali, le quali cercano di agganciarsi alla parte ultima della filiera (gestori o esercenti che vengono “convinti” a pratiche illegali).

Nel nostro progetto ci siamo posti il problema di come il supporto di legalità dato ai singoli giocatori o alle loro famiglie potesse andare oltre il semplice concetto di rispondere al diritto costituzionale di difesa per chi commette atti criminosi, quanto piuttosto giungere a sperimentare prassi di accompagnamento in percorsi di rientro nei binari appunto della legalità.

Percorsi che non sono sostenibili se non coordinati con altre azioni che prevedano la presa in carico dell’utente a 360°. E che, conditio sine qua non, per esistere hanno bisogno di operare in stretto coordinamento con le istituzioni pubbliche e del privato sociale. Eurispes segnala come “Il comportamento prevalente di gioco, da parte di una quota di poco inferiore al 60% dei presi in carico, è relativo al gioco attraverso apparecchi (AWP, VLT). Da segnalare un aumento nella platea dei nuovi presi in carico in relazione all’area delle scommesse e del gioco attraverso Internet (ndr che si può supporre siano i più giovani). Più del 30% dei soggetti presi in carico afferma di giocare tutti i giorni. Considerando che dichiarare il ricorso ai circuiti illegali rappresenta una sorta di auto-denuncia, è comunque significativo che il 15% dei soggetti presi in carico ammetta di utilizzare circuiti di gioco illegale.

Il trattamento più utilizzato consiste, nel 73% dei casi, nella valutazione psico-diagnostica, e i colloqui clinici e le psicoterapie rappresentano le prestazioni numericamente più consistenti. Interessante, infine, riportare il bilancio che la Relazione propone in merito all’efficacia degli interventi terapeutici: «Il dato sullo stato del percorso al 31/12/18 indica che la percentuale di abbandoni (drop out) (ovvero dei fallimenti terapeutici, ndr.) è pari al 23% degli utenti totali, mentre tale proporzione è del 14% per i pazienti dei SerD in trattamento per alcol e dell’8% di quelli per uso di droghe». La maggiore quota di fallimenti terapeutici rispetto alle altre tipologie di dipendenze, con ogni probabilità è da riferirsi sia alla specificità del paziente  affetto da DGA, che manifesta una più forte difficoltà a considerarsi “malato”, sia al minor livello di specializzazione nel contrasto alle dipendenze sine substantia che si incontra all’interno dei SerD.

Volendo trarre un bilancio complessivo dell’attività dei SerD del Lazio, non si può che prendere atto che sia quantitativamente sia qualitativamente, essa risulta insufficiente. Forse è per questo, in una anche non dichiarata consapevolezza dei limiti dell’offerta socio-sanitaria, che le autorità regionali nelle scorse settimane nell’ambito dell’illustrazione del nuovo Piano Sociale hanno privilegiato una comunicazione incentrata proprio intorno alla lotta al DGA.

 

In un recentissimo convegno dedicato al Piano di formazione del contrasto al gioco patologico, l’Assessore alla Politiche Sociali della Regione Alessandra Troncarelli ha dichiarato: «A gennaio 2019 è stato approvato il Piano Sociale nel quale si parla di omogeneizzazione territoriale e anche di gioco d’azzardo patologico (…). Il GAP è stato riconosciuto già nel 2017 nei LEA. È un fenomeno sentito da parte di tutti (…). Diciamo no al gioco d’azzardo ma tutti insieme dobbiamo far conoscere il problema della ludopatia che troppo spesso rimane relegato alle famiglie colpite da questa dipendenza (…). La Regione ha destinato alle ASL quasi 10 milioni di euro per il rafforzamento dei servizi, della presa in carico, alla cura e alla riabilitazione, passando per la consulenza legale, psicologica e finanziaria alle vittime dell’usura e ai loro familiari».

Nel Piano è incluso un progetto di formazione regionale sul DGA che interesserà gli addetti ai servizi pubblici e quelli delle strutture del privato sociale.”

Non è pertanto paradossale che abbiamo trovato una disponibilità ad azioni coordinate e un’attenzione maggiore da parte delle istituzioni pubbliche (quali la ASLRoma3 e il Comune di Fiumicino nelle persone del Sindaco Montino e dell’Assessore Anselmi) anziché da parte delle organizzazioni del privato sociale. Il perché probabilmente si può dedurre dal rapporto Eurispes, ma quello che noi fortemente riteniamo è che senza una solida rete territoriale diventa difficile, se non impossibile intervenire in modo efficace su un fenomeno di tale portata. La dimensione del fenomeno legata agli aspetti legali e criminogeni (non parlo di quelli sociali e psicologici, altri lo hanno fatto e lo faranno con più competenza di merito) necessita di andare oltre gli egoismi di parte, di superare le frammentarietà dei diversi interventi a tutto vantaggio di efficacia, efficienza ed economicità degli interventi stessi.

 

Proponiamo quindi che l’Assessore ai servizi sociali del Comune di Fiumicino e la ASL Roma 3 si facciano promotori di una rete dei soggetti che a vario titolo sono coinvolti nel fenomeno GAP. Rete in grado di attivare sinergie funzionali e complementarietà di azioni in grado di attivare interventi di sensibilizzazione, contrasto, prevenzione primaria e secondaria, presa in carico.

Questa rete – conclude Polizzi – vista dal mio punto di osservazione di avvocato presidente di associazione di promozione sociale, potrebbe, come effetto non solo collaterale svolgere la funzione di “presidio di legalità”, riuscendo a spezzare il legame che esiste tra gioco d’azzardo illegale, microcriminalità e criminalità organizzata e favorendo percorsi di relazione e sviluppo con il lato concessorio fatto da pochi soggetti (poco più di 10) che sono tenuti al rispetto dei vincoli posti dalle norme ed al rispetto istituzionale ANCHE SOCIO/SANITARIO”.

 

PressGiochi