“Chi ha la capacità economica, paghi i propri debiti verso i fornitori per la tenuta dell’intero sistema”. È l’invito, o meglio il grido d’allarme che in questi giorni campeggia nei
“Chi ha la capacità economica, paghi i propri debiti verso i fornitori per la tenuta dell’intero sistema”. È l’invito, o meglio il grido d’allarme che in questi giorni campeggia nei comunicati e nei messaggi a pagamento sui quotidiani di alcune associazioni di categoria di aziende in crisi per la sopravvenuta mancanza di liquidità, che ha un effetto a cascata sulla tenuta dell’intero sistema economico e produttivo. Chi può paghi. Chi può accedere ai finanziamenti agevolati previsti dalle misure straordinarie messe in campo dal Governo, lo faccia per onorare i contratti e gli impegni assunti.
Il Dl “Liquidità”, – scrivono Chiara Sambaldi e Andrea Strata, direttori Eurispes – predisposto dal Governo per far fronte all’emergenza liquidità che investe l’intero sistema paese (Dl 8.04.2020, n.23, pubblicato in G.U. Serie Generale n. 94 dell’8.04.2020), è entrato in vigore il 9 aprile scorso, da poco passata la mezzanotte, e nella stessa mattinata l’ABI ha inviato una circolare esplicativa agli Istituti Bancari associati per la pronta attuazione delle misure previste (decreti attuativi e via libera dell’Ue permettendo) e che si sostanziano – è bene precisarlo – non nella diretta immissione di liquidità nel sistema economico, come potrebbe far pensare il nominativo coniato per il decreto (“Decreto Liquidità”), bensì nell’accesso ad un sistema “agevolato” di garanzie graduate dei finanziamenti che potranno essere erogati dalle banche alle imprese e ai lavoratori autonomi, per far fronte alle esigenze di cassa (pagamenti fornitori, costi del personale, costi di funzionamento), ma anche per realizzare piani di ristrutturazione industriale e produttiva.
Le imprese e le partite Iva in evidente “stato di necessità” sono, quindi, chiamate a nuovo indebitamento con il sistema bancario e finanziario, il quale anche in una situazione emergenziale che non ha precedenti nel nostro Paese, risulta non poter fare a meno dello strumento del “merito creditizio” degli utenti se il Dl stesso e la circolare precisano che «restano, in ogni caso, escluse le imprese che presentano esposizioni classificate come “sofferenze” ai sensi della disciplina bancaria».
La complessità legata alle differenti e mutevoli “classificazioni” dei crediti che presentano “criticità” di gestione bancaria si riflette nel passaggio del documento ABI mosso dall’intento di graduare le condizioni per l’accesso alla garanzia “agevolata” per cui «la garanzia è concessa anche in favore di beneficiari finali che presentano, alla data della richiesta di garanzia, esposizioni nei confronti del soggetto finanziatore classificate come “inadempienze probabili” o “scadute o sconfinanti deteriorate” ai sensi del paragrafo 2, Parte B della circolare n. 272 del 30 luglio 2008 della Banca d’Italia e successive modificazioni e integrazioni, purché la predetta classificazione non sia precedente alla data del 31 gennaio 2020».
Quindi, da una parte il Dl non immette liquidità alle imprese ed alle partite Iva, ma agevola soltanto l’erogazione di finanziamenti; dall’altra, i finanziamenti vengono comunque concessi soltanto in favore di chi ha un determinato “merito creditizio”.
La prima domanda che sorge spontaneo porsi è se (tutti) i destinatari delle misure abbiano cognizione di queste classificazioni tecniche o se debbano, invece, per lo più attivarsi con i propri istituti di credito per capire preliminarmente se sussiste il presupposto necessario per accedere alla garanzia “agevolata”. I Sistemi di informazioni creditizie saranno subissati di richieste che dovranno essere istruite (avranno un costo? Chi lo sosterrà? E quanto tempo ci vorrà per l’istruttoria di ogni singola posizione?).
Il 32° Rapporto Italia dell’Eurispes ha dedicato un approfondimento al tema della referenza creditizia nell’ambito della scheda n. 45 intitolata “Crif: un sistema senza controllo”, evidenziando le criticità che affliggono questo sistema che soffre di “opacità” e di un vuoto normativo nazionale colmato da un insufficiente disciplina contenuta nel Codice deontologico approvato dal Garante della Privacy.
