07 Luglio 2024 - 12:59

CGUE, per l’Avvocato Generale l’aumento dei canoni mensili del Bingo non è conforme alla normativa Ue

Arriva il parere dell’Avvocato Generale Laila Medina in merito ai ricorsi relativi alla proroga tecnica delle concessioni del Bingo sulle quali il Consiglio di Stato aveva posto le questioni pregiudiziali

04 Luglio 2024

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Arriva il parere dell’Avvocato Generale Laila Medina in merito ai ricorsi relativi alla proroga tecnica delle concessioni del Bingo sulle quali il Consiglio di Stato aveva posto le questioni pregiudiziali alla Corte di Giustizia Europea.

L’AG della Corte risponde:

Per quanto riguarda le cause C-728/22 e C-729/22:

La direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione deve essere interpretata nel senso che essa si applica a concessioni di servizi, come quelle di cui trattasi nei procedimenti principali, che sono state aggiudicate prima dell’entrata in vigore di detta direttiva e che, una volta

scadute, sono state reiteratamente prorogate per via legislativa dopo tale entrata in vigore, purché le condizioni dell’aggiudicazione iniziale siano state modificate in modo sostanziale, circostanza che spetta al giudice del rinvio valutare.

2) L’articolo 43, paragrafi 4 e 5, della direttiva 2014/23

deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che prevede l’obbligo di pagare un canone mensile non contemplato nell’aggiudicazione iniziale, nei limiti in cui essa modifica i parametri economici di base delle concessioni di cui trattasi, ad esempio fissando una misura identica di tale canone per tutti gli operatori del settore, indipendentemente dalla loro capacità finanziaria, e aumentando sensibilmente la misura di detto canone a partire dalla sua prima imposizione. Entrambe le disposizioni ostano parimenti a tale normativa nella misura in cui il pagamento di detto canone rappresenta una condizione per la partecipazione a una futura procedura di gara ai fini della riattribuzione delle concessioni di cui trattasi.

Nell’ipotesi in cui la Corte non condividesse la conclusione di cui al punto 2), propongo allora la seguente risposta aggiuntiva:

3) l’articolo 43, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2014/23

deve essere interpretato nel senso che esso osta a un’interpretazione della normativa nazionale che privi un’amministrazione aggiudicatrice del potere discrezionale di valutare se eventi imprevedibili non imputabili ai concessionari giustifichino una riconsiderazione delle condizioni di una concessione.

4) La direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori

deve essere interpretata nel senso che essa non costituisce una base giuridica che consente di mettere in discussione la legittimità di una normativa nazionale come quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che subordina la partecipazione a una futura gara all’adesione a un regime di «proroga tecnica».

Qualora la Corte non condividesse la conclusione di cui al punto 1), almeno parzialmente, propongo allora la seguente risposta aggiuntiva:

5) l’articolo 49 TFUE

deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che impone al concessionario di accettare le condizioni fissate da tale normativa, ossia l’obbligo di pagamento di un canone mensile non previsto nell’aggiudicazione iniziale delle concessioni per poter partecipare a una nuova gara per la riattribuzione di nuove concessioni. Esso osta altresì a un’interpretazione della normativa nazionale che privi un’amministrazione aggiudicatrice del potere discrezionale di valutare se eventi imprevedibili non imputabili ai concessionari e idonei a incidere sull’equilibrio economico-finanziario delle concessioni giustifichino una riconsiderazione delle condizioni di una concessione.

– Inoltre, per quanto riguarda la sola causa C-730/22:

6) l’articolo 43, paragrafi 4 e 5, della direttiva 2014/23

deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che prevede l’obbligo di pagare un canone mensile non contemplato nell’aggiudicazione iniziale, nei limiti in cui essa modifica i parametri economici di base delle concessioni di cui trattasi, ad esempio fissando una misura identica di tale canone per tutti gli operatori del settore, indipendentemente dalla loro capacità finanziaria, e aumentando sensibilmente la misura di detto canone a partire dalla sua prima imposizione. Entrambe le disposizioni ostano parimenti a tale normativa nella misura in cui il pagamento di detto canone rappresenta una condizione per la partecipazione a una futura procedura di gara ai fini della riattribuzione delle concessioni di cui trattasi.

Qualora la Corte non condividesse la conclusione di cui al punto 1), almeno parzialmente, propongo allora la seguente risposta aggiuntiva:

7) l’articolo 49 TFUE

deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che impone al concessionario di accettare le condizioni fissate da tale normativa, ossia l’obbligo di pagamento di un canone mensile non previsto nell’aggiudicazione iniziale delle concessioni per poter partecipare a una nuova gara per la riattribuzione di nuove concessioni. Esso osta altresì a un’interpretazione della normativa nazionale che privi un’amministrazione aggiudicatrice del potere discrezionale di valutare se eventi imprevedibili non imputabili ai concessionari e idonei a incidere sull’equilibrio economico-finanziario delle concessioni giustifichino una riconsiderazione delle condizioni di una concessione.

 


Introduzione
1. Le presenti cause vertono su tre domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Consiglio di Stato (Italia). Il suddetto giudice interroga la Corte sulla compatibilità con il diritto dell’Unione – principalmente con la direttiva 2014/23 2, la direttiva 89/665 3 e l’articolo 49 TFUE – di talune caratteristiche del regime di «proroga tecnica» applicabile in Italia alle concessioni aggiudicate per le attività di gioco del Bingo una volta scadute.
2. Il regime di «proroga tecnica» è stato adottato dal legislatore italiano nel 2013 ed è in vigore da allora in via transitoria in attesa dell’espletamento di una nuova procedura di gara per la riattribuzione di tali concessioni. In forza di tale regime, gli operatori che esercitano un’attività di scommesse relative al Bingo sono tenuti a pagare un canone mensile. Il pagamento di tale canone non era una condizione per l’aggiudicazione iniziale delle loro concessioni e si applica agli operatori del settore in misura fissa, indipendentemente dalla loro capacità finanziaria. Inoltre, tale canone è stato progressivamente aumentato dalla sua adozione. Oltre a ciò, la subordinazione a tale regime e, con essa, al pagamento del canone mensile costituiscono una condizione di partecipazione a una futura procedura di gara, la cui data è stata rinviata più volte dal dicembre 2014 e, attualmente, non è ancora stata fissata.
3. Le presenti domande sono state proposte nell’ambito di procedimenti avviati dinanzi al giudice nazionale da due associazioni di operatori che esercitano attività di scommesse relative al Bingo e da numerosi operatori di tale settore di attività a titolo individuale. Essi ritengono di essere gravemente pregiudicati dal regime di «proroga tecnica», principalmente dopo la pandemia di COVID-19. Contestano, in sostanza, la decisione dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (in prosieguo: l’«ADM»), con la quale tale agenzia ha dichiarato di non disporre di un potere discrezionale che le consenta di sospendere o di modificare le condizioni del regime di «proroga tecnica» disposte dal legislatore italiano.
4. Le presenti cause offrono alla Corte l’opportunità di pronunciarsi sull’ambito di applicazione della direttiva 2014/23 e sul potere discrezionale che le amministrazioni aggiudicatrici degli Stati membri potrebbero essere tenute a esercitare per riconsiderare le condizioni di una concessione qualora circostanze imprevedibili, non imputabili ai concessionari, incidano sull’equilibrio economico della gestione di un servizio. Esse consentono inoltre alla Corte di precisare i limiti entro i quali una concessione può essere modificata senza una nuova procedura di aggiudicazione conformemente alla suddetta direttiva.
II. Contesto normativo
A. Diritto dell’Unione
5. Oltre all’articolo 49 TFUE, relativo alla libertà di stabilimento, le norme del diritto dell’Unione oggetto delle presenti cause sono, anzitutto, quelle di cui alla direttiva 2014/23 e alla direttiva 89/665.
6. La direttiva 2014/23 stabilisce le norme applicabili alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione indette da amministrazioni aggiudicatrici ed enti aggiudicatori. Essa si applica all’aggiudicazione di concessioni di lavori e di servizi il cui valore stimato non è inferiore alla soglia indicata nella direttiva stessa 4. Tale valore è stato fissato in EUR 5 225 000 nella versione della direttiva applicabile all’epoca dei fatti di cui alle presenti cause 5.
7. La direttiva 89/665 disciplina a sua volta i requisiti e i principi fondamentali applicabili ai mezzi di ricorso in caso di violazione delle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici dell’Unione. Essa impone agli Stati membri di garantire che le decisioni in materia di aggiudicazione di appalti pubblici e concessioni, nonché le decisioni procedurali preliminari in tale contesto, siano oggetto di un ricorso rapido ed efficace in caso di violazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici 6.
8. Le disposizioni di questi due strumenti giuridici, nella misura in cui potrebbero essere pertinenti ai fini dei presenti procedimenti, sono citate nella parte delle presenti conclusioni relativa alla valutazione.
B. Diritto italiano
9. Per quanto riguarda il diritto nazionale, occorre sottolineare che, in Italia, l’organizzazione del gioco del Bingo rientra nella competenza esclusiva dello Stato, che l’ha disciplinata per la prima volta nel 2000 mediante un decreto nazionale 7. Detto decreto prevedeva che l’esercizio delle attività di gioco di cui trattasi venisse affidato ai titolari di concessioni attribuite mediante procedura selettiva. Lo Stato ha affidato la gestione di tale settore all’ADM. 10. La durata delle concessioni era inizialmente stabilita in sei anni, decorsi i quali le concessioni si sarebbero potute rinnovare una volta. Tali concessioni non prevedevano il pagamento di alcun canone allo Stato. La ragione addotta per la mancata imposizione di canoni era il fatto che l’attività degli operatori produceva comunque per lo Stato un vantaggio economico diretto, consistente nel cosiddetto «prelievo erariale» applicato sugli incassi conseguiti dai concessionari per la vendita delle cartelle di gioco.
11. Al fine di garantire l’osservanza del «principio europeo di concorrenza» in sede di riattribuzione delle nuove concessioni, il legislatore italiano ha deciso di organizzare, previo allineamento temporale della maggior parte delle concessioni giunte a scadenza nel 2013 e nel 2014, un’unica procedura di gara aperta alla partecipazione di tutti gli operatori del settore. Tale procedura di gara era inizialmente prevista entro il 31 dicembre 2014. Il legislatore ha altresì stabilito che, nel frattempo, i concessionari uscenti dovessero operare nel cosiddetto regime di «proroga tecnica», versando allo Stato un canone mensile di EUR 2 800. Inoltre, tale pagamento avrebbe costituito una condizione per poter partecipare alla futura gara, introducendo così il principio dell’onerosità delle concessioni 8.
12. Essendo scaduto il termine inizialmente previsto per lo svolgimento della gara, il legislatore lo ha spostato prima al 31 dicembre 2016 9 e, successivamente, al 30 settembre 2018 10. In entrambe le occasioni, ha esteso il regime di «proroga tecnica» per coprire le concessioni giunte a scadenza durante tali periodi. Al contempo, il canone mensile è stato innalzato, inizialmente, a EUR 5 000 e, in un secondo tempo, a EUR 7 500.
13. Con successivi interventi normativi, il legislatore italiano ha, anzitutto, esteso il regime di «proroga tecnica» fino al 2023, successivamente ha sospeso il pagamento del canone durante il periodo di chiusura degli esercizi commerciali a causa della pandemia di COVID-19 nel 2020, dilazionando nel tempo gli importi dovuti e, da ultimo, ha fissato al 31 marzo 2023 il termine per l’indizione di una nuova procedura di gara. Ad oggi, tale gara non risulta ancora bandita.

