04 Novembre 2024 - 18:33

Black list. L’operatore di giochi austriaco, GameTwist, perde il suo ricorso al Tar contro ADM

GameTwist, operatore di giochi austriaco, è ricorso al Tar del Lazio contro la decisione di ADM di inserire il proprio sito web gametwist.com nell’elenco dei siti proibiti e di ordinarne

03 Gennaio 2023

GameTwist, operatore di giochi austriaco, è ricorso al Tar del Lazio contro la decisione di ADM di inserire il proprio sito web gametwist.com nell’elenco dei siti proibiti e di ordinarne l’inibizione.

GameTwist è un operatore iscritto nel registro delle imprese austriaco per l’offerta di servizi di gioco online mediante applicazioni mobili e social network senza vincita in denaro (giochi per i quali non è richiesta alcuna autorizzazione o concessione da parte dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli), nonché è titolare del dominio internet www.gametwist.com, consistente in un sito web di giochi online per cui non sono previste né vincite in denaro né vincite di altra natura (giochi online che comprendono bingo, poker, casinò e slot machine).

Dopo aver scoperto che in data 21 aprile 2022 l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli aveva pubblicato sul proprio sito istituzionale la blacklist dei siti web da oscurare per aver offerto servizi di gioco con vincite in denaro senza regolare concessione (blacklist in cui era inserito anche il suo sito web) – GameTwist è insorta avverso il summenzionato elenco di siti, ricorrendo per chiedere il risarcimento dei danni.

 

Il Tar Lazio, che si è espresso in questi giorni ha deciso di respingere il ricorso dichiarando infondati i motivi presentati dal ricorrente.

“In Italia, come negli altri Paesi, – si legge nella sentenza – il gioco d’azzardo è un fenomeno ormai radicato nel tessuto sociale e nel costume dei cittadini. Le sue importanti ricadute sulla vita delle persone, però, impongono allo Stato un’attenta regolamentazione del fenomeno nella prospettiva di neutralizzarne o quanto meno mitigarne gli effetti nocivi tanto per i singoli quanto per la società complessivamente intesa.

Tra le maggiori problematiche connesse al gioco d’azzardo vi è, infatti, il rischio di dipendenza (“ludopatia”) che può condurre i giocatori a dilapidare ogni risorsa economica a propria disposizione, a discapito non solo del singolo ma anche della collettività.

L’esigenza di arginare il gioco d’azzardo è tuttavia temperata dall’interesse finanziario dello Stato alla gestione e, in ogni caso, alla tassazione del gioco, quale attività lecita produttiva di introiti economici.

Occorre dunque individuare un equilibrato bilanciamento tra i contrapposti interessi in rilievo.

Il sistema dei giochi e delle scommesse nell’ordinamento italiano si fonda, tradizionalmente, su una riserva statale che si concretizza in un monopolio legale o di diritto in favore dello Stato, nonché in un regime autoritativo di tipo concessorio, che ha come base normativa innanzitutto il r.d. n. 773/1931 (T.U.L.P.S.).

In particolare, l’art. 88 del T.U.L.P.S. (come modificato dai commi 2-ter e 2-quater della legge 22 maggio 2010, n. 73, di conversione del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40), dispone l’obbligo di licenza per l’esercizio delle scommesse, rilasciata da parte dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, oggi dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Stato (“La licenza per l’esercizio delle scommesse può essere concessa esclusivamente a soggetti concessionari o autorizzati da parte di Ministeri o di altri enti ai quali la legge riserva la facoltà di organizzazione e gestione delle scommesse, nonché a soggetti incaricati dal concessionario o dal titolare di autorizzazione in forza della stessa concessione o autorizzazione”).

L’art. 1 del d.lgs. n. 496/1948 chiarisce poi che «l’organizzazione e l’esercizio di giuochi di abilità e di concorsi pronostici, per i quali si corrisponda una ricompensa di qualsiasi natura e per la cui partecipazione sia richiesto il pagamento di una posta in denaro, sono riservati allo Stato». L’art. 2 dello stesso decreto sancisce ancora che “L’organizzazione e l’esercizio delle attività di cui al precedente articolo sono affidate al Ministero delle finanze il quale può effettuarne la gestione o direttamente, o per mezzo di persone fisiche o giuridiche, che diano adeguata garanzia di idoneità. In questo secondo caso, la misura dell’aggio spettante ai gestori e le altre modalità della gestione saranno stabilite in speciali convenzioni, da stipularsi secondo le norme del regolamento previsto dall’art. 5.

Pertanto, si è in presenza di un’attività che può essere assunta, quanto all’esercizio, dallo Stato, oppure può essere conferita, dallo Stato ai privati, i quali non hanno libertà di iniziativa economica privata, potendo svolgere tale attività esclusivamente previo rilascio di apposito titolo abilitativo. La concessione si è dimostrato essere il titolo abilitativo più idoneo a contemperare le esigenze di apertura del mercato e quelle di tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico.