Ecco, quindi, una seconda domanda: siamo proprio sicuri che i modelli di analisi statistica e gli algoritmi che utilizzano detti sistemi per l’analisi del rischio creditizio traccino la strada migliore da percorrere in questa fase? Il risultato matematico è oggettivamente equo ed è l’unico applicabile?
Nella convinzione dell’importanza della tematica per i suoi riflessi sul tessuto sociale ed economico del Paese, l’Eurispes ha attivato un focus che sfocerà in ulteriori analisi ed approfondimenti ed ha raccolto la testimonianza del Dott. Amedeo Manzo, Presidente della BCC di Napoli, per farsi raccontare la propria esperienza e per parlarci del “rating umano” che rimanda in chiave di rinnovata efficienza alla vecchia impostazione dei rapporti bancari, quando la fiducia, l’affidabilità, l’onorabilità e la conoscenza delle persone avevano un valore misurabile “a peso”.
Alla fine dell’intervista la convinzione è che anche il sistema bancario avrebbe bisogno di una cura “ri-costituente”, della creazione di un nuovo paradigma che guidi i rapporti sui binari di una rinnovata reciproca fiducia tra utenti e Istituti e che metta al centro la persona. Così facendo, potrebbe aprirsi la strada ad una riduzione del livello di sofferenze nette in pancia alle banche di pari passo ad un aumento dei risultati economico-finanziari. Senza considerare l’impatto che l’affermarsi diffuso di un nuovo modello relazionale avrebbe sulla litigiosità e quindi sulla possibilità di alleggerire l’elevatissima molte di contenzioso che affligge e rallenta i Tribunali di tutta Italia.
Dottor Manzo, partiamo dal suo angolo di osservazione, la vostra clientela come ha reagito in questa situazione di emergenza? Quali sono le richieste più ricorrenti e come l’Istituto riesce a rispondere alle esigenze più impellenti?
In un momento delicato per il nostro Paese, aggredito da questo mostro a due teste denominato Covid-19, che alla minaccia sanitaria aggiunge quella economica, la nostra clientela in aderenza alle normative nazionali e regionali ha rispettato i divieti chiudendo le relative aziende. Dopo un primo momento di “panico da emergenza”, dove la paura del default dei mercati ha tolto il sonno ai risparmiatori e dove le richieste erano riferite prevalentemente alla salvaguardia dei patrimoni, si è passati allo smarrimento per un futuro incerto per molti settori. In effetti, ci si è chiesti che cosa sarebbe successo nella fase post Covid-19, se la vita sarebbe potuta tornare uguale e se il pericolo di nuovo contagio avrebbe potuto influenzare i diversi comparti vitali del nostro territorio. Il turismo, il commercio, l’artigianato, la piccola industria manifatturiera dalla moda alla meccanica di precisione arrivando a tanti altri, stanno avendo un contraccolpo notevole. L’iniziale paura si è poi trasformata in richiesta d’aiuto, di sostegno, di ascolto. Tutti temi fortemente presenti nell’agenda del Credito Cooperativo che, messi a disposizione della nostra comunità, hanno consentito di far vibrare i sentimenti della fiducia e della speranza, lievito necessario ad immaginare un futuro realmente a “colori”. Siamo stati tra i primi in Italia a pensare ad un “Pronto soccorso finanziario” con una misura a breve ed a medio termine per le piccolissime e piccole aziende, che costituiscono il 99% del tessuto connettivo del Paese, facilmente richiedibile, agile, flessibile con uno scoperto di c/c oppure un mutuo chirografario di euro 25mila con durata fino a 72 mesi ed un pre-ammortamento fino a 12 mesi, senza formalità specifiche poiché garantito dal Fondo di Garanzia delle Piccole e Medie Imprese ai sensi della legge 662/96. In pratica vicino a quello che, quasi un mese dopo, il Governo ha varato come provvedimento a sostegno di quelle tantissime aziende che hanno bisogno di pagare i dipendenti, l’affitto, i fornitori o più semplicemente per continuare a sperare che tutto ciò tra qualche tempo possa essere considerato solo un brutto sogno.
È ottimista rispetto alla tempistica dell’istruttoria delle pratiche per l’accesso ai finanziamenti a garanzie agevolate previste dal Decreto “Liquidità” approvato dal Governo?