III. Fatti, procedimenti principali e questioni pregiudiziali
14. Le appellanti nelle cause C-728/22 e C-729/22 sono due associazioni professionali di imprese che gestiscono attività di gioco del Bingo, vale a dire l’Associazione Nazionale Italiana Bingo (Anib) e l’Associazione Concessionari Bingo (Ascob), nonché altre imprese dello stesso settore di attività che agiscono a titolo individuale. Anche l’appellante nella causa C-730/22 è un’impresa attiva in tale settore.
15. Tutte le suddette imprese sono titolari di concessioni scadute e, pertanto, soggette al regime di «proroga tecnica» istituito dal legislatore italiano. Esse sostengono di aver incontrato gravissime difficoltà finanziarie, sia in relazione agli effetti della pandemia di COVID-19 sia a seguito dell’attuazione della normativa nazionale sopra descritta che, tra l’altro, ha comportato la subordinazione delle concessioni al pagamento obbligatorio di un canone mensile in misura fissa.
16. Le appellanti nelle cause C-728/22 e C-729/22 hanno presentato all’ADM un’istanza con cui chiedevano l’immediata sospensione del canone fino al ripristino delle iniziali condizioni di equilibrio economico-finanziario alterate dalla pandemia. Esse hanno altresì chiesto all’Agenzia la rideterminazione, in ogni caso, dei canoni dovuti in funzione della effettiva capacità contributiva di ciascun operatore. A tal fine, le appellanti hanno affermato che il regime di «proroga tecnica» violava varie disposizioni del diritto dell’Unione.
17. Con note del 9 luglio 2020 e del 18 novembre 2020, che sono rispettivamente le decisioni impugnate nei procedimenti principali nelle cause C-729/22 e C-728/22, l’ADM ha respinto l’istanza delle appellanti, motivando di non potere modificare, mediante un provvedimento amministrativo, gli effetti di una norma adottata dal legislatore italiano.
18. Le suddette appellanti hanno quindi proposto ricorso avverso la decisione di diniego dell’ADM dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio (Italia) (in prosieguo: il «TAR del Lazio»). È sempre dinanzi a tale giudice che l’appellante nella causa C-730/22 aveva in precedenza contestato il provvedimento adottato da tale agenzia per attuare la normativa nazionale che, nel 2017, portava a EUR 7 500 l’importo del canone mensile dovuto dai concessionari quale condizione per continuare a operare nell’ambito del regime di «proroga tecnica» 11. Il TAR del Lazio ha tuttavia respinto i tre ricorsi, basandosi su una sentenza della Corte costituzionale (Italia), che aveva dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale della legge nazionale di cui trattasi 12.
19. Successivamente, tutte le appellanti hanno presentato ricorso dinanzi al Consiglio di Stato (Italia), giudice del rinvio nelle presenti cause. Dinanzi a tale giudice esse hanno invocato l’illegittimità delle disposizioni di legge attuate dall’ADM nella decisione impugnata, sotto il profilo tanto del diritto dell’Unione quanto del diritto costituzionale nazionale.
20. In sostanza, le appellanti affermano, da un lato, che il fatto che l’importo del canone applicabile nell’ambito del regime di «proroga tecnica» è stabilito dal legislatore italiano non può giustificare che l’ADM sia privata del suo potere discrezionale di rimodulare l’equilibrio economico delle concessioni, soprattutto quando circostanze imprevedibili incidono sulle condizioni di gestione del servizio di cui trattasi. A tal riguardo, esse rilevano che, anche se, per loro natura, le concessioni comportano il trasferimento del rischio operativo al concessionario, ciò non esclude la possibilità, in caso di circostanze eccezionali, di modificare le condizioni di detta concessione.
21. Dall’altro lato, le appellanti sostengono che il regime di «proroga tecnica» di cui trattasi nei procedimenti principali sarebbe stato utilizzato in modo abusivo come strumento transitorio ed eccezionale e che esso avrebbe comportato modifiche eccessive delle concessioni esistenti tali da eccedere i limiti consentiti dalla direttiva 2014/23. Secondo le appellanti, esso avrebbe altresì modificato l’equilibrio economico di tali concessioni, in quanto non inciderebbe in eguale misura su tutti gli operatori e comporterebbe vincoli supplementari, quali il divieto di trasferimento dei locali delle attività dei concessionari, come condizione di partecipazione a una futura gara.
22. Nelle ordinanze di rinvio, il Consiglio di Stato rileva che le appellanti hanno presentato elementi di prova che dimostrano che le condizioni di esercizio delle concessioni, in particolare la sostenibilità dei costi di gestione, sono state gravemente compromesse a seguito della pandemia di COVID-19. Tuttavia, tale giudice nutre dubbi sull’applicabilità della direttiva 2014/23 alle concessioni oggetto delle presenti cause, dal momento che queste ultime sono state inizialmente affidate mediante una procedura selettiva nel 2000.
23. In caso di applicabilità della direttiva 2014/23, il Consiglio di Stato si chiede se la medesima osti a un’interpretazione del diritto nazionale che avrebbe come conseguenza l’impossibilità per un’agenzia amministrativa quale l’ADM di modificare le condizioni di esercizio della concessione in caso di eventi imprevisti. In particolare, detto giudice si riferisce ad eventi che non sono imputabili ai concessionari e che incidono in modo significativo sulle condizioni normali di rischio operativo.
24. Il Consiglio di Stato nutre altresì dubbi sulla questione se la direttiva 2014/23 consenta al diritto nazionale di prevedere un regime, come quello di cui trattasi nei procedimenti principali, applicabile alle concessioni giunte a scadenza in attesa dell’indizione di una nuova gara. Il giudice del rinvio evidenzia l’obbligo di corrispondere il canone mensile imposto da tale regime, che non era previsto nell’aggiudicazione iniziale delle concessioni e il cui importo ha subito un aumento significativo nel corso del tempo. Esso sottolinea altresì che tale canone è calcolato in modo astratto, senza alcuna valutazione concreta in ordine alle condizioni economiche della singola concessione, in modo potenzialmente idoneo ad alterare l’equilibrio generale della concessione. 25. Nell’ipotesi in cui la direttiva 2014/23 non fosse applicabile alle concessioni di cui trattasi nei procedimenti principali, il Consiglio di Stato si chiede se il regime di «proroga tecnica» possa essere considerato compatibile con i principi generali sanciti all’articolo 3 TUE, agli articoli 8, 12, 49, 56, 63, 145 e 151 TFUE, nonché agli articoli 15, 16, 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»). Esso fa altresì riferimento ai principi di libertà di stabilimento, di libera prestazione dei servizi e di tutela del legittimo affidamento e, in particolare, all’interpretazione di tali principi da parte della Corte nella sua sentenza del 2 settembre 2021, Sisal e a. (C-721/19 e C-722/19, EU:C:2021:672). Secondo il Consiglio di Stato, il regime di «proroga tecnica» suscita dubbi sotto i profili della sua necessità, congruità, proporzionalità e utilità rispetto allo scopo da esso effettivamente perseguito, secondo il legislatore italiano, vale a dire l’allineamento di una nuova procedura di gara per tutte le concessioni giunte a scadenza.
26. Alla luce di tali circostanze, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere i tre procedimenti di cui è investito e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
– Per quanto riguarda le cause C-728/22 e C-729/22:
«1) Se la direttiva [2014/23] sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, nonché i principi generali desumibili dal Trattato, e segnatamente gli articoli 15, 16, 20 e 21 della [Carta], l’articolo 3 [TUE] e gli articoli 8, 49, 56, 12, 145 e 151 [TFUE] [13] debbano essere interpretati nel senso che essi trovano applicazione a fronte di concessioni di gestione del gioco del Bingo le quali siano state affidate con procedura selettiva nell’anno 2000, siano scadute e poi siano state reiteratamente prorogate nell’efficacia con disposizioni legislative entrate in vigore successivamente all’entrata in vigore della direttiva ed alla scadenza del suo termine di recepimento.
2) Nel caso in cui al primo quesito sia fornita risposta affermativa, se la direttiva [2014/23] osta ad una interpretazione o applicazione di norme legislative interne, o prassi applicative sulla base delle norme stesse, tali da privare l’Amministrazione del potere discrezionale di avviare, su istanza degli interessati, un procedimento amministrativo volto a modificare le condizioni di esercizio delle concessioni, con o senza indizione di nuova procedura di aggiudicazione a seconda che si qualifichi o meno modifica sostanziale la rinegoziazione dell’equilibrio convenzionale, nei casi in cui si verifichino eventi non imputabili alle parti, imprevisti ed imprevedibili, che incidono in modo significativo sulle condizioni normali di rischio operativo, finché perdurino tali condizioni e per il tempo necessario per eventualmente ripristinare le condizioni originarie di esercizio delle concessioni.
3) Se la direttiva [89/665], quale modificata dalla direttiva [2014/23], osta ad una interpretazione o applicazione di norme nazionali interne, o prassi applicative sulla base delle norme stesse, tali che il Legislatore o l’Amministrazione pubblica possano condizionare la partecipazione alla procedura per la riattribuzione delle concessioni di gioco all’adesione del concessionario al regime di proroga tecnica, anche nell’ipotesi in cui sia esclusa la possibilità di rinegoziare le condizioni di esercizio della concessione al fine di ricondurle in equilibrio, in conseguenza di eventi non imputabili alle parti, imprevisti ed imprevedibili, che incidono in modo significativo sulle condizioni normali di rischio operativo, finché perdurino tali condizioni e per il tempo necessario per eventualmente ripristinare le condizioni originarie di esercizio delle concessioni.
