Fondamentale il ruolo svolto dai pubblici esercizi. Serve più collaborazione tra istotuzioni e operatori per tutelare persone fragili e aziende sane
Il sistema dei giochi pubblici vive da tempo una tensione tra le disposizioni nazionali e quelle delle autonomie locali, che sperimentano soluzioni di prevenzione delle dipendenze basate su limitazioni fisiche od orarie dell’offerta.
Per dare massima attenzione al tema dei giochi pubblici, si è tenuto oggi un webinar dal titolo La Tutela dei Consumatori nei Giochi Pubblici. Gli esercenti tra regolazione e responsabilità organizzato da Fipe.
Il Webinar ha cercato di individuare gli elementi critici della materia ed evidenziare, anche alla luce delle esperienze più recenti, il ruolo della filiera nel creare condizioni di tutela efficace dei consumatori, garantendo al contempo la sostenibilità dell’attività d’impresa nel settore.
L’incontro ha fornito subito alcuni numeri importanti.
“La raccolta per il 2022 è stimata in 125-130 miliardi di euro, per una spesa pari a 19-20 mld. Metà di questa somma va al retail gaming, con una spesa di circa 16 mld, per circa l’80% del totale. Sale infine, del 90% il contributo che va alle casse erariale. Sono coinvolti 60-70mila punti vendita nei giochi. L’occupazione – ha affermato Silvio Moretti direttore relazioni sindacali in Fipe – si stima nel retail gaming per 70mila dipendenti, di cui 40mila nei punti vendita specializzati. In totale si superano le 150mila persone occupate”.
“La ripartizione della spesa pesa a favore del gioco online, a differenza di quanto accadeva prima del Covid – afferma Emmanuele Cangianelli, Presidente EGP-FIPE –. Sono tornati su valori preCovid alcuni giochi retail come le lotterie che nel 2021 avevano aumentato la raccolta perché molti giochi non erano permessi. Gli apparecchi presenti nel retail non sono tornati a livelli 2019, per motivi legati all’aumento della tassazione già prevista nella fase anteCovid. Gli altri giochi come scommesse e Bingo sono in lieve flessione perché il numero dei punti vendita usciti dal lockdown è minore rispetto a quelli del 2019. Penso al bingo che è un settore che si è ridotto.
Tra i giochi online, ad esempio il poker è più che raddoppiato. Mentre le scommesse online stanno perdendo una parte di giocate di coloro che tornano a giocare nelle sale.
I giochi non hanno tutti lo stesso costo per i giocatori. I giochi online hanno un ritorno più alto rispetto a quelli del retail, per questo negli ultimi anni crescendo il gioco online si produce un aumento della raccolta ma anche del ritorno ai giocatori. Negli ultimi anni è cresciuta la tassazione e questo influisce anche sul comportamento del consumo. Le sale specializzate sono 13mila, 45mila punti vendita che vendono ricariche per i prodotti di gioco, flussi che pur passando per la rete si giocano online ma comunque influiscono sugli introiti dei rivenditori”.
“Chi distribuisce sul territorio prodotti di gioco è incaricato di pubblico servizio e si trova ad affrontare una mole di norme stratificate. Nel tempo con il lavoro del legislatore nazionale dal 2000 in poi si è assistito alla creazione di un comparto che si è sviluppato nel tempo. Le Regioni esercitando le funzioni attribuite dalla Costituzione, notando il proliferare dell’offerta di gioco, hanno iniziato a porre in essere una serie di vincoli andando ad incidere sul sistema di distribuzione. La regola che hanno individuato è stata quella di introdurre una distanza dell’offerta dai luoghi sensibili, come chiese, ospedali e scuole. Gli operatori del gioco hanno quindi cercato luoghi dove poter spostare la propria attività, e si sono accorti di non riuscire a trovare un luogo valido. Le perizie tecniche hanno rappresentato percentuali di interdizione del territorio spesso superiori al 99%. Di fronte a questo dal 2010 tutte le norme hanno previsto l’introduzione del distanziometro per i nuovi esercizi. Per quelli esistenti veniva dato un tempo di adeguamento di 5 anni. Ma nel tempo le regioni si sono dovute confrontare con una sommossa popolare dei lavoratori che ha costretto le regioni a ripensare la legge. Alcune di esse quindi sono ritornate sui propri passi nella consapevolezza dell’impossibilità di applicare la norma. Molti di esse hanno deciso di attendere l’introduzione di una normativa nazionale” ha dichiarato Geronimo Cardia, Presidente, ACADI – Confcommercio.
