22 Novembre 2024 - 17:08

Delega fiscale. Primo decreto attuativo, prima occasione persa. L’amaro caso del gioco online

Dell’avv. Generoso Bloise

02 Febbraio 2024

Nell’analizzare i contenuti della legge di delega fiscale in materia di gioco pubblico avevamo già indicato le nostre perplessità circa il modello distributivo abbozzato, tra le righe, del testo di legge e che molte delle idee ispiratrici e delle linee direttive approvate sembravano datate ed inadeguate.

Ma il testo di decreto attuativo approvato, in via preliminare, dal Governo e relativo all’offerta online è anche peggio di quanto era possibile intuire sulla scorta del testo di delega.

Come era facile prevedere, ed annunciato da queste pagine da alcuni mesiscrive l’avv. Generoso Bloise sulle pagine di PressGiochi MAG –, la strada imboccata dal Governo è la più prevedibile: non avendo la forza politica di imporre una qualsivoglia volontà agli enti locali, che della lotta al gioco pubblico (e non a quello illegale) hanno ormai fatto un punto imprescindibile della propria azione politica, si è dedicata alla veloce (frettolosa sarebbe termine più adeguato) approvazione del decreto legislativo sulla sola offerta di gioco online.

La commissione degli esperti nominati dal MEF ha svelato intanto che l’unico parametro di programmazione valorizzato è stato quello economico, ma, come preciseremo in seguito, questo è solo la punta dell’iceberg di un provvedimento negativo sotto ogni profilo.

A dirla tutta non si avvertiva neanche la necessità di scomodare una ‘commissione di esperti’ per operare un semplice calcolo matematico del tipo: servono 300 milioni di euro e pertanto mettiamo a bando 50 concessioni al prezzo di 7 milioni l’una, per poi affermare con grande soddisfazione, se si vendono tutte le 50 concessioni che il grande successo dell’iniziativa ha portato ad incassare 50 milioni di più del previsto.

Ma non è neanche questo il punto, da italiani siamo abituati da decenni a vedere nominare commissioni di esperti e tecnici del tutto inutili, se non per coprire responsabilità che la politica fatica ad addossarsi.

Il vero problema è che quel modo, da matematica elementare, di procedere non è privo di scelte di campo sottese.

Ha prevalso l’idea di dover ridurre gli operatori (attualmente sono oltre 80) per decreto, operazione significativa, inserendo poi una barriera all’accesso di tipo economica ai limiti della decenza, passando dalla precedente una tantum di euro 300.000 per accedere alla concessione, alla soglia di 7 milioni; importo esorbitante che vede l’Italia in pole position con un limite di oltre dieci volte superiore a quelli di tutti gli altri stati dell’Unione Europea.

Ha prevalso la convinzione che a risolvere i problemi di gestione di un settore, mal visto nonostante si tratti di uno dei principali contribuenti per l’erario, come quello del gioco possano essere pochi grandi marchi storici, ritenuti con la acefala leggerezza politica, garanzia di solvibilità e affidabilità.

Ha prevalso la mancanza di coraggio (perché siamo certi che su atti normativi di portata generale non sia mai possibile che incidano fatti distorsivi di tipo diverso e poco chiari), l’indifferenza rispetto alla tutela dei posti di lavoro già esistenti nel settore, al pluralismo garantito dal tessuto delle piccole e medie imprese italiane, rispetto a marchi che di italiano hanno, da tempo, ormai solo il nome.

Il vero problema è che questo modello e questo metodo possano essere una sorta di prova generale per il riassetto del gioco fisico, con l’ulteriore limite della maggiore difficoltà a normare secondo regole omogenee la materia stante la evidenza debolezza dell’esecutivo nei rapporti con le regioni.

Persino l’introduzione dell’albo dei PVR è stata una delusione, in quanto nel dettare la disciplina del punto di ricarica, i redattori del decreto vi hanno semplicemente visto l’opportunità di fare cassa (euro 200 per locale il primo anno e 150 dal secondo anno in poi) senza sfruttare le effettive potenzialità della rete di raccolta che i PVR potrebbero implementare.

Si tratta dell’ennesima gabella, di concezione medievale, di cui già il RIES era iconico esempio di inutilità ed inadeguatezza.

Intanto la rete fisica è abbandonata a sé stessa, con la necessità di un riordino profondo ed equilibrato che, date le premesse, l’attuale esecutivo non ha dimostrato di avere né la volontà, né la capacità di portare a compimento.

Fonte immagine: https://it.depositphotos.com

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