4) Se, in ogni caso, gli articoli 49 e 56 del TFUE e i principi di certezza ed effettività della tutela giuridica, nonché il principio del legittimo affidamento ostino ad una interpretazione o applicazione di norme legislative interne, o prassi applicative sulla base delle norme stesse, tali da privare l’Amministrazione del potere discrezionale di avviare, su istanza degli interessati, un procedimento amministrativo volto a modificare le condizioni di esercizio delle concessioni, con o senza indizione di nuova procedura di aggiudicazione a seconda che si qualifichi o meno modifica sostanziale la rinegoziazione dell’equilibrio convenzionale, nei casi in cui si verifichino eventi non imputabili alle parti, imprevisti ed imprevedibili, che incidono in modo significativo sulle condizioni normali di rischio operativo, finché perdurino tali condizioni e per il tempo necessario per eventualmente ripristinare le condizioni originarie di esercizio delle concessioni.
5) Se gli articoli 49 e 56 del TFUE e i principi di certezza ed effettività della tutela giuridica, nonché il principio del legittimo affidamento ostino ad una interpretazione o applicazione di norme nazionali interne, o prassi applicative sulla base delle norme stesse, tali che il Legislatore o l’Amministrazione pubblica possano condizionare la partecipazione alla procedura per la riattribuzione delle concessioni di gioco all’adesione del concessionario al regime di proroga tecnica, anche nell’ipotesi in cui sia esclusa la possibilità di rinegoziare le condizioni di esercizio della concessione al fine di ricondurle in equilibrio, in conseguenza di eventi non imputabili alle parti, imprevisti ed imprevedibili, che incidono in modo significativo sulle condizioni normali di rischio operativo, finché perdurino tali condizioni e per il tempo necessario per eventualmente ripristinare le condizioni originarie di esercizio delle concessioni.
6) Se, più in generale, gli articoli 49 e 56 del TFUE e i principi di certezza ed effettività della tutela giuridica, nonché il principio del legittimo affidamento ostino a una normativa nazionale quale quella che rileva nella controversia principale, la quale prevede a carico dei gestori delle sale Bingo il pagamento di un oneroso canone di proroga tecnica su base mensile non previsto negli originari atti di concessione, di ammontare identico per tutte le tipologie di operatori e modificato di tempo in tempo dal legislatore senza alcuna dimostrata relazione con le caratteristiche e l’andamento del singolo rapporto concessorio».
– Inoltre, per quanto riguarda la sola causa C-730/22:
«Se la direttiva 2014/23/UE, ove ritenuta applicabile e, in ogni caso, i principi generali desumibili dagli articoli 26, 49, 56 e 63 del TFUE come interpretati e applicati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, con particolare riguardo al divieto di discriminazioni, al canone di proporzionalità ed alla tutela della concorrenza e della libera circolazione dei servizi e dei capitali, ostino all’applicazione di norme nazionali per cui il legislatore nazionale o l’amministrazione pubblica possano, durante la cd “proroga tecnica” più volte rinnovata nell’ultimo decennio nel settore delle concessioni di gioco, incidere unilateralmente sui rapporti in corso, introducendo l’obbligo di pagamento di canoni concessori, originariamente non dovuti, ed aumentando successivamente a più riprese i medesimi canoni, sempre determinati in misura fissa per tutti i concessionari a prescindere dal fatturato, apponendo anche ulteriori vincoli all’attività dei concessionari come il divieto di trasferimento dei locali e subordinando la partecipazione alla futura procedura per la riattribuzione delle concessioni all’adesione degli operatori alla proroga medesima».
27. Le domande di pronuncia pregiudiziale sono state depositate presso la cancelleria della Corte il 24 novembre 2022. Il 31 gennaio 2023 la Corte ha deciso di riunire le cause ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento nonché della sentenza, per ragioni di connessione. Il governo italiano, la Commissione europea e le parti nei procedimenti principali hanno depositato osservazioni scritte. Il 16 ottobre 2023 la Corte ha trasmesso una domanda di chiarimenti al Consiglio di Stato ai sensi dell’articolo 101 del regolamento di procedura della Corte. Il Consiglio di Stato ha risposto a tale domanda con lettera del 16 novembre 2023. Il 24 aprile 2024 si è tenuta un’udienza.
IV. Valutazione
28. Con le sue questioni, il giudice del rinvio interroga la Corte circa la compatibilità con il diritto dell’Unione di taluni elementi risultanti dal regime cosiddetto di «proroga tecnica», applicabile in Italia alle concessioni statali per le attività di gioco del Bingo giunte a scadenza.
29. Più precisamente, il giudice del rinvio chiede se la direttiva 2014/23 – o, in subordine, talune disposizioni del TUE, del TFUE e della Carta – si applichi alle concessioni aggiudicate prima dell’entrata in vigore di detta direttiva e che, una volta scadute, siano state reiteratamente prorogate per via legislativa dopo tale entrata in vigore (prima questione pregiudiziale nelle cause C-728/22 e C-729/22).
30. Nell’ipotesi in cui si ritenga applicabile la direttiva 2014/23, il giudice del rinvio si chiede se tale direttiva osti a un’interpretazione della normativa nazionale 14 che privi l’amministrazione di uno Stato membro del potere discrezionale di modificare, su istanza degli operatori interessati, le condizioni di esercizio di una concessione. Detto giudice si riferisce, in particolare, ai casi in cui si verificano eventi imprevisti non imputabili alle parti e che incidono in modo significativo sulle condizioni normali di rischio operativo (seconda questione pregiudiziale nelle cause C-728/22 e C-729/22).
31. Il giudice del rinvio si chiede inoltre se la direttiva 89/665 osti alla prassi di subordinare il diritto di partecipare a una procedura di riattribuzione di concessioni all’adesione da parte dei concessionari al regime di «proroga tecnica», in particolare qualora tali concessionari non siano in grado di rinegoziare le condizioni di esercizio della concessione a seguito di eventi imprevisti (terza questione pregiudiziale nelle cause C-728/22 e C-729/22).
32. Infine, il giudice del rinvio desidera accertare se l’imposizione unilaterale del pagamento di un canone mensile secondo il regime di «proroga tecnica» sia incompatibile con la direttiva 2014/23. Esso pone la suddetta questione osservando che: i) detto canone non era previsto nell’aggiudicazione originaria, ii) il suo ammontare è stabilito in misura identica per tutti gli operatori del settore, indipendentemente dalla loro capacità finanziaria, iii) il canone è stato reiteratamente aumentato da quando è stato imposto per la prima volta e iv) il versamento dello stesso costituisce una condizione di partecipazione alla procedura di riattribuzione della concessione (prima parte della questione pregiudiziale unica nella causa C-730/22).
33. Nell’ipotesi in cui la direttiva 2014/23 non sia ritenuta applicabile, il giudice del rinvio pone le stesse questioni esposte ai precedenti paragrafi da 30 a 32 in relazione agli articoli 49 e 56 TFUE, da un lato, e ai principi di certezza del diritto, effettività della tutela giuridica, tutela del legittimo affidamento, non discriminazione e proporzionalità, dall’altro (questioni pregiudiziali quarta, quinta e sesta nelle cause C-728/22 e C-729/22, nonché seconda parte della questione pregiudiziale unica nella causa C-730/22).
34. Esaminerò, anzitutto, la prima questione pregiudiziale nelle cause C-728/22 e C-729/22, in quanto la risposta alla stessa mira a stabilire la norma di diritto dell’Unione applicabile alle concessioni di cui trattasi nei procedimenti principali. Quindi, partendo dal presupposto che la direttiva 2014/23 sia applicabile ad esse, esaminerò la prima parte della questione pregiudiziale unica nella causa C-730/22, in quanto una risposta affermativa a detta questione potrebbe escludere la necessità per la Corte di proseguire l’esame delle presenti domande di pronuncia pregiudiziale. Analizzerò poi le questioni pregiudiziali seconda e terza nelle cause C-728/22 e C-729/22 prima di affrontare, da ultimo, le questioni quarta, quinta e sesta nelle cause C-728/22 e C-729/22, nonché la seconda parte della questione unica nella causa C-730/22.
A. Sulla prima questione pregiudiziale nelle cause C-728/22 e C-729/22
35. La prima questione pregiudiziale nelle cause C-728/22 e C-729/22 richiede un esame dell’ambito di applicazione della direttiva 2014/23. In sostanza, il giudice del rinvio desidera verificare se talune concessioni aggiudicate prima della data di entrata in vigore di tale direttiva e prima della data di scadenza per il suo recepimento possano nondimeno essere disciplinate dalla stessa. In subordine, il giudice del rinvio chiede se «i principi generali desumibili dal Trattato, e segnatamente gli articoli 15, 16, 20 e 21 della [Carta], l’articolo 3 [TUE] e gli articoli 8, 49, 56, 12, 145 e 151 [TFUE]» trovino applicazione alle controversie di cui ai procedimenti principali.
36. In via preliminare, vorrei sottolineare che, a mio avviso, non è necessaria una risposta della Corte con riferimento a talune disposizioni del TUE, del TFUE e della Carta citate dal giudice del rinvio nella prima questione pregiudiziale nella causa C-728/22. Ciò vale per l’articolo 3 TUE, gli articoli 8, 12, 145 e 151 TFUE nonché gli articoli 15, 16, 20 e 21 della Carta. A tal riguardo, è sufficiente constatare che il giudice del rinvio non fornisce alcuna spiegazione concreta quanto alla pertinenza di tali disposizioni nella causa di cui trattasi né dei principi generali che, secondo tale giudice, sono «desumibili» da dette norme 15. In tali circostanze, e conformemente alla giurisprudenza costante della Corte 16, propongo di dichiarare irricevibile la prima questione pregiudiziale nella causa C-728/22 nei limiti in cui riguarda tali disposizioni o principi generali.
