“Sui luoghi deputati ad offrire giochi pubblici deve poter intervenire il Questore non il sindaco”. Lo ha dichiarato il sottosegretario all’economia con delega ai giochi PierPaolo Baretta. Parlando dei lavori
“Sui luoghi deputati ad offrire giochi pubblici deve poter intervenire il Questore non il sindaco”. Lo ha dichiarato il sottosegretario all’economia con delega ai giochi PierPaolo Baretta. Parlando dei lavori che verranno attuati per il riordino della materia del gioco, Baretta torna di nuovo a parlare della pubblicità e della necessità di intervenire non con un divieto assoluto ma magari individuando nuovi canali per applicare il divieto, come ad esempio sulle tv generaliste.
Sulla questione dell’intervento sulla normativa in sede di Conferenza Stato Regioni, il sottosegretario ha chiarito che si interverrà quanto prima anche se si supererà la data del 30 aprile. “Non sono a rischio – ha garantito – i prossimi bandi per il rilascio delle concessioni, introiti di cui l’Erario non potrebbe fare a meno. Vanno definite regole che consentano una gestione concordata del gioco legale” sul territorio. In questi ultimi anni, a fronte di “una regolamentazione statale lenta rispetto al mercato” e di una crescente “coscienza sociale sugli effetti del gioco sulla salute pubblica” sono intervenuti gli enti locali introducendo, ad esempio, ‘distanziometri’ e limiti orari di apertura delle sale da gioco. Ma “oggi appare quanto mai necessario un disegno organico che preveda maggiori e pressanti controlli contro la rete illegale e un’omogenea distribuzione sul territorio delle sale dedicate al gioco
autorizzato e legale per una maggior tutela delle fasce più deboli”. Evitando un approccio proibizionista.
Avv. Cardia: “Ordinanza storica contro le distanze adottate dal comune di Bolzano”
La riserva statale in materia di giochi – ha spiegato Baretta nella prefazione al libro presentato a Roma dall’avv. Geronimo Cardia sulla ‘questione territoriale’- che, prima ancora che nella raccolta di risorse finanziarie, si sostanzia nella esigenza di tutelare l’ordine e la sicurezza pubblica e, contemporaneamente, di contrastare le varie forme di illegalità di un fenomeno, quale il gioco e le scommesse, che è insito nella società. Il panorama che abbiamo davanti non è dei più allettanti: i cambiamenti conseguenti alla evoluzione tecnologica e alle condizioni internazionali di mercato, soprattutto nell’industria del gioco, non sono sempre stati adeguatamente accompagnati da un corrispondente quadro regolatorio che, nel giusto tentativo di porre freno al diffondersi indiscriminato del gioco illegale, governasse nel contempo, la crescita del disagio sociale. Lo scorso anno il tentativo di intervento normativo di riorganizzazione del settore dei giochi, sebbene condiviso ampiamente da tutte le parti sociali, purtroppo non è andato in porto e, successivamente, a delega scaduta, si è cercato di salvaguardarne almeno gli aspetti essenzialmente necessari, volti ad una maggiore tutela della fede e della salute pubblica e, non lo nego, a salvaguardare le altrettanto necessarie entrate erariali.
Non è un caso, quindi, che nella legge di Stabilità per il 2016, oltre alle regole più specificamente tecniche di riordino del settore, si sia provveduto a sistematizzare, codificandolo, l’accordo degli enti locali per definire i criteri di distribuzione e concentrazione territoriale dei locali adibiti al gioco autorizzato. Si scelta come sede privilegiata quella della Conferenza Unificata, nel tentativo di rendere coerente ed omogenea, ma anche legittima e ordinata, la voce di tutti gli enti locali. Oggi assistiamo, infatti, al proliferare di regolamentazioni locali, per lo più restrittive nei confronti del gioco. Il libro di Cardia ci dà una panoramica esaustiva del fenomeno. Ed è proprio l’assenza di un quadro regolatorio a livello nazionale che ha legittimato gli interventi locali, basati fondamentalmente sui “distanziometri” e sulle limitazioni agli orari di apertura delle sale. Se una regolamentazione appare necessaria, tuttavia, l’approccio “proibizionista” non risolve il problema perché, in genere, ha come conseguenza ovvia e reale il consolidamento dell’offerta illegale, o ai limiti della legalità, offerta che continua la sua attività indisturbata, attraverso prodotti senza regole e senza controlli e, come tali, potenzialmente idonei ad accrescere il fenomeno più negativo, proprio quel rischio di ludopatia, che stiamo tutti combattendo.
Tale problematica è stata più volte discussa anche nel confronto e nella riflessione con le associazioni che si occupano di disagio e con molte amministrazioni locali. Quello che emerge è che nel determinare una condizione di gioco il più possibile controllato, che si ponga come barriera contro l’illegalità, vanno definite regole che consentano una gestione concordata del gioco legale. In questa ottica ci siamo mossi decidendo nella legge di Stabilità una riduzione di almeno il 30 percento delle “macchinette”. Per concludere, nella considerazione degli attuali sviluppi delle varie normative territoriali, sicuramente preventive e restrittive rispetto ad un’evoluzione del gioco incontrollata, quale era quella cui si è approdato negli ultimi anni, appare oggi quanto mai necessario, un disegno organico che preveda da un lato maggiori e pressanti controlli contro la rete illegale, strumento per il riciclaggio di denaro e di interesse specifico della criminalità, dall’altro un’omogenea distribuzione sul territorio delle sale dedicate al gioco autorizzato e legale per una maggiore tutela delle fasce più deboli della popolazione, i minori innanzi tutto”.
PressGiochi
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