La normativa nazionale italiana sui giochi di azzardo può essere contraria al principio di proporzionalità se impone al concessionario di cedere gratuitamente le attrezzature utilizzate per la raccolta di scommesse.
La normativa nazionale italiana sui giochi di azzardo può essere contraria al principio di proporzionalità se impone al concessionario di cedere gratuitamente le attrezzature utilizzate per la raccolta di scommesse. Il giudice nazionale deve verificare la proporzionalità di una siffatta normativa in considerazione delle condizioni particolari del caso di specie, quali il valore venale dei beni oggetto della cessione forzata.
Lo ha dichiarato la Corte di giustizia europea nella sentenza emessa sul caso Laezza.
La normativa italiana – spiega il giudice comunitario – prescrive che l’esercizio delle attività di raccolta e di gestione delle scommesse è subordinata al rilascio di una concessione e di un’autorizzazione di polizia. Qualsiasi violazione di questa normativa è passibile di sanzioni penali.
Nel 2012, l’Italia ha avviato una gara d’appalto al fine di attribuire nuove concessioni. Lo schema di convenzione della concessione, allegato al bando di gara, prevedeva, segnatamente, che, in caso di scadenza, decadenza o revoca della concessione, il concessionario era tenuto a cedere a titolo non oneroso l’uso dei beni materiali e immateriali che costituivano la rete di gestione e di raccolta del gioco.
La Stanley International Betting, una società britannica, nonché la sua controllata maltese, la Stanleybet Malta, operano in Italia nel settore della raccolta di scommesse mediante centri di trasmissione dati (CTD). Da circa quindici anni, i titolari di detti CTD esercitano la loro attività in Italia in base a un rapporto riconducibile allo schema contrattuale del mandato, senza possedere, tuttavia, né titoli concessori ne autorizzazioni di polizia.
Nel 2014, un controllo effettuato nei locali di un CTD gestito dalla sig.ra Rosanna Laezza e ricollegabile alla società Stanleybet Malta ha permesso di accertare l’esistenza di un’attività non autorizzata di raccolta di scommesse. La polizia allora ha posto sotto sequestro alcune attrezzature utilizzate per il ricevimento e la trasmissione delle scommesse.
Adito dalla sig.ra Laezza per l’annullamento del sequestro, il Tribunale di Frosinone si interroga sulla compatibilità delle nuove concessioni con il diritto dell’Unione, in particolare in considerazione dell’obbligo imposto ai nuovi concessionari di cedere a titolo non oneroso, all’atto della scadenza, decadenza o revoca della concessione, le attrezzature utilizzate per la raccolta di scommesse.
Va ricordato che nel frattempo è intervenuta la legge di Stabilità 2016 che al suo comma 948 ha previsto di abrogare il ‘ numero 26) della lettera b) del comma 78 dell’articolo 1 della legge 13 dicembre 2010, n. 220’, ovvero la norma in questione prevedendo quindi che la rete infrastrutturale costituita dai concessionari rimanga nel loro patrimonio.
Nella sua odierna sentenza, la Corte di giustizia rileva che l’obbligo di cessione non risulta discriminatorio, in quanto si applica indistintamente a tutti gli operatori che hanno partecipato al bando di gara avviato durante il 2012.
La Corte osserva, nondimeno, che un obbligo siffatto può rendere meno allettante l’esercizio dell’attività di raccolta di scommesse. Infatti, il rischio per un’impresa di dover cedere, senza contropartita economica, l’uso dei beni in suo possesso è in grado di impedirle di trarre profitto dal suo investimento e costituisce pertanto una restrizione delle libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi, garantite dal diritto dell’Unione.
Tuttavia, la Corte ricorda che l’obiettivo di lotta contro la criminalità connessa al settore del gioco d’azzardo è tale da giustificare restrizioni delle libertà fondamentali, a patto che dette restrizioni siano proporzionate, circostanza che deve essere accertata dal giudice nazionale.
Nel quadro dell’obiettivo della lotta contro la criminalità collegata ai giochi, la cessione obbligatoria delle attrezzature utilizzate per il ricevimento e la trasmissione delle scommesse può essere giustificata dall’interesse di assicurare la continuità dell’attività legale di raccolta di scommesse al fine di arginare lo sviluppo di un’attività illegale parallela.
Nell’ipotesi di decadenza o revoca del contratto di concessione, la cessione a titolo non oneroso dell’uso della rete di gestione e di raccolta del gioco all’Agenzia statale delle Dogane e dei Monopoli (ADM) o a un altro concessionario può assumere il carattere di sanzione proporzionata.
Viceversa, quando la cessazione dell’attività avviene per il mero fatto della scadenza della concessione, il principio di proporzionalità non è necessariamente rispettato, dal momento che l’obiettivo di continuità dell’attività può essere conseguito con misure meno vincolanti (come, ad esempio, la cessione forzata dei beni a titolo oneroso a prezzi di mercato).
Il giudice nazionale dovrà, pertanto, valutare se il principio di proporzionalità sia rispettato nel singolo caso, tenendo conto, tra l’altro, del valore venale dei beni oggetto della cessione forzata.
Infine, la disposizione che prevede che la cessione a titolo non oneroso dell’uso dei beni che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco avvenga soltanto «dietro espressa richiesta dell’ADM» e non in modo sistematico non precisa le condizioni e le modalità in base alle quali una siffatta domanda dev’essere formulata. Da ciò consegue che questa disposizione presenta un difetto di trasparenza che può comportare una lesione del principio di certezza del diritto.
Ad ogni modo, la sentenza odierna verte unicamente sulla compatibilità con il diritto dell’Unione dell’obbligo di cessione a titolo non oneroso e non può essere analizzata come diretta a porre in discussione, nel suo complesso, il nuovo sistema di concessioni istituito in Italia durante il 2012 nel settore dei giochi di azzardo.
PressGiochi
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