37. Inoltre, nella risposta alla domanda di chiarimenti rivolta dalla Corte, il giudice del rinvio dichiara di non avere dubbi quanto al fatto che le concessioni di cui trattasi, in primo luogo, costituiscono concessioni di servizi ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2014/23 e, in secondo luogo, soddisfano la soglia quantitativa prevista all’articolo 8 della medesima direttiva.
38. In ogni caso, per quanto riguarda il primo di tali elementi, è d’uopo rilevare che, contrariamente al dubbio espresso dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, le controversie di cui ai procedimenti principali non riguardano provvedimenti di autorizzazione o licenza amministrativa per l’esercizio di un’attività economica. Le suddette controversie riguardano in realtà concessioni con le quali l’ADM, in quanto amministrazione aggiudicatrice, ha trasferito alle appellanti nei procedimenti principali il diritto di gestire un servizio in favore degli utenti finali. In forza delle condizioni della convenzione conclusa tra l’ADM e i concessionari, lo Stato percepisce un profitto, cioè il «prelievo erariale» sulla raccolta che i concessionari ottengono dalla vendita delle cartelle di gioco. Contestualmente, anche i concessionari percepiscono una remunerazione, che corrisponde essenzialmente alla vendita di cartelle del Bingo, dedotti il prelievo erariale ad essi imposto e le vincite dei giocatori.
39. Peraltro, la circostanza che le concessioni di cui trattasi nei procedimenti principali siano state modificate per via legislativa non è idonea alterare il loro carattere concessorio né a trasformare tali concessioni in una semplice prestazione di servizi soggetta a regolamentazione. A questo proposito, è importante osservare che la normativa nazionale che istituisce il regime di «proroga tecnica» incarica l’ADM di adottare le disposizioni occorrenti per adeguare dette concessioni ai criteri stabiliti dal legislatore italiano 17.
40. Alla luce della definizione di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2014/23 e della giurisprudenza della Corte 18, fugherei qualsiasi dubbio circa la qualificazione delle concessioni di cui trattasi come «concessioni di servizi», che pertanto rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera b), della medesima.
41. Per quanto attiene alla soglia quantitativa che il valore di una concessione deve raggiungere affinché si applichi la direttiva 2014/23, il giudice del rinvio dichiara altresì di non avere dubbi sul fatto che tale requisito sia soddisfatto da parte delle concessioni di cui trattasi nei procedimenti principali.
42. In particolare, rilevo che, secondo le precisazioni fornite dal giudice del rinvio, l’unico competente ad accertare i fatti di cui ai procedimenti principali, i ricavi dei concessionari nel corso dei sei anni della concessione ammontavano, in media, a oltre EUR 8 000 000. Da tali precisazioni discende altresì che i suddetti ricavi superavano «comunque» EUR 5 382 000. Tali cifre, superiori alla soglia richiesta dalla versione della direttiva applicabile all’epoca dei fatti di causa, vale a dire EUR 5 225 000 19, sono state confermate anche dalle appellanti nei procedimenti principali durante l’udienza dinanzi alla Corte.
43. Conseguentemente, atteso che le condizioni di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettera b), e dell’articolo 8 della direttiva 2014/23 possono essere considerate soddisfatte, ritengo che le presenti cause non richiedano ulteriori indicazioni in merito all’applicabilità ratione materiae della direttiva 2014/23, aspetto che rimaneva, ad esempio, dubbio per la Commissione.
44. Per contro, il giudice del rinvio dovrebbe ricevere indicazioni quanto al fatto se tale direttiva si applichi ratione temporis alle concessioni di cui trattasi nei procedimenti principali, unico elemento pertinente sollevato da tale giudice alla luce della precisa formulazione della prima questione pregiudiziale nelle cause C-728/22 e C-729/22 e della motivazione delle ordinanze di rinvio.
45. A tal riguardo, è opportuno ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, la normativa dell’Unione applicabile a un contratto di concessione è, in linea di principio, quella in vigore alla data in cui l’ente aggiudicatore sceglie il tipo di procedura che esso seguirà e risolve la questione sulla sussistenza, o meno, dell’obbligo di indire preventivamente una gara per l’aggiudicazione di un appalto pubblico. Sono invece inapplicabili le disposizioni di una direttiva il cui termine di recepimento sia scaduto dopo tale data 20.
46. Nelle presenti cause, il termine di recepimento della direttiva 2014/23 era fissato al 18 aprile 2016, il che implica che, poiché le concessioni in discussione dinanzi al giudice del rinvio sono state aggiudicate nel corso del 2000, la suddetta direttiva non sarebbe, in linea di principio, applicabile alle stesse.
47. Peraltro, l’articolo 54, secondo comma, della direttiva 2014/23 precisa altresì che le disposizioni di tale direttiva non si applicano all’aggiudicazione di concessioni per le quali è stata presentata un’offerta o che sono state aggiudicate prima del 17 aprile 2014, vale a dire la data di entrata in vigore di tale direttiva. Ne consegue che, in virtù di tale disposizione, l’aggiudicazione iniziale delle concessioni di cui trattasi esulerebbe, in ogni caso, dall’ambito di applicazione della direttiva 2014/23.
48. Tuttavia, come ricorda giustamente il giudice del rinvio, la Corte ha statuito che, in caso di modifica sostanziale delle condizioni applicabili a una concessione, il diritto dell’Unione alla luce del quale tale modifica deve essere valutata è quello in vigore alla data di adozione di quest’ultima. Il fatto che la conclusione del contratto di concessione originario sia precedente all’adozione delle norme dell’Unione in materia non comporta conseguenze a tale riguardo 21.
49. Come indicato al paragrafo 17 delle presenti conclusioni, la controversia a livello nazionale riguarda due note adottate dall’ADM, rispettivamente, il 9 luglio 2020 (causa C-729/22) e il 18 novembre 2020 (causa C-728/22). Tali note si basano sulla normativa italiana adottata nel dicembre 2017, che ha modificato per la seconda volta il regime di «proroga tecnica» inizialmente istituito nel 2013, dopo la prima modifica dello stesso nel 2015 22. Di conseguenza, se il regime di «proroga tecnica», come successivamente modificato, dovesse essere considerato una modifica sostanziale delle concessioni iniziali, ai sensi della citata giurisprudenza, la direttiva 2014/23 dovrebbe essere considerata applicabile alle controversie di cui ai procedimenti principali.
50. A tal riguardo, occorre rilevare che un atto legislativo nazionale può costituire una modifica sostanziale delle concessioni originariamente aggiudicate quando, ad esempio, la durata della concessione è unilateralmente prolungata secondo una modalità che non era stabilita nell’aggiudicazione iniziale. Ciò si verifica anche quando tale normativa nazionale impone nuove condizioni che devono essere soddisfatte per l’esercizio della concessione, in particolare per quanto riguarda il corrispettivo che i concessionari devono pagare per la gestione del servizio di cui trattasi.
51. Quanto alle presenti cause, spetta al giudice del rinvio verificare se la normativa italiana adottata nel 2013, come modificata successivamente nel 2015 e nel 2017, abbia rappresentato una modifica sostanziale rispetto alle condizioni delle concessioni rilasciate nel 2000. Tuttavia, alla luce degli elementi risultanti dalle ordinanze di rinvio, mi sembra evidente che, istituendo e mantenendo il regime di «proroga tecnica», tale normativa abbia modificato le pertinenti condizioni di esercizio delle concessioni di gioco del Bingo, in particolare se confrontate con le condizioni stabilite in sede di aggiudicazione iniziale:
– in primo luogo, il regime di «proroga tecnica» ha prorogato le concessioni già scadute, estendendo così la durata inizialmente convenuta per queste ultime. Tenuto conto della modifica introdotta nel 2015 dal legislatore italiano 23, successivamente mantenuta nel 2017, ne è conseguita una proroga di nove anni delle concessioni esistenti in base a tale regime, ossia una volta e mezzo la durata iniziale;
– in secondo luogo, il regime di «proroga tecnica» ha imposto il pagamento di un canone mensile quale corrispettivo per la gestione delle concessioni che non era previsto nella procedura di aggiudicazione iniziale. Ciò ha modificato le modalità di percezione dei profitti per la gestione dei servizi dei concessionari da parte dello Stato, modalità che, fino a quel momento, comprendevano la riscossione di un contributo erariale gravante sulle raccolte ottenute dalla vendita di cartelle di gioco 24; e
– in terzo luogo, il regime di «proroga tecnica» ha reso obbligatoria, per i concessionari che intendevano partecipare a una futura gara, l’adesione a tale regime e il pagamento del canone mensile, il che costituiva inoltre una nuova condizione rispetto alle condizioni richieste nell’aggiudicazione iniziale 25.
52. Dalle suesposte considerazioni discende pertanto che, fatta salva la valutazione che deve essere effettuata dal giudice del rinvio, la suddetta direttiva dovrebbe essere considerata applicabile alle concessioni di cui trattasi nei procedimenti principali, in quanto le condizioni dell’aggiudicazione iniziale sono state modificate in modo sostanziale con l’adozione del regime di «proroga tecnica» e delle successive modifiche dello stesso.
53. Suggerisco pertanto alla Corte di rispondere alla prima questione pregiudiziale nelle cause C-728/22 e C-729/22 dichiarando che la direttiva 2014/23 trova applicazione alle concessioni di cui trattasi nei procedimenti principali.