I vari decreti che si sono succeduti hanno inteso dare liquidità alle imprese per il tramite del sistema bancario a cui lo Stato ha rivolto una serie di garanzie per il tramite del Fondo di Garanzia PMI e di Sace, che vanno dal 70% al 100%. Resta evidente che lo sforzo delle banche deve essere quello di rendere concreto questo appoggio attraverso istruttorie agili pur se in linea alle regole, che in ogni caso influenzano l’operato degli intermediari creditizi. Non credo si possa parlare di erogazioni senza istruttoria in quanto parliamo di fondi pubblici e del risparmio degli italiani. Però sono convinto che una vera attività di “credito dinamico” possa essere messa in campo, magari lasciando da parte ragionamenti tendenti alla “massimizzazione del profitto” e valorizzando criteri ispirati ad un “profitto misurato” coerente con il momento storico.
Che cosa pensa dell’impossibilità di accesso per le imprese che risultano iscritte “a sofferenza” ai sensi della disciplina bancaria?
Credo che bisogna fare un ragionamento serio su questo tema. Sono profondamente convinto sulla necessità di una “uguaglianza di opportunità” in campo bancario e finanziario. Vi sono in Italia molte imprese iscritte, a vario titolo, nelle varie banche dati, che spesso ci finiscono per motivi estranei alla loro volontà. Per costoro vi dovrebbe essere la possibilità di accedere ai fondi della legge 108/96 che sostiene i “soggetti non bancabili”. Occorre una seria riflessione sull’argomento, in quanto non possiamo rassegnarci all’idea che chi ha infranto una volta le sempre più cogenti regole della vigilanza europea debba essere isolato nel limbo di coloro che non possono reinserirsi nella società economica. Occorre un processo qualitativo e di analisi che valuti caso per caso i singoli soggetti per consentire un processo di “inclusione finanziaria” che non lasci, realmente, dietro nessuno.
Nella mia esperienza a Napoli, sono stati tantissimi i casi che abbiamo analizzato con l’interesse di coloro che pensano che nella vita si possano fare degli errori e che in massima parte si subiscono conseguenze di eventi che sfuggono alla nostra volontà. Ebbene, ne abbiamo sostenuti tanti con la soddisfazione di verificare che la convinzione che ci eravamo fatti era giusta: oggi tante aziende a Napoli sono ritornate “in bonis” anche grazie al nostro piccolo sostegno che ha donato nuova fiducia e speranza in coloro che sembravano “bollati a vita”. Oggi, essi sono reinseriti nel circuito produttivo della nostra area metropolitana con benefici diretti ed indiretti per la collettività ed anche per lo Stato. Questo è un modello di inclusione sociale per il tramite dell’economia.
Le mutevoli classificazioni dei crediti che formano la “reputazione creditizia” sono chiare e accessibili all’utente medio? Esiste un margine di miglioramento per rendere il sistema più trasparente per i clienti?
Le sempre più complicate norme sulla classificazione dei crediti sono un labirinto anche per gli addetti ai lavori, figuriamoci per i clienti. L’appiattimento verso un sistema di norme che è sempre più ispirato alla legge degli “algoritmi”, lasciando da parte definitivamente un approccio umano, determina classificazioni sempre più rigide dei crediti che in brevissimo tempo possono pregiudicare la reputazione creditizia di un cliente. Sono promotore, anche all’interno del nostro modello Cooperativo, di una rivisitazione dell’idea di approccio al credito. Le classificazioni vanno rese semplice, leggibili e soprattutto meno “scientifiche”.
Che cosa è il “rating umano”? Quali sono i vantaggi? Avete un riscontro oggettivo dell’efficienza di questo approccio?
