Giovedì prossimo la Corte di Giustizia dell’Unione europea si esprimerà sul caso Laezza in merito alla legittimità della norma secondo la quale vanno ceduti al termine del rapporto concessorio, ad
Giovedì prossimo la Corte di Giustizia dell’Unione europea si esprimerà sul caso Laezza in merito alla legittimità della norma secondo la quale vanno ceduti al termine del rapporto concessorio, ad ADM o ad altro concessionario i beni aziendali necessari per l’esercizio dell’attività autorizzata.
L’Avvocato generale della Corte di Giustizia europea, Nils Wahl, che si è espresso sul caso Laezza lo scorso novembre ha concluso nel senso che la previsione di un obbligo di cessione a titolo non oneroso, al momento della cessazione, per qualsiasi causa, dell’attività in concessione, dell’uso dei beni costituenti la rete di gestione e di raccolta del gioco è potenzialmente costitutiva di una restrizione alle libertà di stabilimento e di prestazione di servizi previste dai Trattati e anche discriminatoria, nella misura in cui sia applicabile soltanto ai nuovi concessionari (circostanza che solo il giudice nazionale può verificare).
In genere, la Corte non ha motivo di discostarsi dal parere dell’AG.
Il caso – Secondo il testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS), l’autorizzazione o la licenza di pubblica sicurezza per l’esercizio delle scommesse può essere rilasciata esclusivamente al concessionario e ai soggetti dallo stesso incaricati in forza dell’atto di concessione.
L’esercizio delle scommesse senza la predetta licenza o autorizzazione costituisce reato («esercizio abusivo di attività di giuoco o di scommessa», previsto dall’art. 4 della legge 13 dicembre 1989, n. 401).
La signora Rosaria Laezza è indagata per avere raccolto scommesse in assenza di autorizzazione o licenza per conto di un allibratore straniero, la Stanleybet Malta Ltd, società maltese. La Guardia di Finanza della città di Cassino ha quindi sequestrato alla signora Laezza alcune attrezzature informatiche utilizzate per la ricezione di scommesse su avvenimenti sportivi e altri eventi e per la trasmissione delle scommesse medesime al predetto operatore economico estero del settore.
L’interessata ha impugnato il sequestro, lamentando di essere stata sottoposta a procedimento penale ingiustamente, in quanto la società per la quale essa operava – ossia, come detto, la Stanleybet – era stata estromessa dal mercato nazionale delle scommesse sportive a causa di provvedimenti normativi discriminatori o, comunque, contrari al diritto dell’Unione europea: trattasi, in particolare, del bando di gara indetto dall’Italia nel 2012 per l’affidamento in concessione di 2.000 nuovi diritti per l’esercizio delle scommesse ippiche e sportive. Tale bando del 2012, peraltro, è già stato oggetto di vari ricorsi pregiudiziali davanti alla Corte di giustizia UE.
Il Tribunale del Riesame di Frosinone ha sollevato una questione pregiudiziale, ritenendo che effettivamente potrebbero ravvisarsi profili di non conformità al diritto dell’Unione di una clausola della convenzione accessiva al bando secondo cui il titolare di una concessione deve impegnarsi, all’atto della cessazione del rapporto (per scadenza della concessione o per effetto di decadenza o revoca), a cedere in uso gratuito all’Agenzia dei Monopoli (ADM) o ad altro concessionario, su richiesta dell’ADM medesima e per il periodo da questa prestabilito, i beni aziendali necessari per l’esercizio dell’attività autorizzata.
Se tale disposizione si applica solo alle nuove concessioni (quelle, cioè, rilasciate a seguito del bando del 2012) e non a quelle già in corso al 2012, ci si troverebbe di fronte a una possibile discriminazione tra i vari operatori del settore.
PressGiochi
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