Prof. Dagnino: “Le proroghe sine die proseguono nonostante la sentenza della Corte Costituzionale. Violati anche i principi dettati dalla CGE”
Il 20 settembre, nell’udienza di fronte al Consiglio di Stato – accanto a Ascob e alle sale bingo che rappresenta – ci sarà anche la Coral per chiedere di rinviare la questione dei canoni di proroga alla Corte Costituzionale, oppure alla Corte di Giustizia Europea. Il Consiglio di Stato ha deciso infatti di trattare insieme i due ricorsi, dopo aver discusso il caso della Coral nell’udienza cautelare del 26 luglio scorso.
La battaglia sui canoni di proroga prosegue da anni, le concessioni delle sale bingo più vecchie sono scadute nel 2013-2014. Da allora il Legislatore ha accordato una serie di proroghe, dapprima con l’intento di allineare la scadenza dei titoli, poi perché le leggi regionali sul gioco impedivano di fatto di indire nuove gare. Il canone inizialmente era stato fissato a 2.800 euro al mese, in sostanza il prezzo della concessione era stato diviso per i nove anni della durata. Poi però, i Governi che si sono scceduti nel tempo hanno ritoccato il corrispettivo, dapprima lo hanno portato a 5.000 euro, e adesso fino a 7.500 euro al mese. Ascob e una serie di sale hanno intentato dei ricorsi al Tar e hanno anche ottenuto il rinvio alla Corte Costituzionale, gli Ermellini nel marzo 2021 hanno tuttavia legittimato il sistema delle proroghe. I ricorsi adesso sono giunti al secondo grado, e il Consiglio di Stato – che già alcuni mesi fa ha discusso quello di Ascob – ha ventilato l’ipotesi di disporre un nuovo rinvio alla Corte Costituzionale, oppure di rimettere le carte alla Corte di Giustizia Europea. Ma di tutto questo si discuterà appunto nell’udienza fissata per la fine dell’estate.
Nel caso di Coral, il Consiglio di Stato non ha sospeso la sentenza di primo grado, come per Ascob, ma ha sottolineato che “gli interessi fatti valere dall’appellante possano essere efficacemente tutelati attraverso la celere celebrazione dell’udienza di discussione”, e soprattutto che “le questioni al centro della controversia, per la loro complessità, debbano essere trattate con l’approfondimento possibile solo in sede di merito”. Un riferimento alle richieste di rimettere la questione alla Consulta o alla CGE.
Secondo il professor Alessandro Dagnino, che assiste la compagnia nel giudizio, la decisione di non concedere la sospensiva comunque è dovuta esclusivamente a questioni tecniche: “Per le sale Ascob era già stata avviata l’escussione della garanzia fideiussoria, per la Coral questo non è ancora avvenuto” spiega a PressGiochi. “Anzi, a ben vedere, questo è un segnale positivo per la Coral, evidentemente il giudice ritiene la sua posizione meritevole di tutela, proprio perché ha disposto la celere discussione del merito, e ha scelto di trattare la questione nello stesso giorno di Ascob”.
Sulla vicenda dei canoni, la Corte Costituzionale si è già pronunciata un anno e mezzo fa, e ha respinto la posizione delle sale. Secondo Dagnino tuttavia in questo caso l’esito potrebbe essere diverso: “E’ stata una pronuncia di rigetto, è vero, ma è quella che viene definita una sentenza monitoria. Secondo la Corte, la proroga non aveva raggiunto un livello tale da potersi dichiarare incostituzionale, ma aveva ammonito il Legislatore sulle proroghe sine die, sottolineando che mettono in difficoltà soprattutto le piccole imprese”. Peraltro, sotto questo aspetto, la Coral “come ha ammesso anche l’Ufficio Parlamentare di Bilancio con la relazione tecnica che depositò nel primo giudizio – è una delle imprese su cui il canone di proroga tecnica incide maggiormente, assorbe oltre il 6% del fatturato. Nel caso delle sale maggiori si arriva allo 0,5%”. Il monito della Consulta, tuttavia, è caduto nel vuoto: “Dopo questa sentenza, il Legislatore non solo non ha indetto la nuova gara, ma addirittura ha accordato delle ulteriori proroghe”.
Dagnino sottolinea inoltre che il Tar quando ha disposto il rinvio, ha tralasciato alcune questioni, limitando l’intervento della Consulta: “Ad esempio non ha sollevato dubbi sull’incompatibilità del canone di proroga con le norme tributarie: il canone – al di là della denominazione formale – a nostro avviso è un vero e proprio tributo che si chiede alle sale”.
La sala ha anche chiesto, in alternativa, di rinviare la questione alla Corte di Giustizia Europea: “Il contratto con il diritto comunitario è evidente se si rilegge la sentenza che la CGE ha emesso nel gennaio 2021 sul rinnovo della concessione dei Gratta e Vinci. In sostanza i giudici affermarono che quando il contenuto di una concessione subisce modifiche di carattere significativo, allora deve essere indetta una nuova gara. E’ quello che è avvenuto nel caso del bingo: le concessioni erano originariamente a titolo gratuito, e quando sono scadute sono diventate a titolo oneroso, visto che hanno iniziato a versare il canone di proroga. Non solo non è stata indetta alcuna gara, ma poi si è determinata una situazione di grave incertezza per gli operatori: non possono programmare investimenti economici visto che la proroga ha la durata di appena un anno, un arco temporale che non consente di recuperare le spese sostenute. Oltretutto, gli operatori che non aderiscono alla proroga non possono partecipare al bando successivo, e quindi da dieci anni sono bloccati in questa situazione”.
PressGiochi
Fonte immagine: https://www.codereitalia.it/it/gaming-hall-re-gh4.php
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