Leggendo con attenzione il provvedimento con cui il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso di un esercente di Brunico contro il Regolamento emanato dalla provincia di Bolzano per la disciplina
Leggendo con attenzione il provvedimento con cui il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso di un esercente di Brunico contro il Regolamento emanato dalla provincia di Bolzano per la disciplina dei punti di gioco, con particolare riferimento all’effetto espulsivo determinato dall’introduzione del c.d. “distanziometro “, sono emerse alcune contraddizioni.
La decisione – commenta il dott. Armando Iaccarino, Presidente del Centro Studi As.Tro – si basa su di una analisi delle conseguenze della disciplina limitativa introdotta, sulla base di una ricognizione che ha interessato sia la struttura dell’offerta di gioco che della domanda.
Sotto il primo profilo, viene escluso che la “censurata disciplina provinciale determini una espulsione dell’impresa ricorrente (…) sotto il profilo dell’interdizione assoluta dall’intero territorio provinciale”.
Nei termini esposti e sotto il profilo strettamente giuridico/processuale, nulla può eccepirsi rispetto a tale conclusione: in presenza anche di una sola possibile localizzazione dell’attività in questione, non si realizza l’effetto espulsivo.
Peccato che una interpretazione così “nominale” non tenga conto degli effetti connessi all’alterazione dei normali parametri di riferimento di qualsiasi attività economica, sia sotto il profilo dei costi (il trasferimento d’ufficio di una attività economica non avviene a costo zero), che della programmazione di qualsivoglia attività (che cosa accade se nella località prescelta per il trasferimento vada a collocarsi uno dei punti sensibili previsti dal Regolamento? Siamo di fronte ad una nuova figura di attività, quella di un esercizio itinerante, sulla base di valutazioni terze rispetto all’imprenditore interessato? E questo vale soprattutto per gli esercizi che offrono gioco in maniera esclusiva o prevalente).
Peccato che nell’analisi del Consiglio di Stato la “ tendenza proibizionista “ costituisca una categoria metagiuridica.
Ma un interesse particolare assume l’assunto del Consiglio di Stato quando, collegando la struttura dell’offerta a quella della domanda, giunge ad avvalorare la tesi sostenuta sulla base della “ sostanziale indifferenza in termini di entità della raccolta e dei ricavi della ricollocazione delle sale da gioco nelle aree disponibili in conseguenza del criterio distanziale”.
Questa parte dell’analisi svolta dal consulente tecnico d’ufficio, non strettamente necessaria in quanto relativa ad un quesito non sollevato dal ricorrente, è sviluppata ad adiuvandum, ovvero come ulteriore motivazione sulla legittimità della disciplina provinciale, che non andrebbe a creare alcun danno agli operatori del settore.
In disparte l’osservazione che la raccolta, cui fa riferimento il consulente tecnico e, per sua stessa ammissione, relativa alla “spesa complessiva destinata ai diversi prodotti di gioco “, mentre la disciplina provinciale detta norme limitative solo per alcuni prodotti, colpisce la riflessione ulteriore a base della tesi sostenuta.
Afferma il Consiglio di Stato, rispetto alla ribadita sostanziale indifferenza della ricollocazione delle sale da gioco, che “i giocatori problematici e patologici (…) sono molto più propensi allo spostamento verso i nuovi siti e che, per altro verso, la specializzazione dell’offerta sulla categoria dei giocatori ad elevato rischio è più redditizia per le imprese offerenti”.
Queste considerazioni costituiscono il presupposto di una politica basata sulla “ghettizzazione della domanda e dell’offerta di gioco”, che non solo non danneggerebbe gli imprenditori del settore ma li indirizzerebbe verso una più redditizia attività economica, basata sulla selezione di una clientela “problematica “ e, per ciò stesso, propensa a spostarsi verso i siti interessati.
Che cosa c’entri tutto ciò con un corretto approccio al problema del disturbo da gioco d’azzardo, non è dato capire.
Buon senso vorrebbe – conclude Iaccarino – che, una volta acclarata la sostanziale indifferenza della ricollocazione delle sale da gioco – e lo dice il Consiglio di Stato – vale a dire riconosciuta l’inefficacia, se non inutilità, dello strumento del distanziometro, la sicuramente necessaria riduzione dell’offerta trovi meccanismi che, senza interventi ingiustificatamente limitativi dell’attività economica in un settore che deve pur essere regolamentato e contemperando gli interessi in gioco con la dovuta proporzionalità, agiscano sì sulla localizzazione degli esercizi, ma anche e soprattutto sulla tecnologia per la realizzazione di un prodotto che restituisca al gioco la sua principale dimensione di intrattenimento.
Se ne parla da anni, gli operatori del settore sono pronti, i primi prototipi sono stati realizzati, ma la politica ha tempi diversi.
Se si fosse già intervenuto, oggi forse lo scenario sarebbe già un altro e qualche risultato sarebbe già stato ottenuto.
PressGiochi
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