Cassazione: è reato di gioco d’azzardo solo se ricorre il fine di lucro
L’accertamento del reato di esercizio di giuochi d’azzardo richiede non solo la prova dell’effettiva esistenza di mezzi atti ad esercitarlo, ma, da un lato, la prova dell’effettivo svolgimento di un
17 Giugno 2016
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L’accertamento del reato di esercizio di giuochi d’azzardo richiede non solo la prova dell’effettiva esistenza di mezzi atti ad esercitarlo, ma, da un lato, la prova dell’effettivo svolgimento di un gioco e, dall’altro, ove si tratti di apparecchi automatici da gioco di natura aleatoria, la prova dell’effettivo utilizzo dell’apparecchio per fini di lucro, non essendo sufficiente, in tale ultimo caso, accertare che lo stesso sia “potenzialmente” utilizzabile per l’esercizio del gioco d’azzardo, in quanto la fattispecie di cui all’art. 718 cod. pen. è integrata allorquando siano accertati la effettiva “tenuta” di un gioco d’azzardo e l’effettivo utilizzo degli apparecchi automatici per fini di lucro.
Il fine di lucro non può essere ritenuto esistente solo perché l’apparecchio automatico riproduce un gioco vietato, ma deve essere valutato considerando anche l’entità della posta, la durata delle partite, la possibile ripetizione di queste ed il tipo di premi erogabili, in denaro o in natura.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione esprimendosi oggi in merito ad una sentenza della Corte di appello di Lecce.