54. Peraltro, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, una misura nazionale rientrante in un settore che sia stato oggetto di un’armonizzazione completa a livello dell’Unione dev’essere valutata in rapporto non alle disposizioni del diritto primario, ma a quelle di tale misura di armonizzazione 26. Ciò implica che, qualora la Corte condividesse l’analisi di cui ai paragrafi precedenti delle presenti conclusioni, ciò avrebbe come conseguenza che gli articoli 49 e 56 TFUE, citati dal giudice del rinvio nella formulazione della prima questione pregiudiziale nelle cause C-728/22 e C-729/22, non sarebbero pertinenti ai fini delle controversie nelle presenti cause. Ciò avrebbe altresì come conseguenza che neppure le questioni quarta, quinta e sesta nelle medesime cause nonché la seconda parte della questione unica nella causa C-730/22 necessiterebbero di una risposta da parte della Corte.
B. Sulla prima parte della questione pregiudiziale unica nella causa C-730/22
55. Dopo aver accertato l’applicabilità della direttiva 2014/23 alle concessioni di cui trattasi nei procedimenti principali, occorre ora rispondere alla prima parte della questione pregiudiziale unica nella causa C-730/22, che è posta principalmente con riferimento a tale direttiva 27. Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’obbligo di pagare il canone mensile stabilito nell’ambito del regime di «proroga tecnica» sia compatibile con tale direttiva, tenuto conto, in particolare, delle specificità di tale canone di cui al paragrafo 32 delle presenti conclusioni.
56. In via preliminare sottolineo che, nella prima parte di detta questione unica, il giudice del rinvio non cita alcuna disposizione specifica della direttiva 2014/23 quale possibile fondamento dell’incompatibilità del pagamento del canone mensile imposto. Tuttavia, dalle informazioni fornite nelle ordinanze di rinvio consegue che tale giudice si riferisce, in sostanza, all’articolo 43 di detta direttiva.
57. Sotto il titolo «Modifica di contratti durante il periodo di validità», l’articolo 43 della direttiva 2014/23 disciplina le condizioni che le modifiche introdotte in una concessione di servizi devono soddisfare al momento dell’esecuzione di tale contratto. Tale disposizione si basa sull’assunto che i contratti di concessione implicano generalmente accordi finanziari complessi a lungo termine, che sono spesso soggetti a cambiamenti di circostanze 28. Per questo motivo, essa mira a chiarire le condizioni in cui la modifica di una concessione di servizi richiede – o non richiede – una nuova procedura di aggiudicazione della concessione 29.
58. Più specificamente, l’articolo 43, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2014/23 stabilisce che le concessioni possono essere modificate senza una nuova procedura di aggiudicazione della concessione se la modifica, a prescindere dal suo valore, non è sostanziale ai sensi del paragrafo 4 di detto articolo. A sua volta, la prima frase dell’articolo 43, paragrafo 4, della direttiva 2014/23 stabilisce, quale criterio generale, che una modifica di una concessione durante il periodo della sua validità è considerata sostanziale quando muta sostanzialmente la natura della concessione rispetto a quella inizialmente conclusa. Ai sensi della lettera a) della medesima disposizione, ciò si verifica, in ogni caso, quando la modifica
introduce condizioni che, se fossero state contenute nella procedura iniziale di aggiudicazione della concessione, avrebbero consentito l’ammissione di candidati diversi da quelli inizialmente selezionati. Infine, è importante ricordare che, nel caso in cui una modifica di una concessione sia ritenuta sostanziale, l’articolo 43, paragrafo 5, della direttiva 2014/23 prescrive l’organizzazione di una nuova procedura di aggiudicazione.
59. Nelle presenti cause, ho già indicato, nell’ambito della mia analisi della prima questione pregiudiziale nelle cause C-728/22 e C-729/22, che il regime di «proroga tecnica» ha comportato diverse modifiche delle pertinenti condizioni di esercizio delle concessioni di giochi del Bingo 30. Tali modifiche riguardavano alcuni degli elementi essenziali di tali concessioni, vale a dire, da un lato, la loro durata, rispetto a quella inizialmente fissata per le stesse, e, dall’altro, il modo in cui i concessionari dovevano remunerare l’amministrazione aggiudicatrice per la gestione dei servizi di cui trattasi.
60. Tengo a rilevare che l’unico elemento del regime di «proroga tecnica» oggetto della presente questione, come formulata dal giudice del rinvio, consiste nell’obbligo di pagare un canone mensile risultante da tale regime, e non nel fatto che le concessioni sono state parimenti prorogate in modo significativo da quest’ultimo. Per questo motivo, pur potendo tale proroga giustificare la conclusione nel senso dell’esistenza di una modifica sostanziale delle concessioni di cui trattasi nei procedimenti principali, ai sensi dell’articolo 43, paragrafo 4, della direttiva 2014/23 31, detto elemento del regime di «proroga tecnica» può, a mio avviso, essere escluso dall’analisi della Corte.
61. Per quanto riguarda l’obbligo di pagare un canone mensile, esso non era affatto contemplato nell’aggiudicazione iniziale delle concessioni di cui trattasi nei procedimenti principali. Detto obbligo è stato probabilmente istituito per garantire che la proroga delle concessioni nell’ambito del regime di «proroga tecnica» fosse allineata al corrispettivo per la gestione prolungata dei servizi di cui trattasi. Ciò detto, l’adozione del regime di «proroga tecnica» ha modificato il modo in cui tale corrispettivo doveva essere fornito, poiché, fino a quel momento, esso consisteva sostanzialmente nella riscossione da parte dello Stato di un prelievo erariale, gravante sugli incassi percepiti dai concessionari dalla vendita delle cartelle di gioco.
62. A tal riguardo, è giocoforza constatare che la riscossione del «prelievo erariale», come prevista all’atto dell’aggiudicazione iniziale delle concessioni, si basava su un pagamento indiretto da parte degli utenti finali delle attività di gioco del Bingo. Ciò ha comportato altresì che il corrispettivo che i concessionari erano tenuti a pagare per la gestione dei loro servizi fosse commisurato ai loro ricavi effettivi.
63. Il pagamento del canone stabilito dal regime di «proroga tecnica», invece, ha modificato, unilateralmente, la logica alla base di tale corrispettivo, atteso che, da un lato, ha imposto il meccanismo di compensazione direttamente ai concessionari e, dall’altro, è risultato essere in misura fissa, il che implica che tutti i suddetti concessionari sono stati obbligati a pagare lo stesso importo, indipendentemente dalla loro capacità finanziaria o dalla durata della concessione iniziale. Nel contempo, il fatto che il canone mensile è stato maggiorato più volte a seguito di ciascuna modifica del regime di «proroga tecnica» – raggiungendo, nel 2017, tre volte il valore di tale canone rispetto a quello inizialmente imposto – ha aumentato la pressione finanziaria sui concessionari con ricavi inferiori. Dal canto suo, lo Stato si è garantito la certezza, in virtù del principio dell’onerosità delle concessioni, di ricevere un importo sicuro in termini di profitti per la gestione dei servizi interessati, il che non riflette la natura variabile del corrispettivo delle concessioni, così come erano inizialmente concepite.
64. Ne consegue che, come sostengono le appellanti nei procedimenti principali, l’obbligo di pagare il canone mensile nell’ambito del regime di «proroga tecnica» ha modificato i parametri economici di base delle concessioni, come definiti al momento della loro aggiudicazione iniziale. Da questo punto di vista, a mio avviso, le suddette appellanti hanno ragione nel ritenere che, dopo l’adozione del regime di «proroga tecnica» e le modifiche dello stesso, la natura delle suddette concessioni sia mutata sostanzialmente rispetto a quelle inizialmente concluse 32. Non si può escludere, inoltre, che, se dette condizioni fossero state contenute nella procedura iniziale di aggiudicazione della concessione, ciò avrebbe consentito l’ammissione di candidati diversi da quelli inizialmente selezionati.
65. Alla luce di quanto precede, ritengo che i criteri generali e specifici di cui all’articolo 43, paragrafo 4, della direttiva 2014/23 e della lettera a), della medesima disposizione siano rispettivamente soddisfatti 33. Inoltre, le considerazioni che precedono mi inducono a ritenere che, imponendo ai concessionari l’obbligo di pagare un canone mensile secondo le condizioni con cui esso è stato istituito, il regime di «proroga tecnica» abbia introdotto una modifica «sostanziale» delle concessioni di cui trattasi nei procedimenti principali, nell’accezione di cui all’articolo 43, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2014/23.
Conseguentemente, in forza dell’articolo 43, paragrafo 5, della direttiva 2014/23, prima di effettuare le suddette modifiche si sarebbe dovuta organizzare una nuova procedura di gara.
66. Si può trarre la stessa conclusione per quanto riguarda il fatto che i concessionari siano tenuti ad adempiere all’obbligo del pagamento del canone nell’ambito del regime di «proroga tecnica» quale condizione da soddisfare per poter partecipare ad una nuova gara. È vero che, come evidenzia la Commissione, tale obbligo può essere considerato un elemento destinato a compensare il vantaggio competitivo di cui beneficiano i concessionari uscenti rispetto ai nuovi. Tuttavia, esso accentua la modifica dei parametri economici delle concessioni rispetto alla loro configurazione iniziale. Allo stesso tempo, fintantoché l’avvio della procedura di aggiudicazione di nuove concessioni resta incerto, l’applicazione di tale condizione comporta una nuova modifica del contenuto del contratto di concessione, ai sensi dell’articolo 43, paragrafo 4, della direttiva.