In corso di concessione, l’ADM esercita poteri di vigilanza, di controllo e di ispezione sul concessionario in relazione ad ogni ambito.

A ciò si aggiunga che negli anni più recenti il legislatore ha varato una riforma del settore dei giochi e delle scommesse con l’intento di fronteggiare i fenomeni della criminalità e della frode, nonché di contrastare la diffusione della ludopatia, in crescita, e tutelare i minori. Il programma di riorganizzazione del sistema dei giochi e delle scommesse ha determinato due linee d’intervento: da una parte, quella di prevedere la progressiva ricollocazione degli esercizi in base al principio della “prossimità”, prevedendo limiti distanziometrici da luoghi c.d. sensibili, e, dall’altra, di imporre orari tassativi di apertura e di esercizio.

È in tale contesto di norme ed interessi pubblici che si inserisce la disposizione di legge in attuazione della quale è stato adottato il provvedimento impugnato con gli odierni motivi aggiunti, e cioè l’art. 102 del d.l. n. 104 del 2020 (come visto preceduto dall’art. 1, comma 50, della legge n. 296 del 2006), a rigore del quale “l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, nell’esercizio delle proprie funzioni nei settori dei giochi e dei tabacchi, ordina ai fornitori di connettività alla rete internet ovvero ai gestori di altre reti telematiche o di telecomunicazione, o agli operatori che forniscono servizi telematici o di telecomunicazione, la rimozione delle iniziative di chiunque offra o pubblicizzi prodotti o servizi, secondo modalità non conformi a quelle definite dalle norme vigenti nei citati settori. L’ordine di rimozione può avere ad oggetto anche la messa a disposizione di software relativi a procedure tecniche atte ad eludere i provvedimenti disposti dall’Agenzia medesima”.

Venendo, quindi, al “cuore” del potere pubblico di cui si discorre (consistente per l’appunto nella rimozione e/o inibizione officiosa di certi siti dal web) esso trae la sua legittimazione da un’offerta o pubblicizzazione di servizi svolti “secondo modalità non conformi a quelle definite dalle norme vigenti nei citati settori.

Trattandosi di gioco d’azzardo, pertanto, ben può dirsi in astratto che un certo servizio è non conforme alle “norme vigenti” laddove esso – pur possedendo i connotati sostanziali del gioco d’azzardo – sia sprovvisto della necessaria autorizzazione o licenza amministrativa.

Non è revocabile in dubbio, infatti, che l’attività non autorizzata di gioco d’azzardo sia sussumibile in quei servizi svolti “secondo modalità non conformi a quelle definite dalle norme vigenti nei citati settori” che – ai sensi del surriferito art. 102 del d.l. n. 104 del 2020 – facoltizzano ADM ad oscurare il relativo sito, così come accaduto nel caso di specie.

Il fuoco della controversia consiste, pertanto, nello stabilire se la piattaforma di giochi online denominata GameTwist integri, o meno, una forma di gioco d’azzardo sussumibile in quel paradigma di attività – per cui è indispensabile la preventiva autorizzazione amministrativa (pacificamente assente nel caso di specie) – tratteggiato dall’art. 1 del d.lgs. n. 496/1948, e cioè in un sistema di “giuochi di abilità e di concorsi pronostici, per i quali si corrisponda una ricompensa di qualsiasi natura e per la cui partecipazione sia richiesto il pagamento di una posta in denaro”.

Due sono quindi gli elementi caratterizzanti di tale paradigma, e cioè da un lato la partecipazione a pagamento al gioco e, dall’altro lato, la possibilità di vincere “una ricompensa di qualsiasi natura”.

La tesi di parte ricorrente è che nel caso di specie non ricorra alcuno di questi due requisiti, atteso che da un lato gli utenti possono giocare sulla piattaforma GameTwist anche senza sostenere alcun esborso economico (non essendo quindi necessario pagare una posta in denaro) e, dall’altro lato, i premi conseguibili (c.d. Twist) sono privi di qualsiasi utilità economica, non essendo convertibili né in denaro né in qualsiasi altro bene di diversa natura.

Il Collegio ritiene che questa lettura del caso concreto – seppur suggestiva – non sia meritevole di positiva valutazione, siccome basata su un’interpretazione eccessivamente letterale, asistematica e lesiva della ratio più profonda dell’art. 1 del d.lgs. n. 496/1948, che è anche (e soprattutto) quella di riservare al controllo dello Stato ogni gioco di abilità e concorso-pronostico atto a generare rischi di ludopatia.