Lo specifico ed indispensabile ruolo che l’imprenditoria bancaria deve ricoprire e sviluppare è inseparabile da un rinnovato obiettivo di miglioramento del territorio, che per il tramite di un nuovo modello di servizio sia presente nelle comunità quale strumento di sostegno, di sviluppo, di energia attraverso una “finanza per lo sviluppo” in luogo di una “finanza per la finanza”. Bisogna diffondere un sentimento di “fiducia e speranza” quale tessuto connettivo della società e attivatore di processi di coesione ed inclusione sociale: riscoprendo “valori antichi” come la cortesia, la cordialità, la pazienza, la comprensione, necessari inquilini di una nuova casa che è la qualità, che vanno aggiunti ai “valori moderni” della trasparenza, dell’affidabilità, dell’efficienza, sempre però finalizzati al rispetto della persona, alla centralità dell’uomo, quale unica realtà da vivere. Bisogna convincere sé stessi che l’efficienza non è antitetica al rapporto umano. Va percorso il sentiero, sicuramente in salita e sterrato, che il “rating” condizionato da freddi e schematici algoritmi costruiti senza nessun criterio di distinzione tra le culture, i territori, le comunità, ignorando ogni “differenza” tra gli uomini e soprattutto archiviando ogni possibile concezione creditizia che persegua una “biodiversità bancaria” quale risposta alla concretezza della persona, non è applicabile in un mondo che vuole ed ha bisogno di “occhi nuovi”. In una nazione come l’Italia dove i piccoli compongono il tessuto connettivo, la spina dorsale del Paese e dell’economia reale, rappresentando il 99% delle imprese italiane, non è possibile usare il modello della “taglia unica” sotto il profilo creditizio che applica le stesse norme a tutte le banche, siano esse prevalentemente di gestione di patrimoni che quelle che sostengono l’economia reale. Questa la vera sfida che l’applicazione del “rating umano” vuole proporre in un secolo dove l’apparire prevale sull’essere, dove le parole si illudono di schiacciare i fatti e dove la massimizzazione del profitto vorrebbe mettere nell’angolo il “profitto misurato”. Il “rating umano” è scientificamente l’applicazione dinamica e rivista delle previsioni proposte dal regolatore europeo, ispirata ad una sana e prudente analisi, ma arricchita da una serie di indispensabili informazioni e valutazioni che vanno dall’aspetto del ricambio generazionale, alla storia ed alle evoluzioni dell’impresa, dall’analisi territoriale ed ambientale, non trascurando una parte del “rating di legalità” e quindi arricchito dall’attitudine dell’imprenditore ad adempiere e seguire le regole tributarie, previdenziali e di rispetto dell’ambiente. Proprio a Napoli, città simbolo di diverse macro e micro-contraddizioni del nostro Paese, ha visto la luce la felice esperienza di una banca che, attraverso la coniugazione del “rating umano”, vuole mettere al centro la persona, il dialogo, le sue ambizioni, le sue sofferenze, le sue angosce, pronta a sostenere coloro che appaiono piccoli ma che nella complessità sono il reale motore del Paese. La nostra esperienza è straordinaria con risultati eccellenti avendo un livello di “sofferenze nette” pari allo 0.88% a testimonianza che talvolta il dialogo e la conoscenza del territorio, integrati alla tecnica ed all’analisi scientifica, possono far raggiungere risultati impensabili. Questa esperienza ci suggerisce di una piccola banca, nata dieci anni fa, che ora rappresenta una Napoli fatta di idee e di progetti, poi tramutati in fatti concreti per il tramite di start-up che si impongono in un mercato innovativo, che producono tecnologie, posti di lavoro, trattengono i giovani, realizzano cittadinanza. Oppure storie di imprese che riescono, tramite il sostegno finanziario realizzato grazie al modello del “rating umano”, a divenire eccellenze mondiali in settori quali la moda, il food, l’industria aereospaziale, la telematica. Questo per me non è solo un modello creditizio ma una possibilità che offriamo alla gente di poter costruire un futuro che sia degno di questo nome.
Questo modello, che privilegia la relazione e la conoscenza dei clienti, quale difficoltà incontra ad affermarsi nell’attuale contesto bancario? Quanto pesano i condizionamenti “culturali” e “tecnocratici” europei?
Le difficoltà sono quelle di un regolatore che intende proseguire verso la strada della taglia unica, portando avanti l’idea che solo “grande è bello”, convinti che la digitalizzazione e la modernità siano antitetici ai rapporti umani e alla conoscenza dei territori. Convinti che efficienza e centralità dell’uomo siano frutti di alberi diversi. Anche queste filosofie tendenti all’estrema globalizzazione, trovano nelle cronache di questi giorni, la risposta di un mondo che vuole certamente modernità ma che ha sempre più bisogno di una “uguaglianza di opportunità” realizzabile solo attraverso una relazione umana.
Che cosa suggerisce per superare gli ostacoli? State lavorando per dare validità scientifica al vostro sistema?