67. Da quanto precede discende che l’articolo 43, paragrafo 1, lettera e), e paragrafo 5, della direttiva 2014/23 osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che prevede l’obbligo di pagare un canone mensile non contemplato nell’aggiudicazione iniziale, nei limiti in cui essa modifica i parametri economici di base delle concessioni di cui trattasi, ad esempio fissando una misura identica di tale canone per tutti gli operatori del settore, indipendentemente dalla loro capacità finanziaria, e aumentando sensibilmente la misura di detto canone a partire dalla sua prima imposizione. Entrambe le disposizioni ostano parimenti a tale normativa nella misura in cui il pagamento di detto canone rappresenta una condizione per la partecipazione a una futura procedura di gara ai fini della riattribuzione delle concessioni di cui trattasi.
C. Sulla seconda questione pregiudiziale nelle cause C-728/22 e C-729/22
68. Come ho indicato al paragrafo 34 delle presenti conclusioni, a mio avviso, una risposta affermativa alla prima parte della questione pregiudiziale unica nella causa C-730/22 esclude la necessità che la Corte prosegua l’esame di tali domande di pronuncia pregiudiziale. Infatti, qualora la Corte accogliesse la conclusione secondo cui l’obbligo di pagare un canone mensile, quale concepito in forza del regime di «proroga tecnica», è contrario alla direttiva 2014/23, non sarebbe necessario esaminare le questioni pregiudiziali seconda e terza nelle cause C-728/22 e C-729/22, con cui si intende chiarire se detto canone possa essere riconsiderato da un’amministrazione nazionale nel contesto di circostanze imprevedibili. Ciononostante, esaminerò entrambe le questioni per completezza.
69. La seconda questione pregiudiziale nelle cause C-728/22 e C-729/22 riguarda l’ipotesi in cui un’amministrazione aggiudicatrice rifiuti di rinegoziare le condizioni di una concessione in caso di eventi imprevisti non imputabili ai concessionari. Il giudice del rinvio desidera sapere se la direttiva 2014/23 osti a un’interpretazione del diritto nazionale tale da privare un’amministrazione
aggiudicatrice quale l’ADM del suo potere discrezionale di riconsiderare le condizioni di un contratto pubblico in siffatte circostanze. 70. La rinegoziazione dei contratti pubblici in un momento successivo della loro esecuzione è un tema classico della dottrina in materia di diritto amministrativo, in particolare nel settore degli appalti pubblici
34. Essa costituisce un’eccezione a uno dei principi fondamentali dell’esecuzione delle concessioni, vale a dire che i concessionari devono gestire il servizio aggiudicato a loro rischio e pericolo («à ses risques et périls») 35 e che le amministrazioni aggiudicatrici non devono, per tale motivo, assumersi le conseguenze finanziarie di tale operazione. Vi è una generale diffidenza riguardo alla rinegoziazione dei contratti pubblici, in quanto essa potrebbe incentivare un comportamento opportunistico ad opera dei partecipanti a una gara 36.
71. Tuttavia, quando si verificano eventi che i concessionari non potevano prevedere e di cui non sono responsabili, gli ordinamenti giuridici nazionali attribuiscono spesso alle amministrazioni aggiudicatrici il potere discrezionale di riconsiderare le condizioni della concessione 37. Tale approccio è giustificato dal fatto che le concessioni si basano su un equilibrio economico-finanziario che dovrebbe essere ripristinato quando circostanze estranee al controllo dei concessionari incidono sulle condizioni alle quali una concessione di servizi deve essere eseguita conformemente alle condizioni iniziali della concessione. La possibilità di rinegoziare le condizioni di un contratto pubblico si presenta ogniqualvolta tali circostanze possano perturbare l’equilibrio di detto contratto 38.
72. Dalle ordinanze di rinvio risulta che l’ordinamento giuridico italiano stabilisce una disposizione che tiene conto della necessità di preservare l’equilibrio economico-finanziario delle concessioni come quelle di cui trattasi nei procedimenti principali 39. Tuttavia, dalle note del 9 luglio 2020 e del 18 novembre 2020 risulta che l’ADM si è dichiarata incompetente ad applicare tale disposizione su richiesta delle appellanti, dal momento che, in quanto agenzia amministrativa, non potrebbe pronunciarsi contro gli atti nazionali di natura legislativa che hanno introdotto e successivamente modificato il regime di «proroga tecnica».
73. A tal riguardo, tengo a sottolineare, da un lato, che il ragionamento dell’ADM – che verte sul principio della gerarchia delle competenze e delle norme nell’ordinamento giuridico nazionale – è privo di pertinenza nell’ambito dell’esame della questione se la direttiva 2014/23 conceda alle amministrazioni aggiudicatrici la possibilità di riesaminare, avvalendosi del potere discrezionale loro riconosciuto, le condizioni di una concessione. Infatti, ove la Corte concludesse per la sussistenza di tale potere discrezionale in capo alle amministrazioni aggiudicatrici, l’ADM avrebbe il diritto di esercitarlo nonostante il fatto che il regime di «proroga tecnica» è stato adottato e modificato per via legislativa o, per di più, nonostante il fatto che tale agenzia agisce sulla base di un obbligo imperativo imposto ad essa dal legislatore nazionale.
74. Dall’altro lato, esaminando gli elementi forniti nelle ordinanze di rinvio, risulta che il giudice del rinvio ha ritenuto che la pandemia di COVID-19 debba essere considerata una circostanza imprevedibile, non imputabile alle appellanti nei procedimenti principali e idonea a incidere sull’equilibrio economico-finanziario delle concessioni 40. Ciò significa che, qualora la Corte concluda che la direttiva 2014/23 concede alle amministrazioni aggiudicatrici il potere discrezionale di valutare la necessità di rinegoziare le condizioni dei contratti pubblici quando si verificano circostanze imprevedibili, tale requisito sarebbe soddisfatto nelle presenti cause 41.
75. Per quanto riguarda la questione se il potere discrezionale delle amministrazioni aggiudicatrici di riconsiderare le condizioni operative di una concessione possa essere fondato sulla direttiva 2014/23, noto che nessuna disposizione menziona espressamente un siffatto potere.
76. Il giudice del rinvio rileva, tuttavia, che l’articolo 5, paragrafo 1, lettera b), secondo comma, della direttiva definisce la nozione di «concessione di servizi» come un contratto e che detta disposizione stabilisce inoltre che il rischio operativo della gestione del servizio si considera assunto dal concessionario «in condizioni operative normali» 42. Secondo detto giudice, si potrebbe dedurre da tale disposizione che, nella misura in cui condizioni imprevedibili modifichino l’equilibrio economico di un contratto pubblico, i concessionari dovrebbero avere il diritto di chiedere una modifica di tale contratto.
77. A mio avviso, contrariamente alle argomentazioni delle appellanti nel procedimento principale, è chiaro che la definizione di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettera b), secondo comma, della direttiva 2014/23 non può, di per sé, fungere da base per concedere a un’amministrazione aggiudicatrice il potere discrezionale di riconsiderare le condizioni di un contratto pubblico, ancor meno per concedere ai concessionari il diritto di richiedere l’esercizio di tale potere. La suddetta definizione è fornita unicamente ai fini dell’applicazione della direttiva 2014/23 43 e, in particolare, allo scopo di definire l’ambito di applicazione ratione materiae di tale direttiva, conformemente all’articolo 1, paragrafo 2, della stessa.
78. Ciò posto, l’articolo 43 della direttiva 2014/23, a cui ho già fatto riferimento nelle presenti conclusioni, stabilisce al paragrafo 1, lettera c), che le concessioni possono essere modificate senza una nuova procedura di aggiudicazione se la necessità di modifica è determinata da circostanze che un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore diligente non ha potuto prevedere.
79. La suddetta disposizione deve essere letta alla luce del considerando 76 della direttiva 2014/23, secondo il quale le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori possono trovarsi ad affrontare circostanze esterne che non era possibile prevedere quando hanno aggiudicato la concessione, in particolare quando l’esecuzione della concessione copre un periodo lungo. Secondo tale considerando, in questi casi è necessaria una certa flessibilità per adattare la concessione alle circostanze senza ricorrere a una nuova procedura di aggiudicazione.
80. Ne consegue che la direttiva 2014/23 ipotizza che circostanze imprevedibili possano incidere sulle condizioni dei contratti pubblici inizialmente concordate tra le amministrazioni aggiudicatrici e i concessionari. A tal fine, la stessa direttiva prevede un insieme di norme che devono essere seguite nel caso in cui si ritenga che detta concessione necessiti di essere adeguata alle nuove circostanze, in particolare in assenza di una nuova procedura di gara.
81. Occorre rilevare che la constatazione che precede non comporta, contrariamente a quanto sostengono le appellanti nei procedimenti principali, che i concessionari dispongano di un diritto in base al quale un’amministrazione aggiudicatrice deve, in ogni caso, procedere alla rinegoziazione delle condizioni di
una concessione in caso di sopravvenienza di circostanze imprevedibili. Il governo italiano sostiene correttamente, a tal riguardo, che l’obiettivo della direttiva 2014/23 è anzitutto il coordinamento delle procedure di aggiudicazione di determinate concessioni e che tale direttiva non riguarda i diritti spettanti al concessionario in conseguenza di eventi intercorsi durante l’esecuzione del contratto.
