“L’istituto della concessione è una particolarità che caratterizza il nostro paese e che mette a riparo il concessionario dalle conseguenze dell’offerta. La licenza, invece, usata nei paesi anglosassoni, responsabilizza l’operatore
“L’istituto della concessione è una particolarità che caratterizza il nostro paese e che mette a riparo il concessionario dalle conseguenze dell’offerta. La licenza, invece, usata nei paesi anglosassoni, responsabilizza l’operatore così che se dall’attività si produce un danno alla persona ne risponde direttamente l’operatore. Per questo l’attenzione ai danni da gioco è molto più alta nei paesi che usano la licenza”.
Lo ha affermato questa mattina Maurizio Fiasco di Alea in occasione dell’audizione che si è tenuta presso la Commissione di inchiesta del gioco illegale e delle disfunzioni del gioco pubblico.
Fiasco ha tenuto a precisare che oltre ad essere condivise dagli esponenti di Alea, “La gran parte degli esponenti dell’Osservatorio nazionale sul Disturbo da gioco d’azzardo condivide i contenuti della relazione che esporrò.
L’offerta di gioco è variegata e può essere legale, totalmente illegale o grigia, quando è parzialmente illegale anche se all’utente sembra totalmente legale.
Esistono rapporti tra queste tre fenomenologie che si ripercuotono su salute, fisco, economia, aspetti giuridici. Dobbiamo dotarci quindi di una visione intuitiva. Nell’analisi del gioco d’azzardo e dei suoi rischi ogni aspetto influenza gli altri.
Il gioco d’azzardo di cui parliamo oggi non è quello dell’800, ma si basa su un progetto industriale con tecniche di marketing che tende a coinvolgere il giocatore. Per i 51 tipi di giochi disponibili nell’offerta gli algoritmi di vincita sono ben determinati. Una quota che viene trattenuta e che si ripartisce tra erario e filiera.
Negli anni nonostante l’aumento del consumo lordo le entrate per lo Stato e i privati restano indicativamente stabili: tuttavia si arruolano sempre più giocatori per compensare la caduta dei margini relativi.
C’è stata negli ultimi anni una forte prevalenza dei giochi online. Emerge il fatto che il passaggio al digitale espande l’ampiezza dei consumatori, e le fasce giovanili prevalgono. Mentre nel gioco fisico si esaurisce il budget più velocemente, nel digitale occorre più tempo e quindi la reiterazione è la struttura fondamentale di questo nuovo avanzato tipo di approccio al gioco.
Tutto questo produce l’estensione del consumo. Nelle regioni più sviluppate e abituate al digitale, come la Lombardia, i conti attivi sono di gran lunga inferiori a quelle della Campania. Il mezzogiorno povero è molto più proiettato al gioco del settentrione avanzato.
Questo progresso del gioco ha un impatto sulla persona. Il riconoscimento del DGA – ricorda il prof. Fiasco – avviene nel 2012. Siamo al punto che siamo in ritardo nella rilevazione dei casi presso il Servizio Sanitario Nazionale. L’ultima indagine del SSN ci dice che 18,5 milioni di persone adulte giocano, 5,1 mln sono abitudinarie e di queste 1,5 mln sono problematici.
Quindi l’80% del consumo – nel 2018 erano 100 mld di euro – è imputabile a questo sottoinsieme di giocatori abitudinari, che coinvolgono i problematici. Abbiamo un comportamento sociale nel quale si colloca la patologica.
Come si distingue il ludico e il patologico: con il tempo sociale di vita impiegato e il denaro usato.
Arriviamo al paradigma, nella presa in carico dei pazienti, che è il servizio che fa emergere la domanda. La soglia di accesso ai servizi sanitari che prendono in carico le persone è una soglia molto alta. Le persone devono riconoscere di avere una patologia. L’ultima rilevazione è stata fatta dal Dipartimento politiche antidroga nel 2011, prima del decreto Balduzzi, è risultavano in 13 regioni 4.500 persone in trattamento.
C’è una domanda silente di presa in carico, e una richiesta silente. Per intercettare questo bisogno e trasformarlo in domanda occorre una strategia di promozione della salute che attualmente sta prendendo le mosse con molta difficoltà e lentezza. Le politiche sanitarie hanno il loro focus nell’ordinamento che prevede di porre la salute come diritto primario”.
“Nella carriera di ogni giocatore patologico – ha concluso Fiasco rispondendo ad una domanda – c’è esperienza con la criminalità sul territorio per rifornirsi di denaro o con la criminalità organizzata. Da un lato c’è l’accesso alla rete legale, e contemporaneamente prosegue l’esperienza nella sfera illegale. Le ragioni sono di tipo sistemico. L’innesco nella quotidianità di questa abitudine porta al saturarsi delle opportunità della sfera legale che poi portano il giocatore verso l’illegale.
Nella quasi totalità dei giocatori patologici si vivono esperienze di violazioni della legge”.
PressGiochi