“Il primo problema che ci si trova ad affrontare è quella di avere una regolamentazione che cambia da regione a regione e anche fra comuni. In Toscana- afferma Simona Neri, Rappresentante ANCI Osservatorio Nazionale contrasto al gioco d’azzardo e Sindaco di Laterina Pergine Valdarno – questo non succede perché la Regione e Anci si sono organizzate attorno ad un tavolo per coordinare le decisioni prese e avere una voce in capitolo sulla distribuzione dei punti di gioco. Abbiamo lo strumento dei regolamenti comunali, in Anci abbiamo elaborato un unico regolamento da suggerire e distribuire a tutti i sindaci, non perché crediamo che il distanziometro sia una misura principe da usare ma quantomeno per fare rete e coinvolgere enti e associazioni per affrontare questo tema. Abbiamo qui in regione la facoltà di gestire le risorse che arrivano dal Piano di contrasto al GAP. Arrivano 3,5mln di euro che vengono suddivisi in modo equo tra gli enti con la collaborazione di Federsanità. Abbiamo lavorato sulla formazione dei dipendenti comunali sul groviglio di regolamenti e norme che rendono complicata la vita dei dipendenti. Anche con l’ultimo Governo, Anci ha condiviso alcuni punti importanti come quella di condividere con gli enti locali alcune risorse magari recuperate nel contrasto all’illegalità. Auspichiamo di arrivare ad una legge quadro che possa sistemare questa grande frammentazione e arrivare ad un lavoro più omogeneo. Auspichiamo che anche i comuni vengano coinvolti sin dalla nascita di queste iniziative senza far arrivare una legge quadro dall’alto come fatto negli ultimi mesi. Chiediamo più risorse, con uno sforzo che vada nella direzione di superare il principio dell’invarianza di gettito. Impossibile pensare a contrastare un fenomeno lasciando invariato il gettito.
“Purtroppo – afferma Gianni Picchi, Vice Direttore Confcommercio Toscana – il gioco illegale oltre a sottrarre risorse importanti, circa 20 miliardi, espone i soggetti più deboli ad una grande vulnerabilità. La ludopatia si sviluppa soprattutto dove c’è illegalità.
Poi il settore del gioco online che si è sviluppato in questi anni e supera i limiti imposti da orari e distanze. Ma c’è da valutare anche altre questioni. Lo dicono alcuni importanti psichiatri che studiano la ludopatia che evidenziano che la dipendenza non si cura con il proibizionismo ma lavorando sull’individuo.
Queste riflessioni ci portano a fare un ragionamento: sarà possibile trovare un accordo con la regione e le Asl per individuare strategie unitarie per tutelare queste persone e tutelare anche il lavoro delle imprese oneste che operano per conto dello Stato? Questo ci ha portato ad un importante lavoro in regione Toscana che ha mostrato disponibilità alla materia. Abbiamo lavorato quindi a progetti di intervento efficaci come la formazione per gli operatori e gli addetti e abbiamo anche proposto l’assegnazione di marchi di qualità a quelle aziende che mostrano impegno nella tutela dei giocatori. Per questo abbiamo realizzato un accordo con la creazione di un tavolo tecnico che preveda un marchio di qualità, un’attività di coordinamento con le associazioni di categoria del settore e che abbia l’obiettivo di valutare le problematiche presenti e affrontare i problemi. La novità è questa collaborazione tra imprese e attori pubblici con la finalità di tutelare le persone fragili ma anche l’attività delle aziende sane” ha concluso.
PressGiochi
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