82. Tuttavia, l’articolo 43, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2014/23, letto alla luce del considerando 76 di quest’ultima, dimostra che, nel contesto di uno scenario imprevisto per la gestione di una concessione di servizi che può incidere sull’equilibrio economico-finanziario di quest’ultima, il diritto dell’Unione mette a disposizione delle amministrazioni aggiudicatrici un insieme di norme volte a riconsiderare le condizioni di una concessione di servizi. Tali norme possono essere efficaci solo se la suddetta autorità è in grado di individuare, in via preliminare, se l’equilibrio finanziario di una concessione debba essere ripristinato a causa di circostanze imprevedibili. Di conseguenza, ove una normativa nazionale – o la sua interpretazione – impedisca a un’amministrazione aggiudicatrice di adottare una decisione, nell’ambito del suo potere discrezionale, in relazione alla necessità di ripristinare l’equilibrio economico-finanziario di una concessione, l’articolo 43, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2014/23 sarebbe disatteso e l’efficacia del diritto dell’Unione correrebbe il rischio di essere pregiudicata.
83. Nelle presenti cause, spetta al giudice del rinvio verificare se l’ADM abbia commesso un errore nell’adozione delle note del 9 luglio 2020 e del 18 novembre 2020, in particolare dichiarando di non essere legittimata a riconsiderare le condizioni delle concessioni di servizi di cui trattasi in quanto le norme che istituiscono il regime di «proroga tecnica» sono state adottate dal legislatore italiano.
84. Tuttavia, a mio avviso, si dovrebbe ritenere che un’amministrazione aggiudicatrice sia incorsa in un siffatto errore nel caso in cui essa ometta di tener conto del fatto che il diritto dell’Unione – ossia l’articolo 43, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2014/23 – delinea le norme che devono essere osservate al fine di riconsiderare le condizioni di una concessione di servizi nel contesto di circostanze imprevedibili, norme la cui efficacia, per definizione, richiede l’esercizio del potere discrezionale da parte di detta amministrazione.
85. A tal proposito, vorrei aggiungere che è indubbio che l’esercizio di tale potere discrezionale non comporta che un’amministrazione aggiudicatrice debba convenire sulla necessità di modificare una concessione di servizi o di rimodularla secondo le specifiche condizioni richieste dai concessionari interessati. Essa può persino negare l’esistenza di circostanze imprevedibili che giustifichino questo tipo di decisione. Tuttavia, detta amministrazione aggiudicatrice non può basarsi sul diritto nazionale o sull’interpretazione di tale diritto per evitare di procedere a una siffatta valutazione, la quale, tra l’altro, deve essere soggetta al sindacato dei giudici nazionali.
86. Concludo pertanto che l’articolo 43, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2014/23 osta a un’interpretazione della normativa nazionale che privi un’amministrazione aggiudicatrice del potere discrezionale di valutare se eventi imprevedibili non imputabili ai concessionari e idonei a incidere sull’equilibrio economico-finanziario delle concessioni giustifichino una riconsiderazione delle condizioni di una concessione. 87. Contrariamente alla suddetta interpretazione, la Commissione deduce che, nella sentenza Consorzio Italian Management
44, la Corte ha dichiarato che gli Stati membri non sono tenuti ad istituire una procedura amministrativa o contrattuale per tener conto di eventi tali da poter giustificare una modifica di un appalto pubblico in corso di esecuzione 45. Tuttavia, la direttiva di cui si trattava in detta sentenza era la direttiva 2004/17 46, che non è più in vigore e non conteneva alcuna disposizione analoga all’articolo 43, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2014/23. Per questo motivo non ritengo che la Corte debba basarsi su tale sentenza come un valido precedente ai fini della valutazione della presente questione pregiudiziale.
88. Alla luce delle considerazioni che precedono, invito la Corte a rispondere affermativamente alla seconda questione pregiudiziale nelle cause C-728/22 e C-729/22 e a ritenere, quindi, che la direttiva 2014/23 osti a che un’amministrazione aggiudicatrice sia privata del suo potere discrezionale di valutare se le condizioni di un contratto pubblico debbano essere riconsiderate nel contesto delle circostanze descritte dal giudice del rinvio.
D. Sulla terza questione pregiudiziale nelle cause C-728/22 e C-729/22
89. Con la terza questione pregiudiziale nelle cause C-728/22 e C-729/22, il giudice del rinvio chiede alla Corte se la direttiva 89/665 osti a una normativa nazionale che impone ai concessionari, quale condizione imperativa per partecipare ad una futura gara, di aderire a un regime di «proroga tecnica» come quello di cui trattasi nei procedimenti principali. Esso solleva tale questione facendo riferimento alla situazione in cui un’amministrazione aggiudicatrice non disponga di alcun potere discrezionale per rinegoziare le condizioni di esercizio di una concessione nel contesto di circostanze imprevedibili.
90. Occorre rilevare in via preliminare che la presente questione si basa sull’ipotesi secondo cui, contrariamente alla mia analisi della seconda questione pregiudiziale, la direttiva 2014/23 non osti a che un’amministrazione aggiudicatrice sia privata del suo potere discrezionale per modificare le condizioni di una concessione in caso di eventi imprevedibili. Pertanto, come già indicato, è nell’ipotesi in cui la Corte non condividesse tale analisi che si renderebbe necessaria una risposta specifica alla presente questione. 91. In ogni caso, non ritengo che la direttiva 89/665 consenta di rispondere in senso affermativo alla questione pregiudiziale del giudice del rinvio.
92. La direttiva 89/665, che fa parte delle cosiddette «direttive relative ai mezzi di ricorso» 47, si applica alle concessioni aggiudicate dalle amministrazioni aggiudicatrici ai sensi della direttiva 2014/23 48. Ciò comprende concessioni di servizi quali quelle oggetto dei procedimenti principali 49. In sostanza, la suddetta direttiva impone agli Stati membri di garantire che le decisioni di aggiudicazione di appalti pubblici e di concessioni, nonché le decisioni procedurali preliminari in tale contesto, siano oggetto di un ricorso rapido ed efficace 50. Secondo una giurisprudenza consolidata, la direttiva 89/665 dà espressione concreta al principio generale del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva nel settore particolare degli appalti pubblici 51.
93. A tal fine, la direttiva 89/665 impone agli Stati membri di provvedere a rendere accessibili, secondo modalità dettagliate, procedure di ricorso, in sostanza, a chiunque abbia interesse a ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e sia stato leso a causa di una presunta violazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici 52. I mezzi di ricorso nazionali devono prevedere la possibilità di adottare provvedimenti cautelari, di annullare decisioni illegittime e di accordare un risarcimento danni 53. Gli Stati membri sono liberi di stabilire gli organi responsabili delle decisioni sui ricorsi ai sensi della direttiva. Le procedure di ricorso possono essere trattate sia da organi giudiziari, sia, alternativamente, da organi non giudiziari, purché, in quest’ultimo caso, tali organi rispettino talune condizioni supplementari 54.
94. Nelle presenti cause, è sufficiente constatare, al pari della Commissione, che dalla descrizione delle controversie di cui ai procedimenti principali non risulta che gli obblighi imposti dalla direttiva 89/665 siano stati violati dall’adozione e dalla successiva modifica del regime di «proroga tecnica». E soprattutto, nessuna delle disposizioni di tale direttiva appare pertinente al fine di valutare la legittimità dell’assoggettamento dei concessionari a tale regime quale condizione che deve essere soddisfatta perché essi possano partecipare a una futura gara.
95. In effetti, dalle indicazioni fornite nelle ordinanze di rinvio risulta che tali concessionari hanno avuto la possibilità di contestare le due note adottate dall’ADM a seguito delle loro rispettive istanze. Più precisamente, essi hanno potuto contestare la decisione di tale agenzia con cui è stata negata la sospensione e la modifica del pagamento del canone mensile previsto da tale regime. A tal fine, essi si sono avvalsi dei mezzi di ricorso previsti dalla normativa nazionale italiana, che hanno offerto loro l’accesso a due organi giurisdizionali e la possibilità di far valere l’illegittimità delle disposizioni legislative sulla base delle quali l’ADM ha giustificato le sue decisioni. Tali ricorsi sono persino sfociati in un rinvio pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 TFUE.
96. Inoltre, il fatto che l’ordinamento giuridico italiano non prevede un mezzo di ricorso amministrativo che consenta al concessionario di chiedere a un’amministrazione aggiudicatrice di avviare una procedura di rinegoziazione delle condizioni di un contratto pubblico non cambia la suddetta conclusione. Si potrebbe fondare un obbligo di accesso a detto ricorso amministrativo sulla base dell’articolo 43, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2014/23, come è già stato spiegato nell’ambito della mia analisi della seconda questione pregiudiziale, ma esso non deriva semplicemente dalla direttiva 89/665.
97. Alla luce delle considerazioni che precedono, concludo che la direttiva 89/665 non costituisce una base giuridica che consente di mettere in discussione la legittimità di una normativa nazionale come quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che subordina la partecipazione a una futura gara all’adesione a un regime di «proroga tecnica». Tale conclusione si basa ovviamente sulla premessa che gli operatori interessati dispongano dei mezzi di ricorso necessari per contestare la legittimità di detta normativa, eventualmente mediante un’eccezione di illegittimità.
E. Sulle questioni pregiudiziali quarta, quinta e sesta nelle cause C-728/22 e C-729/22 nonché sulla seconda parte della questione pregiudiziale unica nella causa C-730/22
