La Corte di Cassazione Civile Ord. Sez. 2 ha respinto il ricorso di una società contro l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Stato che si è opposta “all’ordinanza-ingiunzione notificata
La Corte di Cassazione Civile Ord. Sez. 2 ha respinto il ricorso di una società contro l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Stato che si è opposta “all’ordinanza-ingiunzione notificata dal Ufficio Regionale dei Monopoli di Stato della Liguria, con la quale le veniva ingiunto il pagamento della somma di C 114.000,00 euro a seguito della violazione dell’art 110 comma 9 t.u.l.p.s. Testo Unico delle leggi di Pubblica Sicurezza), in relazione alla installazione di 57 apparecchiature da (considerate come slot machines), non conformi a quanto previsto dal medesimo art. 110, ai commi 6 e 7”.
“L’opposizione- spiega la Corte- si fondava sulla mancata audizione dell’ingiunto e, nel merito, sull’applicabilità alle slot machines installate della normativa invocata nell’ordinanza-ingiunzione. Il Tribunale rigettava l’opposizione. Rilevava che, nella sostanza, il Ministero aveva messo la società nella possibilità di contraddire all’accertamento svolto; possibilità non sfruttata dall’ingiunto”.
Per la Cassazione che ha confermato la sentenza della Corte distrettuale (d’appello) “sostanzialmente le apparecchiature in esame sono dei slot machines vere e proprie a funzionamento elettronico e nel quale l’esito della partita ha un carattere assolutamente aleatorio. Ciò basta ad includere le apparecchiature de quibus nell’ambito della previsione di cui al TULPS art. 110 il quale consente l’impiego di apparecchiature consentono giuochi che non necessita di abilità manuale o strategica solo in quanto esse siano collegate alla rete telematica di cui alla lett. b) del comma 6 della suddetta norma. Collegamento pacificamente non ricorrente nella fattispecie. La tipologia dei giochi è stata quindi perfettamente individuata in negativo, con l’inclusione della loro sussumibilità nella previsione di liceità di cui ai comma 6 e 7 dell’art. 110 del TULPS E tanto basta all’applicazione della normativa sanzionatoria (…..)”. Si tratta come è evidente di una valutazione di merito non censurabile nel giudizio di cassazione non solo perché si fonda su un accertamento tecnico specifico ma soprattutto perché la valutazione effettuata dalla Corte distrettuale non presenta vizi logici e/o giuridici”.
“In definitiva- conclude la Cassazione- il ricorso va rigettato e la ricorrente in ragione del principio di soccombenza ex art. 91 cod. proc. civ. condannata a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione”.
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