Quasi 63mila esercizi commerciali con le slot spente, poco meno di 5mila sale Vlt chiuse, più di 10mila agenzie e punti scommesse chiusi. Sono questi i numeri – scrive in una nota l’associazione Sapar – che il quotidiano Avvenire riporta nel fotografare il blocco totale del settore
Quasi 63mila esercizi commerciali con le slot spente, poco meno di 5mila sale Vlt chiuse, più di 10mila agenzie e punti scommesse chiusi. Sono questi i numeri – scrive in una nota l’associazione Sapar – che il quotidiano Avvenire riporta nel fotografare il blocco totale del settore a seguito dell’emergenza. Un blocco che le aziende e i lavoratori del settore stanno pagando a caro prezzo, vittime di una calamità senza precedenti che si è abbattuta in maniera ancora più violenta e insostenibile su alcune categorie. Si, perché dietro ognuno di quei 63mila esercizi commerciali, ognuna di quelle 5mila sale chiuse, ognuna di quelle 10mila agenzie chiuse, c’è un’attività attorno alla quale ruotano evidentemente delle vite, delle famiglie, degli investimenti, del sacrificio, del lavoro. Lavoro che potrebbe non esserci più quando tutto questo sarà finito, perché questo colpo è solo l’ultimo che il settore subisce negli ultimi anni, messo in ginocchio da continui attacchi mediatici, legislativi e fiscali, che ne hanno seriamente compromesso la tenuta.
Eppure, anche durante questa emergenza terribile, Avvenire riporta questi numeri con un solo ed unico intento, quello di dare il colpo di grazia a queste imprese: “Ci voleva l’emergenza coronavirus, i decreti del governo e le determinazioni dell’Agenzia dei Monopoli per far emergere questi enormi numeri che confermano la abnorme crescita del settore e la necessità di una drastica cura dimagrante” si legge sul quotidiano di ispirazione cattolica.
Nel duro attacco, che arriva nel momento di massima vulnerabilità del settore, non si chiede Avvenire, cosa accadrebbe se davvero queste migliaia di aziende e persone impiegate si sottoponessero all’auspicata “cura dimagrante”.
Non si pone il problema di domandarsi cosa succederebbe a queste imprese e questi lavoratori.
Evidentemente non sa Avvenire, di aver preso di mira un settore già troppo colpito: 7 aumenti di Preu negli ultimi 2 anni ( di cui 4 nell’ultimo anno ) e l’obbligo del cambio del parco macchine che ha imposto investimenti enormi proprio a ridosso di un blocco totale inimmaginabile, che ha azzerato la capacità di queste imprese di far fronte agli oneri cui sono state costrette.
Ma soprattutto Avvenire non prende minimamente in esame le migliaia di famiglie dei dipendenti della filiera del Gioco Pubblico, che non sembrano meritare la minima considerazione da chi da anni dichiara apertamente di voler cancellare il settore. Allora che si esprima Avvenire, disegnando questi scenari, anche e specialmente sul futuro di queste persone, che combattono da sempre per vedere riconosciuti diritti e dignità di una categoria che conta più di 100mila addetti ma che per qualcuno non conta nulla. Per questo riteniamo la posizione del quotidiano gravemente offensiva e discriminatoria, e colpevolmente strumentale in un momento in cui siamo tutti chiamati a sacrifici estremi, tra l’incertezza del futuro e la speranza di poter superare questa crisi.
PressGiochi