98. Al paragrafo 54 delle presenti conclusioni, ho indicato che, nell’ipotesi in cui la Corte ritenesse che la direttiva 2014/23 si applichi alle concessioni di cui trattasi nei procedimenti principali, non sarebbe necessario rispondere alle questioni pregiudiziali quarta, quinta e sesta (cause C-728/22 e C-729/22) né alla seconda parte della questione pregiudiziale unica (causa C-730/22). I seguenti paragrafi forniscono alcune indicazioni alla Corte nell’ipotesi in cui essa non condividesse tale punto di vista 55.
99. Secondo una giurisprudenza costante, le autorità pubbliche, qualora intendano assegnare una concessione che non rientra nell’ambito di applicazione delle direttive relative alle diverse categorie di appalti pubblici, sono tenute a rispettare le regole fondamentali del Trattato FUE 56.
100. Nelle presenti cause, sebbene il giudice del rinvio citi sostanzialmente gli articoli 49 e 56 TFUE nelle sue questioni pregiudiziali, solo la prima di tali disposizioni è pertinente ai fini della presente analisi 57. Dopo tutto, le concessioni relative alla gestione di sale Bingo, come quelle di cui trattasi nei procedimenti principali, richiedono una base stabile e continua nello Stato membro in cui sono forniti i servizi di gioco del Bingo. Alla luce della giurisprudenza della Corte, ciò richiede l’applicazione dell’articolo 49 TFUE, relativo alla libertà di stabilimento, ed esclude, per contro, l’applicazione dell’articolo 56 TFUE, relativo alla libera prestazione dei servizi 58. Le appellanti hanno inoltre confermato in udienza che nelle presenti cause non era coinvolto alcun altro tipo di servizi di gioco del Bingo, prestati ad esempio con modalità online.
55 Ciò si verificherebbe, ad esempio, se la Corte dovesse ritenere che il raggiungimento della soglia fissata all’articolo 8 della direttiva 2014/23 permanga incerto nel caso di alcune delle concessioni di cui trattasi nei procedimenti principali o qualora essa ritenga che la modifica di tali concessioni per via legislativa le abbia convertite in una mera prestazione di servizi soggetta a regolamentazione. V., a tal riguardo, paragrafo 39 delle presenti conclusioni.
56 Sentenza del 14 luglio 2016, Promoimpresa e a. (C-458/14 e C-67/15, EU:C:2016:558, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).
57 Nelle questioni pregiudiziali quarta, quinta e sesta nelle cause C-728/22 e C-729/22 il giudice del rinvio menziona inoltre «i principi di certezza ed effettività della tutela giuridica, nonché il principio del legittimo affidamento». Nella seconda parte della questione pregiudiziale unica nella causa C-730/22, invece, detto giudice cita, oltre agli articoli 49 e 56 TFUE, gli articoli 26, 56 e 63 di detto Trattato e «il divieto di discriminazioni, [i]l canone di proporzionalità [e la] tutela della concorrenza e della libera circolazione dei servizi e dei capitali». Per motivi analoghi a quelli esposti al paragrafo 36 delle presenti conclusioni, ritengo che tutte le suddette questioni debbano essere dichiarate irricevibili per quanto attiene alle suddette disposizioni.
101. Inoltre, al fine di concludere nel senso dell’applicabilità dell’articolo 49 TFUE ai procedimenti principali, deve essere dimostrato un interesse transfrontaliero certo, circostanza che spetta, secondo la giurisprudenza della Corte, unicamente al giudice del rinvio valutare 59. A tal riguardo rilevo che, nella risposta alla domanda di chiarimenti inviata dalla Corte, il giudice del rinvio indica espressamente che, nell’ipotesi in cui la direttiva 2014/23 non fosse considerata applicabile alle concessioni di cui trattasi, «non sembra porsi in radice il problema per il giudice del rinvio di indicare in modo circostanziato sotto quali profili le concessioni presentino un interesse transfrontaliero certo ai sensi della giurisprudenza della Corte». In ogni caso, nel corso dell’udienza le appellanti nei procedimenti principali hanno confermato che talune delle concessioni interessate erano detenute da operatori stabiliti in altri Stati membri 60 e, conseguentemente, sono soggette alle condizioni e restrizioni imposte dalla normativa nazionale di cui trattasi. In tali circostanze, ritengo che la Corte non sia tenuta ad esaminare ulteriormente, alla luce di altri criteri oggettivi 61, se le concessioni di cui trattasi nei procedimenti principali soddisfino tale condizione di applicabilità dell’articolo 49 TFUE.
102. Quanto al merito, l’articolo 49 TFUE stabilisce che le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate.
103. Da una giurisprudenza costante della Corte risulta che l’articolo 49 TFUE osta a ogni misura nazionale che, anche applicabile senza discriminazione relativa alla nazionalità, sia in grado di vietare, di ostacolare o di rendere meno attraente l’esercizio, da parte di cittadini dell’Unione europea, della libertà di stabilimento garantita da dette disposizioni del Trattato 62.
104. Nel caso di specie, tralasciando la proroga introdotta dalla normativa nazionale relativamente alle concessioni di cui trattasi nei procedimenti principali, che non è oggetto di alcuna delle questioni esaminate in questa sede 63, il giudice del rinvio si interroga sulla compatibilità con l’articolo 49 TFUE: i) di un’interpretazione del diritto nazionale che priva un’amministrazione aggiudicatrice del suo potere discrezionale di riconsiderare le condizioni di un contratto pubblico nel contesto di eventi imprevedibili; ii) della subordinazione della partecipazione a una futura gara all’adesione al regime di «proroga tecnica»; e iii) dell’obbligo di pagamento di un canone mensile che non era previsto nell’aggiudicazione iniziale delle concessioni.
105. A questo proposito, mi sembra evidente, innanzitutto, che le modifiche apportate dal regime di «proroga tecnica» alle concessioni, idonee ad alterare i parametri economici di base delle stesse rispetto all’aggiudicazione iniziale 64, sono di per sé motivi sufficienti per ritenere che possano rendere meno attraente l’esercizio della libertà di stabilimento nel senso della giurisprudenza citata al precedente paragrafo 103. Ciò è tanto più vero se si tiene conto del carattere unilaterale e non negoziale di tali modifiche.
106. Poi, ciò è vero anche per l’obbligo di adesione al regime di «proroga tecnica» e, pertanto, per l’obbligo di pagamento del canone mensile per poter partecipare a una futura gara. Infatti, allorché si tiene conto di tali obblighi, è chiaro che l’esercizio della libertà di stabilimento è meno attraente – o, come indica la Commissione, impossibile – per qualsiasi operatore stabilito in un altro Stato membro che intenda gestire sale Bingo in Italia.
107. Infine, non dovrebbero sussistere dubbi circa il fatto che l’incapacità di un’amministrazione aggiudicatrice di rinegoziare le condizioni delle concessioni nel contesto di circostanze imprevedibili costituisce anch’esso un ostacolo alla libertà di stabilimento. Gli operatori non sarebbero infatti sufficientemente incentivati a stabilirsi in Italia, tenendo conto del fatto che l’equilibrio economico-finanziario delle concessioni non potrebbe essere ripristinato dopo essere stato sconvolto da eventi al di fuori del controllo dei concessionari.
108. Per quanto riguarda gli obiettivi legittimi che possono essere invocati dallo Stato membro per giustificare una restrizione alla libertà di stabilimento 65, è importante ricordare che una siffatta restrizione può essere ammessa solo a condizione, in primo luogo, di essere giustificata da una ragione imperativa di interesse generale. In secondo luogo, essa deve rispettare il principio di proporzionalità, il che implica che essa sia idonea a garantire, in modo coerente e sistematico, la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non ecceda quanto necessario per conseguirlo 66.
109. La normativa citata dal giudice del rinvio dichiara, come unico obiettivo, l’allineamento delle concessioni in scadenza e una nuova procedura di gara al fine di conciliare il principio di diritto dell’Unione in base al quale le concessioni pubbliche devono essere attribuite o riattribuite, dopo la loro scadenza, secondo procedure di selezione concorrenziale, con la necessità di continuare la raccolta delle giocate del Bingo.
110. Tuttavia, a mio avviso, non è chiaro come una proroga o un allineamento temporale delle attuali concessioni e un obbligo di continuare a gestire il servizio per poter ottenere la riattribuzione di tali concessioni in un momento successivo, come quelli previsti dalla normativa di cui trattasi nei procedimenti principali, possano essere giustificati, ad esempio, alla luce della necessità di garantire la continuità del servizio 67. In particolare, l’assenza di una chiara data di scadenza per la durata delle concessioni rende particolarmente difficile considerare che tale giustificazione possa essere invocata nel caso di specie.
111. In ogni caso, ritengo innanzitutto che tale obiettivo avrebbe potuto essere conseguito in modo più adeguato, ad esempio, organizzando un periodo transitorio durante il quale aggiudicare concessioni di diversa durata. Poi, il perseguimento di tale obiettivo appare incoerente, dal momento che il regime di «proroga tecnica» è stato applicato per dieci anni, anche dopo la scadenza dell’ultima concessione.
112. Alla luce delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di interpretare l’articolo 49 TFUE nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che impone al concessionario di accettare le condizioni fissate da tale normativa, ossia l’obbligo di pagamento di un canone mensile non previsto nell’aggiudicazione iniziale delle concessioni per poter partecipare a una nuova gara per la riattribuzione di nuove concessioni. Esso osta altresì a un’interpretazione della normativa nazionale che privi un’amministrazione aggiudicatrice del potere discrezionale di valutare se eventi imprevedibili non imputabili ai concessionari e idonei a incidere sull’equilibrio economico-finanziario delle concessioni giustifichino una riconsiderazione delle condizioni di una concessione.

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