Orbene, tali rischi ben possono nascere non soltanto da una piattaforma di giochi che consente all’utente di giocare soltanto se egli paga una posta in denaro, ma anche da una piattaforma di giochi (come per l’appunto quella della ricorrente) che grazie al pagamento di alcune poste in denaro consente all’utente di giocare ad un maggior numero di giochi e per più tempo rispetto a quanto non possa fare in assenza di qualsiasi pagamento.

Si è già visto in narrativa, infatti, che la piattaforma di giochi della società ricorrente è congegnata in guisa tale che le concrete possibilità dell’utente di partecipare ai giochi della piattaforma (poker, casinò, bingo, slot machine) dipendono sostanzialmente dal numero di Twist da egli conseguiti.

Più sono i Twist guadagnati e maggiore è la quantità di giochi a cui l’utente può partecipare.

Detti Twist vengono elargiti gratuitamente in una misura minima standard al momento dell’iscrizione alla piattaforma, e poi possono aumentare in base ai risultati conseguiti (indi in base alla fortuna), nonché in base al tempo di permanenza dell’utente sulla piattaforma e alla c.d. “ruota della fortuna” (dunque ancora una volta in base alla buona sorte), ma per quel che più rileva anche in base ad eventuali pagamenti effettuati dallo stesso utente sull’e-shop del sito, essendo quindi ben possibile per l’utente acquistare Twist aggiuntivi rispetto al quantitativo minimo elargitogli gratuitamente.

Va da sé che se l’utente non è abbastanza fortunato da raggiungere buoni risultati al bingo o al poker o alla slot machine, i Twist andranno inevitabilmente ad esaurirsi (o comunque a ridursi), e con essi anche i tempi di permanenza sulla piattaforma di gioco, con la conseguenza che lo stesso utente – soprattutto se fragile psicologicamente – sarà inevitabilmente indotto ad acquistare ulteriori Twist sull’e-shop al fine di giocare sempre di più e per più tempo.

In sintesi, il primo requisito legale del gioco d’azzardo (id est il pagamento di una posta in denaro per partecipare) è sicuramente riscontrabile nel caso di specie, atteso che il sistema di gioco in questione è obiettivamente congegnato allo scopo di incentivare gli utenti (soprattutto quelli più esposti al rischio di ludopatia) a pagare i Twist per giocare in misura sempre maggiore.

Né vale obiettare che in base all’art. 1 del d.lgs. n. 496/1948 il requisito in parola – e cioè il pagamento di una posta in denaro per partecipare al gioco – sia una condizione obbligatoria (e non meramente facoltativa) di partecipazione al gioco.

L’eccezione non appare perspicua sia in base ad un criterio esegetico strettamente letterale, sia soprattutto in base ad un criterio interpretativo sostanziale che miri a preservare la ratio di fondo della disciplina di legge de qua.

Quanto al criterio letterale, l’art. 1 del d.lgs. n. 496/1948 parla di giochi “per la cui partecipazione sia richiesto il pagamento di una posta in denaro” e non di giochi per la cui partecipazione sia richiesto soltanto il pagamento di una posta in denaro.

Non c’è in altri termini un dato testuale che impedisca di applicare la norma in questione anche a quei giochi per la cui partecipazione può essere richiesto anche (ma non solo) il pagamento di una posta in denaro.

Quanto al criterio sostanziale, l’applicazione dell’art. 1 del d.lgs. n. 496/1948 ai soli giochi in cui il pagamento è condizione obbligatoria di partecipazione al gioco, rischierebbe di escludere dal controllo statale tutti quei giochi che, come visto, pur rendendo facoltativo il pagamento, cionondimeno lo incentivano facendo dipendere da esso l’incremento significativo delle possibilità di gioco, con sostanziale frustrazione della ratio della disciplina di legge in materia.

Parimenti priva di pregio è l’eccezione secondo cui le somme di denaro erogate per i Twist (il possesso dei quali consente di giocare) sarebbero – in base alle stesse condizioni generali di contratto sottoscritte da ciascun utente – “il corrispettivo per la licenza software concessa da Funstage per i giochi messi a disposizione sul sito”.

Tale eccezione si infrange sulla circostanza – più volte allegata dalla stessa ricorrente – secondo cui l’utente potrebbe partecipare al gioco anche senza pagare alcuna somma di denaro, limitandosi ad utilizzare il quantitativo minimo di Twist elargitogli gratuitamente quando egli si iscrive alla piattaforma.

Se infatti è possibile giocare (e quindi usare il software concesso da Funstage) anche senza pagare alcunché, va da sé che il corrispettivo pagato all’atto dell’acquisto dei Twist – al di là del nomen juris formalmente inserito nelle condizioni generali del contratto – non ha la funzione di remunerare la licenza del software Funstage, bensì semmai la funzione di pagare i Twist, costituendo quindi il mezzo principale per aumentare esponenzialmente le occasioni ed i tempi di partecipazione al gioco.

