23 Novembre 2024 - 09:19

Bingo. Canoni in proroga: il Consiglio di Stato rinvia alla Corte di Giustizia europea

Il Consiglio di Stato chiede l’intervento della Corte di Giustizia Europea sui canoni di proroga tecnica richiesti alle sale bingo, e solleva ben sei questioni di legittimità. In sostanza ipotizza

21 Novembre 2022

Il Consiglio di Stato chiede l’intervento della Corte di Giustizia Europea sui canoni di proroga tecnica richiesti alle sale bingo, e solleva ben sei questioni di legittimità. In sostanza ipotizza che la normativa italiana potrebbe avere sei aspetti che contrastano con il diritto comunitario.

A intentare ricorso l’associazione Ascob e una serie di sale bingo che si scagliano contro il sistema della proroga tecnica: gli operatori si trovano infatti in questa situazione da quando le concessioni sono scadute, le prime nel 2013, le ultime nel 2017. Nonostante siano passati 10 anni, il Governo non riesce a indire una gara: le leggi regionali e i distanziometri infatti impedirebbero di aprire le nuove sale. A oggi la soluzione sembra ancora lontana e l’escamotage della proroga tecnica appare definitivo. A rendere ancora più complicata la situazione il fatto che nei primi anni le sale bingo erano tenute a versare un canone mensile di 2.800 euro, poi l’importo è salito a 5.000 euro, e dal 2017 è arrivato a 7.500 euro. Peraltro, le sale non possono nemmeno decidere di chiudere temporaneamente e di attendere il nuovo bando per tornare sul mercato, visto che lo vieta una norma di legge.

In primo grado il Tar Lazio aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale, la Consulta tuttavia aveva respinto le tesi delle sale. “La motivazione – riassume adesso il Consiglio di Stato – si è incentrata, essenzialmente, sulla ragionevolezza, congruità e proporzionalità delle norme censurate, ritenute compatibili con un quadro costituzionale in cui va operato il necessario bilanciamento fra le finalità pubblicistiche perseguite in questo particolare settore dell’ordinamento; i vantaggi competitivi conseguiti dagli operatori economici per la possibilità di continuare a svolgere l’attività oggetto di concessione, nonostante la scadenza del termine di efficacia e l’assenza di una nuova gara; la necessità di valorizzare i beni erariali, anche attraverso il progressivo incremento del canone concessorio in regime di proroga tecnica, nel quadro complessivo di una maggiore efficienza nell’utilizzo delle pubbliche risorse; la non automatica arbitrarietà dell’abbandono del criterio di determinazione dei canoni, originariamente correlato alla base d’asta, in favore dell’attuale regime di importi predeterminati ex lege, attesa la temporaneità della proroga tecnica, la necessità di indire la nuova gara, la prospettiva del tendenziale esaurimento dei rapporti giuridici relativi a concessioni scadute.”

Ma gli stessi giudici di Palazzo Spada spiegano che in appello le sale hanno dimostrato che “le condizioni di esercizio delle concessioni siano state incise in modo significativo da eventi imprevisti ed imprevedibili. In particolare, i concessionari hanno rappresentato la grave compromissione nella tenuta delle sale e l’insostenibilità dei costi fissi e di gestione, ed hanno illustrato dati conoscitivi aggiornati rispetto a quelli considerati nel giudizio che si è svolto dinanzi alla Corte costituzionale, risalenti all’anno 2019, ossia prima che scoppiasse la crisi pandemica”. Le varie misure di ristoro concesse dal Governo “non sono state in grado né di compensare il grave disequilibrio generato da una contrazione della raccolta superiore al 50%, né di far recuperare quella perdita di utenza causata dalla più strutturale trasformazione della domanda, orientata, a seguito della pandemia, verso le forme del gioco a distanza, anziché fisico”.

Tra i vari quesiti pregiudiziali, il Consiglio di Stato chiede in particolare se sia legittima una norma nazionale che impedisce all’ADM di avviare in via discrezionale “su istanza degli interessati, un procedimento amministrativo volto a modificare le condizioni di esercizio delle concessioni, (…) nei casi in cui si verifichino eventi non imputabili alle parti, imprevisti ed imprevedibili, che incidono in modo significativo sulle condizioni normali di rischio operativo, finché perdurino tali condizioni e per il tempo necessario per eventualmente ripristinare le condizioni originarie di esercizio delle concessioni”. E se il Legislatore o l’Amministrazione “possano condizionare la partecipazione alla procedura per la riattribuzione delle concessioni di gioco all’adesione del concessionario al regime di proroga tecnica, anche nell’ipotesi in cui sia esclusa la possibilità di rinegoziare le condizioni di esercizio della concessione al fine di ricondurle in equilibrio”. E se sia legittimo chiedere alle sale bingo “il pagamento di un oneroso canone di proroga tecnica su base mensile non previsto negli originari atti di concessione, di ammontare identico per tutte le tipologie di operatori e modificato di tempo in tempo dal legislatore senza alcuna dimostrata relazione con le caratteristiche e l’andamento del singolo rapporto concessorio”.

PressGiochi

Fonte immagine: CORTE DI GIUSTIZIA DELL' UNIONE EUROPEA CJEU CURIA

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