07 Gennaio 2025 - 22:57

Emilia Romagna. Nobili (Sicurezza): “Ogni giocatore patologico costa 30mila euro”

“L’uso patologico del gioco riguarda circa 200.000 persone nel Paese e il costo di ogni singola presa in carico si aggira attorno ai 30.000 euro, così che l’aspetto sociosanitario incide

07 Ottobre 2015

“L’uso patologico del gioco riguarda circa 200.000 persone nel Paese e il costo di ogni singola presa in carico si aggira attorno ai 30.000 euro, così che l’aspetto sociosanitario incide sul bilancio per circa 5,6 miliardi di euro”. A presentare i dati, preoccupanti, è Gian Guido Nobili (servizio Politiche per la Sicurezza e Polizia locale Regione ER); l’occasione è l’iniziativa di presentazione della ricerca ‘Le implicazioni sociali del gioco d’azzardo’, svoltasi ieri pomeriggio come appuntamento del programma della sesta edizione della ‘Festa della legalità e della responsabilità’, promossa da Comune e Regione.

 

La ricerca, figlia della legge regionale 3/11 e nata in collaborazione con l’Università di Bologna, è volta ad indagare un fenomeno, quello del gioco d’azzardo, che si presenta più come ‘questione’ che come problema.

Susanna Vezzadini, docente di Teoria dei processi di vittimizzazione Unibo e coautrice della ricerca, evidenzia quella che si configura come “la trasformazione dell’immagine del giocatore: trasversalità, crescita esponenziale della polifruizione e variabilità dei contesti di gioco”. Le 46 interviste raccolte tra giocatori ed ex-giocatori del territorio regionale si sono indirizzate ad un approccio qualitativo, uno “sguardo dall’interno” su di un campo complesso quale è quello del gioco d’azzardo fin dal suo punto di vista definitorio.

 

Si tratta di uomini, principalmente ma non esclusivamente, tra i 40 e i 60 anni con punte di giovanissimi (23-30 anni) per il gioco online.

Varie le professioni, vari i titoli di studio, stessa estraneazione dal lavoro e dalla famiglia: “la moltiplicazione delle sedi di gioco – spiega Vezzadini – comporta un aumento della frequenza e una dilatazione dei tempi di gioco, così che diventi una attività totalizzante, che impegna fino a 8-10 ore al giorno, un vero atteggiamento compulsivo”. La motivazione al gioco è spesso quella di una “idea di cambiamento, una opportunità di miglioramento di una esistenza – continua – percepita come insoddisfacente”. A questo si accompagna il dato emotivo, di “ricerca dell’emozione, di adrenalina”.

 

L’avvento della possibilità di gioco online, poi, comporta un cambiamento del significato stesso di gioco: “se prima il rapporto soggetto-strumento era esclusivo, ora – evidenzia – si inserisce il concetto di visibilità all’interno di una comunità, quella online, nella quale si cerca fama e notorietà”. Molte e varie, poi, le implicazioni criminose: queste si riscontrano “in maniera diretta, almeno 5 degli intervistati hanno riportato condanne penali per comportamenti devianti, ma il contatto con ambienti criminosi facilita la presa di coscienza della propria condizione di disagio e la successiva richiesta d’aiuto”.

Il gioco d’azzardo è monopolio dello Stato che, negli anni, ha moltiplicato l’offerta. L’intreccio è però “ambiguo e ipocrita”, sottolinea Antonio Bonfiglioli (docente di Diritto Penale e Processuale UniBo e coautore della ricerca), perché “il diritto punisce ciò che lo Stato implementa”. Se le direttive sono state omogenee, “dal 1992 il cammino intrapreso è stato deprecabile – spiega Bonfiglioli – lo definirei di utilitarismo perbenista: da un lato si sono introdotti nuovi modi di fare cassa, come i gratta e vinci, e si vende come ‘gioco sicuro’, dall’altro si sbandiera il vessillo della moralità apponendo un semplice ‘gioca con moderazione’”.
 

Secondo la legge, si ha gioco d’azzardo quando concorrono il fine di lucro e la vincita, o perdita, interamente o quasi interamente aleatoria (articolo 721 del Codice Penale, ndr): “lo Stato propone giochi totalmente aleatori, e lo fa con una ripetitività preoccupante, anche perché le ragioni nobili del monopolio cadono di fronte alle percentuali di vincita di tipo usuraio che si accompagnano al gioco d’azzardo statale, che è l’unico legale”.

A livello periferico – Comuni, Provincie e Regioni – l’attenzione al tema è notevole, “ma a livello centrale non sta cambiando nulla – conclude Bonfiglioli – proposte di legge virtuose giacciono nei cassetti”.

 

 

PressGiochi