Detto in altri termini, se il pagamento dei Twist fosse veramente un corrispettivo per il mero utilizzo della licenza del software Funstage, allora non si comprende per quale ragione esso non sia previsto (per il medesimo titolo) anche quando l’utente decide di giocare senza acquistare i Twist.

Acclarata, quindi, la sussistenza del primo requisito del gioco d’azzardo prescritto dall’art. 1 del d.lgs. n. 496/1948 (id est il pagamento di una posta in denaro per partecipare al gioco), il Collegio ritiene che sussista nel caso di specie anche il secondo requisito, e cioè quello dell’erogazione – in caso di vincita al gioco – di “una ricompensa di qualsiasi natura”.

Tale secondo requisito – per come testualmente positivizzato dal legislatore e al contrario di quanto affermato da parte ricorrente – non deve consistere necessariamente in una somma di denaro o valuta virtuale.

Nella nozione estremamente ampia di ricompensa “di qualsiasi natura” può ben rientrare, infatti, il diritto dell’utente di partecipare – grazie al conseguimento di ulteriori Twist – alla stessa piattaforma di gioco nella quale si è già vinto.

Tale diritto ha senz’altro un suo valore economico, ove solo si consideri che per aumentare le possibilità di gioco (rispetto alle possibilità di partenza riconosciute con il quantitativo-base di Twist) è richiesto il pagamento di Twist supplementari aventi un loro specifico prezzo di vendita.

Detto in altri termini, il sistema appare congegnato in guisa tale da:

(i) incentivare l’utente al pagamento di un prezzo iniziale allo scopo di partecipare al gioco in misura sempre maggiore rispetto a quella consentita dal quantitativo-base di Twist;

(ii) prospettare in caso di vittoria la vincita (e quindi l’elargizione gratuita) di quegli stessi Twist per cui si è potuto pagare un prezzo iniziale (Twist che quindi rappresentano una ricompensa avente un suo intrinseco valore economico, ancorché non scambiabile sul mercato).

La “posta in palio” in caso di vittoria al gioco presenta, quindi, un suo indubitabile valore economico, potendo dunque rientrare in quella nozione – estremamente ampia e flessibile – di “ricompensa di qualsiasi natura” cui fa riferimento l’art. 1 del d.lgs. n. 496/1948.

E ciò a fortiori ove si consideri la ratio di fondo della disciplina di legge in materia di gioco d’azzardo, che come già visto è anche quella di combattere la ludopatia e tutelare gli interessi di alcune categorie di soggetti deboli, dal cui angolo prospettico la vittoria di ulteriori Twist (con conseguente accrescimento delle possibilità di gioco online) costituisce certamente una ricompensa economicamente apprezzabile.

Quanto finora esposto conduce il Collegio a respingere il primo motivo di gravame proposto avverso gli atti impugnati.

Identica sorte merita il secondo motivo di gravame, con cui parte ricorrente si duole della violazione del principio del contraddittorio.

Ed infatti, tenuto conto della disciplina di riferimento – la quale prevede che, laddove sussistano i presupposti, l’Amministrazione invii una richiesta ai fornitori di rete nazionali affinché provvedano al reindirizzamento della connessione al sito ad una pagina web che ne comunica la non raggiungibilità, senza prevedere l’interlocuzione con i titolari del sito, i quali possono comunque rappresentare le proprie ragioni nel lasso di tempo che intercorre tra la pubblicazione dell’elenco dei siti da oscurare e l’efficacia dell’oscuramento – deve ritenersi che le ragioni di urgenza e di celerità sottese alla misura della rimozione del sito attraverso il suo oscuramento escludano la necessità della previa comunicazione di avvio del procedimento, risolvendosi l’interlocuzione procedimentale che allo stesso accede in un ostacolo alla pronta risposta che l’Amministrazione è chiamata a fornire in caso di violazione della normativa di riferimento che disciplina l’offerta di gioco, tenuto conto degli interessi coinvolti e delle finalità sottese a siffatto strumento di repressione del gioco non autorizzato (cfr. sul punto TAR Lazio, Sezione Seconda, n. 4636 del 2014).

Dall’accertata immunità dei gravati provvedimenti dalle censure proposte, per come delibata sulla base delle considerazioni dianzi illustrate, discende l’assenza dei presupposti per poter positivamente delibare in ordine alla domanda volta ad ottenere il risarcimento dei danni discendenti da tali provvedimenti, atteso che l’illegittimità del provvedimento impugnato è condizione necessaria per accordare il risarcimento richiesto, con la conseguenza che la reiezione della parte impugnatoria del gravame impedisce che il danno asseritamente subito possa essere considerato ingiusto o illecita la condotta tenuta dall’Amministrazione.

 

PressGiochi

 

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