Abbiamo in atto una serie di attività in campo accademico e scientifico per consentire l’applicazione del “rating umano”, dotandolo di procedure sino a produrre un vero e proprio algoritmo grazie al quale, in armonia con i rating attualmente offerti dalle procedure, è possibile arrivare ad una valutazione più aderente alla nostra economia, quella delle piccole e medie imprese. Va specificato che l’acquisizione di dati e notizie, proprie del “rating umano”, possono portare a considerazioni e valutazioni che addirittura arrivano a sconsigliare l’intervento creditizio in luogo di un esito magari positivo ottenuto per il tramite del rating tradizionale basato prevalentemente sull’aspetto quantitativo. Al contrario, l’applicazione del “rating umano” consente, attraverso l’approfondita analisi che lo stesso prevede, di arrivare a soluzioni creditizie per imprenditori che, viceversa, avrebbero avuto un “disco rosso”. Questo è un risultato straordinario che consente di recuperare investimenti ed iniziative che probabilmente non si sarebbero effettuati o non sarebbero mai nate, lasciando indietro altre che solo documentalmente parevano “bancabili”. Ciò attenua la percentuale di “crediti deteriorati” e libera “patrimonio bancario” verso nuove e meritevoli iniziative.
Recentemente, lei è intervenuto con un interessante e apprezzato contributo nell’ambito di un evento organizzato dalla Santa Sede con l’Università Antoniana e l’Università Pontificia. Che cosa può raccontarci in proposito? Quali stimoli ha raccolto?
È stata una straordinaria opportunità ed un onore prendere parte quale relatore alla Giornata di Studio in preparazione del Seminario di Alta Ricerca Maria nel “patto educativo globale”? Esperienze contenuti e prospettive tenutosi il giorno 2 aprile 2020 dinanzi a numerosi Cardinali, Arcivescovi, Ambasciatori presso la Santa Sede, Imam ed esponenti della Comunità musulmana, rappresentanti di organizzazioni e associazioni, accademici pontifici, docenti e studiosi. Poter rappresentare, davanti ad un pubblico così qualificato ed al tempo stesso interessato, la mia relazione sul “rating umano” mi ha fatto comprendere quanto questi temi siano attuali ed importanti per la democrazia sociale ed economica nel mondo. L’economia ed il sistema economico, sia per la loro attuale configurazione sia per il loro permanente valore antropologico, non possono chiamarsi fuori da una situazione delicata. Essi sono chiamati ad una scelta di campo: se sostenere un “trend maggioritario” oppure optare per una strada alternativa consistente nel recupero della salvaguardia della persona e di tutto ciò che attiene alla “relazione” e alla cooperazione interpersonale. Ciò consentirebbe di riaprire l’economia ai temi della coesione e dell’inclusione sociale dal momento che le condizioni di partenza non sono uguali per tutti. Il modesto impegno, che porto avanti con reale e propulsivo stimolo, è quello di operare con la finalità di perseguire una “uguaglianza di opportunità” che consenta realmente di parlare di democrazia economica.
Ancor più recentemente, ha preso posizione rispetto ai rischi segnalati da alcuni magistrati connessi ad una concessione “a pioggia dei finanziamenti” previsti dal Dl “Liquidità” sotto il profilo della tutela della legalità e dell’economia sana del territorio. Crede che l’istruttoria delle singole richieste, comunque prevista e confermata da Banca d’Italia anche in punto di antiriciclaggio, sia sufficiente a scongiurare i rischi?
Come ho avuto modo di affermare, a valle delle autorevoli considerazioni di alcuni organi della Magistratura, è necessario che le banche continuino in quell’opera incessante, e mai sufficiente, di contrasto al riciclaggio ed alle infiltrazioni malavitose. È naturale che in una circostanza dolorosa, ma con risvolti economici delicati, è possibile che ci siano incursioni di questi mondi allo scopo di approfittare di fondi pubblici. Credo ed auspico che le istruttorie bancarie sappiano guardare con attenzione ai richiedenti, pur se già clienti e quindi oggetto di analisi preventiva. Anche in questo il “rating umano” con il suo collegamento al “rating di legalità”, molte volte riesce ad evidenziare criticità laddove, in presenza di organizzazioni malavitose particolarmente efficienti e permeanti, altri modelli basati su sistemi squisitamente algoritmici non riescono. In buona sostanza, anche in un mondo digitale, questo “suffragio universale del credito” che parte da Napoli, può essere utile per vivere non più post-umanamente, ma “umanamente” il nostro futuro.
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