Nel caso “di una revoca legittima non è ravvisabile alcuna responsabilità in senso proprio da parte dell’amministrazione, ma grava sulla stessa un obbligo indennitario da commisurare al solo danno emergente”.
Nel caso “di una revoca legittima non è ravvisabile alcuna responsabilità in senso proprio da parte dell’amministrazione, ma grava sulla stessa un obbligo indennitario da commisurare al solo danno emergente”.
Così si è espresso il TAR Valle d’Aosta con la sentenza n. 20 del 25/6/2020 a conclusione del giudizio instaurato da una società, titolare di una licenza di gioco, per l’annullamento del Decreto Questorile con il quale era stata disposta la revoca della licenza ex art. 88 T.U.L.P.S.
Con tale pronuncia- scrive l’avv. Filippo Boccioletti del Centro Studi Astro – i giudici amministrativi hanno dapprima respinto tutti i motivi con cui la società ricorrente denunciava l’illegittimità del provvedimento impugnato. In particolare, riguardo alla lamentata incompetenza della Questura, è stato affermato che “l’Autorità di pubblica sicurezza che in base alla normativa precedente abbia rilasciato titoli che si pongano in contrasto con la normativa sopravvenuta possa adottare le misure necessarie al ripristino della legalità” tale per cui la revoca della licenza disposta da tale autorità è da considerarsi pienamente legittima.
Il ricorrente ha poi eccepito l’incostituzionalità della normativa regionale in materia, eccezione respinta dai giudici amministrativi in quanto “il quadro normativo e giurisprudenziale [C. Cost. 27/2019 e 108/2017 specificatamente citate]…consente espressamente alle Regioni d’intervenire prevedendo distanze minime dai luoghi sensibili per l’esercizio delle attività legate ai giochi leciti, anche individuando luoghi diversi da quelli indicati dal d.l. n. 158 del 2012, come convertito”.
Il TAR Valle d’Aosta si è poi espresso sul motivo di ricorso riguardate la “violazione del principio del legittimo affidamento e della certezza dei rapporti giuridici nonché della ragionevolezza”, ed è qui il passaggio della sentenza di maggior interesse. I giudici amministrativi, qualificato l’intervento dell’Amministrazione non come annullamento, ma come revoca, hanno richiamato la relativa disciplina di cui all’art. 21 quinquies l. 241/90, sulla base della quale hanno affermato: “È chiaro quindi che la revoca di un provvedimento amministrativo… comporti l’obbligo di indennizzo da parte dell’amministrazione in favore dei soggetti che abbiano subito direttamente un pregiudizio dalla revoca di un atto legittimo. Tale previsione, nella prevalenza accordata all’interesse pubblico rispetto a confliggenti posizione private, accorda rilevanza al principio del legittimo affidamento e della certezza dei rapporti giuridici”. Con ciò applicavano, quindi, il principio in base al quale deve essere tutelato “il contrapposto interesse destinato unicamente sul piano patrimoniale, attraverso l’indennizzo e dunque mediante un ristoro pecuniario conseguente ad un atto lecito ma pregiudizievole per i contrapposti interessi privati (ex multis Consiglio di Stato Sez. V 21 aprile 2015 n. 2013, Sez. V, 14 ottobre 2014, n. 5082)”.
Nel caso di cui alla sentenza in parola, continuano i giudici amministrativi, “è indubbio, come dai documenti allegati in atti, che il venir meno della licenza con chiusura immediata del locale abbia comportato i pregiudizi previsti dal primo comma della disposizione in esame [quindi art. 21 quinquies comma 1 l. 241/90] e che questi debbano essere ristorati dall’amministrazione considerato l’affidamento del ricorrente sulla durata della licenza fino al 2023”.
Sulla quantificazione di tale indennizzo la pronuncia in esame richiama la sentenza della quarta sezione del Consiglio di Stato n. 662/12, per la quale nel giudizio volto ad ottenere l’indennizzo, a differenza di quello risarcitorio, “la causa petendi… deve essere ravvisata nel più generale sistema della cd responsabilità da fatto lecito, nella legittimità dell’atto adottato dall’amministrazione, ovvero nella liceità della condotta da questa tenuta e che ha causato il pregiudizio, cui consegue, per ragioni di giustizia distributiva e di parziale traslazione dell’impatto pregiudizievole, un incompleto ristoro contemplato di volta in volta dal legislatore”, mentre il “petitum… è limitato al pregiudizio immediatamente subito, ed è quindi limitato al cd. danno emergente” in quanto “l’obbligo di indennizzo gravante sulla Pubblica Amministrazione non presuppone elementi di responsabilità della stessa, ma si fonda su valori puramente equitativi considerati dal legislatore, onde consentire il giusto bilanciamento tra il perseguimento dell’interesse pubblico attuale da parte dell’amministrazione e la sfera patrimoniale del destinatario (incolpevole) dell’atto di revoca, cui non possono essere addossati integralmente i conseguenti sacrifici”.
Ove il soggetto destinatario del provvedimento di revoca lecito subisca un pregiudizio – conclude il legale – grava quindi sull’Amministrazione un obbligo indennitario limitato al danno emergente; il diverso profilo risarcitorio si configurerebbe, eventualmente, sussistendone gli ulteriori presupposti, solo nel caso in cui tale revoca sia illegittima.
Nel caso della sentenza in parola, essendo legittima la revoca impegnata e chiaro il conseguente pregiudizio subito dal ricorrente, il TAR Valle d’Aosta ha quindi accolto il ricorso limitatamente “all’obbligo di indennizzo” gravante sull’amministrazione che questa dovrà, pertanto, corrispondere.
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